Vi sono band che, pur non sfornando album in serie, ogniqualvolta si cimentano nell’impresa riescono comunque a far centro. Se da una parte accade spesso che l’elevata dose di hype, dovuta alla prolungata attesa tra un disco e l’altro, sovraccarichi a tal punto l’euforia dei fan da portare il loro giudizio ad una promozione assicurata, dall’altra è proprio la qualità del prodotto rilasciato a superare in toto le aspettative-pretese derivate dal ritardo accumulato in sede di release. Un esempio lampante del concetto appena espresso ce lo offrono gli Heathen: con il recentissimo “Empire Of The Blind”, uscito proprio ieri per la Nuclear Blast, il gruppo della Bay Area è giunto al suo quarto lavoro in quasi trent’anni di carriera: ed anche in questo caso, come già avvenuto con gli storici “Breaking The Silence” e “Victims Of Deception” e l’ultimo “The Evolution Of Chaos”, ha staccato un personalissimo biglietto vincente. Thrash? Speed? Heavy? Sì ma anche no, nel senso che gli Heathen hanno sempre rappresentato un qualcosa in più di un semplice genere metal, mantenendo quella sorta di indipendenza sonora, non etichettabile, che non tutti possono vantare. Come dite? In alcuni passi vi sono rimandi agli Exodus? Può anche essere, del resto Lee Altus suona con loro dal 2005, e pure Kragen Lum (autore principale delle musiche e testi di “Empire Of The Blind”) ha ricoperto per sei anni il ruolo live lasciato vacante da Gary Holt, impegnato nel frattempo con gli Slayer. Inevitabili, o quantomeno probabili, quindi che vi siano state delle influenze in sede di stesura dei nuovi pezzi. Rimane comunque assodato che la band statunitense è riuscita per l’ennesima volta a regalarci un quadro variopinto di emozioni, sia dal punto di vista musicale, sia per quanto riguarda i testi a supporto. Di tutto questo abbiamo parlato con un ultraloquace Kragen Lum, assoluto protagonista, come detto, del nuovo full-length targato Heathen. Buona lettura!
CIAO KRAGEN E BENVENUTO SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. PRIMA DI ADDENTRARCI NELLA NUOVA AVVENTURA TARGATA HEATHEN, VOLEVO CHIEDERTI COME STAI VIVENDO QUESTA PARTICOLARE SITUAZIONE CHE, INEVITABILMENTE, HA COINVOLTO L’INTERA UMANITA’ (l’intervista è stata realizzata nel mese di luglio, ndr)?
– Ti dico la verità: è tutto molto strano. Là fuori circolano una marea di informazioni ed è difficile determinare con precisione cosa vogliono dire esattamente. Ci sono parecchi test in corso, il che significa che stanno trovando più persone affette dal Covid-19; molte di loro sono asintomatiche, e quindi non effettivamente malate. Il tasso di mortalità è inferiore a quello di alcune settimane fa ma la realtà dei fatti è difficile da decifrare. Da parte nostra, io e mia moglie stiamo bene, cerchiamo di seguire tutti i protocolli previsti con tanto di distanziamento sociale e mascherine del caso. C’è più preoccupazione invece per i miei genitori: purtroppo il virus ha dimostrato che sulle persone più anziane ha un impatto maggiore e pertanto questa situazione, sicuramente non semplice, sta notevolmente influenzando la loro vita quotidiana tanto che non si sentono a proprio agio nemmeno quando escono di casa dovendo indossare la maschera per più ore. Tutti stanno facendo il meglio che possono; tuttavia non c’è modo di controllare questa folle situazione. L’augurio ovviamente è che tutto ritorni alla normalità anche se non sarà per nulla facile.
VENIAMO ORA AL NUOVO DISCO. DOPO DIECI ANNI DI ATTESA ECCO FINALMENTE IL QUARTO ALBUM DEGLI HEATHEN: QUANDO E’ NATA L’IDEA DI “EMPIRE OF THE BLIND”?
