HELL IN THE CLUB – Le cose cambiano

Pubblicato il 12/02/2015 da

Formati da membri di affermate realtà metal italiane come Death SS, Secret Sphere e Elvenking, gli Hell In The Club sono in qualche modo anche una band nostalgica. Non tanto nel sound, che per rimanere al passo con i tempi recupera suoni più moderni e melodie frizzanti, quanto proprio nelle intenzioni. Non a caso, parlando di trasgressione, influenze musicali e scena rock attuale, siamo finiti molte volte a parlare di quanto fossero diverse (in meglio e in peggio) le cose decenni fa.

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PARTIAMO SUBITO DALLA DOMANDA DI RITO… SIETE TUTTI MUSICISTI AFFERMATI CON UNA CARRIERA MUSICALE PARALLELA AGLI HELL IN THE CLUB… COME SIETE RIUSCITI A GESTIRE GLI IMPEGNI E A SFORNARE UN ALBUM “DEVIL ON MY SHOULDER” IN TEMPI ACCETTABILI?
Federico Pennazzato: “Direi che questo fatto è anche aggravato dal tipo di personaggi che siamo! (risate, ndR) Beh, scherzi a parte, ci rendiamo conto che sono stati due anni impegnativi un po’ per tutti, proprio per via delle altre band che ciascuno di noi segue. Per fortuna però la quantità di lavoro nelle altre realtà cui siamo coinvolti è calata un po’ e si è trovato lo spazio temporale per sviluppare  questo nuovo lavoro come si deve”.
Andrea Buratto: “La questione è sempre riuscire a organizzarsi al meglio. Bisogna stabilire le priorità, rispettarle una volta stabilite e cercare di rimanere nei piani. Solo così si può lavorare con profitto”.

SU FACEBOOK ABBIAMO LETTO UNA PROVOCAZIONE… SI SOSTENEVA CHE SE IL TUO TEMPO DA DEDICARE ALLA MUSICA VALE 100%, E HAI TRE BAND, PER FORZA OGNUNA GODE SOLO DI UN MISERO 33%. IL DISCORSO FINIVA CHIEDENDOSI SE NON SAREBBE MEGLIO AVERNE DUE E DEDICARE MAGARI IL 50% DEL TEMPO AD OGNUNA… VOI COME LA VEDETE?
Davide Moras: “Beh, anche se il discorso riportato così è un po’ generalista, penso di comprendere il messaggio di fondo che chi l’ha scritto voleva trasmettere. E’ indubbio che i progetti come Elvenking, Secret Sphere, Death SS, siano progetti importanti per noi e per forza richiedono tempo e impegno adeguati. Il 33%, come dice il provocatore, non basta. E’ per questo che inevitabilmente i tempi di ogni cosa si allungano… lo si fa per poter dedicare la ‘quantità’ di impegno adeguata ad ogni progetto. Non ci fossero state le altre band, saremmo usciti con il nuovo Hell In The Club forse prima, ma gli altri impegni ci hanno fatto impiegare circa tre anni. Ma in tre anni abbiamo avuto il tempo di dedicare la quantità giusta di impegno, ed eccoci qua, anche se un po’ in ritardo”.
Federico Pennazzato: “Esatto. Si mettono in pausa delle cose per dedicarci il 100%. Poi, si riprendono le altre cose, e ci si dedica solo a quelle. E’ l’unico modo”.

HELL IN THE CLUB SODDISFA IN OGNUNO DI VOI BISOGNI DIVERSI DAGLI ALTRI VOSTRI PROGETTI? COME MAI DIRESTE CHE GLI HELL IN THE CLUB SONO IMPORTANTI PER VOI?
Andrea Buratto: “Hell In The Club è una band a tutti gli effetti! Non vale meno di altri impegni. Quello che ci spinge a suonare di continuo come Hell In The Club è la passione per questo tipo di musica che, almeno personalmente, è la musica che più adoro. Per questo che non considero una opzione quella di fermarci… fin quando avremo delle belle idee da comunicare, penso che continueremo”.

