Il power-heavy metal epico degli Heimdall è tornato a tuonare con un disco ispirato e possente come “Hephaestus” a dieci anni esatti di distanza dal suo predecessore “Aeneid”. Il gruppo salernitano capitanato dal fondatore e chitarrista Fabio Calluori, non ha mai perso lo spirito giusto nonostante le tante difficoltà che comporta suonare (questo genere, come tanti altri) nel Sud Italia.
Nella speranza che questo nuovo tassello, ricco di pathos ed epicità, possa portare la band ad attirare – finalmente – le meritate attenzioni portandoli a suonare in giro per lo stivale e anche oltre, abbiamo rivolto alcune domande allo stesso Fabio per entrare con maggior profondità nel mondo della band salernitana.
SONO TRASCORSI DIECI ANNI DALL’ULTIMA VOSTRA FATICA DISCOGRAFICA, IL BELLISSIMO “AENEID”. COME CI SPIEGHI QUESTA LUNGA ASSENZA E COSA E’ SUCCESSO IN CASA HEIMDALL DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO?
– Innanzitutto grazie mille per l’intervista e la bellissima recensione! Gli ultimi dieci anni sono stati piuttosto complessi per la band. Dopo la pubblicazione di “Aeneid” ci siamo ovviamente dedicati alla sua promozione con interviste e live. Dopo di che abbiamo iniziato la stesura dei nuovi brani. In questo periodo ho avuto qualche situazione personale complessa da gestire e Gandalf è diventato padre due volte.
Nel 2017 abbiamo pubblicato un video di un brano inedito, “Knights Of Riverland”, con l’intenzione di far uscire il nuovo album tra il 2018 e il 2019. Purtroppo sono sopraggiunti altri problemi personali, Umberto e Daniele hanno lasciato la band e questo ci ha rallentato soprattutto per la ricerca di un nuovo bassista. Dopo alcune prove ho deciso di registrare io le parti di basso e così abbiamo iniziato le registrazioni nei miei studi, i Sonic Temple.
Poi è venuta la pandemia e abbiamo deciso di posticipare l’uscita dell’album fino ad oggi. Non volevamo pubblicare l’album in quel periodo… Dopo sette anni di attesa si rischiava di non far ottenere al disco la giusta attenzione, perché le persone avevano giustamente altre preoccupazioni.
IL NUOVO “HEPHAESTUS” E’ COMPOSTO DA OTTO BRANI, AI QUALI SI AGGIUNGE LA COVER DEI QUEEN. COME MAI LA SCELTA DI PUBBLICARE UN DISCO PIU’ COMPATTO RISPETTO ALLE CLASSICHE UNIDICI/DODICI TRACCE CHE ERA LO STANDARD SOPRATTUTTO FINO A QUALCHE ANNO FA?
– Inizialmente l’album doveva essere composto da dieci tracce, poi abbiamo deciso di toglierne una perché non era adatta secondo noi all’atmosfera dell’album. Onestamente non amo gli album troppo lunghi, si rischia di inserire dei brani non all’altezza; e poi sono cresciuto con LP o CD dalla durata di quaranta/quarantacinque minuti… In questo modo chi ascolta può facilmente arrivare all’ultimo pezzo senza mandare avanti le canzoni (risate, ndr).
A PROPOSITO DI COVER, COME VI SIETE INDIRIZZATI VERSO UN BRANO MOLTO FAMOSO E TUTT’ALTRO CHE SEMPLICE E BANALE – SOPRATTUTTO DAL PUNTO DI VISTA VOCALE – COME “THE SHOW MUST GO ON” DEI QUEEN?
– Si, vero, è stata una bella sfida soprattutto per Gandalf, che comunque adora i Queen e, dopo qualche dubbio iniziale, alla fine è stato molto contento anche lui di essersi cimentato in questa cover.
Comunque, il motivo principale è semplicemente perché è una grandissima canzone molto emozionante e malinconica ma al tempo stesso epica, quindi la vedevo adatta al nostro sound. Volevamo inserire una cover ma non avrebbe avuto senso fare qualcosa dei Maiden o dei Judas per esempio, volevamo qualcosa che non appartenesse al mondo metal e che quindi potevamo arrangiare nel nostro stile, rendendola in un certo senso ‘nostra’.
IL PUNTO FORTE DEL VOSTRO SOUND È SEMPRE STATO LA CAPACITÀ DI SCRIVERE BRANI POWER-HEAVY METAL RICCHI DI PATHOS, POTENTI MA ALLO STESSO TEMPO IN GRADO DI COLPIRE FACILMENTE CON CORI E MELODIE DAL FORTE IMPATTO SUPPORTATI DA ATMOSFERE EPICHE. QUALI SONO LE VOSTRE MAGGIORI ISPIRAZIONI PARTENDO DAL VOSTRO DEBUTTO “LORD OF THE SKY” ED ARRIVANDO FINO AI GIORNI NOSTRI?
