Paradigmatici cantori di tempi incerti come quelli che stiamo vivendo, gli Harakiri For The Sky hanno aperto quest’altro solarissimo e quieto anno, il 2021, con un album che non sposta di una virgola l’attenzione dalle tematiche che gli stanno a cuore. Quelle, sintetizzando al massimo, legate alle sofferenze interiori, al disagio dell’individuo solo a combattere le negatività che lo opprimono, su tutto il resto il sentirsi fuori posto, discordanti dal mondo nel quale si vive. Il linguaggio scelto, invece, ha avuto qualche lieve modifica, andando nel verso di una spigliatezza non così presente negli immediati predecessori di “Mære”. Album-fiume come e più degli altri già comparsi nella discografia del duo austriaco, eppure più scorrevole della maggior parte di quello che avevano prodotto negli anni scorsi. Di questa ‘rinnovata lena’ abbiamo parlato con il cantante J.J., i cui testi sinceri e confessionali rappresentano un trademark della formazione, al pari delle trascinanti progressioni chitarristiche e dei commoventi arpeggiati.
A PROPOSITO DI “MÆRE”, LEGGO NELLA PRESENTAZIONE DEL DISCO CHE SI TRATTA DI ‘UNA CREATURA NOTA NEI RACCONTI DI CULTURA POPOLARE, DEFINITA COME UN’ENTITÀ MALIGNA CHE SI INSINUA NEL PETTO DELLE PERSONE DURANE LA NOTTE, CAUSANDO A COSTORO AFFANNO E ANSIA’. ECCO, PERCHÉ PENSAVATE POTESSE ESSERE IL TITOLO ADATTO PER IL VOSTRO NUOVO ALBUM?
– Perché le mie liriche, le storie che racconto, mi causano più o meno gli stessi effetti: mi tengono sveglio durante la notte e mi provocano ansia. Avevamo un paio di altre idee prima di virare su Mære, ma sia io che M.S. ci siamo trovati d’accordo nell’utilizzare “Mære” come titolo.
MI PARE CHE IL NUOVO ALBUM SIA LIEVEMENTE PIÙ DIRETTO DEGLI ULTIMI DUE: STRUTTURE, VOCALS, ARMONIE CHITARRISTICHE SONO MOLTO CATCHY, NONOSTANTE LA MUSICA NON SIA AFFATTO SEMPLICE E OGNI ASPETTO DEL SUONO SIA RIFINITO NEL DETTAGLIO. AVETE SENTITO LA NECESSITÀ DI ESSERE PIÙ DIRETTI CHE NEL RECENTE PASSATO, DI SUONARE PIÙ IMMEDIATI PER CHI VI ASCOLTA?
– Non so se “Mære” si possa definire più diretto o meno rispetto a “III: Trauma” e “Arson”, ma penso che quest’ultimo sia il disco che dimostra la nostra piena maturazione, sia come songwriter che per i testi. Per me, la differenza principale tra gli ultimi due album è che “Arson” era molto più aggressivo, “Mære” invece è più introverso e depresso.
IL SUONO DI “MÆRE” MI PARE SIA IL PIÙ PULITO DI SEMPRE, PER QUANTO VI RIGUARDA: LA PRODUZIONE APPARE ORIENTATA SULLA COMPONENTE ROCK DELLA VOSTRA IDENTITÀ, MENO CONCENTRATA SU UN IMPATTO RUVIDO TIPICO DEL METAL ESTREMO. VI È UNA PRECISA RAGIONE CHE VI HA SPINTO VERSO QUESTO TIPO DI PRODUZIONE?
– Può essere, sì. Abbiamo lavorato molto sulla produzione, tentato nuove strade, per allontanarci dalle produzioni dei dischi precedenti. Mentre avere un sound che si avvicinasse a quello di un rock album, quello direi di no, non era nei nostri intendimenti. È avvenuto a causa del processo che abbiamo portato avanti, non era uno scopo in partenza. Diciamo che il suono di “Mære” costituisce una sorta di Zeitgeist: questi sono gli Harakiri For The Sky del 2021. Col prossimo disco, potremmo essere ancora diversi da così.
I SENTIMENTI EVOCATI DALLA VOSTRA MUSICA SONO RIMASTI GLI STESSI DAL DEBUTTO “HARAKIRI FOR THE SKY”: SENSO DI ABBANDONO, NOSTALGIA, SOFFERENZA INTERIORE, SONO ESSENZIALI NELLA VOSTRA MUSICA. DURANTE QUESTI ANNI COME HARAKIRI FOR THE SKY, COME È CAMBIATO IL MODO DI RACCONTARVI, MANTENENDO FERMI UN CERTO TIPO DI SENTIMENTI? PUÒ RINTRACCIARE UN PERCETTIBILE CAMBIAMENTO NEL MONDO IN CUI ‘CONFESSATE’ QUELLO CHE PROVATE?
