HAUNT – Senza mai fermarsi

Pubblicato il 27/03/2020 da

Tra le realtà più interessanti che gravitano nell’universo del metallo più tradizionale, un posto viene meritatamente occupato dagli Haunt, band estremamente prolifica che è arrivata in pochissimo tempo al traguardo del terzo album in studio e che sembra avere ben chiara la propria direzione. Se il loro secondo lavoro, “If Icarus Could Fly” ci era sembrato un leggero passo indietro rispetto all’ottimo debutto “Burst Into Flames”, il nuovo “Mind Freeze” ha colto pienamente nel segno, confermando quanto di buono avevamo visto in questa formazione. Con molto piacere, dunque, lasciamo spazio al mastermind della band, Trevor William Church, che si mostra perfettamente in linea con le nostre aspettative: instancabile, vulcanico e impermeabile alle comuni regole del music business.

CIAO TREVOR, INIZIAMO QUESTA INTERVISTA PARLANDO DELL’EVOLUZIONE DEL SOUND DEGLI HAUNT NEL NUOVO ALBUM.
– Questa volta ho decisamente avuto più tempo per lavorare alle canzoni degli Haunt che si sono in parte evolute, sebbene io sia generalmente piuttosto tradizionale nella struttura dei brani. Ci siamo concentrati molto sulle chitarre e ho suonato anche le tastiere, una novità che è stata accolta in maniera positiva. Parlando invece dei testi, si tratta di situazioni di vita reale, una cosa che per me è diventato un punto fermo, rispetto a quanto facevo prima con i Beastmaker, dove i testi erano più vicini alle atmosfere di un film horror. Volevo che la gente potesse vedere una parte di me e con “Mind Freeze” ho affinato parecchio i miei testi.

QUESTA E’ LA NOSTRA PRIMA INTERVISTA PER GLI HAUNT, QUINDI TI ANDREBBE DI PRESENTARE UN PO’ LA BAND AI NOSTRI LETTORI?
– Tutto è iniziato nel 2018, con la composizione di “Burst Into Flames”: all’epoca non avevo nemmeno una band vera e propria e nemmeno la piena consapevolezza di quanto stessi facendo. Io ho suonato anche il basso nell’album, mentre quello che era il mio bassista nei Beastmaker, John Tucker, è passato alla chitarra. Poi, ovviamente, Daniel Wilson alla batteria, che aveva già suonato su “Luminous Eyes”, un EP che è praticamente un demo, ma che in qualche modo è diventata un’uscita ufficiale. Poco tempo dopo mi sono messo a scrivere un’altra manciata di canzoni, abbiamo coinvolto un bassista a tempo pieno, Taylor Hollman, e nel 2019 abbiamo pubblicato il nostro secondo album, “If Icarus Could Fly”.

LA VOSTRA DISCOGRAFIA COMPRENDE GIA’ TRE ALBUM E DUE EP, IL TUTTO IN MENO DI TRE ANNI: UNA MEDIA IMPRESSIONANTE! COME TI APPROCCI ALLA SCRITTURA DELLE CANZONI?
– Di solito inizio la composizione con un paio di riff di chitarra, uno per la strofa e uno per il ritornello: una volta definite queste due parti, il resto si completa in modo piuttosto semplice: tempo fa suonavo anche la batteria nelle tracce demo, ma ultimamente sono diventato pigro e mi limito a programmarla. Infine aggiungo il basso e la voce. In pratica compongo in prima persona tutta la musica, tranne gli assoli di John. Qualche volta Taylor aggiunge dei suoi passaggi di basso e Daniel contribuisce con la sua energia alla batteria, ma in a grandi linee direi che il 95% di quello che finisce sull’album è stato già precedentemente scritto così come lo ascolti. Non mi serve tanto tempo per mettere in piedi un album, usando questo metodo: i ragazzi imparano le loro parti prima di arrivare in studio e poiché le canzoni hanno già una forma definitiva, non rimane molto da fare se non registrarle e rifinirle.

