Il percorso non comune e tribolato che ha caratterizzato gli Hateful nei loro numerosi anni di carriera mostra un’attaccamento sincero ed ambizioso al death metal ed una passione pulsante che non riesce a trovare (fortunatamente) pace, gli stessi elementi che emergono con genuina prepotenza dalle parole del fondatore e bassista Daniele Lupidi alle nostre domande. “Set Forever On Me”, e l’incredibile amalgama di technical death metal e pura attitudine old-school che esso contiene, sono stati naturalmente i punti cardine di questa esaustiva chiaccherata con Daniele, ma altrettanto interessante ed affascinante è stato toccare a parole il concept generale e gli stimoli che hanno spinto gli Hateful a continuare il loro percorso e realizzare ad oggi la loro migliore opera discografica.
CIAO RAGAZZI, BEN RITROVATI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! SETTE LUNGHI ANNI DIVIDONO IL VOSTRO PRECEDENTE LAVORO DA “SET FOREVER ON ME”: COME AVETE UTILIZZATO QUESTO TEMPO E CHE TIPO DI MATURAZIONE HA SUBITO IL NUOVO MATERIALE IN QUESTO PERIODO?
– Ciao a tutti! Beh, sono stati anni piuttosto travagliati ma anche decisamente produttivi. Il materiale ha avuto modo, come dici tu, di maturare al meglio, ma fra infortuni e aggiustamenti di line-up il tempo trascorso fra il precedente “Epilogue of Masquerade” e il nuovo album non era qualcosa di preventivabile. Sicuramente “Set Forever On Me” è un disco che abbiamo curato nei minimi dettagli, da questo punto di vista posso dire che riascoltandolo non avrei fatto (quasi) nulla in modo diverso.
IL RISULTATO FINALE HA SICURAMENTE RAGGIUNTO E SUPERATO LE MIGLIORI ASPETTATIVE: QUALI SONO SECONDO VOI I PUNTI DI FORZA DELL’ALBUM, ADESSO CHE È FUORI GIÀ DA UN PO’ DI TEMPO?
– Credo e spero che questo possa essere un disco longevo, da scoprire con diversi ascolti attenti. Abbiamo posto una grande attenzione sugli arrangiamenti e sull’interazione dei vari strumenti, molto più che in passato. Col passare del tempo l’ascoltatore penso si accorgerà di alcune ‘chicche’, come ad esempio alcuni arrangiamenti di basso e delle chitarre secondarie che creano una certa profondità alle canzoni. Per il resto direi che le strutture dei brani siano l’altro aspetto su cui ci siamo concentrati maggiormente: creare canzoni ricchissime di riff e movimenti ma allo stesso tempo ‘fluide’ e scorrevoli è sempre stato il nostro obiettivo principale!
IN SEDE DI RECENSIONE ABBIAMO APPREZZATO LA SCELTA DI DARE UN CARATTERE ‘OLD-SCHOOL’ ALLA PRODUZIONE, OPTANDO CIOÈ PER UN SOUND PIUTTOSTO CALDO ED ESPRESSIVO CHE SI UNISCE OTTIMAMENTE ALLO STILE INVECE AVANGUARDISTICO DEL SUONATO. AVEVATE DELLE IDEE PRECISE IN QUESTO SENSO? COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI, IL MIXING E LA PRODUZIONE GENERALE DI “SET FOREVER ON ME”?
– Ti ringrazio per il giudizio positivo, hai colto esattamente il nostro intento in termini di produzione! Dobbiamo partire dal presupposto che ormai preferisco produzioni per così dire ‘brutte’ o irrazionali a quelle selvaggiamente standardizzate, tutte con gli stessi suoni di batteria, gli stessi volumi e le stesse frequenze. Detto questo ovviamente desideravamo qualcosa di tutt’altro che brutto e poco ascoltabile, anzi. Le idee erano chiarissime: un suono dinamico, naturale e che non facesse perdere all’ascoltatore un a singola nota o arrangiamento. Sapevamo di istinto a chi rivolgerci. Dopo aver registrato le batterie e le voci agli Art Distillery Studios di Claudio Corvo e le chitarre nello studio personale del nostro ormai ex chitarrista Massimo, ci siamo rivolti a Stefano Morabito e ai suoi celeberrimi 16th Cellar Studios per reamp, mix e mastering del disco. Stefano era contentissimo di lavorare su qualcosa di diverso da ciò che la maggior parte delle band gli chiede. Credo si sia divertito un sacco ad utilizzare tutti le diavolerie analogiche ‘vintage’ che ha a disposizione e che non sempre possono essere usate nella musica estrema contemporanea.
