HIDEOUS DIVINITY – Vengono fuori dalle fottute pareti!

Pubblicato il 17/05/2021 da

Gli Hideous Divinity sono tornati. E lo hanno fatto in grande stile nonostante si parli di un EP di tre brani per poco più di quindici minuti di musica. Licenziato come il precedente “Simulacrum” dal colosso Century Media, “LV-426” ci presenta infatti il quintetto romano all’apice della forma e dell’ispirazione, forse mai così concentrato sul raggiungimento di una meta (i vertici del movimento death metal) tutt’altro che fuori dalla sua portata. Indovinando il concept alla base dell’opera, ovverosia il secondo capitolo della saga cinematografica di “Alien”, e muovendosi in una direzione più asciutta e concreta rispetto al passato, i Nostri hanno sicuramente dato alla luce uno dei capitoli migliori della loro discografia, il quale (complice la breve durata) è già finito nel nostro elenco delle uscite più consumate dell’anno. A fronte di quanto scritto, non potevamo esimerci dal contattare nuovamente la band per un approfondimento, quest’oggi rappresentata dalle parole del frontman Enrico ‘H.’ Di Lorenzo…

È PASSATO UN ANNO E MEZZO DALLA NOSTRA ULTIMA CHIACCHIERATA, E NEL FRATTEMPO – PER I MOTIVI CHE TUTTI SAPPIAMO – LA SITUAZIONE A LIVELLO GLOBALE HA SUBITO CAMBIAMENTI DRASTICI. COME AVETE TRASCORSO QUESTO PERIODO?
– Come tutti: col coltello tra i denti! È stato un anno durissimo per chiunque, in particolare per l’industria dello spettacolo che è stata stretta tra una pericolosissima pandemia e la miopia di un sistema economico/culturale che continua a considerare lo spettacolo e la cultura come qualcosa di superficiale e non essenziale (salvo poi abbuffarci tutti di libri, film, musica e pornografia durante i vari lockdown). Indubbiamente, non è un bel periodo per investire energie e/o denaro nella cultura, soprattutto in un paese come l’Italia che non manca di far sentire l’artista solo, con le spalle scoperte e pure un po’ coglione. Ma il mondo è ‘finito’ tante volte, e l’arte ha trovato sempre il modo di rimanere in piedi… quindi noi, come tutti, abbiamo continuato a lavorare come prima e più duro di prima.

NEL MOMENTO IN CUI È SCOPPIATA LA PANDEMIA “SIMULACRUM” ERA ANCORA FRESCO DI PUBBLICAZIONE, AVEVATE APPENA CONCLUSO UN TOUR AMERICANO DI SUPPORTO AI VADER E NE AVEVATE ANNUNCIATO UN SECONDO IN EUROPA CON I TERRORIZER… IMMAGINO SIA STATO PARECCHIO FRUSTRANTE DOVERVI FERMARE SUL PIÙ BELLO. COSA RICORDATE DI QUELLE SETTIMANE?
– È stato veramente frustrante. Mentre in Italia e in Europa cominciavano a girare le prime notizie allarmanti su questo nuovo virus, noi eravamo in tour negli Stati Uniti e in Canada (il secondo in un anno); il pubblico nordamericano è eccezionale, le band con cui eravamo in tour sono fantastiche e ogni sera è stata l’occasione per rivedere i fan incontrati nel precedente tour con Aborted e Cryptopsy e conoscerne di nuovi. Aggiungici pure che negli USA il tutto è esploso solo poche ore dopo il nostro ritorno, ed è facile capire come non avessimo minimamente la misura di cosa stesse succedendo! Il programma, dunque, era tornare in Italia, passare tre settimane a casa e ripartire immediatamente in tour. Peccato che nel giro di pochi giorni è stato evidente che non sarebbe stato possibile: il tour coi Terrorizer sarebbe saltato così come tutti i festival estivi in programma. Al di là della frustrazione personale che abbiamo provato, si è trattato proprio di mesi di lavoro organizzativo spazzati via in pochi giorni e di un danno economico in termini di introiti mancati. È stato un duro colpo.

VENIAMO PERÒ AL PRESENTE E AL NUOVO “LV-426”. QUANDO E PERCHÉ AVETE DECISO DI METTERLO IN CANTIERE? CONSEGUENZA DEL ‘TEMPO EXTRA’ DEI VARI LOCKDOWN?
– Tempo extra? Cosa vuol dire? (ride, ndR) Fortunatamente/sfortunatamente, nessuno di noi ha avuto tempo extra a causa del coronavirus. Oltre agli Hideous Divinity, siamo tutti dedicati ad altri lavori e nessuno di noi è rimasto con le mani in mano. Io poi, essendo un medico, magari ho guadagnato di meno e speso di più in disinfezione e sterilizzazione ma non ho lavorato un’ora di meno… al contrario! “LV-426” è comunque figlio di questa situazione particolare. Tutta la macchina a cui eravamo abituati si è fermata, tutto è stato messo in discussione, in particolare il rodato equilibrio disco/promozione live/composizione/disco etc. etc. Abbiamo ritenuto fosse il momento giusto per provare qualcosa di nuovo. È la prima volta che lavoriamo ad un EP; infatti, tutte le nostre uscite sono state degli LP strutturati come dei concept album e sempre incentrati sulla narrazione di una storia. Avere a disposizione dieci brani o solo due brani per sviluppare e articolare un prodotto organico è completamente diverso. Con un LP hai molto più tempo per approfondire tematiche musicali e liriche ma anche per sviscerare meglio i momenti ‘emotivi’ che compongono l’esperienza di ascolto. Con un EP hai solo pochi brani, tutto deve essere sviluppato e chiuso in pochi minuti ma tutto deve, comunque, funzionare e rimanere organico. Non sto dicendo che lavorare a un EP sia più difficile, ma sicuramente è un linguaggio diverso con caratteristiche e difficoltà diverse; un po’ come paragonare una serie composta di più stagioni e un film per il cinema di novanta minuti.

