HYPOCRISY – La fine dei giorni

Pubblicato il 25/02/2013 da

A circa un mesetto di distanza dall’imminente release del nuovo lavoro degli Hypocrisy, “End Of Disclosure”, abbiamo interpellato al telefono Peter Tagtgren, leader indiscusso, vocalist, chitarrista, tastierista e principale compositore della band svedese. Per la prima volta ai microfoni di Metalitalia.com, il guru del metallo estremo scandinavo ci ha parlato di Hypocrisy e anche di Pain, oltre che aver interpretato le ormai comuni sembianze di famoso produttore discografico. A voi il buon Pete!

NB: l’intervista è anche disponibile all’interno del nostro speciale dedicato.

Hypocrisy - intervista band - 2013

CIAO PETER, FA DAVVERO MOLTO PIACERE AVERTI PER LA PRIMA VOLTA OSPITE DI METALITALIA.COM! PARTIAMO SUBITO PARLANDO DEL NUOVO DISCO DEGLI HYPOCRISY, “END OF DISCLOSURE”. QUANDO E COME E’ NATO? E’ TUTTO OPERA TUA O ANCHE STAVOLTA HAI USUFRUITO DELL’AIUTO DI MIKAEL?
“Dunque…se non ricordo male, la prima canzone l’ho composta più di un anno orsono, circa tredici mesi fa. Poi siamo andati in tour e quindi mi sono bloccato, per poi scriverne un’altra quando siamo rientrati. Ho preferito comporre così questa volta. Credo che sia meglio lasciare trascorrere del tempo tra uno o due brani e gli altri, per avere sempre le idee chiare e una buona ispirazione. Se si compone a blocchi di sei-sette brani per volta, si rischia di diventare troppo banali e scontati e la qualità si perde. Molto meglio diluire le idee che fluiscono lasciandole maturare. Per quanto riguarda la scrittura, mi sono occupato in toto io della stesura dei pezzi, escludendo due tracce in cui mi hanno dato una mano mio figlio e Lars, il nostro vecchio batterista (Szoke, negli Hypocrisy fino a ‘The Arrival’, ndR)”.

MI PARE ASSOLUTAMENTE UN DISCO HYPOCRISY AL 100%, MOLTO CLASSICO, MOLTO STANDARD. TI PREGO DI CONSIDERARE QUEST’ULTIMO TERMINE IN MODO POSITIVO, IN QUANTO MI SEMBRA ANCHE BENE ISPIRATO E CARICO DI QUALITA’. QUALI INTENZIONI AVEVI IN PARTENZA? TI ERI PREFISSATO QUALCHE SOLUZIONE OPPURE E’ VENUTO SPONTANEO QUESTO TIPO DI APPROCCIO?
“Be’, l’album è stato composto in modo spontaneo, seguendo le ispirazioni dei vari momenti. Però l’intenzione mia era in effetti quella di tornare un po’ indietro, preparando un lavoro basato su belle melodie, con brani accattivanti e – prendi il termine con le pinze – più easy-listening. Ho voluto rispolverare un po’ l’enfasi di ‘Hypocrisy’ e ‘The Final Chapter’, lavorando molto sulla qualità dei riff, del loro arrangiamento e, mi ripeto, sulle melodie”.

DEVO DIRE CHE MI ASPETTAVO UNA MAGGIORE VELOCITA’ COMPLESSIVA DELL’ALBUM, CHE PRESENTA ‘SOLO’ DUE-TRE BRANI AGGRESSIVI, FRA CUI “TALES OF THY SPINELESS” CREDO SIA QUELLO PIU’ RIUSCITO. TI ANDAVA DI RALLENTARE UN PO’, QUESTA VOLTA, OLTRE A GIOCARE MOLTO SULLE MELODIE?
“In realtà no, non c’è stata nessuna mia intenzione di rallentare la velocità. Su nove pezzi in tracklist, tre sono veloci…direi che va bene. Vedi, quando scrivo per gli Hypocrisy ho da tenere conto che sono gli Hypocrisy, non posso comporre completamente in libertà. Con ciò voglio dire che nei loro dischi preferisco ci siano le canzoni violente e i mid-tempo, così come le track atmosferiche…il tutto ammantato da un’aura epica e sinistra. E’ questione di bilanciamento, credo”.

