Reduci dalla pubblicazione dell’affascinante “Zwart Vierkant: Slotstuk”, che, come sviscerato in sede di recensione, va a chiudere il concept sul pittore astratto Pedro (ispirato dal Suprematismo di Kazimir Malevič) iniziato col disco precedente, gli olandesi Grey Aura ritornano sulle pagine di Metalitalia.com per questa intervista e si confermano gruppo di rango costituito da giovani estremamente preparati, svegli e lontani dai cliché.
Si è parlato di arte, di avanguardie, di metal estremo e soprattutto di cosa rende la musica dei Grey Aura così unica e avvincente, ripercorrendo il loro cammino dagli inizi sui banchi di scuola a oggi, tra azzardi artistici e solide basi culturali, che fanno del collettivo di Utrecht uno dei gruppi più interessanti per chi cerca nel metal quelle realtà che sanno andare oltre, sperimentare, offrire sempre nuovi stimoli uscendo dalla massa e dal conformismo della musica prodotta in serie.
A rispondere alle nostre domande è un pronto e disponibile Ruben Wijlacker, cantante, polistrumentista e autore del romanzo da cui i Grey Aura hanno tratto il concept alla base degli ultimi due loro album: un viaggio nell’astrattismo, nell’avanguardia e nella follia come pochi altri all’interno del panorama del metal estremo internazionale.
CIAO E BENVENUTI! POTETE SVELARCI IL PROCESSO CREATIVO DEI GREY AURA? COME RIUSCITE A RAGGIUNGERE UN TALE LIVELLO DI IMPREVEDIBILITÀ NELLA VOSTRA MUSICA? IL SUPREMATISMO DI KAZIMIR MALEVIČ VI HA INFLUENZATO ANCHE MUSICALMENTE?
– Ciao. Partiamo sempre dal concept. Quando ci rendiamo conto di aver scavato in profondità a sufficienza, iniziamo a scrivere la musica.
Ho scritto il mio primo romanzo “De Protodood In Zwarte Haren” (“I Capelli Neri Della Protomorte”, ndr) tra il 2014 e il 2018, pubblicandolo a inizio 2019. Questo romanzo costituisce la base concettuale sia di “Zwart Vierkant” che di “Zwart Vierkant: Slotstuk”. Come probabilmente sapete già, “De protodood” parla di un pittore modernista immaginario che diventa ossessionato dall’Astrattismo e cerca di smantellare la realtà fisica attraverso la sua arte.
Mentre scrivevo il libro, Tjebbe e io abbiamo discusso a lungo vari punti della trama, selezionando le scene e i capitoli che volevamo mettere in musica. Ci sedevamo con le nostre chitarre a tracolla chiedendoci come avrebbe dovuto suonare una tal scena, come certe idee o dialoghi avrebbero dovuto essere rappresentati in musica, e da lì partivamo a scrivere insieme.
Mano a mano che la storia di “De protodood” progrediva, diventava sempre più astratta, e volevamo che la musica rappresentasse tutto ciò.
Perciò i brani su quest’album sono probabilmente i più caotici e abrasivi che abbiamo mai creato. Naturalmente siamo stati profondamente ispirati dall’arte di Malevič. Non solo il nostro concept è saldamente radicato nel suo lavoro, abbiamo studiato i suoi trattati teorici, approfondito la sua ideologia, indagato sui suoi contemporanei, e letto dei vari collettivi artistici che guidò o di cui fu membro. Volevamo che il nostro approccio fosse assolutamente radicale come la sua arte.
“Zwart vierkant” e “Slotstuk” sono tentativi di resuscitare e galvanizzare il radicalismo nell’arte che è rimasto inattivo nelle scorse decadi.
L’arte dovrebbe serbare il potenziale per essere senza limiti ed estremamente pericolosa. Se fatta nel modo giusto, può diventare una porta per raggiungere ciò che giace al di là del pensiero razionale, oltre il conosciuto.
È STATO DIFFICILE TRASPORRE IL CONCEPT DEL ROMANZO NEI TESTI DELLE CANZONI? CREDETE CHE ESPRIMERVI NELLA VOSTRA LINGUA, L’OLANDESE, INVECE CHE IN INGLESE, RAPPRESENTI IN QUALCHE MANIERA UN PROBLEMA?
– Ci siamo davvero presi il nostro tempo per farlo. Abbiamo scritto due demo, “1: Gelige, Traumatische Zielsverrukking” e “2: De Bezwijkende Deugd”, che sono usciti rispettivamente nel 2017 e nel 2019.
Questi demo ci hanno permesso di sperimentare liberamente nuove sonorità, incorporando recitazione e spoken word nella nostra musica, fissando per noi un nuovo modus operandi.