– No, non penso sia cambiato il nostro modo di comunicare quello che sentiamo. Ho sempre scritto di cose che mi accadevano o che mi capitava di provare nel corso della mia esistenza. Sono sempre le stesse sensazioni che mi tormentano: ansia per il futuro, relazioni che si rompono, il dolore nel diventare adulti, il mio vuoto interiore e, su tutto il resto, l’alienazione. Può darsi abbia trovato differenti punti di vista attraverso cui esprimermi, che il mio stile sia in parte cambiato, ma credo si tratti solamente dell’inevitabile processo di maturazione che avviene a una persona quando invecchia.
NEL NUOVO ALBUM MI PARE CHE OGNI SINGOLA CANZONE POSSEGGA UNA FORTE IDENTITÀ, OGNI PEZZO LO SI RICONOSCE PER UNA MELODIA O UN PARTICOLARE FLUIRE DELLE LIRICHE. PER ESEMPIO, SU DI ME HA AVUTO UN FORTE IMPATTO “THREE EMPTY WORDS”. È AVVICENTE, DAL SUONO CRISTALLINO, DINAMICA, COME IL RESTO DELL’ALBUM, DEL RESTO. SECONDO TE, QUAL È LA CANZONE CHE POTREBBE ESSERE PIÙ FACILMENTE APPREZZATA, ALL’INTERNO DELLA TRACKLIST DI “MÆRE”, DA PARTE DI QUALCUNO CHE NON VI CONOSCE?
– Sì, penso che sia come dici tu, che ogni canzone si possa distinguere bene dalle altre per qualche motivo. Anche per me “Three Empty Words” è uno dei brani migliori: per un nostro nuovo ascoltatore, potrebbe essere un buon punto di partenza.
QUANDO INIZI A SCRIVERE NUOVA MUSICA, QUALI SONO LE TUE PRINCIPALI PREOCCUPAZIONI? QUALI SONO GLI ASPETTI CHE TI DANNO MAGGIORI GRATTACAPI?
– Non ci sono preoccupazioni, mi metto solamente a scrivere. Non penso mai: “Oh, speriamo che alle persone piaccia quello che sto scrivendo”. Non mi interessa, non ho iniziato a comporre musica per diventare l’artista favorito di qualcuno. Ho solo bisogno di scrivere, scrivo testi continuamente. E penso di poter rispondere anche per M.S. da questo punto di vista. Non ha iniziato a suonare e comporre per piacere a qualcuno, aveva bisogno di esprimersi ed è ciò che lo porta ad andare avanti ancora oggi in quello che fa.
NEL 2021 TOCCATE I DIECI ANNI DI ATTIVITÀ DI HARAKIRI FOR THE SKY. AVEVATE PENSATO A QUALCHE CELEBRAZIONE DI QUESTO ANNIVERSARIO? SE GUARDI A QUANTO ACCADUTO FINO AD ORA, QUALI SONO LE PRIME COSE CHE TI VENGONO IN MENTE DI QUESTI DIECI ANNI, RIGUARDO ALLA BAND E ALLA TUA VITA PERSONALE?
– Avremmo volentieri organizzato qualcosa di speciale se ne ve fosse stata la possibilità. Non sappiamo ancora quando i concerti potranno ripartire e se lo faranno come avveniva prima della pandemia. Ripensando a questi dieci anni con la band, uno dei momenti più divertenti lo colloco durante il nostro primo tour in Svezia, assieme a Vanhelga e Kall. Sono un grande fan dei Lifelover, puoi vedermi come un vero ‘maniaco’ del gruppo e quella fu l’occasione in cui potei incontrare alcuni dei miei idoli musicali (i Kall sono la band nata dopo lo split dei Lifelover, in pratica gli stessi musicisti sotto diverso moniker, pure i Vanhelga hanno in line-up ex membri dei Lifelover, ndR). Quando la seconda notte di tour 1853, ex singer dei Lifelover e ora cantante dei Vanhelga, venne portato fuori dal Backstage di Linköping e portato in ospedale per un’overdose, percepii una cinica forma di felicità. Non per l’overdose, ci mancherebbe, quanto perché eravamo entrati a far parte della pazza storia di questi ragazzi. 1853 si è ripresentato sulle sue gambe il giorno dopo, ha suonato nello show di Göteborg e sembrava fresco e riposato, come se avesse dormito quattordici ore. Solo, aveva ancora addosso i vestiti che gli avevano dato in ospedale. Un fottuto maniaco!