CONSIDERATO QUESTO TUO METODO DI LAVORO COSI’ PROLIFICO, COME RIESCI A GESTIRE ANCHE L’ATTIVITÀ DAL VIVO? SEI UNO DI QUEGLI ARTISTI CHE RIESCE A SCRIVERE MENTRE E’ IN TOUR?
– No, non riesco a scrivere mentre sono in tour. In pratica ricopro anche il ruolo di tour manager, per non parlare delle ore che passo in prima persona alla guida. Può capitare che riesca a buttare giù un paio di riff, ma cerco sempre di assicurarmi di avere il giusto tempo per scrivere la mia musica.

TORNANDO AD UN ASPETTO CHE HAI GIA’ CITATO PRIMA, ANCHE NOI ABBIAMO APPREZZATO GLI INTERVENTI DI TASTIERA CHE HAI INSERITO NELLE VARIE COMPOSIZIONI. CI SEMBRA CHE ABBIANO DATO UN’ATMOSFERA ALLE CANZONI VICINA A QUELLA DEI VECCHI FILM DI FANTASCIENZA.
– È una cosa che volevo fare già da tempo, ma dato che non riuscivamo a trovare un vero e proprio tastierista, la cosa è rimasta chiusa in un cassetto. Questa volta ho provato ad occuparmene io direttamente e l’approccio è stato molto semplice: fintanto che le canzoni potranno continuare ad essere suonate dal vivo senza l’ausilio di un tastierista, per noi è ok. Stiamo lavorando a delle tracce preregistrate, ma la cosa si sta rivelando più complicata del previsto: è qualcosa che proveremo a mettere in piedi per il tour che faremo ad aprile con Night Demon, Satan e Bewitcher. Mi sono sempre divertito a comporre anche con le tastiere, pertanto ho delle tracce già pronte per tutte le nostre canzoni e mi sarebbe piaciuto inserirle anche nelle canzoni vecchie, solo non pensavo che la cosa potesse funzionare, vista la mancanza di tastieristi a Fresno. Ora abbiamo provato a vedere la cosa da una diversa angolazione, forse troveremo qualcuno: di certo a Fresno è difficile trovare nuovi membri per la band.

ABBIAMO APPREZZATO MOLTO ANCHE LA QUALITÀ DEGLI ASSOLI DI CHITARRA. PRIMA ACCENNAVI AL FATTO CHE JOHN E’ COINVOLTO IN PRIMA PERSONA NELLA STESURA DI QUESTI ULTIMI.
– Durante la lavorazione di “Burst Into Flames” mi sono occupato io della maggior parte degli assoli mentre in paio di brani volevo quel tipo di assoli incrociati che funzionano sempre bene assieme. Avevo messo giù un assolo abbastanza schifoso e non ero in vena di comporne uno nuovo, così ho chiesto a John di occuparsene e lui ha centrato pienamente il bersaglio, completando la canzone come se fosse il pezzo mancante di un puzzle. Su “If Icarus Could Fly”, quindi, ci siamo divisi equamente gli assoli. Negli ultimi due anni abbiamo passato molto tempo suonando dal vivo e mi sono accorto di non amare particolarmente il dover suonare così tanti assoli, mentre amo molto lo stile di John. Così su “Mind Freeze” ne avrò suonati 3-4 al massimo, non ricordo esattamente, mentre John si è occupato del resto.

LA MUSICA DEGLI HAUNT HA DELLE RADICI PROFONDE NEL METAL TRADIZIONALE. SENTI MAI IL PESO O LA RESPONSABILITÀ DI ESSERE PARAGONATO A DELLE LEGGENDE COME IRON MAIDEN O ANGEL WITCH?
– Certamente è un peso che sento quando esce il paragone con gli Iron Maiden, soprattutto perché non ho mai voluto avere quel tipo di vocalità nella mia musica. In realtà preferisco il loro primo cantante, Paul Di’Anno. Da un punto di vista vocale, mi trovo molto più vicino al mondo degli Angel Witch, con i quali sento una maggiore affinità di stile. Abbiamo anche suonato assieme a loro e ci siamo divertiti un sacco, è stato piacevole. Suonare assieme ad una band come gli Iron Maiden sarebbe molto diverso perché hanno queste produzioni enormi, laddove invece gli Angel Witch si limitano a salire sul palco e a suonare senza troppi fronzoli.