A LIVELLO ESECUTIVO, SEMBRA CHE ABBIATE RAGGIUNTO UN’INTERAZIONE IDEALE TRA DI VOI, DOVUTA SICURAMENTE AI NUMEROSI ANNI DI ESPERIENZA INSIEME. A LIVELLO CREATIVO INVECE QUALI SONO LE DINAMICHE CHE ANIMANO IL GRUPPO? COME RIUSCITE AD AMALGAMARE AL MEGLIO TRE PERSONALITÀ DISTINTE ALL’INTERNO DI UNA MISCELA COSÌ ARTICOLATA E CONTORTA?
– Da molti anni ormai mio occupo in prima persona della stesura di musiche e testi, curando anche gli arrangiamenti di chitarra e di basso. Non si tratta comunque di un lavoro da ‘solista’, in quanto io e Marcello proviamo insieme regolarmente ogni settimana e le linee di batteria, così come altri dettagli sono frutto della nostra sinergia. Talvolta lui propone dei pattern che sono meglio di quelli che io avevo immaginato e questo, spesso, comporta diverse revisioni anche per quanto riguarda gli arrangiamenti degli altri strumenti. Altre volte errori di entrambi o distrazioni causano meravigliosi incidenti sonori che prontamente cerchiamo di catturare e di ‘strutturare’ per migliorare quel determinato passaggio. Credo che la ‘casualità’ sia una componente che è venuta a mancare con l’avvento dei vari programmi di home recording. Alcuni dei nostri momenti più interessanti sono scaturiti proprio da errori commessi mentre provavamo chiusi in sala prove!
ANCHE IN QUESTO CASO IL COMPARTO VOCALE È STATO COPERTO SIA DA TE CHE DAL BATTERISTA MARCELLO MALAGOLI, SECONDO UNA FUSIONE ABBASTANZA INSOLITA. CREDETE CHE QUESTA PARTICOLARE SOLUZIONE SI RIFLETTA IN QUALCHE MODO NELLO STILE METRICO CHE I VOSTRI BRANI VANNO AD ASSUMERE? DECIDETE INSIEME LA SUDDIVISIONE DELLE PARTI CANTATE E LE METRICHE?
– E’ abbastanza insolito, concordo, ma siamo cresciuti con band che strutturavano le linee vocali su diversi registri (primi Carcass per fare un esempio) e la cosa ci ha sempre intrigato molto. Credo sia una buona arma contro un’eventuale monotonia vocale che vorremmo scongiurare ad ogni costo! Su questo disco ho cantato maggiormente io ma la voce di Marcello, molto diversa dalla mia, è perfetta per enfatizzare alcuni passaggi o per variegare alcune soluzioni ritmiche. Tendenzialmente gli suggerisco io quale verso cantare dopo aver lavorato duramente sulle linee vocali che, nel nostro caso, devono anche tenere conto delle partiture dei nostri rispettivi strumenti. In sede live infatti io suono delle parti di basso non proprio ‘basiche’ e questo vale anche per i suoi fill e pattern di batteria!
L’ASPETTO LIRICO SEMBRA PORSI IN LINEA CON LO STILE IMPREVEDIBILE DEL VERSANTE MUSICALE, MA CI PIACEREBBE SAPERE QUALCOSA IN PIÙ IN MERITO AI SIGNIFICATI DEI TESTI E COME QUESTI SI RAPPORTANO SECONDO VOI AL FLUSSO DI RIFF E ALLA CONCEZIONE GENERALE DEL DISCO..