– Nel 2012, quando abbiamo firmato con la Nuclear Blast, David, Lee ed io ci siamo incontrati e abbiamo parlato di come volevamo avvicinarci alla scrittura di questo album. Alla fine abbiamo deciso di scrivere canzoni con testi più vicini ai pezzi contenuti in album quali “Victims Of Deception” e “Evolution Of Chaos” ma mescolati agli arrangiamenti di canzoni più brevi come quelle presenti in “Breaking The Silence”. Volevamo provare a vedere se potevamo ottenere quella sensazione epica legata ai pezzi di cinque o sei minuti di durata inserendola però in brani più brevi. E credo che, a conti fatti, siamo riusciti in questo intento. E’ stato questo il nostro approccio musicale: volevamo esplorare tutte le componenti che pensavamo costituissero il suono degli Heathen, portandole ad un livello successivo e cioè, come detto, riuscire ad accorciare la lunghezza dei brani mantenendo una certa epicità di base. Dal punto di vista dei testi invece, sia in “Empire Of The Blind”, che come del resto nell’ultimo “Evolution Of Chaos”, vi è una sorta di appuntamento fisso con gli argomenti sociali, mescolandoli ad episodi più riflessivi e personali. Diciamo che possiamo ritenerci più che soddisfatti in quanto abbiamo realizzato ciò che ci eravamo prefissati.
TORNANDO QUINDI AL 2012, QUAL E’ STATO IL PRIMO BRANO CHE AVETE SCRITTO?
– Fammi pensare… Aspetta, penso che il primo su cui ho iniziato a lavorare è stato “Sun In My Hand”. Non so se è il primo pezzo che ho finito ma è sicuramente il primo che ho iniziato. Ricordo che quando l’ho presentata ai ragazzi, ci siamo sentiti come se ci fosse qualcosa di speciale in essa e, nonostante siano trascorsi parecchi anni da quando l’ho scritta, la versione definitiva non è cambiata molto rispetto alla demo originale. E’ un pezzo particolare, non propriamente thrash. Del resto, se torni indietro nel tempo, ti accorgerai di come questa band ha sempre mostrato molta varietà nelle canzoni, andando oltre il thrash metal. Pensa per esempio a brani come “Prisoners of Fate”: non era il tipico thrash. Questa band non ha regole: scriviamo quello che pensiamo suoni bene. E credo che questo sia avvenuto anche nei primi giorni del thrash metal e che sia stato così per parecchie band che si sono avvicinate a questo genere. Un approccio che sembra essersi allontanato negli ultimi anni: oggi come oggi ci sono troppe regole per i nostri gusti, quindi le ignoriamo e facciamo quello che abbiamo sempre fatto, ovvero provare a scrivere buone canzoni. Sai, indipendentemente dal fatto che siamo thrash metal, o meno, scriviamo solo quello che pensiamo sia buono e proviamo a scrivere un album che ti porti a compiere un piccolo viaggio personale.
A PROPOSITO DI THRASH, E DI CONSEGUENTI PARAGONI, DIVERSE VOLTE IN PASSATO IL VOSTRO NOME E’ STATO ACCOSTATO AD ALTRE BAND DEL GENERE QUALI EXODUS O TESTAMENT. TUTTAVIA, COME HAI DETTO, PENSO CHE GLI HEATHEN ABBIANO SEMPRE ESPRESSO UNA SORTA DI LIBERTA’ MUSICALE IN GRADO DA RENDERLI NON ETICHETTABILI.