Dal momento che abbiamo registrato “Zwart Vierkant”, questa maniera di lavorare è diventata così naturale per noi e il concept si è talmente radicato nelle nostre menti, che tutto è venuto fuori senza sforzo. Ed è aumentato ancora di più durante la composizione e registrazione di “Slotstuk”, che è basato sulla seconda parte di “De protodood”.
Abbiamo lavorato su questo concept per più di una decade, così ora la sfida è uscire da questo tunnel, piuttosto che rimanerci all’interno. È diventato parte delle nostre esistenze, spesso subconsciamente, ma talvolta emerge chiaramente nella sua forma astratta quando invece vorremmo che non si manifestasse.
Per quando concerne la lingua, no, non c’è nessun problema. Il nostro pubblico è intelligente, capisce perfettamente di cosa scriviamo.
COME È INIZIATO IL VOSTRO CONNUBIO ARTISTICO? QUALI EVENTI VI HANNO CONDOTTO ALLA FORMAZIONE ATTUALE?
– È cominciato a inizio 2010, quando Tjebbe e io ci siamo conosciuti grazie al nostro ex batterista Bas. Bas ed io andavamo alla stessa scuola superiore. A quel tempo, Bas e Tjebbe erano in una band, e io avevo il mio progetto solista Folkstorm. Più tardi quell’anno Bas prese il posto di batterista nei Folkstorm, e io entrai nel loro gruppo in veste di cantante. Dopodiché decidemmo di unire i due progetti creando i Grey Aura.
Sylwin entrò in formazione intorno al 2018. Compose le linee di basso per “Sierlijke Schaduwmond” e suonò con noi alcuni live. Dopo qualche anno, fu naturale accoglierlo come membro fisso nel gruppo. Il suo lavoro su “Slotstuk” è un contributo assolutamente significativo alla nostra musica.
Bas lasciò subito dopo aver registrato “Zwart Vierkant”. Poi Seth, un conoscente di Sylwin, si è unito a noi intorno al 2021, durante la coda della pandemia di Covid-19. Inutile dire che siamo molto felici di averlo nei Grey Aura.
COS’È DI PRECISO UNA ‘GREY AURA’? COSA SIGNIFICA PER VOI?
– Artisticamente vogliamo stare in una zona grigia, non conformandoci ad alcuna regola, sperimentando con diverse regole e forme d’arte. Il catalizzatore principale della nostra musica è il desiderio di trasgredire ed espanderci.
Questa zona grigia artistica e la spinta ad andare oltre si traducono nel nome della band.
COME PENSATE CHE IL VOSTRO STILE SIA MUTATO NEL CORSO DEGLI ANNI? È STATO UN PROCESSO NATURALE? CREDETE CI SARANNO ULTERIORI CAMBIAMENTI IN FUTURO?
– Quando siamo partiti, il gruppo era ancora principalmente il progetto di Tjebbe. Lui scrisse l’EP “Candlesmoke” e registrò tutte le chitarre, il basso e i sintetizzatori. Fece anche il cantato pulito. Io registrai giusto il resto delle patti vocali. “Candlesmoke” aveva uno stile molto sognante, simile a “Valavond” del mio progetto solista Folkstorm.
Quando iniziammo a lavorare al nostro album di debutto “Waerachtighe”, decidemmo di scriverlo e registrarlo interamente insieme, e ci abbiamo riversato dentro tutta la nostra energia artistica. Volevamo staccarci dalle atmosfere eteree del sopracitato EP, e abbiamo iniziato a scrivere qualcosa di più caustico e freddo. “Waerachtighe” era ispirato dal black metal di metà anni Novanta, ma volevamo aggiungerci un tocco cinematico. Abbiamo utilizzato voci di attori, sound design e un concept storico.
Appena abbiamo pubblicato “Waerachtighe”, non ci saremmo stupiti se la gente avesse iniziato a etichettarci come ‘nautical black metal’ o ‘historical black metal’. Anche allora, nel 2014, discutevamo del fatto che il pubblico non avrebbe capito quale fosse l’obiettivo principale della band prima che pubblicassimo il nostro secondo album. Siamo un gruppo che lavora con i concept, e non vogliamo limitarci a una qualsiasi forma o ideologia.
“Zwart vierkant” ci ha permesso di chiarire le nostre intenzioni, e ha rappresentato un miglioramento complessivo delle nostre capacità tecniche e compositive. Abbiamo iniziato a sperimentare molto di più, usando nacchere, chitarre spagnole, voci recitate, registrazione astratte sul campo (siamo andati in Spagna, registrato il silenzio all’interno della cattedrale di Toledo e lo abbiamo usato come sottofondo in “El Greco in Toledo”), e reso la nostra musica molto più dinamica.
