Il surreale bombardamento romantico di “Motherblood” si è rivelato in breve tempo un disco impossibile da scardinare dalla propria playlist, un concentrato di calda seduzione e serafico catastrofismo oggi senza eguali e che ha rilanciato con vigore le azioni del quintetto di Kvohst. Tanto male non era andata nemmeno al predecessore “Dreamcrash”, solo che in quel caso lo stacco con il folgorante esordio dei Beastmilk (formazione da cui i Grave Pleasures discendono direttamente), “Climax”, era parso evidente. Mentre “Motherblood” gareggia nota su nota con quell’album, proponendo i suoi autori come decadenti Cavalieri dell’Apocalisse arrivati a rasserenarci gli animi negli attimi finali trascorsi su questa terra. A fronte di un lotto di canzoni così riuscite e avvincenti, il mastermind non ha voluto spendersi più di tanto per illustrarne la genesi, nonostante la chiacchierata in sua compagnia ci abbia fornito interessanti punti di osservazioni su questo poliedrico artista e i suoi baldanzosi compari.
A COSA DOBBIAMO UN TITOLO COME “MOTHERBLOOD”?
-Rispecchia i tempi che stiamo vivendo, il clima che si respira nel mondo. Puoi vedere il titolo come un sinonimo del nostro universo, una grande madre che noi stiamo sacrificando.
MI SEMBRA CHE CON “MOTHERBLOOD” ABBIATE RISPOLVERATO L’URGENZA CHE VI ANIMAVA AI TEMPI DI “CLIMAX”, QUANDO VI CHIAMAVATE ANCORA BEASTMILK. AL CONTRARIO, “DREAMCRASH” VI PRESENTAVA IN UNA VESTE PIÙ EDUCATA E LEVIGATA. AVETE SENTITO IL BISOGNO DI RIALLACCIARVI A QUANTO PRODOTTO CON IL PRECEDENTE MONIKER?
-Effettivamente ci riallacciamo alle influenze che ci avevano portato a concepire “Climax”. Suoni strettamente legati agli anni ’80 e alla scena inglese. Credo si sia tornati a quel punto in virtù della line-up attuale, che guarda molto a quelle sonorità.
NELLE LIRICHE E NELLA MUSICA ESPLORATE LA PARTE OSCURA DELL’ESSERE UMANO, SOTTOLINEANDO COME VI SIA ENERGIA, MOVIMENTO E POSITIVITÀ ANCHE QUANDO VENIAMO SOVRASTATI DAI PENSIERI NEGATIVI. QUALI SENSAZIONI PROMANANO SECONDO TE DALLA MUSICA DEI GRAVE PLEASURES?
-Alla fine credo emergano più pensieri positivi che negativi ascoltando la nostra musica. In fondo, puoi percepire un sentimento di liberazione, di uscita dall’oscurità per abbracciare la luce. Nella nostra musica facciamo convivere molte contraddizioni, si agitano tonalità cupe, la coltre dark che permea le nostre canzoni è un espediente per condurre l’ascoltatore alla positività presente nel suo animo.
LA MAGGIOR PARTE DEL DISCO È STATA SCRITTA DA TE E JUHO VANHANEN. VOLEVO SAPERE COME VI SIETE DIVISI IL SONGWRITING E SE ABBIA INFLUITO L’ESPERIENZA DI JUHO NEGLI ORANSSI PAZUZU.
-Juho è entrato nella band quando eravamo agli inizi della lavorazione di “Dreamcrash” e già in quel disco aveva contribuito a molte parti di chitarra. Un contributo accresciutosi in “Motherblood”, dove abbiamo lavorato assieme a larga parte del disco. Lui è un ragazzo molto talentuoso, ottimo songwriter e chitarrista decisamente eclettico. Può suonare un’ampia varietà di stili e ha grande capacità di adattamento. Inoltre, come me è un produttore, quindi ragiona anche in quell’ottica quando si tratta di comporre nuova musica, cosa che ci avvantaggia notevolmente nel dare forma alle nostre idee.
NELLA VOSTRA MUSICA CONVIVONO PUNK, DARKWAVE, GOTHIC ROCK, POP, POST-PUNK, UN PIZZICO DI METAL. QUALI SONO I GRUPPI CHE VI HANNO INFLUENZATO MAGGIORMENTE E QUALI LORO ASPETTI AVETE INCAMERATO NEL SUONO DEI GRAVE PLEASURES?