– A ben guardare, tutte le band della Bay Area che sono stati inserite nella categoria thrash metal avevano comunque una loro particolarità, utile a distinguersi l’una dall’altra. Tutte avevano il loro suono unico tuttavia, ripeto, penso che gli Heathen siano sempre stati un po’ più che thrash metal. Se torni molto, molto indietro nel tempo, vi erano alcune interviste video in cui già allora sia Lee che Doug (Doug Percy, primo chitarrista della band, ndr) ricordavano come gli Heathen non erano propriamente thrash ma solo e semplice heavy metal. Suoniamo solo quello che pensiamo sia buono, ed è sempre stato questo l’atteggiamento della band. In “Empire Of The Blind” ci sono alcune canzoni più aggressive e più pesanti di quello che abbiamo fatto in passato; ma c’è anche una ballata che probabilmente è più simile a una ballata influenzata dagli anni ’70. Vi sono influenze dai Rainbow, dai Thin Lizzy, dalla NWOBHM ed abbiamo cercato di mettere insieme tutti questi elementi. Ed è forse questa mancata categorizzazione in un determinato genere uno dei motivi per cui gli Heathen non hanno ottenuto il credito che meritano. Facciamo thrash? No, qualcosa in più!
DICEVI CHE L’ALBUM ERA PRATICAMENTE IN FASE DI REALIZZAZIONE NEL 2012, POI SONO GIUNTI GLI IMPEGNI LIVE CON GLI EXODUS, SIA PER TE CHE, OVVIAMENTE, PER LEE ALTUS. NON HAI TEMUTO AD UN CERTO PUNTO CHE IL TEMPO PER QUESTO “EMPIRE OF THE BLIND” NON DOVESSE MAI ARRIVARE?
– Sono sicuro che Dave era molto frustrato per questa attesa. Da parte mia non posso dire di essere stato frustrato: mi è stato chiesto di suonare con una delle mie band preferite, non potevo dire di no. E’ stato comunque difficile dover ritardare l’album: voglio dire, avevo scritto più o meno metà del disco nel 2014. Tuttavia, il treno degli Exodus stava partendo, non pensando che finissero per fare più tour di quanto non avessero mai fatto prima. Per cui ho lavorato sulla musica del nuovo album ogni volta che potevo sino all’anno scorso quando ho avuto la possibilità di concentrare tutte le mie energie su di esso. Pur essendo trascorsi cinque anni da quando avevo messo in pausa la lavorazione, volevo uscire con qualcosa di forte e fare un grande album. Penso che ogni disco degli Heathen sia leggermente diverso; ognuno con la sua unicità. E questo non si discosta da questa soluzione: doveva essere fantastico; doveva essere all’altezza. Per questo motivo ho messo molta pressione su me stesso per assicurarmi che fosse il meglio che poteva essere.
DOPO SETTE ANNI DI ATTESA, HAI MODIFICATO QUALCHE BRANO IN REALTA’ GIA’ PRONTO OPPURE HAI MANTENUTO CIO’ CHE AVEVI SCRITTO NEL 2012?
– Nel 2012 avevo scritto quattro pezzi, di cui due demo strumentali, mentre nel 2014 avevo le demo al completo per sei brani. Una delle canzoni che per esempio ha subito dei cambiamenti davvero drastici è diventata la titletrack “Empire The Blind”. Non ero soddisfatto della demo e non ero molto contento nemmeno della versione originale. Per cui è iniziata una specie di missione per renderla migliore. Gli altri demo invece non sono cambiati molto; sono più o meno la stessa cosa anche perché di solito non presento qualcosa alla band finché non ne sono soddisfatto e in questo sono davvero, davvero, molto esigente. Diciamo quindi che un certo tempo extra ha giovato su alcuni brani come appunto la titletrack. Ho passato molto tempo a lavorare su di essa e, sebbene sembri una canzone piuttosto semplice e diretta, il ritornello in realtà ha quattro parti di chitarra contemporaneamente; fare in modo che tutti lavorassero insieme e che la voce fosse accattivante e lavorasse con la musica, è stato come trovare i pezzi giusti di un puzzle.
PRIMA DI RIMETTERTI IN MOTO CON LA RELEASE DI “EMPIRE OF THE BLIND” HAI SUONATO DIVERSI ANNI CON GLI EXODUS: PENSI CHE, ANCHE INCONSCIAMENTE, QUESTA ESPERIENZA ABBIA INFLUENZATO ALCUNE TUE DECISIONI SULLA STRUTTURA COMPOSITIVA DEL NUOVO ALBUM?
