ICED EARTH – Tiranni e salvatori

Pubblicato il 10/01/2014 da

L’ingresso di Stu Block negli Iced Earth ha, a nostro avviso, portato un nuovo pieno di energia nella band statunitense. Non che, come ci fa notare il leader Jon Schaffer in questa intervista, la band se ne sia mai stata con le mani in mano… semplicemente, però, i numeri sembrano darci ragione: 2 album in studio, un monumentale doppio album live e concerti quasi ininterrotti per più di 365 giorni. Quante band possono vantare un periodo di soli tre anni passato in questa maniera?  Approfittiamo dell’occasione di questa chiacchierata con Stu Block e Jon Schaffer, il nuovo e il vecchio, per così dire, per tastare il polso alla band e scoprire qualcosa sul modo, ormai rodato, di lavorare di questa corazzata del heavy americano. E, per nostra e vostra soddisfazione, non ci perdiamo nemmeno l’occasione di porre qualche domanda un po’ più scomoda sul tirannico protagonista di tutte le loro copertine…

iced earth - band - 2013

DAL 2010 VI SIETE DATI UN SACCO DA FARE! PRIMA UN ALBUM LIVE, POI “DYSTOPIA” E SUBITO DOPO IL PRATICAMENTE INTERMINABILE TOUR A SUPPORTO. ORA, ECCO “PLAGUES OF BABYLON”. CI PARLATE DI QUESTA ESPLOSIONE DI ATTIVITA’ DA PARTE DELLA BAND?
Jon Schaffer: “Beh, direi che era ben tempo di farlo. Non è però che penso ci fosse stata così tanta meno azione negli anni subito precedenti il 2010… abbiamo sempre alternato un album nuovo al suo tour di supporto… come band siamo sempre stati molto in attività!”.

SI’, MA A NOI PARE CHE CON L’ARRIVO DI STU BLOCK LA VOSTRA ATTIVITA’ ALMENO DAL VIVO, SIA CRESCIUTA IN TERMINI DI QUANTITA’… E’ CORRETTO DIRE CHE STU HA PORTATO CON SE’ UNA VENTATA DI ENERGIA?
Jon: “Oh, sì, lo puoi ben dire! Anche se non quello l’unico fattore, e neppure l’unica novità. Dal 2010 lavoriamo anche con un nuovo management, e anche questo fatto ci ha dato una bella spinta, fornendoci un modo diverso di lavorare e di vedere le cose… stanno succedendo tante cose, in questo momento, e noi semplicemente viviamo il periodo”.

BEH, VOLEVO COMUNQUE FARE I COMPLIMENTI A STU: LA TUA VOCE SI E’ INTEGRATA ALLA PERFEZIONE NELLA MUSICA DEGLI ICED EARTH. MA VOLEVO CHIEDERTI ANCHE UNA COSA: QUAL E’ LA COSA PIU’ PREZIOSA CHE HAI IMPARATO DALLA MILITANZA CON QUESTA BAND?
Stu Block: “Di sicuro ho imparato dei nuovi modi che non conoscevo per bere quantità enormi di whisky (risate, ndR)! Scherzi a parte, questa opportunità mi è sembrata grande fin dall’inizio. Nel lavorare con Jon, che ha fatto così tanto negli anni e che ha lavorato con così tanti musicisti di spessore, sei in grado di imparare qualcosa di nuovo praticamente ogni giorno. Dal canto mio posso dire che mi sono messo fin da subito nell’ottica di dover imparare, e di dovermi dare da fare di continuo… ed il risultato è che sto imparando cose nuove ancora adesso!”.

