L’attesa per un nuovo album dei Green Carnation è stata molto lunga, ben quattordici anni, ma finalmente “Leaves Of Yesteryear” ha visto la luce. In un continuo gioco di rimandi al passato, ma con lo spirito immutato di chi vuole sempre guardare avanti, il nuovo lavoro della formazione norvegese risulta fresco e convincente, con tutte le carte in regola per diventare uno dei capisaldi di questo 2020. Abbiamo voluto farci raccontare nel dettaglio le peculiarità di questa nuova opera, parlandone con il cantante Kjetil Nordhus e il bassista Stein Roger Sordal, due colonne portanti dei Green Carnation assieme al fondatore Tchort.
LA PRIMA DOMANDA DI QUEST’INTERVISTA VIENE DAVVERO SPONTANEA: SONO PASSATI TANTI ANNI TRA IL VOSTRO PRECEDENTE ALBUM, “THE ACOUSTIC VERSES”, E “LEAVES OF YESTERYEAR”. COM’È STATO RIPRENDERE A COMPORRE NUOVA MUSICA INSIEME DOPO COSÌ TANTO TEMPO?
Kjetil Nordhus: – Ecco, per la maggior parte del tempo la band è stata inattiva e alcuni di noi sono stati impegnati in altri progetti musicali. Dopo la nostra reunion per il quindicesimo anniversario di “Light of Day, Day of Darkness”, invece, abbiamo ricevuto un responso talmente positivo da spingerci a tornare a scrivere del nuovo materiale. Per prima cosa abbiamo concordato di non prendere decisioni affrettate: avremmo pubblicato un disco solo avendo del materiale all’altezza; poi abbiamo anche deciso che sarebbe stato l’album stesso a guidarci su quali canzoni includere e quali no. Solo così avremmo raggiunto il risultato che ci eravamo prefissati. Le nuove canzoni sono nate spesso da un’idea di Stein e abbiamo lavorato a lungo insieme sulla loro struttura, scambiando feedback e idee con il resto della band, e suonando molto in sala prove in modo da poterle sviluppare ulteriormente: le composizioni possono considerarsi quindi un lavoro di squadra. Abbiamo deciso di avvalerci dell’aiuto dello stesso produttore di “Light of Day, Day of Darkness”, Endre Kirkesola, che è stato anche il tastierista nei nostri show celebrativi. Sapevamo che avrebbe capito quello che volevamo ottenere con questo nuovo album, e in più, conoscendoci, è stato in grado di tirare fuori il nostro meglio, aiutandoci a raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissati.
Stein Roger Sordal: – Non avevamo un’etichetta all’epoca della reunion, poi si è fatta avanti la Season Of Mist che ci ha fatto una proposta interessante tanto per noi quanto per loro. Abbiamo avuto con loro un dialogo molto aperto su cosa potevano aspettarsi dopo tanti anni fuori dai giochi, ma possiamo ritenerci molto soddisfatti visti i primi feedback che stiamo ricevendo!
IL NUOVO ALBUM SEMBRA VOLER ABBRACCIARE LA VOSTRA INTERA CARRIERA: GUARDA AL FUTURO MA CON UNO PIEDE ANCORATO AL PASSATO. È STATA UNA SCELTA VOLUTA?
Kjetil Nordhus: – Sì, assolutamente, volevamo sintetizzare i migliori elementi del sound dei Green Carnation e svilupparli in un album coerente. Questo perché nella nostra storia abbiamo scritto album molto diversi tra loro, eppure uniti da molte caratteristiche comuni. Volevamo raccogliere questi tratti e contestualizzarli nella versione 2020 della band.
Stein Roger Sordal: – Il nostro pensiero è stato: un po’ del passato, un po’ del presente e un po’ del futuro. Volevamo che la gente capisse che i Green Carnation sono tornati e che restano sempre i Green Carnation, solo con un tocco di sapore in più, per così dire. Siamo un po’ più vecchi e, si spera, più saggi. Questo di per sé non sarebbe una garanzia sufficiente per della buona musica, ma abbiamo pensato che anche i nostri fan, oggi, sono un po’ più vecchi e saggi, quindi avremmo potuto intraprendere una nuova strada insieme, pur rimanendo all’interno della cornice del sound dei Green Carnation. Non siamo una band mainstream: suoniamo quello che ci piace e speriamo che questo possa portare un po’ di gioia a qualcuno. I Green Carnation non sono per tutti, ma chi ci segue apprezza davvero la nostra musica. Quando abbiamo fatto lo show della reunion nella nostra città c’erano persone provenienti da una quindicina di nazioni diverse, una cosa pazzesca.