COME NOTO, L’EP È UN BREVE CONCEPT SU “ALIENS” DI JAMES CAMERON, VISTO PERÒ DA UNA PROSPETTIVA DIVERSA DA QUELLA DELLA PROTAGONISTA RIPLEY… VI ANDREBBE DI PARLARCENE MEGLIO? IN CHE MODO I DUE BRANI INEDITI SI SPOSANO ALLA TRAMA E ALLE TEMATICHE DELLA PELLICOLA?
– Come tutti i nostri lavori precedenti, anche questo EP è ispirato a un film, o per lo meno alla lettura che noi abbiamo dato del film. “LV-426” è incentrato sulla figura di Newt e il suo rapporto con lo Xenomorpho che le dà la caccia. Da una parte abbiamo la purezza e l’innocenza di una bambina che sopravvive all’inferno rimanendo bambina: ha la sua bambola, costruisce il suo rifugio come una cameretta, scappa dai mostri che vogliono prenderla e che, come ogni mostro che dia la caccia a una bambina, escono fuori soprattutto la notte. Il richiamo al candore della fanciullezza messo sotto assedio dagli orrori della realtà è evidente. Allo stesso tempo lo Xenomorpho non è meno puro, non è un mostro cattivo e crudele; è violenza inesorabile, un dramma imminente, al massimo differibile, ma che raggiungerà l’obiettivo. “Acheron, Stream of Woe” e “Chestburst” sono le due facce di questa medaglia: da una parte abbiamo l’epica drammaticità degli occhi di una bambina che ha visto cose orribili; dall’altra, la folle corsa dei/dai mostri. In ogni caso quello che resta sono gli incubi e l’eco del suono di ossa rotte.

“ACHERON, STREAM OF WOE” COLPISCE SUBITO L’ATTENZIONE PER IL SUO ANDAMENTO EPICO E CONTROLLATO, E AD OGGI CREDO SIA ANCHE UNO DEI VOSTRI BRANI PIÙ RIUSCITI E AMBIZIOSI. DOPO CHE I LAVORI PRECEDENTI ERANO SPESSO E VOLENTIERI INCENTRATI SULLA VELOCITÀ, VOLEVATE CIMENTARVI IN QUALCOSA DI DIVERSO? PENSATE CHE IN FUTURO SOLUZIONI DI QUESTO TIPO TROVERANNO PIÙ SPAZIO?
– Indubbiamente “Acheron, Stream of Woe” è uno dei nostri brani con maggior personalità. In particolare è il brano dove la nostra vena ‘cinematografica’ si è fatta sentire di più, sia come andamento narrativo sia come sonorità e arrangiamenti. Di sicuro non ci siamo seduti a tavolino dicendo “ora proviamo qualcosa di nuovo”, ma sentivamo l’esigenza di dosare diversamente gli ingredienti che fanno parte della nostra musica per renderla più adatta a quello che abbiamo da dire oggi, nel 2021. E probabilmente anche nel prossimo futuro.

LA PRODUZIONE MI È SEMBRATA PIÙ CRUDA E ORGANICA RISPETTO AI VOSTRI STANDARD E – SINCERAMENTE – PENSO RAPPRESENTI UN GROSSO PASSO IN AVANTI PER IL VOSTRO SUONO…
– Per il nostro primo album “Obeisance Rising”, optammo per una produzione ultrapompata e ultramoderna. È stata la scelta giusta per quell’album ma già a partire dal secondo lavoro, “Cobra Verde”, abbiamo cominciato a virare verso produzioni meno spinte e di più ampio respiro, percorso che abbiamo continuato anche con “Adveniens” e “Simulacrum”. La produzione di “LV-426” si pone sulla stessa linea evolutiva ma fa un bel salto in avanti. Non è stato un caso ma una precisa scelta. Volevamo qualcosa di molto crudo e ruvido che puzzasse molto di black metal, sia come chitarre che come batteria ma, allo stesso tempo, volevamo lasciare molto spazio al lavoro di effettistica, synth e orchestrazioni cinematografiche. Non è stato facile trovare un ‘nuovo’ equilibrio ma avevamo piena fiducia nella capacità di Stefano Morabito dei 16th Cellar Studio di interpretare le nostre esigenze.