– Si, credo che stilisticamente musica e testi siano in un certo senso molto affini, soprattutto per la visionarietà che caratterizza entrambi. Le tematiche affrontate sono le più svariate: riflessioni sulla società contradditoria e putrida nella quale viviamo, visioni ispirate a letture di vario genere, da quelle scientifiche a quelle letterarie… La coerenza lirica poi è garantita dal fatto che questi spunti generano un turbine di immagini, paesaggi ed allegorie nella mia testa, tanto che talvolta più che scrivere un testo mi pare di dipingere una tela. Forse una cosa particolarmente atipica sta nel fatto che i testi non sono inizialmente collegati a questo o a quel brano specifico, non voglio limitare la mia inventiva per seguire una metrica o una determinata struttura. Quindi i problemi veri vengono alla luce quando è il momento di creare le linee vocali tenendo presente la struttura del brano e la linea di basso! Devo dire però che questo aggiunge ulteriore imprevedibilità e di questo siamo soddisfatti!
PARAFRASANDO IL TITOLO DELL’ALBUM, COSA È CHE VI È RIMASTO FISSATO ADDOSSO E CHE NON RIUSCIRETE MAI A MANDARE VIA? INTENDETE FORSE PARLARE DI PAURE, TRAUMI O OSSESSIONI DELLA VITA REALE DI CUI NON RIUSCITE A LIBERARVI?
– Il titolo ha una sorta di vena fatalista che, insieme alla cover del disco, accentua il lato oscuro e ansiogeno che pervade musica e testi. Credo sia anche legato un periodo particolarmente cupo di qualche anno fa, fra infortuni piuttosto seri e angosce di vario tipo. Purtroppo temo che a distanza di qualche tempo, visto che stiamo parlando nell’anno 2020, tutta questa inquietudine e ‘senso della fine’ sia più attuale che mai.
OGNI CANZONE DELL’ALBUM, SE CONOSCIUTA ED APPREZZATA NEL TEMPO, DIMOSTRA UN CARATTERE PECULIARE CHE SPICCA SULLE ALTRE SECONDO UNO STILE PERSONALE MA SEMPRE RICONOSCIBILE. CI SONO DEI CAPISALDI CHE RITENETE NECESSARI ALL’INTERNO DI UNA VOSTRA CANZONE? QUALI SONO QUEGLI ELEMENTI COSTANTI CHE CERCATE DI VEICOLARE SEMPRE ATTRAVERSO LA VOSTRA MUSICA?
– Credo che il modo in cui sono strutturati i brani Hateful sia il nostro caposaldo. Tutta la composizione gira intorno al tentativo di liberare ogni possibile energia creativa e lasciarla scorrere senza paletti fino al raggiungimento di qualcosa che ci soddisfa appieno. Non è semplice. Tradurre sugli strumenti il vortice di idee che mi investono quando inizio a plasmare lo scheletro di un brano è un’impresa molto complessa, ma anche decisamente emozionante! Negli ultimi anni poi (e questo si nota confrontando “Set Forever On Me” col precedente materiale) abbiamo voluto sviluppare al massimo le partiture di basso e le armonie di chitarra, credo anche a causa di un maggior interesse per band storiche del rock progressivo anni ’70 che fondavano la loro ricchezza armonica su questo tipo di interazioni fra gli strumenti. Credo che in futuro svilupperemo ancora maggiormente questa caratteristica ‘orchestrale’, vogliamo spingerci sempre oltre.
IMPOSSIBILE NON NOTARE POI IL PARTICOLARE ARTWORK SCELTO COME COVER, SORTA DI IPOTETICO SPACCATO DISTOPICO AD OPERA TUA, DANIELE CHE SI OCCUPA DA SEMPRE ANCHE DELLA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL PROGETTO HATEFUL. QUALI SENSAZIONI TI HANNO MOTIVATO DURANTE LA CONCEZIONE E L’ESECUZIONE DI QUESTO DIPINTO? C’È UNA PARTICOLARE INTERPRETAZIONE CHE TI PIACEREBBE DARE COME SPIEGAZIONE DI QUESTO PEZZO?
