Rieccoli! A distanza di un anno dal fulminante debut album, ritornano gli Hyades, fautori di un thrash metal ottantiano scevro da influenze che non siano quelle classiche di vent’anni fa. Il nuovo “…And The Worst Is Yet To Come” colpisce come il suo predecessore in virtù di un songwriting sempre ispirato e di una fedeltà alla linea che farà la gioia degli ancora numerosi thrashers sparsi per la penisola. Il sempre disponbilissimo Lorenzo “TXT” Testa ci guida nei meandri dell’album, dando grandissima rilevanza, oltre che alla musica, all’aspetto lirico: i nostri infatti, ai classici temi da scazzo, uniscono una critica del sistema capitalistico mondiale a guida unica (ovverosia gli Stati Uniti) abbastanza approfondita, per quanto certi temi si possano approfondire all’interno di una canzone. ne abbiamo approfittato quindi per capire meglio anche la loro posizione su argomenti cruciali per i nostri tempi. Quello che ne è usicta è una lunga chiacchierata mai noiosa e che comunque riesce a mantenere il discorso su temi prettamente musicali, che è quello che maggiormente interessa in questa sede.
E’ PASSATO POCO PIÙ DI UN ANNO DALLA NOSTRA ULTIMA CHIACCHIERATA: COME SONO ANDATE LE COSE NEGLI ULTIMI DODICI MESI?
“Bene, dai, per una volta le cose è un po’ di tempo che vanno bene! Oddio, i problemi per una band del genere ci sono sempre, si riesce a malapena a tirare a campare con quel che si suona e quei quattro cd in croce che si vendono, ma è già una enorme soddisfazione essere arrivati ad un secondo album in uscita worldwide e aver fatto un tour come quello di settembre, in giro per l’Europa! Certo avrei voluto vedere fuori questo disco prima, e mi devo scusare per chi ha dovuto pazientare tanto rispetto all’annunciata data iniziale di release, ma ovviamente queste cose non dipendono da noi…”
COME SI SONO SVOLTE LE FASI DI COMPOSIZIONE E DI REGISTRAZIONE?
“Differentemente, questa volta. Per il disco precedente avevamo composto i pezzi in due o tre anni… con la calma di una band all’esordio che non sa manco se riuscirà mai a vedere fuori un proprio cd. Questa volta avevamo delle scadenze da rispettare, e abbiamo dovuto scrivere un album intero in sei mesi. Non abbiamo dovuto forzare nulla, solo è stato più impegnativo e dispendioso a livello di tempo, ovviamente, ma indubbiamente ne ha guadagnato la compattezza e l’omogeneità tra le song. La composizione poi è stata sfiancante perché ha visto me e Mark fare Milano-Terni e ritorno ogni fine settimana, con il treno o una rumorosa Citroen scassata, per provare due giorni di fila i pezzi con Rod e buttare giù nuove idee. Per quanto riguarda le registrazioni, solita routine… una sfiancante pre-produzione e poi quelle tre settimane in studio, con il sottoscritto pignolo e rompicoglioni come sempre su ogni singolo dettaglio (ride ndR)!”
SECONDO ALBUM E SECONDO CENTRO: SE STILISTICAMENTE LA PROPOSTA È RIMASTA PRESSOCHÈ IMMUTATA, A LIVELLO DI COMPOSIZIONE SI NOTA UNA MAGGIORE MATURITÀ. A COSA È DOVUTO QUESTO MIGLIORAMENTO?
“Beh non posso che ringraziarti… Mi dovrò aspettare dunque una buona recensione (ride ndR)! Indubbiamente siamo cresciuti, a chi non sarebbe successo? Senza cambiare poi molto il nostro approccio, ma i concerti, la nuova line-up e soprattutto un lavoro più di gruppo ci ha portato a pezzi decisamente più compatti e solidi. Credo anche che Rod alla batteria abbia messo molto di suo, dando alla sezione ritmica quel tocco di attualità che dei nostalgici passatisti del metal come me e Mark non avremmo mai voluto, ma che in fondo era giusto avere se non si vuole scadere nel più patetico amarcord”.
IL LAVORO PRECEDENTE ERA STATO BEN ACCOLTO DALLA CRITICA: COME HA REAGITO IL PUBBLICO DAVANTI ALLA VOSTRA PROPOSTA?