PER L’ULTIMO ALBUM AVETE DUE OSPITI ALLA VOCE IN DUE TRACCE, NEIGE PER “SING FOR THE DAMAGE WE’VE DONE” E L’ANONIMO SINGER DEI GAEREA PER “SILVE NEEDLE // GOLDEN DAWN”. MA DOVEVA ESSERCENE UN TERZO, VALE A DIRE AUDREY SILVAIN IN “ONCE UPON A WINTER”. COME SONO NATE QUESTE COLLABORAZIONI E PER QUALE MOTIVO AVETE ELIMINATO IL CONTRIBUTO DELLA SILVAIN?
– La ragione per cui abbiamo voluto coinvolgere Neige e Audrey era per una specie di revival degli Amesouers (la Silvain e Neige erano due dei quattro membri del gruppo, ora sciolto, autore di un solo disco, l’omonimo del 2009, ndR). Sapevamo che Audrey aveva militato nei Peste Noire, ma ci aveva detto di aver rotto con quelle persone e le loro ideologie. Quando abbiamo postato la tracklist, con l’indicazione della sua presenza su un brano, ci siamo accorti che lei non aveva per nulla interrotto i legami con certe idee ed è il motivo per il quale abbiamo eliminato quello che aveva cantato per noi. Gli Harakiri For The Sky non hanno nulla a che spartire con idee razziste e roba simile, così abbiamo interrotto immediatamente la collaborazione, cosa che è sfociata in alcune spiacevoli accuse contro di noi e infangamenti della nostra reputazione. È vero, avremmo dovuto essere più attenti e verificare meglio quale idee Audrey professasse ancora oggi. Siamo stati superficiali, lo ammetto, non agiremo mai più in questo modo in futuro…
NEL 2020 HAI REALIZZATO ALTRI DUE DISCHI, UNO A FIRMA LÛS E UNO COI KARG. PUOI DARCI QUALCHE DETTAGLIO IN PIÙ SU QUESTI DUE PROGETTI E SUI CONTENUTI, RISPETTIVAMENTE, DI “MÜDE HEIM (ZU DEN STERNEN)” E “TRAKTAT”?
– Nei Lûs ho suonato il basso e ho registrato la maggior parte delle linee vocali. In questo caso, si tratta del progetto di uno dei miei migliori amici, Thomas Lackner. Chiunque abbia a cuore sonorità cupe, con influenze hardcore e grunge, dovrebbe dare un ascolto al disco. Per quanto riguarda i Karg, è stato un anno pazzesco! “Traktat” è uscito a febbraio e ci ha portato fino alla trentaquattresima posizione delle chart tedesche. Non sarà chissà cosa né di per sé sintomo di aver realizzato un buon lavoro, ma fa comunque piacere. Abbiamo anche registrato un EP, “Resilienz”, uscito alla fine di agosto. Ho scritto tantissima musica nell’ultimo anno, ero vicino ad esplodere. A dire il vero, anche adesso sono nella stessa identica situazione…
IL GENERE NORMALMENTE ASSOCIATO ALLA VOSTRA PROPOSTA È DIVENTATO UNO DEI PRINCIPALI TREND NELLA MUSICA UNDERGROUND. PERCHÉ SECONDO VOI CI SONO COSÌ TANTE BAND ATTRATTE DA QUESTO MODO DI SUONARE E CHE POSSONO ETICHETTATI PER QUALCHE MOTIVO COME POST-BLACK METAL?
– Penso sia perché è un genere che cattura sentimenti puri e reali. Viviamo in tempi in cui tutti, in qualche maniera, si sentono depressi e si sentono perduti. Ed è questo ciò su cui si focalizza il post-black metal: l’alienazione.
DENTRO E FUORI DAL METAL, QUALI SONO STATI I TUOI ALBUM PREFERITI DEL 2020? E QUALI SONO INVECE QUELLI DA TE PIÙ ATTESI PER IL 2021?
– Per il 2020, nominerei gli ultimi album di Svalbard, Afsky, Nothing, Touché Amoré, Bait, Fluisteraars, Turia, Paysage D’Hiver, Thou (l’album di cover dei Nirvana), Grift, Infant Island, Uada. Per il 2021, al momento sono un po’ impreparato, ma ho ordinato con largo anticipo il nuovo EP dei Cult Of Luna (l’intervista è avvenuta a febbraio, ndR).