A LIVELLO DI SCRITTURA, COME VI DIVIDETE L’INCARICO?
Andrea Buratto: “Siamo attivi tutti e quattro dal punto di vista compositivo. Nel senso che ognuno di noi porta idee per brani nuovi, poi tutti assieme ci lavoriamo e ne tiriamo fuori delle canzoni finite. Il metodo di lavoro è sempre stato questo: ognuno porta la propria idea, uno scheletro per dire, poi tutti ci lavoriamo assieme”.

PARLAVAMO DELLA MUSICA CHE PIÙ AMATE… LE VOSTRE RADICI SONO BEN RICONOSCIBILI: VENGONO DALL’HARD OLTREOCEANO DEGLI ANNI ’80. MA C’È ANCHE UNA FORTE COMPONENTE MODERNA NEL VOSTRO SOUND… DIRESTE CHE È PROPRIO QUESTA COMPONENTE A RENDERVI COSÌ INTERESSANTI?
Davide Moras: “Le radici di ‘Devil On My Shoulder’, è vero, affondano negli Anni ’80, perchè è la musica con la quale siamo cresciuti. E’ sensato che partissimo da questa per comporre qualcosa di nuovo. Le influenze più moderne le abbiamo cercate volontariamente però, non sono casuali. Buona parte di questa scelta deriva dal fatto di volerci rivolgerci ad un pubblico che comunque non è più quello degli Anni ’80. Puoi anche voler proporre un certo tipo di musica e avercela ben fissa in testa, ma quando poi si tratta di parlare ad un pubblico, si cerca sempre di dare un taglio alla proposta che la renda al passo con i tempi. E’ una cosa importante, che abbiamo coscientemente deciso di fare”.

NEGLI ANNI ’80 LA MUSICA CHE FATE VOI ERA LO SPECCHIO DI UNA VITA ESTREMA, LA VITA DEDICATA AL ROCK’N’ROLL. LE STORIE DI GROUPIE, DROGA, HOTEL SFASCIATI LE SAPPIAMO BENE… MA ADESSO I TEMPI SEMBRANO ESSERE CAMBIATI. VOI CHE NE DITE? E’ ANCORA POSSIBILE ESSERE ESTREMI NEL ROCK’N’ROLL?
Andrea Buratto: “Eh, ti dirò che hai ragione… è vero che la vita rock’n’roll non fa poi più tutta questa risonanza. Non come un tempo. Certo, fa sempre piacere un po’ di eccesso, Ma c’è da dire che il significato ultimo è ora un po’ diverso”.
Davide Moras: “Più che altro è cambiato il modo di essere estremi. Però, sono convinto che anche adesso fare parte attiva di questa scena è un modo di estremizzare qualcosa. Io, in qualche modo, mi sento estremo, magari il modo di dimostrarlo non è più quello di buttare giù un televisore da una finestra o bruciare la camera di un albergo…”.
Federico Pennazzato: “Guarda, per esperienza personale in diversi tour fatti vedo che comunque dietro a ciò che la gente vede c’è sempre tanto lavoro. Questa cosa ci sarà stata anche ai tempi, ma la risonanza mediatica andava solo su alcuni aspetti, tipo appunto l’eccesso e la distruzione. Il lavoro e il sacrificio, che pure c’erano, non venivano considerati allo stesso modo. Adesso semplicemente questo non succede più frequentemente. La festa nel rock’n’roll c’è ancora! Solo che con gli anni che sono passati, la gente ci si è adattata, e allora fare certe cose non ha più il senso che aveva un tempo”.

AVETE TOCCATO UN PUNTO INTERESSANTE: UN TEMPO QUESTI ATTEGGIAMENTI ERANO UN PUGNO IN FACCIA ALLA SOCIETÀ CONSERVATRICE DELL’EPOCA. ORA LA SOCIETÀ STESSA È CAMBIATA E BISOGNA TROVARE DIVERSI MODI DI COLPIRLA.
Federico Pennazzato: “E’ vero! Viviamo in un epoca diversa! Un tempo bisognava fare quello per attirare l’attenzione, ma ora non è più così! Questa è un’epoca di animalisti, di vegani, di ambientalisti: la trasgressione adesso non è più un metodo di ottenere attenzione, anzi, spesso si attirano attenzioni sgradite! E’ la ricerca della trasgressione a essere cambiata più di tutto!”

