Dopo l’anteprima/track by track pubblicata tempo fa e la conseguente recensione, portiamo a termine la nostra presentazione di “Regicide” – ultima prova sulla lunga distanza dei death metaller capitolini Hour Of Penance – con una classica intervista. L’ascesa del quartetto, in questa sede rappresentato da Giulio Moschini (chitarra) e Paolo Pieri (chitarra e voce), non conosce ostacoli e anche quest’anno è coincisa con un disco di assoluto livello e spessore, che sembra avere tutte le carte in regola per portare il nome del gruppo ancora più in alto nella classifica di “quelli che contano”, spodestando una volta per tutte il trono del death metal mondiale… scopriamo assieme come in questo breve botta e risposta!
INUTILE DIRE CHE IL VOSTRO FOSSE UNO DEI RITORNI PIU’ ATTESI DELL’ANNO, ALMENO IN CAMPO DEATH METAL, VI SIETE SENTITI SOTTO PRESSIONE AL MOMENTO DI COMPORRE? E SOPRATTUTTO, DOPO CINQUE DISCHI IN STUDIO, QUANTO E’ STATO DIFFICILE TROVARE NUOVI SPUNTI PER NON RIPETERE QUANTO FATTO IN PASSATO?
Giulio: “No assolutamente, zero pressione, d’altronde perché sentire pressione? Suoniamo questo genere per passione, quindi non ci poniamo limiti quando si tratta di scrivere un nuovo album: sappiamo benissimo quello che vogliamo dalla nostra musica e sappiamo come e fino a dove spingerci. Non è stato difficile trovare nuove idee, mi ha aiutato il fatto di aver staccato la spina con il metal estremo per un annetto circa (tanto non mi pare di essermi perso chissà quali uscite strabilianti), ho liberato le orecchie da possibili influenze e ho scritto il disco in completa libertà e in pochissimo tempo. E’ stato come essere in astinenza da musica, ma devo dire che è servito a chiarire le idee e mi ha aiutato a scrivere materiale ancora più genuino e spontaneo”.
A MIO AVVISO, “REGICIDE” VEDE GLI HOUR OF PENANCE SPOSTARSI IN UNA DIREZIONE MAGGIORMENTE LIVE E GROOVY. SEMBRA CHE PIU’ PASSI IL TEMPO E PIU’ LA LEZIONE DEI GRANDI GRUPPI DEATH METAL DEGLI ANNI ’90 SI FACCIA VIVA ALL’INTERNO DELLA VOSTRA MUSICA, SIETE D’ACCORDO?
Giulio: “Per un verso è la conseguenza di essere stanchi di ascoltare gruppi che per ogni canzone hanno un migliaio di note messe una dopo l’altra (a volte senza neanche un senso logico-musicale). Oggi si bolla qualsiasi cosa come “technical death metal”, sembra essere diventata una scusa più che altro per giustificare un vero e proprio problema a livello compositivo e di carenza idee vere, quelle che ti fanno tornare indietro su una traccia di un disco e riascoltarla più volte. Penso che “Regicide” sia l’esatto opposto di questa tendenza al voler strafare… che cazzo, siamo arrivati a gente che scrive le canzoni con i plugin dei software e poi magari dal vivo non è neanche in grado di risuonarle. Personalmente, poi, mi trovo più attaccato alla scena degli anni ’90/fine anni ’90: è quella con cui sono cresciuto, alla fine dei conti, con dischi ancora imbattuti e che d’altronde hanno fatto la storia del genere… da allora secondo me le uscite di qualità si contano veramente sulle dita di una mano”.
PER “SEDITION” AVETE SUONATO LIVE TANTISSIMO, FACENDO ANCHE DA SPALLA A COLOSSI DEL CALIBRO DI BEHEMOTH E CANNIBAL CORPSE. QUESTO VIVERE PERENNEMENTE IN TOUR HA INFLUITO IN QUALCHE MODO SUL PROCESSO DI COMPOSIZIONE?
Giulio: “Sicuramente le numerose esperienze che abbiamo avuto negli ultimi due anni ci hanno dato una spinta più, ma a parte questo non mi sentirei di dire che abbiano influenzato in qualche modo il processo di composizione. Oggi puoi registrare tranquillamente tutto al computer e avere una bozza di quello che sarà il disco una volta registrato in uno studio professionale. E’ tutto più facile, ci si mette molto di meno ed è abbastanza “tascabile”, si può registrare tranquillamente stando anche in tour!”.
