HOLY MARTYR – Erano in 300 Contro Un Milione…

Pubblicato il 12/01/2009 da
 
Che il metal classico epico trovi in Italia terreno fertile è ormai un fatto più che consolidato. Gli Holy Martyr sono in questo senso l’ennesima conferma che il nostro Paese è una fucina di band ispirate e molto appassionate, elementi questi indispensabili per dar vita a qualcosa di veramente valido in un genere così lontano dalle mode del momento. Il quintetto sardo ci è riuscito ed è dapprima emerso dall’underground con “Still At War”, poi si è confermato  uno dei gruppi più validi della scena con il nuovo “Hellenic Warrior Spirit”, un disco interamente incentrato sulla battaglia delle Termopili, recentemente rievocata dal film “300”. Sessanta minuti per rivivere quelle battaglie e le gesta eroiche che nel 480 a.C. segnarono la storia del mondo. La parola al cantante Alex Mereu…

CIAO ALEX, INNANZITUTTO COMPLIMENTI PER IL NUOVO “HELLENIC WARRIOR SPIRIT”, UN DISCO MOLTO BEN FATTO A MIO AVVISO. DAL MOMENTO CHE È LA PRIMA VOLTA CHE RILASCIATE UN’INTERVISTA PER METALITALIA.COM, TI VA DI PRESENTARE LA BAND AI LETTORI?
“Ciao Alessandro! Ti ringrazio per l’opportunità e per la bella recensione, è rincuorante vedere che c’è ancora chi supporta il metallo italiano! Per chi non conoscesse la band, posso dire che gli Holy Martyr son stati definiti una volta ‘band war epic metal’, un’espressione che talvolta calza a pennello, altre volte invece sta un po’ stretta. I nostri testi vertono infatti sul tema della guerra, sul valore e sul coraggio. Non si parla di dragoni e principesse da salvare, non vi sono elementi particolarmente fantasy, ma semplicemente la rappresentazione della guerra nel modo più crudo e reale possibile, vissuta sul campo di battaglia, combattuta con le unghie e con i denti. Lo stile è influenzato da troppi elementi disparati per poterci identificare come ‘epic’ in senso stretto… Il nostro stile è il nostro stile… chi ci conosce lo sa, chi non ci conosce non deve far altro che scoprirlo e giudicare da sé (ride, ndR)”.

QUALI SONO I GRUPPI CHE VI HANNO INFLUENZATO E CHE TUTT’ORA VI INFLUENZANO MAGGIORMENTE?
“La nostra scuola è quella dell’heavy metal piu’ classico, quello di Iron Maiden, Dio e Black Sabbath. Questi ultimi anche per aver gettato le basi di molti elementi ripresi in quello che oggi comunemente chiamiamo doom. Molti sentono nella nostra musica le influenze di band dall’accezione più strettamente epic come i Manowar, ma questo è vero solo in rarissimi casi. Ovviamente quando si parla di un quintetto ognuno mette del suo nell’interpretazione, e spesso questo avviene involontariamente. Nelle nostre composizioni, oltre alle band citate, si possono percepire i Candlemass e persino i Running Wild in alcuni passaggi del nuovo album. Il mio cantato, ad esempio, a molti ricorda quello di Kimball, voce storica degli Omen, ma pensa che sino a pochi anni fa io non conoscevo assolutamente questa band. Talvolta il giusto amalgamarsi di diversi stili dipende dal caso, dall’istinto e non da una scelta ben precisa”.

VUOI INTRODURCI BREVEMENTE IL NUOVO LAVORO?
“’Hellenic Warrior Spirit’ è un album che canta la forza di Sparta, la sua egemonia come città guerriera e baluardo della difesa contro gli invasori. La prima parte dell’album parla dell’addestramento del giovane guerriero spartano e della forza della falange oplite. un muro di lance e bronzo su cui si infransero orde di impavidi nemici. Nella seconda parte invece le atmosfere si fanno più cupe, si entra nel mezzo della vera e propria battaglia e in particolar modo di quell’evento decisivo per la storia dell’Occidente, la Battaglia delle Termopili. Dalla chiamata alle armi alla morte del Re Leonida, ‘Hellenic Warrior Spirit’ è un viaggio tra il coraggio, il sacrificio e il martirio dei 300 Spartani”.