E QUESTO NON VI FA PENSARE DI ESSERE NATI UN PO’ IN RITARDO SU QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO?
Andrea Buratto: “Eh… almeno di vent’anni”.
Davide Moras: “(ride, ndR) Mi sa che noi arriviamo sempre tardi in tutto!”.
Federico Pennazzato: “(sempre ridendo, ndR) Hanno ragione loro due! Comunque, con serietà, essere arrivati venti anni prima avrebbe per noi cambiato tantissime cose. Al giorno d’oggi la musica sta morendo, non ci facciamo problemi a dirlo. Non tanto in termini di numero di band o di dischi, lo sapete bene tutti, ma proprio nei termini del ‘sogno’ rock’n’roll. Un tempo si credeva in tutti quegli step un po’ da film, nei quali tu musicista spiantato incontravi prima il produttore dallo sguardo lungo, poi la gente nella major, sognando nel super contratto milionario… adesso la storia alla Guns’n’Roses noi non possiamo più narrarla. Al giorno d’oggi le band come la nostra iniziano sapendo che dovranno pagare per prodursi, pagare per promuoversi e pure pagare per suonare”.

LA VEDETE DAVVERO COSÌ GRIGIA?
Federico Pennazzato: “Anche peggio. Ora la musica alimenta se stessa e basta. Un tempo il business era nutrito dai soldi dei contribuenti, degli utenti. Adesso è nutrito dai musicisti. E’ assurdo se ci pensi. E’ come una fabbrica che, per non chiudere, fa pagare gli operai stessi per recarsi a lavorare.”

VOI FATE PARTE DI UN FOLTO SOTTOBOSCO DI BAND FORMANTI PERO’ UNA BELLA SCENA TRICOLORE. SE RIPENSO A QUANDO ERO UN GIOVANE METALLARO IO, LA SCENA ERA DIVERSA. C’ERANO I LABYRINTH, I DOMINE E LE BAND DELLA SCUDERIA DRAGONHEART… MA NON SI VEDEVA TUTTA L’UNITÀ E SCAMBIO DI ADESSO. VOI COME VEDETE QUESTA QUESTIONE?
Davide Moras: “Una cosa che ho pensato sempre da quando ero un ragazzino, vedendo appunto le prime band italiane muoversi con i rispettivi successi, era proprio che la scena mancasse un po’ di coesione. Conoscendo altre realtà, tipo quando a Gotheborg abbiamo fatto mixare il primo album degli Elvenking, ho confermato questa ipotesi. Una sera lì vedemmo all’interno della stessa birreria alcuni membri dei Dissection, dei Dark Tranquillity e degli In Flames che facevano festa assieme. Si conoscevano tutti! In Italia succedeva e forse succede ancora poco. Il mio pensiero è che bisogna unirla, questa scena! Bisogna darsi man forte su tutto, in modo da indirizzare la scena stessa verso una direzione positiva. In passato è successo che band appartenenti alla stessa scena si sputtanassero tra loro più che altro, e questo non fa certo bene”.

SI PUÒ FARE QUALCOSA PER TOGLIERSI DA QUESTO PROBLEMA?
Davide Moras: “Certo! Si deve far qualcosa! A questo punto mi piace parlarvi dell’iniziativa Truck Me Hard, un’agenzia di promoting e di booking che cerca di unire la scena, e che lavora ogni giorno sotto quest’ottica. Il tentativo è proprio quello di far collaborare le band e le agenzie, e cercare di dare all’estero un’immagine forte della scena italiana!”.

CONCLUDO CON QUEST’ULTIMO PUNTO MALINCONICO… SIAMO AL WIZARD STASERA, FORSE L’ULTIMO BALUARDO DELLA SCENA METAL MENEGHINA. EPPURE, ALMENO IN TEORIA, DI ROCKETTARI QUI CE NE SONO ANCORA TANTISSIMI… COME MAI QUASI TUTTI I POSTI DEI NOSTRI TEMPI (LO ZOE, IL MIDNIGHT…) HANNO CHIUSO?
Federico Pennazzato: “E’ lo stesso discorso che facevamo prima. La fabbrica c’è e produce, la gente è interessata… ma nessuno consuma”.

 

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