-Il grosso delle influenze arriva da gruppi post-punk inglesi, tedeschi, finlandesi. Cose come Gang Of Four, Wire, Magazine, The Sound. Band molto diverse fra loro, che riuscivano a farti muovere, danzare, pur suonando cupe. Emergeva sempre un feeling positivo nonostante le sonorità dark, un po’ come accade per i Grave Pleasures. Si tratta di catturare l’attenzione delle persone e trascinarle sulla pista da ballo a scatenarsi.
AVETE UNA FORTE FASCINAZIONE PER I FALLOUT E LE CONSEGUENZE DI UN’ESPLOSIONE ATOMICA. DA DOVE DERIVA QUESTO VOSTRO INTERESSE E COME SI POSSONO COSTRUIRE DEI PEZZI A LORO MODO ROMANTICI COME I VOSTRI, PARTENDO DA UN TEMA DI PARTENZA COSÌ TERRIBILE?
-L’idea di un possibile conflitto atomico gira nella nostra testa a causa di tutte le notizie che sentiamo ogni giorno, connesse in particolare alle frizioni fra Stati Uniti e Corea del Nord, o in passato con l’Iraq e l’Iran. L’esplosione di una bomba nucleare rappresenta una delle più grandi paure dell’umanità, qualcosa con cui viene naturale confrontarsi di tanto in tanto. Allo stesso tempo, noi che come rock’n’roll band parliamo di amore e divertimento, ci rendiamo conto che a volte l’amore stesso può essere qualcosa di terribile, e allora un bombardamento può diventare una buona metafora di cosa rappresentano a volte i sentimenti. Anche l’amore può avere i suoi lati oscuri e con queste immagini descriviamo cosa comporta amare, in alcune occasioni.
AVETE REGISTRATO “MOTHERBLOOD” PRESSO GLI ORGONE STUDIOS CON IL PRODUTTORE JAIME GOMEZ ARELLANO. CHE CONTRIBUTO HA DATO ALLO SVILUPPO DEL SOUND IL PRODUTTORE E QUALI CARATTERISTICHE PRESENTA QUESTO STUDIO DI REGISTRAZIONE?
-Pur non essendo un membro della band, Jaime è stato molto coinvolto durante le registrazioni, è intervenuto profondamente nel plasmare il suono del disco. È una persona di talento e molto creativa, sa dare un forte contributo al materiale su cui lavora. I suoi studi sono posti in una località abbastanza decentrata, in campagna, quindi non ci sono distrazioni, ci si può concentrare solo e soltanto sulla musica.
IN “ATOMIC CHRIST” COMPAIONO LE VOCALS DI DAVID TIBET. COME VI SIETE CONOSCIUTI E COME SI È VENUTA A CREARE QUESTA COLLABORAZIONE?
-Conoscevo già David da tempo, è un artista di grande ispirazione per me. Quando eravamo in fase avanzata di lavorazione dell’album, ho sentito che su quel brano la sua voce ci sarebbe stata benissimo. Gliene ho parlato e gli ho mandato il pezzo. Si è mostrato subito interessato e ha registrato quello che puoi sentire.
IN ESTATE AVETE APERTO PER I KILLING JOKE DURANTE UN BREVE TOUR. SIETE RIMASTI SORPRESI DA QUESTA OPPORTUNITÀ? COME HA REAGITO IL PUBBLICO DEI KILLING JOKE ALLA VOSTRA MUSICA?
-Non ce l’aspettavamo, ma è andata benissimo. Loro sono un gruppo che ci ha dato moltissimo in termini di ispirazione, alcune loro atmosfere le abbiamo fatte nostre. Le date con loro sono state un ottimo modo per promuovere il disco in uscita, non avremmo potuto chiedere di meglio! Il loro pubblico si è mostrato ricettivo nei nostri confronti e i Killing Joke ci hanno trattato molto bene.
SEI IMPEGNATO IN DIVERSI PROGETTI E HAI A CHE FARE CON PERSONE DI DIVERSA NAZIONALITÀ. COME RIESCI A GESTIRE TUTTI QUESTI IMPEGNI E A DARE AD OGNUNO IL TEMPO E LE ENERGIE CHE MERITANO?
-A dire il vero il grosso dei problemi logistici sono stati superati. Ora, riferendomi ai Grave Pleasures, viviamo tutti nello stesso paese, alcuni di noi addirittura nella stessa città. Tutti i musicisti coinvolti sono molto professionali e la gestione della band è diventata un affare relativamente semplice.