SE NON ERRO ANCHE TUO PADRE ERA UN MUSICISTA, GIUSTO?
– Sì, mio padre, Bill ‘Electric’ Church ha suonato il basso per Van Morrison, i Montrose e Sammy Hagar. Sono sempre stato circondato dalla musica, tuttavia quando ero un ragazzo ero più interessato allo skateboard: sono stati i miei genitori che mi hanno aiutato, comprandomi la chitarra e l’equipaggiamento per iniziare a suonare. Mio padre mi ha insegnato la cosa più importante di tutte per un giovane musicista: come cambiare una corda e accordare la chitarra (ride, ndR)! Fatto questo mi ha buttato nella mischia. Avevamo gusti completamente diversi, io ero un patito dei Metallica ed erano tutto quello che volevo imparare. Eppure alcuni suoi insegnamenti e consigli mi hanno segnato per sempre.

QUANDO TI SEI APPASSIONATO PER LA PRIMA VOLTA ALL’HEAVY METAL?
– Ho iniziato molto presto a seguire il metal e il punk, ma al tempo stesso mi sono sempre piaciuti i generi più disparati. Ho preso il mio primo album dei Metallica quando avevo appena sei anni e dopodiché sono passato a qualunque cosa fosse nella collezione di mio cugino Mike. Forse ero un po’ più interessato al punk, devo dire, adoravo i Misfits e i Dead Kennedys. Le band metal che mi piacevano erano soprattutto Metallica, Slayer, Megadeth e Iron Maiden. Ma il merito maggiore devo riconoscerlo ad Ozzy Osbourne, che mi ha catturato fin dal primo momento, quando ascoltai per la prima volta “Crazy Train”. La sua musica è quella che mi ha colpito di più.

PRIMA DI FONDARE GLI HAUNT, INVECE, HAI SUONATO CON I BEASTMAKER. TI PIACCIONO ANCORA I TUOI LAVORI CON LORO?
– Sì, ogni tanto combiniamo ancora qualcosa assieme in studio. Gli Haunt, però, sono nati perché i Beastmaker non volevano allargare i propri orizzonti: non ero soddisfatto e ho provato a dare una svolta al nostro lavoro con il nostro ultimo EP, “Eye Of The Storm”, anche se ora mi rendo conto che quelle avrebbero potuto essere già canzoni degli Haunt.

TI VA DI DIRCI UNA COSA POSITIVA E UNA NEGATIVA CHE HAI RISCONTRATO NEL MUSIC BUSINESS?
– Una cosa che amo è la possibilità di usare piattaforme come Bandcamp per riuscire ad emergere. Non è più necessario avere una grossa label per raggiungere le persone e questo ci permette di avere molta più indipendenza. Ho bisogno di sentirmi libero, non sono il tipo di persona che ama stare dietro ai contratti. Una cosa che non sopporto invece è quando le persone mi dico che dovrei fare le cose secondo le regole comuni: alcuni dicono che pubblico troppa musica, mentre per me è semplicemente la cosa più naturale visto il numero di canzoni che scrivo. Se dovessi aspettare due anni prima di pubblicare un nuovo disco mi ritroverei con quaranta canzoni e sarebbe un macello. Prova a guardare la lista degli EP che ho pubblicato con i Beastmaker e dovrebbe darti un’idea di quante canzoni scrivo (solo nel 2018 i Beastmaker hanno pubblicato dieci diversi EP. ndR).

SPESSO IL TERZO ALBUM VIENE CONSIDERATO COME UN PUNTO DI SVOLTA NELLA CARRIERA DI UNA BAND. COSA DOBBIAMO ASPETTARCI DAGLI HAUNT A QUESTO PUNTO?
– Voglio solo continuare a fare quello che ho fatto finora: registrare album, andare in tour, iniziare nuovi progetti.

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