QUALI SONO I PRO E I CONTRO DELL’ITER “TOUR-ALBUM-TOUR” A CUI ORMAI SIETE ABITUATI? QUANTE E’ DIFFICILE STARE IN TOURNÉE PER DIVERSE SETTIMANE, SE NON ADDIRITTURA MESI, ALL’ANNO? COME RIUSCITE A CONCILIARE QUESTO ASPETTO DELL’ESSERE MUSICISTI CON LA VITA DI TUTTI I GIORNI?
Paolo: “Sotto certi aspetti è molto stressante ed alienante, nel senso che si vive come in una bolla fuori dal mondo, ogni giorno in un posto diverso con persone diverse e quando ritorni – nonostante siano passati mesi – è un po’ come se il tempo si fosse fermato nel posto dove vivi. E’ sicuramente una vita di sacrifici, con molti tempi morti, e non mi stupisce che quasi tutte le band con cui abbiamo lavorato facciano uso di alcol e droga fino a sfociare nella dipendenza, dato che devi avere la testa sulle spalle per reggere questi ritmi senza lasciarti andare all’utilizzo di sostanze. Dall’altro lato è anche un privilegio, ti trovi a fare quello che per molti è il sogno della vita, a suonare con le band che fin da ragazzino seguivi e di cui compravi i dischi, oltre al fatto di avere persone in tutto il mondo che ti supportano e apprezzano quello che fai, quindi c’è anche molta soddisfazione in questo lavoro”.
COME VANNO I RAPPORTI CON LA PROSTHETIC RECORDS? SIETE SODDISFATTI DEL LAVORO FATTO FINORA NEI VOSTRI CONFRONTI?
Paolo: “Vanno bene, anche se mi sarei aspettato più supporto per un disco del livello di “Regicide”, specie oggi che con l’uso di internet i costi di promozione sono praticamente nulli. E’ un peccato perché trovo sia un album veramente valido e che potrebbe attrarre tanti ascoltatori, sia chi ascolta il death metal più classico, sia chi è aperto a soluzioni più moderne, ma la situazione discografica è difficile per tutti in questo momento, quindi c’è poco da fare”.
GLI ARTWORK DEI VOSTRI ULTIMI TRE DISCHI SEGUONO UNA SORTA DI FILO CONDUTTORE. COM’E’ NATA L’IDEA DI RIPROPORRE LA MEDESIMA AMBIENTAZIONE IN “PARADOGMA”, “SEDITION” E “REGICIDE” AGGIORNANDOLA DI VOLTA IN VOLTA?
Giulio: “I nostri artwork sono tutti legati alla tematica principale del disco e non a caso gli ultimi tre affrontano argomenti abbastanza simili; per questo abbiamo deciso di lavorare con Gyula Havancsak e avere una certa continuità tra le copertine. Secondo me diventa anche più interessante quando un gruppo viene riconosciuto dagli artwork, ormai è come un marchio di fabbrica”.
COSA NE PENSATE DELL’ATTUALE PANORAMA DEATH METAL ITALIANO? ANNI FA, ALL’EPOCA DI “THE VILE CONCEPTION”, IL VOSTRO EXPLOIT VENNE VISTO COME UNA SORTA DI ECCEZIONE, OGGI PERO’ LA SCENA E’ RICCHISSIMA E SEMBRA ESSERCI GRANDE RICHIESTA DI GRUPPI DALL’ESTERO. ESSENDO STATI FRA I PRIMI A SDOGANARE IL METALLO DELLA MORTE NOSTRANO, VI SENTITE “RESPONSABILI” DI QUESTO CAMBIO DI TENDENZA?
Giulio: “No, non ci riteniamo assolutamente responsabili. Diciamo che con “The Vile Conception” abbiamo fatto un disco con le sonorità giuste al momento giusto con l’etichetta giusta (all’epoca). Tanto è stato fatto con l’arrivo di internet e Myspace, secondo me; quelli erano anni d’oro, dove potevi fare promozione alla band senza dover pagare chissà chi o essere sotto contratto con un’etichetta. Dobbiamo molto anche a questo, ci ha aiutati ad uscire dall’Italia e ad essere conosciuti soprattutto all’estero, dove il territorio è molto più fertile, e “The Vile Conception” è stato sicuramente un ottimo biglietto da visita… senza questo non saremo qui oggi”.