LA TUA PASSATA ESPERIENZA COME CANTANTE DI GRUPPI AVANT-GARDE METAL CHE PESO HA AVUTO NEL TRATTEGGIARE IL CARATTERISTICO STILE VOCALE CHE POSSIAMO ASCOLTARE NEGLI HEXVESSEL E NEI GRAVE PLEASURES?
-Aver dovuto sperimentare quel tipo di cantato, l’aver affrontato range così difficili e dover comunicare emozioni tanto estreme mi ha permesso di esplorare tutte le possibilità della mia voce e portarmi a essere concentrato su ciò che sento di saper fare meglio. Quindi l’essere stato un cantante black metal mi ha permesso di essere più sicuro in quello che faccio oggi.
QUAL È SECONDO TE IL RUOLO DELL’ARTISTA NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA? È UNA PERSONA CHE DEVE FAR PENSARE, RIFLETTERE, PREOCCUPARE SU ALCUNI TEMI, O È SOLO UN VEICOLO DI DIVERTIMENTO, GIOIA, INTRATTENIMENTO?
-Ritengo che un artista debba illuminare e ispirare il proprio pubblico. L’intrattenimento è una forma di magia da un certo punto di vista, deve portare la luce nella vita delle persone. Ritengo si debba prendere sul serio quello che si sta facendo e prestare attenzione al messaggio che andiamo a portare con la nostra arte, perché può avere un forte impatto su chi ci dà attenzione. Abbiamo una grossa responsabilità sulla felicità delle persone, e la felicità è importante, perché porta le persone a realizzare grandi imprese.
TORNANDO A “MOTHERBLOOD”, L’ARTWORK HA UN FORTE IMPATTO ED È PIUTTOSTO DIVERSO DAI LAVORI GRAFICI CHE SI POSSONO NORMALMENTE VEDERE IN AMBITO METAL E HARD ROCK. VORREI SAPERE COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON L’ARTISTA CHE SE NE È OCCUPATO E PERCHÉ AVETE SCELTO L’IMMAGINE DI COPERTINA.
-La cover è una foto dell’artista finlandese Tekla Vály, specializzato in creare queste fotografie di forte impatto, con modelle rappresentate in scenari molti particolari. La foto della copertina è stata scelta per descrivere il significato che volevamo dare al titolo dell’album.
CON GLI HEXVESSEL A LUGLIO HAI SUONATO AL PROPHECY FEST, METTENDO IN SCENA UN SET ABBASTANZA LUNGO, CON MOLTI MUSICISTI SUL PALCO E UNA PICCOLA SEZIONE ACUSTICA. COME HAI VISSUTO QUESTA ESPERIENZA? CHE GIUDIZIO DARESTI AL VOSTRO CONCERTO?
-È stata un’esperienza soddisfacente sotto ogni punto di vista. La line-up del festival e la situazione in sé erano molto buone, conosciamo bene le persone che si occupano dell’organizzazione e ci fidiamo di loro e del loro operato. Il concerto è andato bene, si è creato un bel clima fra noi e il pubblico, l’abbiamo percepito in fretta e ci siamo sentiti a nostro agio in ogni istante sul palco. È andato tutto per il meglio.
QUALI SONO I PUNTI IN COMUNE FRA GRAVE PLEASURES E HEXVESSEL?
-Non ce ne sono tanti secondo me. Sostanzialmente, io sono il punto comune fra due gruppi che per il resto sono diversissimi, anche se considerando che il grosso degli input arriva da me, la mia personalità finisce per influenzare entrambe le proposte e qualcosa dell’una può essere rintracciata anche nell’altra. In fondo, si tratta però di band lontane una dall’altra.
SEI NATO E HAI VISSUTO A LUNGO IN INGHILTERRA, MA ORMAI DA MOLTI ANNI RISIEDI IN FINLANDIA. NELLA TUA PERSONA, COSA È RIMASTO DI TIPICAMENTE INGLESE, E COSA INVECE PUÒ ESSERE DEFINITO COME UNA CONSEGUENZA DEL VIVERE DA TEMPO IN UNO STATO NORDICO?
-Si può dire che ora sono in un luogo dove il mio mondo immaginario incontra il mondo reale. Dove vivo attualmente è un posto che mi ispira tantissimo come musicista, quello che ho in testa si riflette nella vita reale e viceversa, influenzando in modo decisivo ogni aspetto della mia arte. L’Inghilterra è la terra dove sono cresciuto e mi sono formato negli ascolti musicali, una prima impronta a quello che sono oggi l’ho sicuramente ricevuta lì.