DATO CHE NELL’ALBUM CI SONO SOLO CINQUE TRACCE, CI PIACEREBBE FARE UNA BREVE PANORAMICA, PARTENDO PROPRIO DA “LEAVES OF YESTERYEAR”: POSSIAMO DIRE CHE QUESTA CANZONE È L’ESEMPIO PERFETTO DI CHI SONO I GREEN CARNATION DEL 2020?
Kjetil Nordhus: – Questa canzone è esattamente la summa di quanto dicevo prima, per certi versi è la canzone perfetta dei Green Carnation di oggi. È facile capire quale band stai ascoltando, fin da subito, ma al tempo stesso è fresca e rappresenta un’evoluzione verso il futuro.
Stein Roger Sordal: – Io e Kjetil abbiamo lavorato tantissimo su questa canzone: solitamente registro delle demo nel mio studio casalingo, poi le mando agli altri ragazzi e da lì iniziamo a scambiarci idee. Non scherzo quando dico che avremo una ventina di versioni per questa canzone, con cambiamenti più o meno grandi.
PASSIAMO QUINDI A “SENTINELS” CHE, INVECE, CI RICORDA SOPRATTUTTO IL PERIODO DI ALBUM COME “A BLESSING IN DISGUISE” E “THE QUIET OFFSPRING”.
Stein Roger Sordal: – Sono d’accordo, l’atmosfera è la stessa degli album che hai citato: per me è un ritorno al passato ed è anche una canzone che ha un’ottima resa dal vivo. Abbiamo ricevuto feedback molto positivi sia dai vecchi che dai nuovi fan. Kirkesola ha preso la canzone, l’ha letteralmente fatta a pezzi in studio, ricostruendola e dandole una nuova dimensione. Infine Jonathan Perez, il nostro batteria, ha fatto un lavoro grandioso.
Kjetil Nordhus: – “Sentinels” è il brano più vecchio tra quelli composti per il nuovo album. L’abbiamo anche suonata dal vivo, con diversi arrangiamenti, fin dal 2018 e sebbene sia la canzone che ci ha accompagnati per più tempo prima di entrare in studio, è anche quella che ha subìto i maggiori cambiamenti. Abbiamo modificato sensibilmente il testo e la modulazione del finale, per esempio, non è mai stata suonata dal vivo.
“HOUNDS” RAPPRESENTA INVECE L’ULTIMA CANZONE ‘INEDITA’ CONTENUTA NELL’ALBUM. COSA VOLETE RACCONTARCI SU QUESTO PEZZO?
Stein Roger Sordal: – Volevo una canzone che fosse guidata dal basso. Il riff principale è tipicamente norvegese, inizia con una chitarra acustica e si conclude con un misto di doom, prog e puro heavy metal. Penso che “Hounds” sia un bel viaggio nel nostro mondo: ci sono tanti elementi del nostro sound ma anche un assaggio di quello che ci piacerebbe fare in futuro. Sono molto orgoglioso di questa canzone.
Kjetil Nordhus: – Questa è anche la canzone più recente che abbiamo scritto, il che significa che non abbiamo avuto tantissimo tempo per provarla prima di entrare in studio. In pratica ne esisteva solo una versione abbozzata, che conteneva la maggior parte delle idee, ma la versione finale è nata in studio, dove abbiamo lavorato per far sì che si adattasse perfettamente al resto delle canzoni che avevamo preparato.
NELL’ALBUM POI AVETE INSERITO ANCHE UNA NUOVA VERSIONE DI “MY DARK REFLECTIONS OF LIFE AND DEATH”, CHE AVEVATE REGISTRATO ALL’EPOCA DEL VOSTRO PRIMO ALBUM. COME MAI QUESTA SCELTA?
Kjetil Nordhus: – Non sono in molti a saperlo, ma senza “My Dark Reflections Of Life And Death” non ci sarebbe stato nemmeno “Light of Day, Day of Darkness”. È stata proprio questa canzone a dare a Tchort l’ispirazione per scrivere quell’album e, pertanto, può essere considerato come il brano più importante della nostra storia. Tchort cambiò l’intera line-up prima di registrare quell’album e questo significa che nessuno di noi ha suonato nella versione originale di questo brano: volevamo che questo nuovo lavoro fosse una sorta di ponte tra il passato e il presente, per questo abbiamo deciso di includerla, ma presentata al pubblico con una nuova veste, come se fosse stata scritta oggi. Credo sia una canzone fondamentale per comprendere la vera atmosfera dell’album, una sorta di nucleo che non avremmo potuto sostituire con nessun’altra canzone.