– Beh, inutile nascondersi: seguo gli Exodus sin dal primo loro album; ho potuto ascoltare “Bonded By Blood” prima ancora che uscisse e da allora ne sono stato un fan. E penso che, se torni indietro nella storia degli Heathen, quando Lee iniziò la band nel 1984, scoprirai che pure lui era uno dei più grandi fan degli Exodus nella Bay Area. Però gli Exodus sono parte delle influenze di qualsiasi band della Bay-Area in un modo nell’altro. Insomma pensa a “Creeping Death” dei Metallica e alla parte in cui James Hetfield canta “die by my hand, I creep across the land”, viene da un pezzo degli Exodus. Ci ha influenzato di più perché sia io che Lee abbiamo suonato con gli Exodus negli ultimi anni? Sì, è possibile: abbiamo passato più del 101% delle nostre vite a suonare con gli Exodus, per cui penso che sia quasi ovvio che alcuni elementi di questa esperienza si sia trascinata anche negli Heathen. Ma non tutto funziona così: ascolta il ritornello di “The Blight”, per esempio; gli Exodus non scriverebbero mai niente di così melodico. “The Blight” è un brano particolare perché, insieme all’intro va a creare una specie di trailer di un film; un’idea che alla fine è stata pure realizzata tanto che l’opener “This Rotting Sphere” è stata utilizzata per il coming-soon dell’album stesso.
TU SEI IL PRINCIPALE AUTORE DELLE MUSICHE E TESTI DELL’ALBUM. IN CHE QUANTITA’ E’ INVECE INTERVENUTO LEE ALTUS?
– Nel corso degli ultimi tour con gli Exodus, avevo parlato con Lee in merito alla release del nuovo album. Da parte sua aveva dei riff ma semplicemente non aveva nessuna canzone pronta per essere eseguita. Gli piaceva quello che stavo scrivendo ed allora mi ha dato la sua benedizione a proseguire. Onestamente, una mano l’avrei voluta più che volentieri anche perché è stato un lavoro molto lungo e faticoso (ride, ndr). La cosa grandiosa è che, anche se il mondo può concepire gli Heathen come la band di Lee, lui non la vede in questo modo. Per Lee gli Heathen sono la nostra band. Tornando indietro nel tempo, se guardi “Breaking The Silence”, molte delle canzoni che erano su quel disco sono state scritte da Doug, e provenivano dalla sua band precedente, i Control. Penso quindi che Lee sia diventato lo scrittore principale per impostazione predefinita, perché era quello che stava arrivando con le idee in quel momento. E fu grato di avere un aiuto in “Evolution Of Chaos” così da non dover sentire l’intero fardello su di lui. Per cui io contribuii con tre canzoni e pure John Torres fece altrettanto. Non vi sono quindi condizioni particolari: Lee è aperto a chiunque faccia un buon lavoro; se così non fosse me lo avrebbe sicuramente detto. Non solo, in studio ha portato alcuni suggerimenti che hanno impreziosito ancor di più i pezzi. Questa è la cosa meravigliosa dell’essere con un gruppo di persone che sono aperte alle idee di tutti e non creativamente egoiste.
QUAL E’ IL SIGNIFICATO DEL TESCHIO RIPORTATO IN COPERTINA?
– La cover si riferisce in particolar modo alla titletrack dell’album, e quindi all’impero dei ciechi. Travis Smith è un artista straordinario e ha una capacità unica di mettere insieme elementi e donare all’arte un sentimento particolare. Puoi vedere che il teschio è quasi sovradimensionato rispetto al resto; rispetto a tutti quegli edifici ridotti in rovina. E’ una sorta di rappresentazione visiva che ci mostra dove è diretta la nostra società. Penso che sia una specie di quadro desolante, che mette in risalto l’idea di come ormai molte persone siano accecate dalla finzione. L’uso dei social media e dei mezzi di informazione per manipolare le persone negli Stati Uniti ha raggiunto livelli esagerati. Non sappiamo più distinguere la realtà dalla finzione. Ogni notizia che viene trasmessa è sempre accompagnata da opinioni che ne travisano il significato portandola spesso a renderla meno veritiera rispetto a come ci era stata presentata. In questo senso l’uso dei social media è l’esempio più lampante; ed è molto pericoloso. Questo teschio enorme, bendato, che non vede, o non vuol vedere la realtà che lo circonda, possiamo essere noi stessi, può essere il nostro futuro, quasi un idolo, una statua che rappresenta l’intera società.