– Sono particolarmente contento della tua descrizione, credo che il messaggio sia stato veicolato al meglio! Quando mi sono approcciato alla realizzazione della cover sapevo di dover accentuare l’aspetto profondo e oscuro dell’album. A causa di ritardi, imprevisti sfortunati e sforzi immani nel tentativo di far progredire la band e rimettere insieme una line-up live, il percorso di questo disco si era trasformato in una sorta di Via Crucis per noi. Quindi sia a livello lirico che grafico volevo che la cosa trasparisse. La cover rappresenta per me una sorta di isola contenente tutto quello per cui ci si è sacrificati, che tuttavia appare in balia di qualcosa di minaccioso e inspiegabile. Qualcosa che ambisce alla tua capitolazione e all’abbandono definitivo. E’ mio obiettivo cercare di preservare ciò per cui si è sempre lottato.
PUR MUOVENDOCI IN TEMPI DURI PER QUANTO RIGUARDA LA DIMENSIONE LIVE, AVETE PIANIFICATO QUALCOSA AD OGGI PER LA PROMOZIONE SU PALCO DEL VOSTRO ULTIMO LAVORO? AVETE DATE IN PROGRAMMA FISSATE SULLA VOSTRA AGENDA?
– Purtroppo niente di fissato, come puoi immaginare. Stiamo comunque lavorando in chiave 2021 inoltrato per cercare di portare i nuovi brani sul palco. Non vogliamo che questo disco rimanga senza un adeguato supporto live, anche se molto posticipato rispetto alla release.
TUTTI VOI AVETE UN PASSATO O UN PRESENTE NEI VALGRIND, AUTORI QUEST’ANNO DI UNA MICIDIALE USCITA DISCOGRAFICA A TITOLO “CONDEMNATION”. QUALI DIFFERENTI SCELTE ARTISTICHE ANIMANO LORO RISPETTO AGLI HATEFUL? IN FASE DI SONGWRITING, SCEGLI IN MODO PREVENTIVO COME SUDDIVIDERE TRA I DUE PROGETTI QUELLO CHE SCRIVI OPPURE AVVIENE SOLAMENTE IN UN SECONDO MOMENTO, QUANDO RIASCOLTI IL RISULTATO A PROCESSO COMPOSITIVO ULTIMATO?
– La differenza fondamentale credo stia nel fatto che nei Valgrind il compositore principale è Massimiliano, quindi c’è a monte una diversa ‘paternità’ del materiale. Il mio contributo nei Valgrind è prevalentemente lirico, anche se un paio di brani a disco portano la mia firma anche a livello musicale. Dal punto di vista dei testi, gli scenari sono molto diversi, nei Valgrind siamo quasi sempre in una dimensione mitologica o storica, negli Hateful tendo a scavare molto più in profondità nel contemporaneo. Stilisticamente credo che Valgrind sia una band più avvicinabile ad un precisa epoca del death metal floridiano, anche se il tutto viene filtrato attraverso lo stile molto personale di Massimiliano. Difficile invece descrivere invece il sound Hateful in poche parole, le influenze sono più inconsce e diversificate.
DA VETERANI DELLA SCENA METAL ESTREMA, COME CREDETE SI SIA EVOLUTA QUESTA PARTICOLARE NICCHIA MUSICALE NEL CORSO DEGLI ULTIMI VENTI ANNI E QUALI SONO GLI STIMOLI DI ESSA CHE PIÙ VI ENTUSIASMANO E SPINGONO GLI HATEFUL A CONTINUARE A CREARE NUOVA MUSICA OGGI?
– Difficile dirlo, io personalmente preferivo prima! Scherzi a parte, credo la musica si sia evoluta molto da un lato (non necessariamente in territori che mi aggradano) mentre dall’altro assistiamo ad una continua riproposizione di alcuni stili che credo ormai siano completamente spolpati di significato. Personalmente apprezzo i gruppi che hanno imparato dal periodo di vera esplosione creativa del death metal, ma che sono stati in grado di intraprendere un percorso evolutivo solitario e personale. Spero che anche gli Hateful possano essere, nel loro piccolo, annoverati fra questi!