HATEBREED – Confessionale di strada

Pubblicato il 26/05/2016 da

Giunti al settimo album in studio, gli Hatebreed, più che mai immersi nella “Positive Mental Attitude” dell’uomo-slogan Jamey Jasta, traggono beneficio dalla loro stessa carica positiva e pubblicano un altro album memorabile, continuando la scia dell’ottimo “Perseverance”. Ne discutiamo con un piacevole Frank Novinec, chitarrista entrato nel gruppo nel 2006 con un curriculum di Serie A grazie al passato in formazioni come Ringworm, Terror ed Integrity. Nei 20 minuti della nostra chiaccherata su Skype ne emerge un personaggio energico, coinvolgente e alla mano, in grado di trasmettere un entusiasmo assente in molti artisti dello stesso calibro…

hatebreed - band - 2016

GLI HATEBREED SONO IN ATTIVITA’ DA VENT’ANNI: DOVE TROVATE LA RABBIA PER CHE RIVERSATE NELLA VOSTRA MUSICA?
“Non ti so dire esattamente, nessuno di noi ha una lista di cose che ci fa incazzare nel mondo. Ai tempi della scuola si trattava di qualche ragazzino o qualche insegnante, oggi è il governo, o anche il cane del vicino o qualcuno che rischia di ammazzarmi mentre sono al volante… Non è difficile trovare delle cause, la cosa importante è riuscire a calmarsi e ad incanalare la rabbia in qualcosa di positivo”.

HA UN PO’ A CHE FARE CON IL TITOLO DELL’ALBUM SE HO CAPITO BENE…
“Si tratta di buttar fuori qualcosa dal petto!”.

HO AVUTO IL PIACERE DI ASCOLTARE L’ALBUM E HO NOTATO CHE SOLO UNA TRACCIA SUPERA I 2 MINUTI. LE AVETE ACCORCIATE DI PROPOSITO?
“Non di proposito. Viviamo in un mondo che soffre di Sindrome da Deficit di Attenzione, le persone hanno una soglia temporale di concentrazione molto bassa, soprattutto i ragazzini, non è più come una volta. Di conseguenza dobbiamo catturare l’attenzione molto velocemente, picchiar duro sulla testa e lasciarli a terra spaesati, che si chiedono chi li abbia colpiti. Penso sia il modo migliore di fare le cose oggi come oggi. D’altra parte parte ad essere sincero gli Hatebreed non sono certo il gruppo da canzoni di 6 minuti, non siamo i Machine Head. Ascoltando l’intero album penso che sia molto organico, non si percepisce una durata inferiore al solito a mio parere, capisci cosa intendo?”.

A ME PIACE MOLTISSIMO COSI’, OGGI POSSIAMO ANCORA ASCOLTARE ‘REIGN IN BLOOD’ DEGLI SLAYER, CHE DURA MENO DI 30 MINUTI, ED E’ ANCORA PERFETTO.
“Esattamente!”.

MI PARE DI SENTIRE ANCHE UN BEL PO’ DI THRASH METAL NEL DISCO, PIU’ CHE IN PASSATO. SEI D’ACCORDO?
“Non so, abbiamo degli elementi che tentiamo di usare in ogni album. C’è dell’old school metal, qualche assolo qua e là. In una canzone Jamey canta, nel resto urla e basta. Gli Hatebreed hanno spaziato nel metal, nel rock e nel punk sin dagli inizi. Penso che la band non sia mai stata strettamente Hardcore, siamo in grado di saltare da un genere a un altro e restare gli Hatebreed. Ora la gente sta ascoltando ‘A. D.’ e continua a dire ‘E’ thrash, è thrash metal!’. Mi piace il grande responso, queste persone troveranno altri pezzi thrash nell’album ma non è nulla di nuovo, sono sempre gli stessi elementi in ogni canzone e in ogni disco”.

HAI CITATO GLI ASSOLI: HAI CONTRIBUITO STAVOLTA?
“No, E’ tutta farina del sacco di Wayne. Lui è un grande chitarrista, molto più bravo di quanto si creda. E’ sacrosanto dargli un po’ di visibilità. Tornando agli assoli non sono certo una prerogativa del metal: War Zone, Cro Mags ed Agnostic Front li hanno sempre avuti. Mi ripeto: abbiamo sempre avuto questi elementi e continuiamo ad usarli in ogni album”.

AVETE CONFERMATO ANCORA UNA VOLTA ZEUSS DIETRO ALLA CONSOLE, COME MAI?
“Zeuss sta con noi dal secondo album, ormai è io sesto membro del gruppo. E’ l’unica persona che vorremmo avere con noi in studio. Arriva dalla nostra stessa zona. Ascolta la nostra stessa musica. E’ un piacere averlo a bordo. Sa la direzione in cui la band deve andare e si conferma sempre ad altissimi livelli”.

DOPO “THE DIVINITY OF PURPOSE” C’E’ “THE CONCRETE CONFESSIONAL”. COME MAI QUESTI RIFERIMENTI RELIGIOSI?
“Non ci sono riferimenti religiosi ricercati, così come non ci sono e non ci saranno in futuro delle prediche riguardanti la politica. Nel titolo c’è il riferimento a qualcosa che è duro, solido, come la nostra musica o come un momento difficile nella vita di una persona, accostato ad un’ammissione, al levarsi un peso dal petto. Niente di più”.