IL FATTO CHE IL DISCO TERMINI PROPRIO CON L’OUTRO “MONUMENT TO RUIN” CI POTREBBE FAR PENSARE AD UNA SORTA CONCEPT ALBUM. E COSI’?
– Non è un concept album ma se la gente lo vede e lo interpreta così va benissimo comunque. Del resto, molte volte, quando scrivo i testi delle canzoni, lo faccio con l’intenzione di farli leggere in più versioni: in questo modo l’ascoltatore può decidere quale sia il significato che ritiene migliore così da godersela appieno. Personalmente l’idea che avevo costruito con l’outro era un qualcosa di più particolare: essendo io un nerd della musica, volevo fare in modo che se metti l’album in loop, l’outro torni nell’accordo dell’intro; lo chiamo il ‘circolo della morte’. E quindi è sembrato un modo fantastico per chiudere l’album; è una sorta di triste conclusione salvo ripartire immediatamente con “This Rotting Sphere”, che è quasi edificante quando la senti di nuovo. Certo, dal punto di vista tematico ci sono molti episodi che trattano argomenti sociali. “Sun In My Hand” come detto è una specie di viaggio introspettivo in cui, attraverso immagini oscure, ci si chiede cosa si vuol fare della propria vita. Non vi è però un unico tema: è piuttosto una grande discussione sulla società e sulla vita.
PROPRIO COME “SUN IN MY HAND”, ANCHE “SHRINE OF APATHY” RAPPRESENTA UNO DEI BRANI PIU’ EMOTIVI E MALINCONICI DELL’ALBUM. COSA CI PUOI DIRE IN MERITO A QUESTO PEZZO?
– “Shrine Of Apathy” è una ballad. Spesso, da fan o da semplice ascoltatore, mi imbatto in band che fanno quelle che chiamerei ‘soft songs’; sono ballad ma in realtà solo nel nome. Io volevo davvero provare ad scrivere una ballad nel vero senso della parola. Intendo dire tornare a pezzi come “Dream On” degli Aerosmith o anche alla più grande ballad di tutti i tempi, e cioè “Stairway to Heaven”. Volevo abbinare alla musica quella sensazione che si prova nel momento in cui perdi qualcuno a cui tenevi veramente. In questo pezzo, la performance vocale di David è semplicemente fantastica, catturando alla perfezione la sensazione a cui facevo riferimento poco fa. Soffrire per loro e arrivare a quel punto in cui quasi non ti importa più di nulla. Ecco cos’è l’apatia di cui fa riferimento il brano.
PARLIAMO UN ATTIMO DELLA LINE-UP: A PARTE LEE, DAVE ED OVVIAMENTE TE, IN “EMPIRE OF THE BLIND”, HANNO FATTO L’ESORDIO IN STUDIO DUE NUOVI MEMBRI. CE LI VUOI PRESENTARE?