Stein Roger Sordal: – Anche qui Kirkesola ha fatto un lavoro eccellente. La versione originale era completamente priva di tastiere, abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti, sulla voce e le armonie. È una canzone che ha il nome di Tchort inciso su ogni nota, la adoro.
E ARRIVIAMO ALLA FINE DI QUESTO EXCURSUS CON “SOLITUDE”, LA COVER DEI BLACK SABBATH. COME AVETE LAVORATO A QUESTA VERSIONE?
Stein Roger Sordal: – Gli dèi del metal, secondo me. La canzone è tratta da “Master Of Reality” un album del 1971: personalmente adoro sia la canzone che l’album. Volevo realizzare questa cover fin dai tempi di “The Acoustic Verses”, ma alla fine abbiamo optato per “Six Ribbons”, un’altra bellissima canzone di Jon English. Ho registrato gran parte delle parti di tastiera a casa e alla fine abbiamo usato quelle anche per la versione finale. Kjetil ha fatto un lavoro pazzesco sulle parti vocali, anzi, a dirla tutta, credo che Kjetil non abbia mai cantato così bene come in quest’album. Anche il testo si adatta perfettamente all’atmosfera dell’album e mi fa strano rileggerlo adesso, perché sembra essere stato scritto pensando a quando eravamo chiusi in lockdown. Tutto l’album, in fondo, parla della perdita del controllo, di come nel mondo succedano cose che non ti aspetti e che finiscono per prendere il controllo della tua vita.
Kjetil Nordhus: – Ancora una volta mi viene da dire che l’album aveva bisogno di una canzone così per poter essere quello che è. Avevamo a disposizione altre tre-quattro canzoni che avremmo potuto inserire, ma le abbiamo lasciate da parte per far posto a questa cover: volevamo qualcosa che potesse adattarsi all’atmosfera generale, ma concedendo alle persone un ‘atterraggio morbido’ dopo aver fornito così tanti spunti nelle quattro canzoni precedenti. Questa canzone stava gravitando intorno alla band già da parecchio tempo e quando finalmente abbiamo capito dove ci stava conducendo il nuovo album, non abbiamo avuto alcuna esitazione ad inserire questa canzone come brano conclusivo.
ESCLUDENDO QUESTE ULTIME DUE TRACCE, “LEAVES OF YESTERYEAR” CONTIENE SOLO VENTI MINUTI DI MUSICA INEDITA. QUESTA SCELTA È DATA DAL DESIDERIO DI FARE UN PASSO ALLA VOLTA, DOPO TANTI ANNI DI INATTIVITÀ, O SEMPLICEMENTE L’ALBUM È NATO COSÌ?
Kjetil Nordhus: – No, semplicemente se avessimo lavorato diversamente ne sarebbe venuto fuori un album diverso e non quello che avevamo in mente. “Leaves Of Yesteryear” è venuto fuori così come doveva essere. Le canzoni che non abbiamo inserito non è detto che siano perse per sempre, potrebbero essere perfette per un progetto futuro.
Stein Roger Sordal: – Capisco il punto di vista. Inizialmente avevamo pensato di farne un EP, ma alla fine si è aggiunta “Hounds” e questo ha cambiato un po’ le carte in tavola. Ci abbiamo pensato a lungo e avevamo tanta musica da registrare, quindi non è stato assolutamente un problema di disponibilità di materiale. Semplicemente ci siamo accorti che l’album funzionava meglio con un paio di canzoni in meno. So che può sembrare strano, ma un album ha bisogno di un filo conduttore secondo me, deve condurti in un viaggio, ascoltandolo dall’inizio alla fine. Se uno scrive musica pensando ad un ascolto casuale, frammentato, allora può non tenere conto di cose come questa, ma i Green Carnation sono un po’ ‘old school’. Per noi un album è un album!
CI TROVIAMO NEL MEZZO DI UNA PANDEMIA CHE, OLTRE A METTERE A REPENTAGLIO LA VITA E LA SALUTE DELLE PERSONE, STA METTENDO IN GINOCCHIO IL MONDO DELLA MUSICA DAL VIVO, CHE SPESSO È L’UNICA FONTE DI GUADAGNI PER UNA BAND. COME STATE VIVENDO QUESTO MOMENTO TERRIBILE?
