HYPOCRISY – Terrore dall’infinito

Pubblicato il 09/12/2021 da

Fedele alla tradizionale passione degli Hypocrisy per un melodic death metal dalle trame ariose da un lato e per le atmosfere e un immaginario sci-fi dall’altro, il nuovo album “Worship” non ha deluso le aspettative, regalandoci ancora quel mix di registri epici e verve death metal che ha reso la band di origine svedese un oggetto di culto. La sorpresa, semmai, questa volta è arrivata da alcune reazioni al concept e al messaggio trapelati da un singolo come “Chemical Whore”, che da qualche parte è stato visto come un attacco al vaccino e alla gestione della pandemia Covid-19. Raggiunto telefonicamente poche settimane fa, il buon Peter Tägtgren ha fatto chiarezza sulle sue intenzioni e su quanto è accaduto in seno al gruppo negli ultimi anni. Il ritorno alla normalità sembra ancora lontano, ma intanto “Worship”, sulle ali della sua enorme potenza d’esecuzione e della sua coerenza ideologica, pare avere le carte in regola per mantenere alto l’interesse di pubblico e critica attorno al nome Hypocrisy…

Artista: Hypocrisy | Fotografo: Matteo Musazzi | Data: 20 novembre 2019 | Venue: Alcatraz | Città: Milano

VI È STATO UN GRAN PARLARE ATTORNO AL VIDEO DI “CHEMICAL WHORE”, UNO DEI PRIMI SINGOLI CHE AVETE LANCIATO PER ANNUNCIARE IL NUOVO ALBUM. MOLTI L’HANNO VISTA COME UNA CANZONE ANTI-VAX, ERA QUELLO IL MESSAGGIO CHE VOLEVI TRASMETTERE?
– No, iniziamo col dire che quel brano, così come tutto il disco, è pronto dal 2018-19. Niente di quello che puoi sentire su “Worship” è stato scritto da quando stiamo facendo i conti con il Covid. La canzone “Chemical Whore” parla semplicemente di certi accordi fra case farmaceutiche e medici di cui ho sentito parlare. Vi sono dottori che ricevono una percentuale dalla casa farmaceutica se prescrivono un medicinale anziché un altro. Detto ciò, non sto affermando che tutti i dottori e quel business siano il male. Ho soltanto voluto scrivere una canzone su questo argomento controverso, che tra l’altro è in linea con molti aspetti del consueto concept degli Hypocrisy. Da decenni parliamo di cospirazioni, governi, alieni… Abbiamo persino un album intitolato “Virus”! Mi sembra assurdo che tutto a un tratto un brano su un argomento che è da sempre marchio di fabbrica degli Hypocrisy venga visto solamente come una denuncia alla politica sui vaccini attuali. Non era quella la mia intenzione, anche perché, come dicevo, questo testo è già vecchio di almeno tre anni.

TU SEI VACCINATO?
– No, non mi sono ancora vaccinato perché da tempo abito in un paesino dove vivono poche decine di persone. Siamo isolati e passo gran parte del mio tempo nei boschi, a casa o nel mio studio. Non sono una persona con una grande vita sociale. Detto questo, voglio pur sempre fare parte della società e desidero andare in tour appena possibile: per fare ciò avrò bisogno di farmi vaccinare, quindi lo farò al momento opportuno. Sinora ho rimandato perché non ho dovuto fare granché al di fuori della mia solita routine.

QUANTO VI È DI PETER TÄGTGREN NEI TESTI DEGLI HYPOCRISY? SONO SEMPRE SOLO STORIE DI FANTASIA O A VOLTE SI TRATTA DI TUE VERE CONVINZIONI?
– Penso che molte delle cose che scrivo rispecchino le mie convinzioni, certamente. Tuttavia, come dicevo poc’anzi, non è sempre questo il caso. A volte creo storie che non sono basate su fatti, esperienze personali o altro: è solo una bella storia, è funzionale al nostro concept e la uso per un testo. Non ho mai cercato di essere completamente autobiografico, così come non ho sempre scritto solo testi di fantasia.

