“Se tutte le band moderne avessero l’energia e la simpatia dei fratelli Hale saremmo molto più tranquilli sul futuro della nostra musica preferita”: chiudevamo così la recensione di “Back From The Dead”, ultima fatica degli Halestorm, e ribadiamo il concetto dopo una lunga chiacchierata con Lzzy Hale, estremamente disponibile – come del resto gli altri membri della band con cui abbiamo avuto modo d’interloquire in passato, nonostante un’esposizione mediatica sempre crescente – e divertita nel rispondere al nostro fuoco di domande, dalla nascita della band ormai un quarto di secolo fa (non male, considerando che sono tutti under quaranta) al periodo del Covid. E ora che la musica dal vivo è finalmente ripartita si sente anche dalla cornetta virtuale la voglia di Lzzy e soci di tornare a mordere le assi di un palco, sotto il segno di un rock’n’roll sempre più verace rispetto ai più patinati esordi, ma senza perdere quella raffinatezza che da una decina d’anni li contraddistingue nella scena rock d’oltreoceano.
CIAO LZZY, COME STAI?
– Bene! Che bello sentire qualcuno dall’Italia, parlavamo proprio l’altro giorno di quanto ci manca passeggiare per Milano e gustare qualcuno dei vostri piatti tipici… Ogni volta che vengo lì non posso fare a meno di fare indigestione di parmigiano con pane e olio: davvero squisito e impossibile da trovare così buono qui!
IN CHE SENSO SIETE ‘RESUSCITATI’ (“BACK FROM THE DEAD” IN INGLESE, TITOLO DELL’ULTIMO ALBUM , NDR)?
– Il titolo dell’album ha molti significati, ma il principale è il senso di rinascita dopo l’assenza forzata causata dalla pandemia. In questi anni mi sono chiesta più volte se saremmo tornati a suonare, e quando sarebbe successo volevo che il pubblico avesse qualcosa di ‘forte’ da cantare insieme, come una sorta di esorcismo catartico… Finora devo dire che ha funzionato dal vivo, e addirittura c’è anche chi si è già tatuato questa frase (risate, ndr)!
“THE STEEPLE” INVECE SEMBRA QUASI UNA MESSA CANTATA…
– Mentre stavamo registrando in assenza di un palco ci siamo ricreati nelle nostre menti le sensazioni dei live show, e per me una delle associazioni d’idee più calzanti era quella di un rito religioso, per il fatto che tutti i ‘fedeli’ si ritrovano gomito a gomito con degli sconosciuti, tutti sullo stesso piano, e a prescindere da com’è andata la tua giornata o da com’è il tempo fuori durante lo show ti senti ‘sollevato’ per la forza della musica. Volevamo quindi ricreare quest’atmosfera ‘religiosa’ proprio perchè ci mancava così tanto.
IMMAGINO ANCHE “RAISE YOUR HORNS” ABBIA PER TE UN SIGNIFICATO SPECIALE…
– Alcuni anni fa ho iniziato ad usare questa frase, ‘Raise Your Horns’, su Internet, creando un hashtag e invitando i fan che avessero sofferto di disturbi mentali a postarla. Questa cosa poi ha avuto più successo di quanto avessi mai potuto immaginare, quindi quando si è trattato di scrivere un pezzo su questo tema è stato immediato scegliere questo titolo. A differenza di altre ballad stavolta ho voluto solo il piano ad accompagnarmi, e credo si possa sentire l’emozione nella mia voce. Nel tour che abbiamo fatto da poco in Inghilterra ho avuto modo di fare un piccolo teaser intonando solo la prima strofa e il pubblico è impazzito, quindi non vedo l’ora di poterla suonare per intero dal vivo!
COME TI SEI TENUTA IN ALLENAMENTO DURANTE IL LOCKDOWN?
– Ho un sacco di ‘giocattoli’ a casa, a partire da una marea di chitarre, quindi fondamentalmente ho passato le giornate a suonare, e credo davvero che scrivere quest’album sia stata la mia medicina per combattere questo periodo così assurdo. Poi certamente tornare finalmente a suonare dal vivo è stato un po’ uno shock: in genere avverto un brivido di eccitazione/nervosismo qualche minuto prima dell’inizio di un concerto, ma nel primo show che abbiamo fatto post-Covid è partito tutto dopo il soundcheck, per cui ho passato due ore a camminare nervosa sui tacchi come se dovessimo cominciare da un momento all’altro (risate, ndr)!