DOPO RIPPING CORPSE, SINISTER, MACHINE HEAD E MAYHEM, QUESTA VOLTA AVETE DECISO DI COVERIZZARE UN BRANO DEI COHEED AND CAMBRIA. VI SIETE ORIENTATI SU DI LORO PER DARE COERENZA AL CONCEPT FANTASCIENTIFICO DELL’EP? COM’È RICADUTA LA SCELTA SU “DELIRIUM TRIGGER”?
– Come hai notato, agli Hideous Divinity piace tanto fare le cover. Quando prepari una cover c’è una lunga fase di studio del brano e della band per entrare nella loro mente e capire il senso del brano, dell’arrangiamento e tutti i suoi significati. Dopo questa fase viene quella difficile: reinterpretare tutto nel tuo stile. Ovviamente più distanza c’è tra lo stile della band coverizzata e quello della band coverizzante, maggiore è la difficoltà nel produrre una versione che sia riconoscibile come ‘cover di’ ma allo stesso tempo come ‘brano riproposto da’. E tra i Coheed and Cambria e gli Hideous Divinity la distanza è abissale. Ovviamente l’impronta ‘Alienesca’ del testo è stata determinante per la scelta del brano, inutile negarlo (ride, ndR).

CON BAND COME BLOOD INCANTATION, SKELETAL REMAINS, VITRIOL E VOI NEL PROPRIO ROSTER, LA CENTURY MEDIA SEMBRA ESSERE L’UNICA GROSSA LABEL AD INVESTIRE ANCORA NELLE NUOVE GENERAZIONI DEATH METAL. CHE VALORE ATTRIBUITE A QUESTA SCELTA? COME VANNO LE COSE TRA DI VOI?
– I nostri rapporti con la Century Media sono sempre stati incentrati sulla musica. Siamo entrati in contatto con loro per la musica; ci hanno messo sotto contratto per la musica; con noi parlano della nostra musica. L’immaginario collettivo vuole le grosse label come mostri senza cuore a cui non frega nulla della musica ma fortunatamente non è questo il caso. O per lo meno non è la nostra esperienza. È bello lavorare con gente a cui interessa ascoltare la tua musica più che venderla. Poi se la vendono ancora meglio, ovviamente!

IL PROSSIMO ANNO “OBEISANCE RISING” COMPIRÀ DIECI ANNI, UN TRAGUARDO SENZA DUBBIO IMPORTANTE. IN PROSPETTIVA, COME GIUDICATE IL VOSTRO PERCORSO ARTISTICO E I LAVORI PUBBLICATI DA ALLORA?
– Dieci anni?! Mammamia quanto tempo! È stata una strada lunga, difficile e piena di soddisfazioni. Esattamente come quella che ci aspetta nei prossimi anni. Ci rivediamo tra un decennio per la stessa risposta vaga (ride, ndR).

ESISTE UN BRANO DEL VOSTRO REPERTORIO CHE VI STA PARTICOLARMENTE A CUORE?
– Personalmente sono molto legato a “The Deaden Room” (da “Simulacrum”); è un brano su cui abbiamo lavorato in un periodo molto difficile della mia vita quindi l’ho sempre visto come una sorta di catarsi violenta. Se però mi chiedi qual è il brano degli HD che preferisco, al momento, è la seconda traccia di “LV-426”, “Chestburst”. Ne sono rimasto ossessionato dal momento stesso in cui Enrico Schettino ci ha presentato il demo della canzone appena composta ed è un brano che mi ha costretto a soluzioni vocali a cui non ero abituato. Inoltre ha uno degli assoli death metal che in assoluto mi piace di più, non solo nelle canzoni degli HD. Sono veramente fortunato a lavorare con chitarristi del calibro di Enrico Schettino e Riccardo Benedini. Anche se Riccardo mette le patatine fritte sulla pizza.

SE POTESTE TORNARE INDIETRO NEL TEMPO, CON CHI E QUANDO VORRESTE SALIRE SUL PALCO?
– Fortunatamente abbiamo diviso il palco con tanti dei gruppi con cui avremmo voluto dividere il palco. Però mi piacerebbe tanto poter tornare indietro nel tempo e dividere il palco con i The Who. Fortunatamente, suoneremmo in apertura così da trovare ancora un palco su cui salire.

L’ESSERE PARTE DI UN GRUPPO COME GLI HIDEOUS DIVINITY HA IN QUALCHE MODO INFLUENZATO LA VOSTRA VITA O LA VOSTRA PERSONALITÀ?
– Non credo che un gruppo musicale possa influenzare la personalità di chi lo compone quanto piuttosto il contrario. Ovviamente avere un impegno importante con altre quattro persone influenza le tue scelte personali e lavorative in maniera massiccia ma non più di qualsiasi altro lavoro.

QUALI SONO INVECE I VOSTRI PROGRAMMI PER IL FUTURO?
– Continuare a scrivere la nostra musica. Continuare a diffondere la nostra musica. Alla fine della fiera è l’unica cosa che conta sul serio.

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