IL DISCO SARA’ DISPONIBILE ANCHE IN VINILE. SEI ENTUSIASTA DEL REVIVAL DI QUESTO SUPPORTO?
“Siamo un po’ tutti della vecchia scuola. Amiamo i negozi di dischi, pop o indipendenti. Quando ascoltavo i Kiss e i Rolling Stones, a 7 anni, mi perdevo nell’artwork, lo osservavo e lo studiavo, leggevo le note di copertina… Penso che le nuove generazioni debbano avere la possibilità di fare lo stesso tipo di esperienza”.

CONTINUI A COMPRARE MUSICA IN FORMATO FISICO? USI ANCHE TU BANDCAMP PER SCOPRIRE GRUPPI UNDERGROUND?
“Sono tutt’oggi un avido collezionista ma preferisco il vinile, sempre. Uso la rete per rovistare nell’underground ma non frequento Bandcamp ad essere sincero”.

TORNANDO AGLI HATEBREED: AVETE DIMOSTRATO DI POTER SUONARE CON I GRUPPI PIÙ DIVERSI, DAI MOTÖRHEAD AI BLACK LABEL SOCIETY AGLI SLIPKNOT. AFFRONTATE TUTTI QUESTI DIVERSISSIMI PALCHI CON LO STESSO ATTEGGIAMENTO?
“Negli ultimi tempi abbiamo girato coi Napalm Death in club da 300 persone e nei palazzetti coi Five Finger Death Punch davanti a migliaia di persone a data. In queste grosse arene, com’è accaduto con Disturbed e Slipknot, è molto importante per noi salire sul palco ed essere gli Hatebreed, fare uno show energico e dimostrare al pubblico quanto siamo felici di essere lì. Non importa quanto sia estrema la nostra proposta, ora della fine del set piaceremo, perché li faremo stare bene e avremo dimostrato che siamo persone come loro, non siamo rockstar. Questo è l’atteggiamento”.

CI SARÀ STATO QUALCHE PUBBLICO DIFFICILE…
“Probabilmente non chi ti aspetti. Qualche tempo fa abbiamo preso parte al Warped Tour in Australia. Suonavamo con molti gruppi giovanissimi come The Amity Affliction e simili, di conseguenza anche il pubblico era davvero molto giovane anagraficamente. La nostra musica è parecchio diversa dalla loro, quindi un sacco di ragazzine avranno pensato ‘chi sono quei vecchi sul palco? Perché continuano ad urlare?’. Onestamente non vedevo l’ora di tornare a casa. Come diceva Lemmy, ‘You win some and you lose some’, quindi alla fine se abbiamo portato a casa anche cinque fan a data direi che è andata bene. Magari non tutti ci avranno capito, ma avremo sempre rinfrescato un po’ l’aria”.

CI SONO UN SACCO DI GRUPPI IN GIRO CHE HANNO PRESO ISPIRAZIONE DAGLI HATEBREED, MOLTI VI HANNO PROPRIO COPIATO. QUAL E’ LA TUA REAZIONE?
“E’ bello, mi sento onorato che qualcuno cominci a studiare lo strumento, a far pratica e a cercare di fare quello che stiamo facendo. Dici che qualcuno suona roba troppo simile alla nostra? Pensa che gli Entombed una volta ci dissero che un paio di nostri pezzi erano molto molto simili ai loro! Non mi importa, siamo tutti amanti della musica, molti dei loro fan sono nostri fan. E’ difficile essere originali oggi, dai riff ai titoli delle canzoni alle copertine dei dischi. Non mi incazzo per certe cose… Forse solo se quel qualcuno diventa più popolare di noi (risate, ndR)”.

C’E’ QUALCHE OBIETTIVO CHE VOLETE ANCORA RAGGIUNGERE COME BAND?
“Posso parlare per me stesso: il mio sogno era aprire per i Kiss. Poi gli Hatebreed hanno suonato all’Ozzfest con Ozzy più di ogni altra band. Questo era il sogno di quando ero ragazzino, assieme al girare il mondo con gli amici, incontrare persone e farsi amici. Ad essere onesto non ho più niente da chiedere più di quanto già realizzato, sono abbastanza fortunato da essere quell’uno su un milione che riesce a vivere di musica”.

CI RACCONTI LA STORIA DIETRO IL TUO SOPRANNOME, ‘3 GUN’?
“Quando ero giovane suonavo nei Ringworm e spesso capitava di fare da roadie per gli Integrity, band con cui andai a suonare poco dopo. Questi combinavano guai un po’ ovunque, portandosi dietro anche delle pistole assieme alla strumentazione. Dopo l’ennesimo casino ad un concerto arrivò la polizia, e siccome tutti sapevano chi erano gli Integrity e la fama di farabutti li precedeva, mentre nessuno sapeva chi fossi io… Mi mollarono le loro pistole. Ecco quindi la polizia nel locale, verbali perquisizioni e il sottoscritto, con tre pistole addosso, che tentava di far finta di niente. Probabilmente se mi avessero scoperto non staremmo conversando in questo momento. Il soprannome me lo diedero gli Integrity ovviamente, la gente ha continuato ad usarlo per anni. Nulla di folle, quando eravamo giovani capitavano situazioni del genere, sono stato solo fortunato a non finire nei guai”.

FORSE NON E’ NULLA DI ASSURDO PER TE, MA CONSIDERA CHE IO NON HO MAI NEMMENO TENUTO IN MANO UNA VERA PISTOLA…
“Gesù… Vivo in Florida, tutti hanno un pistola”.

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