AVETE IMPIEGATO OTTO ANNI PER PUBBLICARE UN NUOVO ALBUM. STA DIVENTANDO COMPLICATO COMPORRE NUOVA MUSICA PER GLI HYPOCRISY?
– Non è così difficile, ma ovviamente vogliamo sempre pubblicare canzoni che siano sul livello di quelle precedenti, se non migliori. A dire il vero, il disco era pronto già da un paio di anni, ma abbiamo aspettato a pubblicarlo perché avevo bisogno di rivedere alcune cose a livello di produzione. Poi è arrivato il Covid e i nostri piani sono cambiati ancora. Ci sarebbe piaciuto pubblicarlo in prossimità di un tour, ma non è stato possibile. Per quanto riguarda la composizione, abbiamo lavorato come sempre, scambiandoci idee e lasciando che la tracklist prendesse la sua forma nel modo più spontaneo possibile. Come sempre, ci sono brani veloci, altri lenti, altri epici e tristi… è un nostro classico album.

HO SAPUTO CHE LA MUSICA DEL BRANO “DEAD WORLD” È STATA COMPOSTA DA TUO FIGLIO SEBASTIAN…
– Sì, la musica di quel pezzo è principalmente opera di Sebastian. È strano e al contempo divertente come abbia sviluppato un gusto simile al mio, nonostante non lo abbiamo mai forzato ad ascoltare la mia musica o a suonare uno strumento. Ha sempre fatto tutto da solo. Comunque, abbiamo fatto questa cosa padre e figlio nel 2017 in cui eravamo semplicemente seduti e scrivere canzoni insieme. E questa è una delle canzoni che ha scritto, fra un totale di una dozzina di brani che all’epoca abbiamo registrato come demo. Ho sempre amato quella traccia, quindi gli ho chiesto se potevo usarla per gli Hypocrisy, visto che lo stile era azzeccato per il disco che stavamo preparando. Così ho scritto il testo e l’ho registrata insieme al resto di “Worship”. In ogni caso, non è la prima volta che collaboriamo in questa maniera: Sebastian ha composto anche una canzone su “End of Disclosure”, il nostro precedente album; abbiamo scritto “Soldier of Fortune” assieme, quando lui aveva quattordici o quindici anni. Poi ha scritto “Mathematik” per i Lindemann e credo proprio che mi aiuterà anche il prossimo album dei Pain.

GIUSTAMENTE, SEI SEMPRE VISTO COME IL LEADER E IL PRINCIPALE COMPOSITORE DEGLI HYPOCRISY, MA MIKAEL HEDLUND, IL VOSTRO BASSISTA, NEGLI ANNI HA COMPOSTO ALCUNE OTTIME CANZONI. E CREDO CHE ANCHE GLI ALTRI MEMBRI DEL GRUPPO ABBIANO CONTRIBUITO QUA E LÀ…
– Certamente, gli altri membri della band sono sempre stati importanti. In effetti, mi manca la composizione divisa tra tutti i membri come facevamo negli anni Novanta o nei primi anni Duemila, ma non posso farci molto. Mikael ha composto dei brani notevoli per gli Hypocrisy, ma da qualche tempo non ha più molta voglia di contribuire. È solito sparire per lunghi periodi e non è semplice contare su di lui. A conti fatti, però, “Chemical Whore” vede il contributo di tutta la band ed è bello che ci sia un brano così sul disco. Quando abbiamo avuto modo e voglia di lavorare tutti insieme, i risultati sono sempre stati grandiosi: vedi un pezzo come “The Final Chapter”.

LA TITLETRACK DI QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE IL VOSTRO DISCO DI ADDIO…
– Ero così stressato in quel periodo. Ero stanco di dovermi fare carico di tutti gli aspetti della band. Già allora ero spesso il solo a darsi da fare. Poi “The Final Chapter” ottenne un successo insperato e mi convinsi che forse il gioco valeva la candela. Non nego di avere passato altri periodi simili nel corso della carriera, ma alla fine sono sempre riuscito a portare avanti il discorso Hypocrisy. Oggi non abbiamo una vera e propria routine e possiamo permetterci di pubblicare un disco più o meno quando ci pare. Questa situazione aiuta parecchio e il gruppo è tornato a essere un qualcosa di piacevole.