“Zwart vierkant: Slotstuk” è simile, ma anche molto differente.
Volevamo che quest’album avesse un volume più alto, fosse più tagliente, più brusco. “Slotstuk” (letteralmente, “Finale”) riguarda un uomo che diventa tutt’uno con l’astrazione, crescendo e appassendo al suo interno simultaneamente. È più pesante, meno giocoso, meno colorato. La nostra intenzione era di sperimentare all’interno dei confini del metal estremo, capovolgendone alcuni degli aspetti principali e creando un feeling alienante che non permette mai di capire dove un pezzo vada a parare.
QUALI MUSICISTI, ARTISTI O IDEE VI HANNO ISPIRATO DI PIÙ LUNGO LA VOSTRA CARRIERA? QUALI GRUPPI VI HANNO ISPIRATO QUANDO AVETE COMINCIATO E QUALI INVECE VI ISPIRANO OGGI?
– Siamo arrivati a un punto che non abbiamo più bisogno di parlare di creazioni di altri artisti mentre scriviamo la nostra musica. Ci focalizziamo invece sul lavoro in sé, su come le composizioni devono suonare, e su quali tecniche possiamo utilizzare per raggiungere quel risultato.
Di certo siamo influenzati da innumerevoli artisti, gruppi e scrittori, ed estrapoliamo, consciamente o inconsciamente, idee dai loro lavori, ma dobbiamo tenere a mente che le loro creazioni sono qualcosa che è già stato fatto e noi non vogliamo replicare nulla. Citando il manifesto russo del 1912 “Uno schiaffo in faccia al gusto del pubblico”: “Gettare Puškin, Dostoevskij, Tolstoj, ecc., ecc., dalla nave del nostro tempo. Chi non dimenticherà il primo amore non conoscerà mai l’ultimo” (per la precisione, manifesto del cubofuturismo russo, firmato, tra gli altri, dal grande poeta e drammaturgo Vladimir Vladimirovič Majakovskij, ndr) .
QUALI SONO LE VOSTRE SENSAZIONI INERENTI LA PARTECIPAZIONE AL ROADBURN FESTIVAL, PER SUONARE PER INTERO IL VOSTRO NUOVO ALBUM? COSA PENSATE DI QUESTO ICONICO FESTIVAL?
– Questa sarà la terza volta che suoneremo al Roadburn Festival – la quarta, se si considera la performance per il Maalstroom (progetto di cooperazione musicale tra astri nascenti del black metal olandese all’interno dello stesso festival di Tilburg, ndr). Il Roadburn è un grande festival, organizzato da persone che non temono di sperimentare e allargare i propri orizzonti.
Ci hanno aiutato a diffondere la nostra musica lungo gli anni, e siamo grati e felici di esserne parte ancora una volta.
DAL VOSTRO PUNTO DI VISTA, QUALI SONO STATI I PRINCIPALI CAMBIAMENTI ALL’INTERNO DEL BLACK METAL NELLE ULTIME DECADI? QUALI SONO I VOSTRI RAPPORTI CON LA SCENA OGGI?
– Il black metal inteso nel suo insieme sembra molto frammentato, oggi. È sempre stato così, ci sono sempre stati punti di vista contraddittori su come il genere dovesse suonare o a quale ideologia i suoi seguaci dovessero prestar fede, e ora sembra che tutto ciò stia ulteriormente accelerando. E se la definizione esatta di black metal e diventata piuttosto vaga, è difficile discuterne sviluppi ed esiti.
Il mio black metal non è il tuo black metal, e viceversa. Ed è tutto sommato giusto così. Il concetto di collettivi artistici è romantico ed interessante, ma il mondo è cambiato troppo, ormai.
COSA PENSATE DELLA MUSICA METAL NEI PAESI BASSI? DALL’ESTERNO SEMBRA MOLTO VIVA E DIFFUSA!
– Abbiamo sì una scena metal molto attiva, ma gruppi e artisti stanno molto sulle loro. Ovviamente, condividiamo membri con altre band (Laster, Vuur & Zijde, Cthuluminati), e siamo in contatto con gruppi e artisti con cui abbiamo collaborato in passato, ma questa non è propriamente musica da festa. Le persone coinvolte sono solitamente a loro agio nello stare da soli.
COSA ACCADRÀ DOPO QUESTO CONCEPT? NE COMINCERETE UN ALTRO O FARETE QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO?
– Partiremo a lavorare su qualcosa di completamente diverso. Inevitabilmente la nostra musica continuerà a suonare come i Grey Aura, ma avremo differenti concept e atmosfere. In questo momento siamo ancora alla fase concettuale, stiamo discutendo temi e idee. Musica non ne abbiamo ancora scritta.