“Sì, confermo, le recensioni sono state ovunque eccezionali, persino negli States dove mi aspettavo qualche pesante stroncatura. Invece è andato davvero bene, non è la solita frase di rito! Basta farsi un giretto su google (ride ndR) Il pubblico ha reagito alla grande, abbiamo incontrato fans entusiasti durante il tour, il disco è piaciuto sia in Europa che negli Statesi ma riceviamo email anche da fans dalla Turchia, dal Sud America, dai Paesi Asiatici… Certo, per una band italiana è impensabile avere la stessa visibilità e gli stessi numeri di una band coetanea tedesca o scandinava, ma sappiamo bene che la scena Italiana non ha ancora una credibilità all’estero… Quindi è già molto per noi”.
A CORONAMENTO DEL VOSTRO MODO DI VEDERE LA MUSICA ASSOLUTAMENTE OTTANTIANO, AVETE CONTATTATO UNA LEGGENDA COME REPKA: COME CI SIETE RIUSCITI?
“Nel modo più semplice, è bastata una telefonata, una breve spiegazione dell’idea e del disegno, e soprattutto del significato che volevamo dare alla copertina. Ti dirò la verità, nessuno di noi ci credeva davvero, ci siamo detti: ‘Perchè non provarci?’. Ed Repka si è invece rivelato entusiasta dell’idea, tanto che ci ha messo poi molto di suo, spiegandoci quali altre idee aveva in mente, quali dettagli avrebbe potuto inserire, e via dicendo. E’ stata un’esperienza grandiosa lavorare con un artista e una leggenda come Ed Repka, comunque vada il disco, è per noi una soddisfazione enorme che ricorderemo per tutta la vita”.
IN QUESTO NUOVO LAVORO, IN AGGIUNTA ALLE PRECEDENTI INFLUENZE, MI PARE CHE IN ALCUNI FRANGENTI ABBIATE UTILIZZATO ARPEGGI E RIFF TIPICI DEI METALLICA: È UN’INFLUENZA INEVITABILE PER CHI SUONA THRASH?
“Credo tu ti riferisca alla opener del disco. No, non è un influenza inevitabile, e siamo fieri del fatto che in due dischi non ci siamo arpeggi nelle canzoni vere e proprio né concessioni alle melodie; sola pura intransigenza e ignoranza musicale! Parafrasando gli Exodus direi… ‘Two albums and still no ballads!’. Quella intro, lo ammetto con massima schiettezza, l’ho composto di botto il giorno che sono tornato dallo show dei Metallica, quando commosso come un bambino mi sono risentito tutto ‘Master of Puppets’ dal vivo. E’ stata una sorta di tributo ad una band che, indipendentemente dalle scelte attuali e da revisionismi storici, ha dato molto a tanti thrashers che con le loro canzoni ci sono cresciuti. Ma per il resto del disco, non credo proprio ci siano altri richiami, anzi, siamo ben lontani dai loro tempi e dalle loro ‘classiche’ scelte stilistiche”.
SIETE SOLO AL SECONDO ALBUM E FORSE QUESTA È UNA DOMANDA PREMATURA: NON TEMETE CRITICHE PER UN CERTO IMMOBILISMO NEL VOSTRO SOUND?
“Non temo critiche per il semplice fatto che non mi interesserebbero, onestamente. Ricevere i complimenti fa piacere, ricevere le critiche ovviamente no, sarebbe ipocrita dire il contrario; ma in fondo suoniamo quello che ci piace, cercando comunque di mettere del nostro, ma siamo consci del fatto che non inventiamo niente. Questo non vuol dire che andremo avanti per vent’anni ancora allo stesso modo; credo sarebbe frustrante. Non so verso cosa si evolverà il nostro sound, credo riusciremo, da musicisti, a creare qualcosa di sempre migliore con gli anni e le esperienze, ma per ora questo è quello che sono gli Hyades. Non chiediamo nulla e non pretendiamo nulla. Siamo questo, punto e basta. Se a qualcuno piace, ben venga, altrimenti ci sono tante altre band in cui cercare qualcosa di proprio gradimento”.
