H.E.A.T. – Ritorno alle origini

Pubblicato il 24/02/2020 da

Gli hard rocker svedesi H.E.A.T. sono pronti a mettere a ferro e fuoco i palchi di tutta Europa grazie al loro nuovo disco, il settimo di una carriera in continua ascesa.  La band ha deciso di chiamare quest’ultimo lavoro “H.E.A.T. II” perchè il suo concepimento si è svolto con le stesse modalità del loro esordio, ma con una maturità artistica forgiata in tredici anni di onorata carriera. Il tastierista Jona Tee non è certo una persona loquace: poche parole, ma che arrivano dritte al punto. Di seguito il resoconto della nostra chiacchierata.

 

PARLIAMO SUBITO DEL NUOVO “H.E.A.T. II” E DI COME GLI AVETE DATO VITA.
– Siamo stati principalmente io e Dave a scrivere e comporre questo album. In un certo senso mi è sembrato di tornare ai nostri inizi, abbiamo lavorato proprio come ai vecchi tempi. Insieme si è concordata una direzione musicale da intraprendere, poi tutto il resto è stato fatto in modo molto naturale. Questo tipo di musica è il nostro pane, con gli H.E.A.T. non riusciremmo a fare altro e farlo meglio. Il nostro bassista Jimmy  Jay un giorno è arrivato con il brano “Come Clean”, fantastico, uno dei miei preferiti di tutto il disco. H.E.A.T. II è stato registrato in due momenti diversi, inizialmente al Rocksta Sound Ranch fuori da Västerås e nel nostro studio a Solna. Poi siamo andati allo Studio 57 in Finlandia. Birre e vasche idromassaggio per tutti!

PER LA PRIMA VOLTA AVETE PRODOTTO IL VOSTRO DISCO DA SOLI, SENZA ALCUN AIUTO ESTERNO. ERA IL MOMENTO GIUSTO PER QUESTO SALTO?
– Siamo sempre stati molto coinvolti in prima persona negli arrangiamenti e nella produzione della nostra musica. “H.E.A.T. II” rispetto ai nostri vecchi dischi differisce perché è stato registrato strumento per strumento, mentre in precedenza il processo era molto più ‘live’, passami il termine. Abbiamo quindi potuto sfruttare il tempo a nostra disposizione provando, giocando e testando varie possibilità con l’equipaggiamento in studio. Sono molto contento del risultato!

QUAL E’ L’ASPETTO PIU’ DIFFICILE DA AFFRONTARE PER UN MUSICISTA CHE DECIDE DI FARE ANCHE DA PRODUTTORE?
– Per me l’aspetto più difficile è l’essere consapevoli che tu sei il capo, sei il direttore esecutivo e qualsiasi errore questa volta sarebbe stato solo colpa nostra. In questo caso colpa mia e di Dave.  Sai, facendo parte della band c’è il rischio di avere un’ottica non proprio imparziale, si è emotivamente coinvolti perché è musica che scriviamo noi, in più mettici qualche discussione a causa delle dinamiche di gruppo. Immagina cinque fratelli: prima o poi finiranno per discutere a causa di qualche cazzata! Quando hai un produttore esterno, è lui che gestisce il processo decisionale, ma tutto sommato devo dire che i lavori sono andati abbastanza bene.

QUINDI NON ESCLUDI DI CONTINUARE A PRODURRE IN PROPRIO ANCHE I VOSTRI PROSSIMI DISCHI?
– Non siamo ancora arrivati ​​a pensare al futuro, ora ci concentriamo sulla promozione di “H.E.A.T. II”. Ma di certo non mi dispiacerebbe in futuro continuare a lavorare così.

PERCHE’ AVETE SCELTO PROPRIO “H.E.A.T. II” COME TITOLO? NON SIETE CERTO AL SECONDO DISCO….
– All’inizio volevamo chiamare il disco semplicemente “Rise”, poi abbiamo cambiato idea perché ci siamo resi conto che un sacco di band ha pubblicato dischi con questo titolo, i primi a venirmi in mente sono gli Hollywood Vampires. Un giorno il nostro cantante Erik ha proposto “H.E.A.T. II” perché sentiva questo disco come una specie di nuova partenza per la band, fresca ed energica.

ANCHE IN TERMINI DI SOUND PARE ABBIATE COMPIUTO UN RITORNO AL PASSATO.
– Beh, la visione degli H.E.A.T è sempre stata quella di suonare hard rock/heavy metal infarcito di melodie molto epiche. Anche questa volta abbiamo percorso questa strada, non credo però ci siano più molto influenze degli anni Ottanta.

PER QUANTO RIGUARDA I TESTI, COSA PUOI DIRCI?
– La canzoni parlano di argomenti molto diversi. “Rock Your Body2 è fondamentalmente porno, “We Are Gods” invece parla della religione in generale e di come gli uomini in questa era si considerino sempre di più delle vere divinità. “Adrenaline” invece parla di un paracadutista ed ancora, “Under The Gun” racconta di persone deluse e paranoiche.

UNO DEI BRANI PIU’ INTERESSANTI DEL DISCO E’ LA BALLAD “NOTHING TO SAY”.
– Questa canzone parla di depressione, del combatterla e di non poter avere l’ultima parola.

SEMBRA IERI IL GIORNO IN CUI E’ USCITO IL VOSTRO DISCO DI DEBUTTO, MENTRE IN REALTA’ SONO TRASCORSI GIA’ TREDICI ANNI. COME TI SENTI?
– Li definirei semplicemente uno shot di Jack Daniel’s , tanto heavy metal e persone fantastiche incontrate in tutto il mondo.

IN TUTTO QUESTO TEMPO AVETE AFFRONTATO DIVERSI CAMBI DI LINE-UP, TU, JIMMY E CRASH SIETE LE COLONNE PORTANTI DEL GRUPPO.
– Non la metterei proprio in questi termini, ogni membro all’interno della band ha il proprio ruolo. Crash, Jimmy ed io siamo solo quelli che hanno resistito di più.

IL ROCK E’ VIVO E IN BUONA SALUTE?
– Il mio giudizio cambia a seconda del genere di rock. Per quanto riguarda il melodic rock/AOR, vedo che fa fatica anche se ci sono un sacco di grandi band ancora vive e in attività. I giganti degli anni Settanta e Ottanta ancora oggi organizzano tour e riescono a riempire gli stadi. Meglio di niente!

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