TI HO VISTO TRE VOLTE DAL VIVO E SEMPRE CON DEI TACCHI ALTISSIMI: QUAL E’ IL TUO SEGRETO?
– Devo dire che negli anni sono diventata più prudente, ad esempio quelle scarpe nella foto (come sfondo di Zoom avevamo una foto del 2014 ai Magazzini Generali, ndr) le ho vendute qualche anno fa ad un’asta benefica. In realtà ora tendo a scegliere scarpe da spogliarellista, che sono pensate per poter ballare senza perdere l’equilibrio: in questo modo posso suonare anche con un tacco di venti centimetri, purché ben bilanciato (risate, ndr).
HAI PIU’ SCARPE O CHITARRE?
– (Ci pensa, ndr) domanda difficile. Credo più chitarre, ne ho circa quaranta, ma ora devo cantare quante paia di scarpe ho nell’armadio (risate, ndr)!
HAI ANCORA LA TUA PRIMA CHITARRA?
– Temo di no. La mia primissima chitarra era una BC Rich Mockingbird color rosso mela comprata usata: all’epoca pensavo suonasse alla grande, ma probabilmente perchè non sapevo cosa volesse davvero dire suonare bene (risate, ndr). Dopo aver messo da parte un po’ di soldi ho preso la mia prima Gibson Les Paul custom del ’91, che ho ancora. E’ divertente perchè le ho rotto il manico un paio di volte ma ora suona ancora meglio di prima, tanto che me la sono portata anche nell’ultimo tour per sentire ‘aria di casa’.
SIETE IN GIRO DAL 1997: FESTEGGIAMENTI PER IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO?
– E’ veramente strano pensarci, è come se avessi vissuto un paio di vite finora, ma probabilmente perchè ho fondato la band quando avevo tredici anni, quindi posso dire di aver vissuto il doppio della mia vita con la band che senza. La cosa bella è che siamo sempre noi quattro insieme (‘Us Against The World’ letteralmente, ndr), ma non penso faremo grosse celebrazioni, al massimo farò cantare ad AJ la prima canzone in assoluto che abbiamo scritto come Halestorm e la metterà in rete: d’altronde è pur sempre il mio fratello minore, quindi lo posso ‘bullizzare’ (risate, ndr).
VISTO CHE SIETE COSI’ GIOVANI, A QUESTO PUNTO FESTEGGERETE LE NOZZE D’ARGENTO…
– Effettivamente sì, è come se fossimo sposati! Vedi questo anello che porto? Ecco, quando eravamo ancora teenager, prima di conoscere Joe e Josh (chitarrista e bassista, ndr), io e AJ avevamo preso due anelli uguali che abbiamo da allora entrambi; poi ne abbiamo presi altri due, che non abbiamo mai usato, finché qualche anno dopo sono saltati fuori da casa dei miei e – sopresa! – calzavano perfettamente a Joe e Josh! Quindi tecnicamente possiamo dire di essere sposati anche con loro da quasi vent’anni ormai (risate, ndr).
DOPO TRE COPERTINE IN BIANCO E NERO SIETE PASSATI AL ROSSO: PASSIONE, SANGUE O COS’ALTRO?
– Volevo che la cover rispecchiasse anche visivamente il concetto di ‘rottura’, e poi credo che il rosso e il nero siano due colori molto metal! Devi sapere poi che stavolta non è stata realizzata in digitale, ma la foto che vedi è stata fatta con dei veri vetri rotti, che ad un certo punto sono anche esplosi vicino alla mia faccia… Perfino il set fotografico è stata un’esperienza di ‘vita dopo la morte’ (risate, ndr).