TUTTI SANNO CHE, OLTRE AD ESSERE UN GRANDE MUSICISTA, SEI ANCHE UNO DEI PRODUTTORI EUROPEI PIU’ APPREZZATI E RINOMATI IN AMBITO ESTREMO (E ULTIMAMENTE ANCHE CLASSICO, CON GLI ULTIMI SABATON E PRIMA ANCHE OVERKILL). PER QUANTO RIGUARDA GLI HYPOCRISY, COME CERCHI DI MIGLIORARE OGNI VOLTA IL SUONO DEI LORO DISCHI? LAVORI SULLE APPARECCHIATURE IN STUDIO OPPURE SPERIMENTI QUALCOSA DIRETTAMENTE SUGLI STRUMENTI?
“E’ molto semplice: si cerca di migliorare sotto tutti i punti di vista tutti gli strumenti, il basso, le chitarre, la batteria, le tastiere, la voce. Farli suonare meglio rispetto all’album precedente, tutto qui! Riallacciandomi al discorso di prima, con gli Hypocrisy mi sento un po’ limitato, in quanto devo interagire principalmente con la classica strumentazione rock-metal. Non sono molto in vena di sperimentazioni, quindi, cerco solo di tirare fuori il suono migliore da quanto ho a disposizione. Con i Pain, invece, posso entrare in territori più ampi, dall’hard-rock alla techno, quindi ho più da sbizzarrirmi provando molteplici soluzioni”.

PETER, QUANTO E’ CAMBIATO IL TUO SONGWRITING PER GLI HYPOCRISY DA QUANDO AVETE DIETRO LE PELLI UN DRUMMER COME HORGH?
“E’ cambiato abbastanza, certamente. Con Horgh posso scrivere brani decisamente più veloci di quanto riuscivo a fare prima con Lars. Gli Hypocrisy per anni sono stati diciamo ‘frenati’ da Lars, dato che oltre una certa velocità non poteva andare, quindi in un certo senso ho sempre dovuto tenere su il piede dall’acceleratore a tavoletta. Se pensi che il primo pezzo che ho scritto per Horgh, l’opener di ‘Virus’, ‘Warpath’, è fra i due-tre brani più elevati di metronomo che ho mai composto, si capiscono molte cose. Lars è e resta uno dei miei migliori amici, ma con Horgh abbiamo aumentato di parecchio il potenziale tecnico”.

QUALE RAPPORTO HAI CON LE TUE DUE CREATURE, PAIN E HYPOCRISY? VOGLIO DIRE, CON QUALE CRITERIO LE GESTISCI? QUANDO RITIENI SIA MEGLIO DARE LA PRECEDENZA A UNA E QUANDO ALL’ALTRA?
“Diciamo che mi muovo per ‘cicli’. L’ultimo disco dei Pain, ‘You Only Live Twice’, risale al 2011 ma la composizione era iniziata nel 2010. Ci sono stati due tour europei, la stagione dei festival, la pubblicazione del DVD ‘We Come In Peace’ e poi ho ripreso a dedicarmi agli Hypocrisy. Come detto, tutto sta nel esaurire il ciclo di vita di un album: composizione, registrazione, promozione attraverso la stampa, raggiungimento dei fan e poi i concerti. Ad esempio non potrei mai andare in giro contemporaneamente con Pain e Hypocrisy, sarebbe complicato sotto tutti i punti di vista: amplificazioni diverse, strumentazione diversa, musicisti diversi, suonare trenta-quaranta pezzi ogni sera…molto impegnativo, davvero molto impegnativo. Così alterno costantemente i Pain agli Hypocrisy, è logico e più semplice”.

TORNANDO ALLA TUA VESTE DI PRODUTTORE DEI TUOI DISCHI, QUALE E’ IL LAVORO DEGLI HYPOCRISY CHE HAI PRODOTTO MEGLIO E QUALE INVECE QUELLO MENO RIUSCITO?
“Domanda facile a cui rispondere, forse banalmente, ma d’altronde non può essere altrimenti: il migliore è il nuovo…il migliore è quasi sempre il nuovo! Dopo aver prodotto ‘Carolus Rex’ dei Sabaton, un lavoro dove il volume gioca un ruolo importante, ho cercato di avere l’approccio contrario tenendolo basso, poco distorto, in modo da rendere più udibile il tutto. Voglio dire, ogni vostro stereo ha la manopola del volume, ognuno può regolarsela come crede, poco importa a che volume produco il disco, no? Per anni c’è stata una corsa a chi avesse l’album col volume più alto, io ho deciso stavolta di muovermi in direzione diversa: in ‘End Of Disclosure’ c’è meno caos e più pulizia, più nitidezza. Il peggiore, non ho dubbi, è ‘The Fourth Dimension'”.