COME AVETE OPERATO IN FASE DI SONGWRITING DEI NUOVI BRANI? C’È UN COMPOSITORE PRINCIPALE O SI TRATTA DI UN LAVORO DI SQUADRA?
“L’idea iniziale normalmente parte da Ivano, ma non c’è nulla di studiato a tavolino, molti aspetti del songwriting vengono spontaneamente. Quell’idea allo stato embrionale viene presa e amalgamata a seconda dell’interpretazione che ogni membro del gruppo riesce  a dare ad essa. E’ a quel punto che si può parlare di lavoro di squadra. Ovviamente il risultato finale è il combinarsi di questi fattori ma, se parlo in prima persona, posso dire di non avere un estro compositivo. Sono caratteristiche che o si hanno o non si hanno. Nonostante questo, trovo molto stimolante lavorare sull’interpretazione. C’è stata sin dall’inizio molta sintonia da questo punto di vista tra me e Ivano e da subito ho trovato la strada più efficace per fare ‘miei’ i brani che aveva in mente”.

QUANTO TEMPO AVETE IMPIEGATO PER COMPORRE I BRANI DI “HELLENIC WARRIOR SPIRIT”?
“Riguardo al nuovo album, il tempo impiegato per la composizione è lunghissimo se si pensa che alcuni pezzi risalgono al 2003. Ma il loro essere datati dipende soltanto dallo stallo di alcuni anni trascorsi senza che quei brani venissero utilizzati in una release ufficiale. Diciamo che all’epoca non c’erano la maturità, l’esperienza e i soldi necessari per realizzare quello che ora è ‘Hellenic Warrior Spirit’. Pensa che i riff di brani come ‘Lakedaimon’ erano nell’aria già prima dell’uscita di ‘Still at War’, ma non era il momento giusto perché venissero completamente alla luce”.

VUOI INDICARCI QUALCHE BRANO DEL NUOVO DISCO CHE RITIENI PIÙ RAPPRESENTATIVO DEL VOSTRO SOUND?
“Io amo profondamente ‘Hellenic Valour’, penso che tra tutti sia quello piu’ riuscito sotto molti punti di vista. E’ solenne, cadenzato, doom quanto basta ma senza esagerazioni. E soprattutto penso che il lavoro di Luigi Stefanini e il suo contributo fondamentale per gli arrangiamenti si faccia sentire al massimo in questo brano… basti ascoltare i cori nella seconda parte, molto evocativi e trascinanti. Se invece vogliamo cogliere l’aspetto piu’ diretto del nostro sound, direi che ‘Lakedaimon’ è un chiaro esempio di come non disdegnamo anche chorus che lasciano il segno dal primo ascolto”.

PASSIAMO ALLE TEMATICHE SU CUI È BASATO “HELLENIC WARRIOR SPIRIT”. CHI SI OCCUPA DELLA STESURA DEI TESTI?
“I testi sono stati scritti tutti da Ivano, chitarrista e membro fondatore della band. Per quest’album però c’è stata una bella collaborazione con il nostro amico e supporter Giandomenico Cossu, un ragazzo di origine sarda, un insegnante d’inglese. Aveva delle belle idee in merito al songwriting, in particolar modo nell’uso di interessanti figure metaforiche. Talvolta affrontando determinati argomenti si rischia di diventare ripetitivi o banali ma, anche grazie a questa collaborazione, i testi di ‘Hellenic Warrior Spirit’ riescono a cogliere aspetti molto variegati di uno stesso tema, senza cadere nell’ovvio”.

VUOI DESCRIVERCI IL CONTENUTO LIRICO DI OGNI BRANO?
“Certo, con piacere! Andiamo con ordine:

 

March è un’intro un po’ atipica per noi, si tratta della colonna sonora del film degli anni ’60 ‘The 300 Spartans’, un omaggio al compositore greco Manos Hadjidakis, in una versione completamente risuonata dal nostro ex bassista Roberto Frau, presente nella line up di ‘Still at War’. E’ un brano totalmente orchestrale sul quale sono state aggiunte da noi le tracce di chitarra.