SEMBRA UNA LOCANDINA DI UN FILM HORROR…
– Sì, sarebbe perfetta sul cartellone di un cinema, e poi io adoro i film horror! Mi piacciono i classici come “Halloween” o “L’Esorcista”, ma anche dei film vecchi come “I Hate Your Mother”, che mi fa morire dal ridere per gli effetti speciali un po’ vintage. Tra la roba nuova mi è piaciuto molto “The Platform”, ma la cosa divertente è che tutti i miei amici al di fuori dalla musica non amano questo genere e cercano sempre di farmi vedere film per bambini o romantici pensando che mi faccia stare meglio, ma io mi diverto guardando gli horror. Pensa che uno dei miei sogni nel cassetto è comparire in un film come uno zombie: non devo necessariamente recitare, basta essere sul set!
MAGARI NEL PROSSIMO VIDEO…OPPURE DEVI FARE COME SCOTT IAN (APPARSO COME ZOMBIE IN “THE WALKING DEAD”, NDR)…
– Esatto! Mi accontenterei anche di fare come Brent Hinds dei Mastodon, che era stato un White Walker in Game of Thrones.
SO CHE SEI CONTRO IL PLAYBACK, MA TI E’ MAI CAPITATO DI USARLO?
– A parte nei video, non mi pare. Una volta però – avrò avuto diciassette anni – avevamo appena perso il nostro chitarrista ed avevamo uno show in programma, quindi abbiamo registrato tutte le tracce di chitarra su un CD da usare come base, che però si è messo a saltare costringendoci a suonare di fatto senza chitarra (io all’epoca suonavo la tastiera). A parte questo come dicevo credo il bello di suonare tutto dal vivo sia che non c’è nessun Dio sul palco oltre a noi quattro, quindi siamo artefici del nostro destino musicale: qualcosa potrà andare storto ma è il bello della diretta, e poi così possiamo improvvisare se ad esempio voglio allungare un brano o parlare con qualcuno del pubblico.
SULLA TUA ’TO-DO LIST’ C’E’ ANCHE UNO SHOW CON L’ORCHESTRA?
– Assolutamente sì! In passato abbiamo fatto qualche show acustico e suonato alcuni pezzi con una piccola orchestra, come anche sulla canzone “Terrible Things” dell’ultimo disco. Ho una vera ammirazione per gli strumenti classici, anche perchè se ne suonassi uno sarei come un bambino di due anni, quindi spero di poter fare qualcosa con loro molto presto: tieni gli occhi aperti, quando succederà potrai dire di essere stato il primo con cui ne ho parlato (risate generali, ndr)!
HAI COLLABORATO CON MOLTI ARTISTI: CHI SAREBBE IL TUO OSPITE IDEALE?
– Per prima cosa mi piacerebbe suonare con Ann Wilson delle Heart, poi direi anche con i Ghost. Guardando al passato direi Jeff Buckley o Ronnie James Dio, sarebbe fantastico.
CHI ERANO/SONO LE TUE CHITARRISTE PREFERITE?
– Joan Jett, Lita Ford e tutte le eroine degli anni ’80, anche se sono cresciuta negli anni ’90. Tra i gruppi più recenti ammiro moltissimo la cantante/chitarrista delle Dead Bids, Tish, un trio al femminile ancora poco conosciuto ma che mi sta ispirando moltissimo: immagina Veruca Salt, ma in versione metal!
IL POSTO PIU’ STRANO DOVE HAI SUONATO?
– Da giovani abbiamo suonato in un sacco di locali e centri commerciali, per cui una volta ci è capitato di suonare in un locale in cambio di tre gelati, dato che non sapevano come pagarci. Una volta poi ci è capitato di suonare ad un funerale, cantando un paio di canzoni di Bob Dylan per cinquanta dollari l’una. La cosa più assurda è che stavamo facendo le audizioni di fianco alla stanza funeraria, e quando poi abbiamo suonato davanti a tutti la gente ovviamente invece di applaudire era lì che piangeva in ricordo del caro estinto.
SI VEDE CHE I FUNERAL FOR A FRIEND NON ERANO DISPONIBILI QUEL GIORNO…
– Sì, è stato un momento toccante ma ora non lo rifarei… Anche se pensandoci bene sarebbe un’ambientazione perfetta per il nuovo disco, con la bara che si apre e il morto che resuscita (‘Back From The Dead’ appunto) in stile zombie (risate generali, ndr)!