– Volentieri. Iniziamo dal bassista Jason Merza. Nel 2013 Jason aveva suonato con noi in uno show in quel di San Francisco: eravamo di scena insieme ai Death Angel, ricordo, e quella sera Tom Hunting occupò per noi il posto alla batteria. In realtà sia io che gli altri ragazzi della band lo conoscevamo già da tempo: fece conoscenza con gli Heathen alla fine degli anni ’80 quando viveva nella Bay Area mentre io lo incontrai nel 1991 quando si trasferì a Los Angeles unendosi poi nella mia band Psychosis. Siamo amici da tempo, lui ha sempre amato gli Heathen per cui era una corrispondenza perfetta. Cosa dire invece di Jim DeMaria? Jim ha suonato in diversi gruppi ed al momento ricopre il ruolo di batterista anche nei Toxik. Abbiamo suonato con lui in tour mentre militava nei Generation Kill e da allora siamo sempre rimasti amici. Sono entrambi grandi musicisti ma, soprattutto, sono due persone fantastiche. Volevamo provare a mettere insieme una formazione di ragazzi in cui tutti andassero d’accordo, passare del tempo insieme, sperando di porre fine a questa sorta di porta girevole di cambiamenti infiniti di formazione che questa band ha avuto nel corso degli anni.
COME GIUDICHI IL LAVORO DELLA NUCLEAR BLAST?
– Fantastico! Prima di tutto, sono stati incredibilmente pazienti con noi nell’attendere questo album. Abbiamo firmato con loro nel 2012 e abbiamo impiegato otto anni per mostrare loro qualcosa; per cui, ripeto, sono stati molto pazienti. In secondo luogo, sono molto amici degli artisti, non cercano di spingerli a fare qualcosa di cui non hanno la piena convinzione. Ci hanno permesso di fare il disco che volevamo fare e loro ci sono stati di grande sostegno in questo. Finora è stato fantastico: siamo stati davvero contenti.
ALL’INTERNO DEL PANORAMA THRASH SIETE CONSIDERATI UNA SORTA DI CULT BAND; ERANO MOLTE PERTANTO LE ASPETTATIVE IN MERITO AD “EMPIRE OF THE BLIND”. TI RIVEDI IN QUESTO RUOLO COSI’ PARTICOLARE?
– Non saprei sinceramente. So per certo che, mi ripeto, ho messo molta pressione su me stesso quando ho lavorato a questo disco. Sono un fan di questo tipo di musica e so cosa vuol dire avere aspettative su un album. Compro ancora parecchia musica, acquisto ancora CD e mi è successo di avere le stesse attese, purtroppo non confermate, per alcune thrash band ritornate in azione dopo alcuni anni di silenzio. E quindi di certo non volevo che ciò accadesse anche per gli Heathen. Ecco perché ho lavorato davvero duramente per assicurarmi che tutto ciò che riguardava la qualità di questo album dovesse essere grandiosa. Ho prestato attenzione ai dettagli perché volevo provare a fare qualcosa che fosse all’altezza degli standard elevati di questa band, come aveva già fatto per il precedente album. E, onestamente, volevo provare a tornare a quegli album classici con cui siamo cresciuti, dove c’era magia. Questo era l’obiettivo! Ovviamente, spetterà ai fan decidere se ci siamo riusciti o meno. Ma io, di certo, come pure il resto della band ci siamo impegnati al massimo per offrire il meglio che potevamo e volevamo fare.
DOMANDA FINALE KRAGEN: PROGRAMMI PER IL FUTURO, SOPRATTUTTO PER QUANTO RIGUARDA I PROSSIMI LIVE?
– L’album originariamente doveva uscire a giugno e so che il primo singolo sarebbe uscito il primo giorno del nostro tour ad aprile ma, sfortunatamente, il Covid-19 ha sconvolto tutti i nostri piani per quest’anno. Avevamo pianificato un paio di tour diversi in Europa e un tour in Sud America, in Giappone e parecchie altre date ma, come detto, sono state tutte cancellate. Per il prossimo anno stiamo lavorando proprio ora su come riprogrammare tutto ciò che possiamo. Speriamo solo che le cose si risolvano così da poter iniziare di nuovo a suonare dal vivo anche se è davvero difficile dirlo adesso. Ed ovviamente tra le date previste vi era pure quella nel vostro paese. Abbiamo fatto degli spettacoli fantastici in Italia: non ricordo il nome del locale in cui abbiamo suonato l’ultima volta ma faceva un caldo infernale, come infernale fu lo show! L’augurio è quello di poter tornare a suonare ovunque, Italia compresa.