Spartan Phalanx è uno fra i brani più recenti composti dalla band. Il testo è incentrato sulla falange spartana dei 300, non parla necessariamente delle Termopili, bensì descrive minuziosamente le fasi di battaglia e l’orgoglio degli opliti, un autentico carro armato dei tempi antichi, la vera forza dell’esercito greco, che con gli Spartani aveva la supremazia totale. Immagina una schiera di scudi e di armature di bronzo contro il nemico, un autentico muro… è questa la sensazione che si percepisce.

Lakedaimon, che incalza in modo altrettanto cavalcante subito dopo l’opener, le liriche sono incentrate sul guerriero spartano, sul Lacedemone che dedica la sua vita alla guerra e all’addestramento. Qui non ci si focalizza sul gruppo, bensì sulla figura del singolo individuo, nato per combattere sin dalla primissima infanzia.

H Tan H Epi Tas, ‘Tornerai sul tuo scudo… o sopra di esso’. Questa frase fu pronunciata dalla Regina di Sparta, moglie di Re Leonida. Questa traccia è comunque strumentale, in acustico, parte sul finale di ‘Lakedaimon’ e crea un’ottima atmosfera di pausa, una sorta di calma apparente dopo una battaglia in uno stile decisamente folk, un misto fra il celtico ed il greco.

Hellenic Valour. A caratterizzare questo inedito brano è un ingresso granitico, massiccio, con tempi decisamente lenti e cadenzati. Qui una strofa, così come alcuni cori di altri brani, è stata interamente cantata da Vittorio Ballerio, la bellissima voce degli Adramelch.  Le liriche, così come nei precedenti brani, sono metaforiche e vertono sull’eroismo dei greci, per una volta uniti assieme, nel momento in cui la nazione è in pericolo. E’ una sorta di tributo ai guerrieri tespiesi e a tutti coloro che non si sono inginocchiati di fronte al nemico, quando i Persiani si accingevano a conquistare la loro terra.

Kamari Andreia Polemos (‘orgoglio, coraggio, guerra’) è una sorta di outro collegata alla fine della traccia precedente, dove vengono cantate in maniera differente due frasi presenti in ‘Defenders In The Name Of Hellas’.

The Call To Arms’ ‘This is where we hold them, this is where we fight, this is where they die!’
Ho urlato io questa frase, riprendendola direttamente dal film ‘300’ in versione inglese; nonostante questo non sia stato fonte d’ispirazione per l’album, ci piaceva la carica espressa in quel frangente dal personaggio di Leonida, e abbiamo deciso di utilizzare questa citazione. Il brano è insieme una marcia funebre e un’esortazione a raccogliere le forze per l’imminente sacrificio estremo. E’ un cavallo di battaglia presente in ogni concerto.

Molon Labe/Defenders In The Name Of Hellas. ‘Molon Labe’ (‘venite a prenderle’). Questa è la famosa frase di Leonida all’ordine di deporre le armi da parte dei Persiani. Da qui in poi le liriche seguono il destino degli Spartani, ormai già segnato. E’ il brano piu’ malinconico e cupo del nostro repertorio, dove la drammaticità del martirio si intreccia agli ultimi impeti di resistenza contro l’avanzare dei Persiani.

The Lion Of Sparta. Questo è un altro brano diventato un cavallo di battaglia col tempo. Ho cercato di dare ad esso una carica più solenne ed evocativa che in passato. Si tratta di un tributo alle gesta di Leonida e anche qui si passa fra momenti gloriosi ad altri più drammatici. La produzione rinvigorisce in maniera eccelsa quanto di buono questo brano aveva in passato, dandogli quel tocco di aggressività che mancava all’originale.

To Kalesma Sta Opla è la chiusura dell’album, il giusto epitaffio. E’ una versione acustica con i giri di ‘The Call To Arms’, cantata tutta in greco. Il risultato è abbastanza suggestivo, criptico, e la lingua greca dona un certo fascino che l’inglese non avrebbe avuto.