PASSIAMO ORA AD UNA DOMANDA CHE, A SECONDA DEI PUNTI DI VISTA, PUO’ ESSERE SERIA O MENO SERIA. MI PIACEREBBE SAPERE LA TUA POSIZIONE SULL’ESISTENZA DEGLI ALIENI, CONSIDERATA L’ORMAI VENTENNALE EPOPEA LIRICA DEGLI HYPOCRISY…
“L’unica risposta che ti posso dare è un’ipotesi, una non-risposta, un lasciare la questione aperta: credo sia perfettamente possibile l’esistenza di colonie di popoli, di esseri, in tutto il Sistema Solare e l’universo. La questione rimarrà misteriosa fino a prova contraria, ma è improbabile che non ci sia vita al di fuori di quella umana. Come noi abbiamo avuto bisogno di migliaia di anni per evolverci fin dove siamo, anche altre civiltà possono fare lo stesso. Magari sono più arretrate culturalmente, magari lo sono di meno: basta pensare all’elettricità, ai telefoni, a internet, a tutte le cose che hanno cambiato la vita dell’uomo in poco più di 100 anni. 100 miseri anni contro i millenni precedenti. Non potrebbe succedere anche altrove?”.

ORA SPAZIO A QUALCHE CURIOSITA’ ASSORTITA! PROBABILMENTE TI AVRANNO GIA’ FATTO QUESTA DOMANDA, MA COME MAI FINO A “CATCH 22” NON STAMPAVATE I TESTI DEI BRANI NEL BOOKLET?
“In realtà non fu una scelta completamente nostra. L’etichetta, una volta viste le lyrics, ci disse che se anche non li mettevamo a disposizione nel libretto forse era meglio. Dicevano che erano cose che non interessavano molto alla gente… A noi andò bene, anche perché così i fan stavano concentrati sulla musica, che è certamente l’aspetto più importante degli Hypocrisy. Poi, nel tempo, ci sono arrivate sempre più domande e richieste sui testi, quindi da ‘The Arrival’ in poi abbiamo cominciato a inserirli. Tutto qui”.

COSA ASCOLTA PETER TAGTGREN NEL 2013? SEI INFORMATO SULLA SCENA ESTREMA UNDERGROUND OPPURE CONTINUI A SENTIRE MATERIALE PIU’ CLASSICO? E’ PIUTTOSTO RISAPUTA LA TUA PASSIONE PER I GRANDI DELL’HARD-ROCK MONDIALE, MAGARI UN TUO GUSTO CHE NON TRASPARE MOLTO DALLA MUSICA CHE COMPONI, SICURAMENTE NON CON GLI HYPOCRISY…
“Domanda difficile. Nonostante la mia vita sia condizionata al 90% dalla musica, tra produzioni, miei progetti e concerti, ho davvero poco tempo per sentire ciò che vorrei sentire. Per cui, di solito, tendo ad ascoltare gli album con cui sono cresciuto, ovvero i grandi classici di Kiss, AC/DC, Black Sabbath… Cerco di tenermi aggiornato sulla scena metal odierna, classica, estrema e underground, ma non è sempre facile. Paradossalmente ho più tempo di aggiornarmi quando sono in tour!”.

BENE, PETER, TI RINGRAZIO MOLTO E CHIUDO CHIEDENDOTI SE, RIPENSANDO A TUTTI I TUOI ANNI DI LAVORO DIETRO UNA CONSOLLE, RIESCI A DIRMI UNA BAND CON CUI TI SEI TROVATO MEGLIO A INTERAGIRE, O CHE IN QUALCHE MODO TI E’ ANDATA PIU’ A GENIO…
“Guarda, non vorrei essere scontato, ma quando passi tanto tempo chiuso in un piccolo spazio con un ristretto gruppo di persone, è quasi inevitabile che si instaurino rapporti molto ‘stretti’. Funziona come succede per le compagnie di amici, in questo caso il discorso si trasferisce sui musicisti. Con alcuni di loro vado d’accordissimo, con altri un po’ meno, a volte ci sono screzi…ma quando lavori è normale, no? Non riesco in effetti a dirti un nome solo, perchè nel 95% dei casi mi sono sempre trovato di fronte personaggi con cui si sta bene assieme. Poi magari è colpa mia, eh… (ride, ndR)”.

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