TI SEI MAI SENTITO SOTTO PRESSIONE PER LE ASPETTATIVE ATTORNO ALLA BAND?
– Non proprio. Credo che lo stress che ho provato nel corso degli anni sia quasi sempre stato causato da noi stessi e da momenti di scarsa collaborazione fra di noi. Per quanto riguarda pressione o aspettative dall’esterno, le cose sono sempre state ampiamente gestibili. A dire il vero, non ho mai avuto preoccupazioni a livello di successo e di reazione da parte del pubblico. In effetti, non ho ancora ben capito che musica la gente si aspetti da noi: abbiamo sempre composto con totale libertà e in pochi hanno avuto qualcosa da ridire. Ogni tanto sento menzionare “Catch 22” come una sorta di passo falso, ma pure quel disco ha venduto come gli altri. In un album degli Hypocrisy puoi sentire trame molto melodiche così come pezzi prettamente death metal e la gente lo sa. È il nostro stile e credo che in ogni nostro album un ascoltatore riesca a trovare almeno uno spunto interessante.

IMMAGINO PERÒ CHE BALLAD COME “SLIPPIN’ AWAY” E “DRAINED” ABBIANO SPIAZZATO QUALCHE ASCOLTATORE QUANDO AVETE PUBBLICATO “ABDUCTED”…
– Sì, ma quella è stata la prima e ultima volta. Con quei pezzi è come se avessimo messo le cose in chiaro. La gente ha capito che da noi poteva aspettarsi di tutto, dopo che già un album come “The Fourth Dimension” aveva presentato qualche parentesi più lenta. Ammetto che quando scrissi “Slippin’ Away” e “Drained” ero più orientato a utilizzarle per il progetto Pain, ma poi il resto della band mi disse che avrebbero funzionato bene in chiusura di “Abducted”. Da allora quindi non ci poniamo troppi limiti. Il mio brano preferito del nuovo album è “We’re The Walking Dead”, ad esempio, che è un pezzo molto malinconico. Ho sempre avuto un certo interesse per questo tipo di atmosfere, ho spesso gravitato verso la malinconia quando ho deciso di scrivere musica che andasse un po’ oltre al puro death metal.

HAI UN ALBUM PREFERITO NELLA DISCOGRAFIA DEGLI HYPOCRISY?
– No, non credo di averne uno. Mi piacciono tutti per vari motivi. “The Fourth Dimension” suona un po’ male a causa di una produzione leggermente scadente, ma la musica è valida. Il resto mi piace tutto più o meno allo stesso modo. Credo che questa sia la forza degli Hypocrisy: forse non abbiamo mai pubblicato un vero classico, infatti non abbiamo un vero e proprio bestseller, ma ciò significa anche che la qualità della nostra discografia è costante e che non vi è mai stata una fase discendente dopo un particolare picco. Se chiedi a dieci persone quale sia il loro album degli Hypocrisy preferito, probabilmente riceverai dieci risposte differenti.

AVETE MAI CONTEMPLATO L’IDEA DI PROPORRE DAL VIVO UN ALBUM PER INTERO? È UNA SOLUZIONE CHE DA QUALCHE TEMPO VA PIUTTOSTO DI MODA…
– No, a noi non è mai venuto in mente di tentare qualcosa del genere. Ogni tanto però riceviamo offerte in quel senso: arriva qualche festival e ci offrono una somma più alta del solito per suonare questo o quell’altro album in occasione di qualche anniversario, ma non è una cosa che mi interessa fare. Come dicevo, secondo me non vi è un vero classico all’interno della nostra discografia, quindi ritengo più interessante allestire una scaletta pescando da vari periodi. Non siamo gli Slayer o i Machine Head, che con “Reign In Blood” e “Burn My Eyes” possono permettersi operazioni simili. Non siamo così importanti, ma venite a vederci dal vivo appena sarà possibile e cercheremo di sorprendervi con una selezione di canzoni da tutto il nostro repertorio (ride, ndR).

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