In conclusione: l’album non si presenta sotto forma di un vero e proprio concept, anche se in tutte le canzoni parliamo degli Spartani e del loro valore; questa è l’unica tematica portante, ma poi i brani sono slegati nei testi. A mio parere, più che di un concept album a livello lirico, trovo stimolante pensare ad un lavoro unito assieme dall’atmosfera di ciascun brano, dalla musica insomma. Il disco parte in maniera forte e gloriosa e ci mostra lo spirito guerriero degli Elleni, di cui gli Spartani erano la degna e rispettata élite di guerrieri formidabili; da qui l’idea di questo titolo abbastanza rappresentativo. Il finale invece diventa sempre più solenne e malinconico. Quindi energia e valore dell’inizio…con la malinconia del dramma conclusivo. Un viaggio attraverso la morte sul campo di battaglia, brano dopo brano… questa è la descrizione che darei di ‘Hellenic Warrior Spirit’”.

GIÀ DALLA COPERTINA È ABBASTANZA EVIDENTE LA VICINANZA NON SOLO TEMATICA MA ANCHE GRAFICA CON IL FILM “300”. SEBBENE VOI GIÀ AVEVATE RACCONTATO LE VICISSITUDINI LEGATE ALLA BATTAGLIA DELLE TERMOPILI, NON TEMETE CHE VI SI POSSA ACCUSARE DI CAVALCARE IL SUCCESSO DI UN FILM COSI’ FAMOSO?
“L’abbiamo messo in conto dall’inizio, dal preciso istante in cui abbiamo saputo dell’uscita di questo film. Però più che le parole, parlano i fatti… e i fatti sono ‘Hail To Hellas’, che risale al 2003, e contiene tutti i brani sulla battaglia delle Termopili. Se parliamo dell’artwork, di certo Simona Ercole non può essere accusata di aver adattato il suo stile a quello di Frank Miller, basti vedere l’eccellente lavoro che aveva già svolto per ‘Still At War’. Lo stile è lo stesso e lì era semplicemente meno crudo, ma il tratto è inconfondibile e anch’esso precedente al film. Certo, io e gli altri ragazzi siamo andati a vederlo al cinema, l’abbiamo fatto tutti assieme per la precisione (ride, ndR). Era come se sentissimo un po’ ‘nostro’ quel pezzo di storia, per essere stati i primi a trasporre nel metal le gesta di Re Leonida. Mi rendo conto che il fatto che nel libretto del digipack io indossi la maglietta di 300 non fa altro che gettare legna sul fuoco, ma è stata una sorta di tributo ad un lavoro che ritengo comunque essere stato ottimo e capace di trasmettere le stesse emozioni che vogliamo trasmettere noi nell’album”.

IL FATTO CHE LA VOSTRA MUSICA NON SEGUA I TREND DEL MOMENTO, DEVE LASCIARCI INTENDERE CHE NON EVOLVERETE MAI IL VOSTRO SOUND O PREVEDETE ANCHE POSSIBILI CAMBI DI ROTTA/SPERIMENTAZIONI?
“Direi che quest’album contiene diverse sperimentazioni! Abbiamo inserito elementi folk ad esempio che erano assenti in passato. L’utilizzo del bouzouki, appena presente nella versione demo di ‘The Lion Of Sparta’, assume qui un’importanza piu’ rilevante e viene suonato in diversi punti, dando all’album un sapore piu’ esotico, in perfetto tono con il tema portante. Altro elemento originale è il cantato di ‘To Kalesma Sta Opla’, che come hai potuto notare è totalmente in lingua greca. Quando Ivano mi aveva lanciato, quasi per scherzo, l’idea di realizzarlo nell’idioma ellenico, l’ho vista come una bella sfida personale e ho deciso di studiare questa lingua. E’ molto affascinante e penso calzi a pennello nel contesto dell’album. Per quanto riguarda il futuro, non c’è l’intenzione di stravolgere nulla. La sperimentazione è positiva ma solo quando rientra nel rispetto di ciò che senti essere lo spirito che ti ha sempre caratterizzato”.

VUOI INDICARCI LE VOSTRE PROSSIME DATE LIVE?
“A febbraio suoneremo al Play It Loud Festival. Sempre nel mese di febbraio suoneremo poi a Murcia, in Spagna…”.