MI PARE DI CAPIRE CHE, ANCHE QUESTA VOLTA, I TESTI UNISCANO TEMATICHE SOCIALI CON ARGOMENTI MAGGIORMENTE SCAZZATI: PUOI PARLARCI DELLE LIRICHE IN MANIERA PIÙ APPROFONDITA?
“Ben volentieri, tenendoci molto all’aspetto lirico. Così come per il disco precedente ho cercato di unire tematiche ironiche ad altre più impegnate, o meglio ancora affrontare temi scomodi ma con una forte dose di sarcasmo. La copertina stessa, ad esempio, è esplicita e chiara nel suo messaggio. Nel disco, da un lato troviamo brani goliardici quali ‘Megamosh’, che è una presa per il culo dei blackster del sabato sera, che si ricoprono di ‘666’, satanassi e croci solo per fare un po’ di teatrino e fingersi così dannatamente cool. ‘Satan is a poser and you’re just a bunch of losers!’ C’è poi ‘Wops Still Thrash’, che altro non è se non la continuazione della storia della nostra band, iniziata con ‘Hyades’ sul debutto e continuata con la stessa vena sarcastica, ridendo sopra alle nostre disgrazie e ironizzando su come sia stato accolto il nostro disco in tutto il mondo; una domanda classica che mi hanno rivolto nelle interviste è stata ‘Hey, ma allora anche in Italia esistono band thrash?’. Corpo di mille balene se ne esistono, e vi spaccano anche il culo! Accanto a questi testi, ve ne sono di più impegnati, come ‘EZLN’, sulla questione zapatista nel Chiapas del Messico, su cui ben pochi sono informati, e che rappresenta una situazione scandalosa ed inammissibile al di là delle bandiere, delle ideologie politiche. ‘Buried in Blood’ è uno sfogo tutto personale, contro il pensiero debole, il non pensare, la società corrotta, il semplicistico schematizzare e dividere tra bene e male, la politica, le facce di merda, gli ipocriti e chi non si pone le domande, perché non saprebbe darsi delle risposte. C’è poi ‘Unconform #756’, fortemente ispirata al romanzo di Ray Bradbury ‘Farenheit 451’; in questa società non puoi non essere un numero, anche nella tua diversità saresti catalogato e uniformato. E infine ‘Disposable Planet’, che affronta lo stesso tema della copertina; non è il solito allarmismo ambientalista, ragazzi, basta guardarsi attorno per vedere gli scempi che stiamo compiendo delle nostre terre, con conseguenze visibili sulla salute”.
SIETE SEMPRE MOLTO CRITICI VERSO IL NUOVO ORDINE MONDIALE CAPEGGIATO DAGLI STATI UNITI, MA POI LA MUSICA CHE SUONATE, IL LOOK, LO SKATEBOARD E QUANT’ALTRO SI RICHIAMANO FORTEMENTE AGLI USA: NON LA RITENETE UNA CONTRADDIZIONE?
“No, mi aspettavo una domanda del genere. Hai parlato proprio della musica, il thrash metal, e dello skateboard, che sono proprio due esempi di sottoculture radicali e antagoniste che sono emerse negli States, una negli anni ’70 (lo skateboarding) e una negli ’80 (il thrash ovviamente). Le cose poi si snaturano, ma è importante ricordarne il significato originale, la forza delle idee e della ribellione che vi stava dietro. Il thrash stesso è nato come un movimento musicale che andava contro tutto e tutti, e ha fatto della protesta sociale una propria caratteristica fondamentale per tutti gli anni ottanta. Negli States c’è del buono e del marcio, così come ovunque, ma quello che è certo è che il sistema politico, economico e militare di cui i suoi governanti si fanno fieri portabandiera non funziona, non può più funzionare. Se non basandosi sullo sfruttamento e sulla menzogna, ovviamente”.
LO SCORSO ANNO AVETE SUONATO IN GIRO CON GLI OMEN: COSA VI HA LASCIATO QUEST’ESPERIENZA?