Stein Roger Sordal: – Per il momento stiamo tutti bene e in salute e questa è la cosa più importante. Sì, è dura. Di punto in bianco hanno cancellato tutti i concerti, o li hanno spostati nel 2021. Personalmente mi sono chiuso in studio e ho continuato a registrare nuova musica. Ho visto quello che avete passato in Italia e mi ha spezzato il cuore… Questo cazzo di virus vi ha martellato senza pietà. Per noi in Norvegia è stato meno pesante, almeno per il momento, e ora le cose sembrano migliorare. Quando ho sentito che i vostri defunti venivano seppelliti in fretta e furia senza nemmeno avere un funerale con i propri familiari mi è venuto da piangere.
Kjetil Nordhus: – Affrontiamo questa situazione come stanno facendo tutti, ciascuno con le sue peculiarità: alcuni di noi, come me, hanno più tempo libero, mentre altri hanno un lavoro che è esploso e sono più impegnati che mai. Per fortuna sia io che Stein Roger siamo entrati in un mood creativo in questo periodo e abbiamo appena scritto una lunga composizione prog, molto epica, della durata di dieci minuti. Tornando alla domanda, è una sfida difficile per l’intero Pianeta e tutti stanno affrontando i propri problemi su diversi livelli.
SPERANDO CHE SI POSSA TORNARE AL PIÙ PRESTO AD UNA CERTA NORMALITÀ, AVETE IN PROGRAMMA DI SUPPORTARE IL NUOVO ALBUM CON UN TOUR? PENSATE DI PROPORLO NELLA SUA INTEREZZA?
Kjetil Nordhus: – È ancora presto per dirlo, ma sappiamo quello che vorremmo fare con il resto della band. Non sappiamo se succederà esattamente come l’avevamo immaginato, ma l’idea è sicuramente quella di far uscire “Leaves Of Yesteryear” e suonarlo dal vivo. Sono sicuro che prima o poi suoneremo tutte le canzoni, ma non saprei dire se lo faremo in un set unico.
Stein Roger Sordal: – Qualche tempo fa abbiamo trasmesso un concerto in streaming, suonando “Hounds” per la prima volta. Mi è parso che funzionasse molto bene. Non vedo l’ora di tornare a suonare con i Green Carmation, voglio incontrare tutte quelle persone che continuano a scriverci con parole di affetto e vicinanza. È un privilegio poter fare quello che amiamo e vogliamo continuare a suonare e vedere persone nuove.
L’ANNO PROSSIMO SARÀ IL VENTENNALE DELL’USCITA DI “LIGHT OF DAY, DAY OF DARKNESS”. PENSATE DI RIPETERE LE CELEBRAZIONI CHE VI HANNO PORTATO ALLA REUNION, MAGARI SU SCALA PIÙ VASTA?
Kjetil Nordhus: – No, abbiamo già realizzato un grosso progetto per il quindicesimo anniversario, una cosa su cui abbiamo lavorato per quasi due anni e che è stato un successo incredibile. Non siamo interessati a ripetere sempre le stesse cose e lasceremo i bei ricordi del 2016 dove sono. In futuro, chi lo sa? Potremmo inventarci qualcosa per un altro anniversario, ma per il 2021 abbiamo piani differenti al momento.
Stein Roger Sordal: – Vogliamo promuovere a dovere “Years Of Yesteryear”, visto che al momento non possiamo farlo: è un album che lo merita. Sicuramente in Europa, poi abbiamo qualche programma per gli Stati Uniti e se tutto va bene anche in Sud America e Asia.
COME DICEVAMO “LEAVES OF YESTERYEAR” NON È SOLO UNA CELEBRAZIONE DELLA VOSTRA STORIA, MA È SOPRATTUTTO UNO SGUARDO SUL FUTURO DELLA BAND. COSA POSSIAMO ASPETTARCI, QUINDI?
Kjetil Nordhus: – Prima del Covid-19, come Green Carnation avevamo un programma che arrivava fino all’autunno del 2023, che comprendeva diverse uscite! La prima ha visto la luce e la prossima dovrebbe arrivare nel 2021. Abbiamo altri tre album su cui stiamo lavorando, avrete maggiori notizie il prima possibile. Contavamo di fare un primo annuncio entro la fine dell’anno, ma potrebbe essere posticipato. Posso dire con sicurezza che non staremo a girarci i pollici (ride, ndR)!