– Grazie innanzitutto per le tue parole! La nostra intenzione è proprio quella di scrivere brani epici e melodici, cercando però di conservare l’impatto e la potenza che da sempre contraddistinguono il metal, che è nato come genere di rottura e di ribellione, concetto che oggi forse si è un po’ perso!
Per noi non ha senso suonare metal ed avere una sonorità ‘morbida’, come purtroppo succede sempre più spesso oggi. Siamo cresciuti con Judas, Maiden, Helloween, Savatage, Manowar ma anche con tutta la scena thrash metal di Slayer, Metallica, Anthrax, per non parlare dei generi più estremi come il black e il death. Ecco perché nei nostri brani trovi il passaggio melodico ed epico, ma anche il riffone di chitarra thrash metal (risate, ndr). E sarà sempre così, è il nostro stile ed è soprattutto quello che ci piace suonare.
UN ALTRO ASPETTO FONDAMENTALE CHE MI HA COLPITO DURANTE L’ASCOLTO È L’OTTIMO EQUILIBRIO TRA LE DUE CHITARRE. SPESSO NEI BRANI, ANCHE DURANTE LE STROFE, INCONTRIAMO LA CHITARRA SOLISTA CHE DISEGNA ARMONIE IN GRADO DI MUOVERSI PERFETTAMENTE A CAVALLO TRA LE RITMICHE DI CHITARRA E BASSO E LE LINEE VOCALI.
COME SONO NATI QUESTI PEZZI E COME SONO COMPOSTE LE LINEE DI CHITARRA?
– Grazie, questo è un gran complimento! Innanzitutto abbiamo Carmelo che è un talento incredibile, e da sempre le sue soliste hanno rappresentato un punto di forza delle nostre canzoni.
Lavoriamo molto sugli arrangiamenti cercando di arricchire tutti i passaggi e dando un’evoluzione ai brani. Nell’ultimo album la chitarra è centrale in tutti i pezzi (se escludiamo la ballad) e quindi anche dal un punto della produzione abbiamo voluto mettere in risalto questo aspetto.
La tastiera resta un elemento importante per creare determinate atmosfere e sfumature al nostro sound, ma volevamo che l’album suonasse più potente che sinfonico. Inoltre non abbiamo più un tastierista nella line-up; le orchestrazioni che senti nell’album le ho suonate io a parte un paio di brani eseguiti da Sergio, il nostro ex tastierista.
NELLA RECENSIONE MI SONO PERMESSO DI SCRIVERE CHE GLI HEIMDALL SONO UNA DELLE POCHE BAND IN GRADO DI DARE RISALTO ALLA SCENA METAL DEL SUD ITALIA. CHE NE PENSI?
– Grazie! Purtroppo dalle nostre parti non siamo in molti a suonare metal; in passato c’erano belle realtà, band con ottime idee e che sfornavano lavori interessanti, ma oggi non tanto, purtroppo. I gruppi che fanno musica inedita sono sempre meno, anche perché non ci sono molte strutture dove potersi esibire con una certa continuità. Quindi se prima era difficile imporsi, oggi è un’impresa. In Campania suoni in giro se fai cover e tributi, ma se suoni musica tua hai poco spazio rispetto a qualche anno fa.
Ad esempio nella mia città, Salerno, per un motivo o per un altro, sono scomparse quasi tutte le band metal e rock. Siamo rimasti noi, i Circle Of Witches, i Prison Of Mirrors e pochi altri… Molto più semplice suonare i pezzi di un artista famoso senza troppi sbattimenti piuttosto che fare pezzi propri, spendere soldi per registrarli, proporli alle etichette o al locale di turno, che invece preferisce far suonare sempre le stesse tribute band; quindi molti si sono arresi e per le nuove generazioni probabilmente il sogno è quello di fare un tour nei locali della zona suonando cover.
NEI VOSTRI DISCHI È SPESSO PRESENTE UNA BALLATA RICCA DI PATHOS, CHE IN QUESTO CASO RISPONDE AL NOME DI “TILL THE END OF TIME”. LE BALLAD SONO PEZZI LENTI CHE A MIO PARERE SONO SEMPRE MOMENTI MOLTO CARATTERIZZANTI DEL VOSTRO SOUND, E COMPOSIZIONI MOLTO COINVOLGENTI IN GENERALE.
RICORDIAMO IN PASSATO “FALL IN TEARS” DA “TEMPLE OF THEIL” E MOLTE ALTRE, MA IN QUESTO CASO AVETE CONFEZIONATO UN PEZZO ANCORA PIU’ EPICO E DRAMMATICO. COME NASCE UNA CANZONE COME QUESTA E QUANTO È IMPORTANTE PER VOI INSERIRE UN BRANO DEL GENERE NEI VOSTRI DISCHI?
– Si, le ballad hanno sempre rappresentato un punto importante nei nostri album… Che vuoi farci, sono un romantico (risate, ndr).