“Grasse risate, soprattutto (ride ndR)! Kenny Powell è un fenomeno, con lui si è creato un ottimo rapporto di amicizia e ho passato due settimane grandiose, a prenderci continuamente per il culo e prepararci scherzi a vicenda! Il più bello certo è stato opera sua, quando, in Germania, ha appeso a nostra insaputa un cartello sul retro del bus che recitava ‘We are Hyades from Italy and we love cocks’!!! Musicalmente, invece, è stata un’esperienza notevole, che ci ha regalato soddisfazioni enormi e che ci ha fatto crescere tantissimo. Sembra la solita frase vittimista, ma davvero suonare al di fuori dell’Italia è un altro mondo: come ti trattano, come partecipa la gente, l’affluenza ai concerti, le location, la situazione sul palco. Il pubblico italiano sarà anche caloroso… ma con gli Iron Maiden, forse. Verso le band italiane c’è sempre diffidenza, la gente non si muove per andare a vedere i concerti, e comunque se i cosiddetti ‘metallari’ italiani dovessero scegliere tra noi e gli sconosciuti tedeschi o americani che suonano al bar dell’oratorio, andrebbero a vedere questi ultimi. E’ un dato di fatto”.
AVETE GIÀ IN CANTIERE UN ALTRO TOUR COME QUELLO DELL’ANNO SCORSO?
“Sì, c’è qualcosa in ballo, ma devo aspettare che sia tutto confermato per sbilanciarmi. Avevamo delle date negli USA e un festival in Messico a marzo, ma complice lo spostamento obbligato dell’uscita del disco, dalla data iniziale di gennaio a quella del 1 marzo, abbiamo dovuto annullare e spostare tutto. Per il momento riprenderemo ad Aprile con qualche show in Italia e in Europa assieme agli amici degli F.K.U., la thrash band svedese di Patrick Sporrong (bassista dei Midas Touch negli ‘80s) che sono una delle cose migliori e più divertenti che abbia mai sentito negli ultimi quindici anni! Altro che gli Hyades (ride ndR)! Per il resto dovrò rimandarvi al nostro sito, troverete tutto quanto non appena avremo pianificato al 100%”.
LA MAUSOLEUM PARE STIA FACENDO UN OTTIMO LAVORO: VI HA MESSO IN QUALCHE MODO PRESSIONE DURANTE LA COMPOSIZIONE DELL’ALBUM?
“No affatto; a parte per le scadenze temporali, che abbiamo rispettato senza problemi, non abbiamo ricevuto pressioni da parte della Mausoleum. Dopo il primo disco, e dopo averci visto direttamente all’opera sul palco, credo sapessero bene cosa aspettarsi da noi con questo secondo album! L’unica volta in vita nostra che abbiamo ricevuto pressioni per fare suonare un disco in una ‘certa maniera’ è successo prima di firmare per la Mausoleum, ai tempi dei nostri demo; inutile dire che abbia detto ‘no grazie, arrivederci’. Per una band come la nostra non avrebbe senso, oltre a non essere una scelta eticamente corretta che riuscirei a fare. Non avrebbe senso perché tanto di soldi non se ne vedono lo stesso, e in alto non ci si arriva, quindi tanto vale andare avanti nel nostro piccolo, ma facendo quello che vogliamo, quando lo vogliamo e come lo vogliamo”.
DA MUSICISTA E DA PERSONA “DI SINISTRA”: COSA NE PENSI DEL FILE SHARING? OBIETTIVAMENTE NON TI GIRANO LE PALLE CHE QUALCUNO SCARICHI LA TUA MUSICA INVECE DI COMPRARLA?
“No, onestamente no. Certo, quei dieci, dodici euro cui vendiamo noi i cd ci fanno comodo, con tutte le spese che ha un gruppo per sopravvivere, non lo nego. E mi affido al buon senso delle persone; anch’io scarico musica, ma quando un disco mi piace me lo compro. Per noi l’importante è fare girare il disco, farci conoscere e avere l’enorme possibilità di essere ascoltati e apprezzati da qualcuno che probabilmente non conosceremo mai e che sta dall’altra parte del mondo. Tanto, come ti ho detto, i soldi non si vedono mai e le etichette discografiche sembrano un buco nero in cui tutto ciò che ti è teoricamente e legalmente dovuto, misteriosamente… sparisce. Ma è così per tutti, e la situazione nel metal è sempre più nauseante, credimi. Con qualunque degli amici che suonano in band italiane e straniere parli, è la stessa storia, per tutti e con tutti. Noi facciamo musica, qualcun altro ci campa. Facile, no?”