APPROPOSITO DI “THE VILE CONCEPTION”, COME VEDETE OGGI QUEL DISCO? LA VOSTRA ASCESA E’ SENZA DUBBIO COMINCIATA DA LI’, CHE RICORDI AVETE DI QUEL PERIODO?
Giulio: “Di solito non mi guardo mai indietro, ma a conti fatti “The Vile Conception” è stato il disco che ci ha aperto più porte in assoluto ed è ancora oggi tra i preferiti dei nostri fan. La cosa più gratificante è stato ricevere complimenti da band molto più grandi di noi e leggere (soprattutto ultimamente) di musicisti che lo considerano una fonte d’ispirazione per la propria musica… ho ancora incorniciata l’intervista di Alex Webster dei Cannibal Corpse in cui parla dell’album! Ricordo tantissime cose, nonostante siano passati sei anni ormai, e rimpiango soltanto il fatto di non aver fatto di più: più tour, più promozione… magari con un’etichetta più grande, il disco ci avrebbe permesso di arrivare ancora più in alto e toglierci soddisfazioni maggiori. Molto purtroppo dipende da quanto una label abbia disponibilità a investire e credere in te, e di questi tempi non ci si può certo aspettare molto”.
QUAL E’ IL MOMENTO PIU’ ALTO FINORA RAGGIUNTO DAGLI HOUR OF PENANCE? E QUALE, INVECE, QUELLO PIU’ BASSO? ESISTONO OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE O SODDISFAZIONI CHE NON VI SIETE ANCORA TOLTI?
Giulio: “Abbiamo avuto decisamente la nostra dose di momenti bassi, ma a guardare indietro più che essere eventi negativi sono serviti a fortificare la band e a cercare di non ripetere certi errori. Per fortuna le esperienze positive sono sicuramente più di quelle negative; solo negli ultimi due anni ci siamo tolti tantissime soddisfazioni, andando in tour con band che amiamo e che hanno fatto la storia del genere. Considera poi che siamo arrivati dove siamo arrivati solamente con il nostro lavoro, martellando ogni due anni con un disco e suonando in giro il più possibile. Con “Sedition” siamo riusciti ad andare due volte negli Stati Uniti, abbiamo suonato in festival in cui non avremmo mai pensato di suonare come l’Hellfest, siamo andati in Australia e in Asia ben due volte arrivando a fare quasi 200 concerti… meglio di così non si poteva sperare!”.
COSA GIRA ULTIMAMENTE NEL VOSTRO LETTORE? SEGUITE ANCORA LA SCENA O PREFERITE I GRANDI CLASSICI?
Paolo: “Non sono mai stato molto dentro la cosiddetta “scena”. Non mi piace socializzare, non condivido molti interessi con chi fa il metallaro e quindi mi tengo piuttosto in disparte da certe cose. Mi piace scoprire nuove sonorità e sperimentazioni nel metal, altrimenti seguo più volentieri i gruppi classici con cui sono cresciuto. Mi sembra un buon disco l’ultimo dei Mayhem, ma per il resto di metal non c’è molto che mi abbia colpito di recente”.
Giulio: Al momento poca roba, il nuovo dei Triptykon e il nuovo dei Trap Them”.
PER CONCLUDERE, UNA PICCOLA CURIOSITA’: PERCHE’ SULLA COPERTINA DI “REGICIDE” E’ PRESENTE IL VOSTRO LOGO CLASSICO ANZICHE’ QUELLO NUOVO – MOLTO PIU’ INTELLIGIBILE – ADOPERATO NELL’ULTIMO ANNO? SCELTA VOSTRA O DELL’ETICHETTA?
Paolo: “Il nuovo logo lo abbiamo utilizzato soprattutto nelle locandine dei tour, dato che spesso chi ancora non ci conosce e ci vede nel bill non può nemmeno andare a sentire cosa facciamo perchè non capisce cosa cazzo c’è scritto, e la cosa ci penalizza non poco. Su disco io avrei scelto il nuovo logo, sempre per un fatto di comprensibilità, ma molti fan sono più legati al vecchio, quindi alla fine abbiamo optato per quello”.
L’INTERVISTA E’ FINITA, GRAZIE PER LA VOSTRA DISPONIBILITÀ! UN ULTIMO MESSAGGIO?
Giulio: “Grazie ancora a voi per questa intervista!”.