A parte gli scherzi, mi piace molto scrivere anche dei pezzi più lenti e malinconici, è un lato della mia persona che sento il bisogno di tramutare in musica. E’ bello suonare musica potente ed energica, ma è anche bello ogni tanto dar sfogo a quella parte più malinconica che è dentro di me.
Considero “Till The End Of Time” un brano molto ispirato e una delle ballad più belle mai realizzate dalla band, e devo dire che l’interpretazione di Gandalf l’ha resa ancora più epica. Non mi voglio soffermare sui testi, posso dirti che è un brano molto personale e importante legato a un momento ben preciso della mia vita e penso che chi leggerà il testo non avrà difficoltà a rivedersi in quelle parole.
DOPO ALCUNI ANNI DI COLLABORAZIONE CON LA SCARLET RECORDS SIETE PASSATI ALLA LABEL TEDESCA PRIDE & JOY. COME SI È SVOLTA LA RICERCA DI UNA CASA DISCOGRAFICA PER LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO DISCO?
– Dopo aver completato il master abbiamo iniziato a farlo ascoltare ad alcune delle principali etichette metal, e la Pride & Joy è stata quella che ha mostrato subito un grande interesse per la band – e onestamente anche quella che ci ha fatto l’offerta migliore.
Inoltre avevamo il desiderio di provare con una label straniera dopo aver pubblicato in passato solamente per etichette italiane; trovare un’etichetta in Germania poi, dove il metal resta un genere molto seguito, ha sicuramente rappresentato una grande opportunità per noi.
Finora ci stiamo trovando molto bene: l’album si trova un po’ dappertutto e, anche come recensioni ed interviste, la label sta lavorando alla grande.
COME AVETE AFFRONTATO CON LA VOSTRA ETICHETTA IL DISCORSO RIGUARDANTE IL SUPPORTO FISICO, VISTO CHE ORMAI È TORNATO PREPOTENTEMENTE DI MODA IL VINILE E ANCHE LE CASSETTE SEMBRANO AVERE UN RITORNO DI INTERESSE? “HEPHAESTUS” SARÀ STAMPATO SOLAMENTE SU COMPACT DISC?
– La scelta della Pride & Joy è stata piuttosto chiara: CD e digitale, che ormai è probabilmente diventato il mercato principale.
L’idea del vinile era allettante, mi sarebbe piaciuto molto avere “Hephaestus” stampato in LP. Immaginati la cover, sarebbe stata bellissima ma per ora va bene così. Oggi il vinile rappresenta un mercato importante ma ha anche dei costi piuttosto alti; magari in futuro si potrà fare qualcosa del genere, vedremo!
PARLIAMO DI ATTIVITÀ LIVE: È UN PERIODO NON FACILE IN GENERALE VISTI I COSTI ELEVATI, E SAPPIAMO QUANTO NEL SUD ITALIA TUTTO SIA ANCORA PIÙ COMPLICATO. AVETE QUALCOSA IN MENTE PER SUPPORTARE QUESTO NUOVO DISCO?
– Siamo in contatto con un’agenzia per trovare un po’ di date. Attualmente abbiamo in programma un festival da headliner a Tivoli il 2 dicembre, il Metalland, e siamo in contatto per un altro evento nel Nord Italia.
Il discorso dei live oggi è complesso, anche perché i costi per spostarsi sono piuttosto alti e dalle nostre parti, come ben sai, non si organizzano molti concerti metal. Comunque cercheremo di suonare in giro il più possibile per supportare l’album.
Sarebbe molto bello partecipare a qualche festival estivo importante. Vediamo come l’album verrà accolto, finora devo dire che abbiamo avuto moltissimi consensi, e di questo ne siamo ovviamente molto contenti e fieri.
UNA DOMANDA SECCA PER CHIUDERE: SECONDO TE SE GLI HEIMDALL FOSSERO NATI A MILANO O ADDIRITTURA IN GERMANIA ANZICHÉ A SALERNO AVRESTE RACCOLTO QUALCHE SODDISFAZIONE IN PIÙ DURANTE LA VOSTRA CARRIERA?
– Probabilmente si, soprattutto per quanto riguarda i live; come ti ho detto prima non è semplice spostarsi e, al di là dei costi, richiede un impegno importante da parte di tutti.
Una cosa è essere a Milano, dove si fanno tantissimi eventi importanti, e una cosa è essere a otto o novecento chilometri di distanza da quella città, per non parlare della Germania o comunque del Nord Europa!
Altro discorso sono poi gli studi di registrazione specializzati nel metal: nel Nord Europa ci sono da anni dei produttori che sono degli autentici mostri di bravura come Sneap, Bogren, Hansen.
Dalle parti nostre venti anni fa potevi trovare le pizzerie più buone del mondo, ma studi specializzati nel metal pochissimi. Oggi da questo punto di vista le cose sono leggermente migliorate per fortuna, peccato che inizino a mancare le band (risate, ndr).
Comunque dai, va bene così, magari se fossi nato in Germania oggi avrei fatto altro!