CI SONO DIVERSI OSPITI SU QUESTO ALBUM: HANNO ANCHE APPORTATO QUALCOSA A LIVELLO COMPOSITIVO O È TUTTA FARINA DEL VOSTRO SACCO?
“No, senza nulla togliere alla loro importante presenza, ammetto che hanno cantato e interpretato parti scritte da noi, a parte qualche variazione vocale fatta da Fab (Hatework) in ‘Skate Addiction’”:
TUTTI QUESTI AMICI E QUESTE COLLABORAZIONI DEPONGONO DECISAMENTE A FAVORE DELLA COESIONE DELLA SCENA ITALIANA, SEI D’ACCORDO?
“Indubbiamente sì. E’ una balla dire che in Italia ci sono solo rivalità, che non c’è supporto e via dicendo… Ci sono band di spocchiosi e boriosi saccenti che non aspettano altro se non parlarti alle spalle, questo è vero, ma credo sia così un po’ ovunque. Ma si vede subito chi si comporta così e chi invece porta avanti collaborazioni, prima di tutto in amicizia, partecipando assieme ad eventi speciali, o invitandosi a vicenda sui rispettivi dischi. Nella nostra zona, tra Milano e Varese c’è una scena musicale veramente consistente, e siamo tra noi prima di tutto amici. Sul prossimo disco dei Longobardeath, per esempio, oltre ai nomi di Gerre dei Tankard e John dei Necrodeath, siamo stati ospiti io e Rob per gli Hyades, gli Hatework al completo, i ragazzi dei Dustineyes e altri ancora. Questo sabato presso la Comunità Giovanile di Busto Arsizio (VA) ci sarà una serata per ricordare un caro amico scomparso, con una jam che vedrà sul palco assieme componenti di Atto IV, Dustineyes, Balrog, Total Death, Hatework, Hyades, Longobardeath, Naughty Whisper, Circus, e molti altri. Questo per non parlare dell’ottimo rapporto con l’est Italia e gli amici di Death Mechanism, Warmonger, Ground Control, Last Legacy, Mercy of Devil… Insomma, direi che può bastare per dimostrare che la scena c’è, e che è viva, vegeta e si auto sostiene, no?”
LORENZO, ESSENDO TU STESSO UN RECENSORE, NON C’È DAVVERO NESSUNA BAND ATTUALE CHE TI PIACE E CHE POTRESTE PRENDERE AD ISPIRAZIONE?
“Francamente no. Non è per fare il solito massimalista del metal retrò, ma non sento niente di valido da tempo… L’unico disco metal che mi ha positivamente colpito di questi tempi è stato il secondo lavoro dei danesi Volbeat. Per il resto di cose interessanti ce ne sono, ma non le trovo all’interno del metal né tanto meno vi prenderei ispirazione per gli Hyades; ultimamente quello che passa nel mio stereo è l’irish punk sporco dei Dropkick Murphys, l’ultimo dei The Briggs, o i sempiterni Social Distortion… Né thrash, né tantomeno metal, come vedi”.
CURIOSITÀ FINALE: COME MAI AVETE SCELTO PER IL VOSTRO SITO UN DOMINIO .US INVECE DEI PIÙ CANONICI .COM O .IT? SOLO QUESTIONE DI COSTI?
“No, a dir la verità sono attivi sia il classico www.hyadesmetal.com che il più recente www.hyades.us . Il dominio .it non era disponibile, e quello .us l’abbiamo scelto semplicemente perché è di più facile memorizzazione rispetto al dominio hyadesmetalblablablabla”.
GRAZIE PER LA DISPONIBILITÀ E PERDONATE UN PAIO DI DOMANDE VOLUTAMENTE UN PO’ PROVOCATORIE.
“Ma ci mancherebbe, anzi ti ringrazio perché non aspettavo altro; e poi da intervistatore e lettore, credo che la solita intervista con le domande di rito sarebbe stata una palla tremenda, che difficilmente qualcuno avrebbe letto per intero! Quindi grazie a te e un saluto ai lettori di Metalitalia.com… Se avete tempo da buttare, date un ascolto ai pezzi sulla nostra pagina MySpace all’indirizzo www.myspace.com/hyadesband… Se vi piacciono, sapete dove trovarli… o mulo o da noi! (ride ndR) THRASH NOW WORK LATER!!!”