SEMPRE PARLANDO DI CONCERTI, CHE RICORDO HAI DEL TEDESCO KEEP IT TRUE, FESTIVAL DEDICATO AL METAL CLASSICO?
“E’ stata una delle esperienze piu’ eccitanti della mia vita. Andare lì con appena due EP autoprodotti, suonare di fronte a migliaia di persone, per noi era qualcosa di totalmente assurdo! E la reazione del pubblico, in primis un po’ freddo e poi sempre piu’ caloroso, è stata una vera sorpresa, non potevamo immaginare che da lì in poi il nostro nome si sarebbe diffuso a macchia d’olio  nell’underground. Pensa che allo SwordBrothers Festival 2008 abbiamo incontrato diversi supporter tedeschi e non che avevano assistito a quel concerto e ancora lo ricordavano con piacere. Con alcuni avevamo scattato delle foto e brindato assieme. Rivederli dopo tanto tempo ancora così affezionati a noi ci riempie di orgoglio e ci dà la forza di andare avanti. L’unico ‘neo’ nel mio ricordo di quel festival sono le pessime condizioni fisiche in cui mi trovavo… ero imbottito di farmaci a causa di una brutta laringite, tant’è che in un’altra occasione avrei annullato l’esibizione, ma non potevo fare una cosa del genere a coloro che erano venuti a vederci. Era un concerto troppo importante per loro e per noi. Alla fine è andata comunque, diciamo che hanno apprezzato il coraggio! E poi suonare con Mark Shelton (mastermind dei Manilla Road, ndR) tra il pubblico, non ha prezzo!”.

SO CHE VI SIETE SPOSTATI DALLA SARDEGNA A MILANO. VUOI INDICARCI I MOTIVI DI QUESTA SCELTA?
“La nostra isola è uno dei posti più belli del pianeta, lo dico senza falsa modestia e, credimi, lasciarla è qualcosa che ti segna e ti cambia la vita, soprattutto se il passaggio è in una grande città industriale come Milano. Ma restare in terra natìa significava vedere morire tutto ciò che avevamo costruito sino ad ora. Dal punto di vista logistico, per gli spostamenti, per la mancata presenza di locali e di un bacino d’utenza di un certo tipo, la Sardegna sarebbe stata la tomba per la nostra musica… Abbiamo dovuto prendere una decisione drastica, lo so, ma eravamo disposti a lottare per ciò in cui crediamo e non volevamo arrivare a 50 anni con la consapevolezza di non averci almeno provato…”.

NON C’È CHE DIRE, QUANDO LA PASSIONE È FORTE… VUOI RACCONTARCI COSA FATE, CHE LAVORO O ATTIVITÀ SVOLGETE QUANDO NON SIETE IMPEGNATI CON LA BAND?
“Viviamo a Milano, divisi in due appartamenti ad un tiro di schioppo l’uno dall’altro. Con me e il chitarrista Eros Melis vive anche un nostro amico che si occupa del merchandise del gruppo. Il fatto di vivere tutti pressoché vicini ci permette di interagire per pianificare tutto ciò che riguarda la band. Lavoriamo tutti e cinque, e ovviamente non siamo nelle condizioni ora come ora di vivere di musica, ma del resto non è quello che importa. Io lavoro come programmatore informatico, gli altri chi come conducente di mezzi chi come tecnico… insomma, ci arrangiamo come possiamo. La nostra più grande passione rimane sempre e comunque la musica. Del resto è per questo che abbiamo stravolto le nostre vite!”.

BENE ALEX, GRAZIE MILLE DELL’INTERVISTA, SPERO DI VEDERVI PRESTO DAL VIVO. A TE UN ULTIMO MESSAGGIO PER I LETTORI.
“Supportate il metallo italiano, ragazzi! E dateci fiducia! Nonostante le ottime recensioni che hanno interessato ‘Hellenic Warrior Spirit’, vi consiglio di interessarvi a noi a prescindere, senza influenze di alcun tipo, di lasciarvi trascinare dalle atmosfere che abbiamo cercato di ricreare e di cogliere il suo messaggio: lottare sempre, anche quando tutto ciò che ti circonda lascia presagire che potresti uscirne sconfitto. C’è sempre e comunque un valido motivo per tentare. Per finire, so che siete in tanti a supportarci e siamo fieri di questo, non sapete quanto. Quindi vi abbraccio e mi auguro prima o poi di potervi conoscere tutti dal vivo… a presto!”.

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