CHE NE PENSI, JON? CONDIVIDI LA SUA OPINIONE?
Jon: “Certamente, sono d’accordo con lui. Alla fine, nella vita smetti di imparare solo quando sei morto. E’ veramente una cosa negativa se smetti di farlo prima. Ma non vale solo per lui, anche io ogni volta che vado in studio per un nuovo lavoro imparo qualcosa di nuovo, e ho registrato oramai più di quindici album! Ma ogni singola volta è stata un’esperienza diversa. E ti estendo il discorso non solo agli album in studio: anche il processo di definizione di un buon album dal vivo, come ‘Festival Of The Wicked’, è altrettanto complicato e arricchente… ogni parte che senti in quel prodotto ha richiesto veramente tante ore, passate a lavorare in studio. E da ogni esperienza impari qualcosa. Impari prima di tutto a proposito di te stesso, però, nel rivederti, nel risentirti. Impari le tue debolezze e i tuoi punti di forza. E quindi poi puoi combattere le debolezze, ed espandere i tuoi punti di forza. E’ così che va”.

CONCENTRIAMO ORA SUL DISCO NUOVO… IL PRECEDENTE “DYSTOPIA” ERA MOLTO AGGRESSIVO, MA QUESTO PARE IN QUALCHE MODO PIU’ MELODICO, SICURAMENTE PIU’ ACCESSIBILE. MA RICORDA ANCHE MOLTO IL PASSATO. SE DOVESTE SCEGLIERE UN DISCO DELLA VOSTRA CARRIERA CHE CI SI AVVICINA, QUALE SAREBBE?
Jon: “Ti deludo, perché non lo scelgo affatto. ‘Plagues Of Babylon’ è un disco degli Iced Earth come tutti quelli che l’hanno preceduto e quindi è normale che abbia dei tratti in comune con ciascuno di loro. Si chiama coerenza. Lo so, può sembrare una risposta sgarbata, e so che magari in molti si metterebbero lì a fare una disamina su come il riffing ricordi un album piuttosto che un altro… blablabla. Non è il mio stile. ‘Plageus Of Babylon’ è un disco degli Iced Earth, e questo è chiaro dalla prima canzone che ascolti su di esso. Per un’album che si somiglia di più.. beh, devi scoprirtelo da te”.

ALLORA TI RIGIRO LA QUESTIONE. IL DISCO SUONA MOLTO ICED EARTH, E’ VERO, E RIPORTA SICURAMENTE IL VOSTRO DNA. MA E’ DIFFICILE PER VOI CREARE NUOVI RIFF, NUOVE SOLUZIONI, IN QUESTA BRANCA DELL’HEAVY METAL, NELLA QUALE APPARTENTEMENTE SEMBREREBBE ESSERE GIA’ STATO DETTO TUTTO?
Jon: “No, in realtà. Almeno, se intendi chiederci se sentiamo su di noi la pressione di ciò che è stato fatto prima da altre band o da noi, ti rispondo che, no, per nulla. Noi lavoriamo solo su quanto ci ispira al momento. Comporre un nuovo disco, per noi, non ha nulla a che spartire con il paragone con quanto è stato composto prima, da noi o da altri. E nemmeno ha a che fare con quello che verrà composto dopo, o con qualsiasi cosa si sta scrivendo al momento nella scena heavy, se per questo. Semplicemente, non è il nostro modo di lavorare”.

AVETE PERO’ MAI SENTITO IL BISOGNO, LAVORANDO AD UN PEZZO, DI DOVERLO ‘BILANCIARE’ IN QUALCHE MANIERA? MAGARI ERA TROPPO THRASHY, O TROPPO MELODICO, E VOLEVATE TROVARE UNA VIA DI MEZZO… O IL VOSTRO MODO DI LAVORARE E’ PIU’ ORGANICO DI COSI’?
Jon: “L’hai detta giusta, la nostra maniera di lavorare è sicuramente più organica di così. Il modo in cui ci poniamo alla composizione produce già di suo un risultato che riteniamo bilanciato. Nei nostri album senti sempre alcune parti pesanti, ma anche altre veloci e altre ancora melodiche… per noi è importante mantenere sempre l’ascoltatore come se fosse ‘in viaggio’, alternando i vari stili e i vari sound. Non abbiamo mai sentito la ‘pressione’, o nemmeno il bisogno, di trovare un equilibrio diverso. Vogliamo solo essere sicuri di star scrivendo belle canzoni… questa è l’unica pressione che potremmo mai sentire: quella di cercare di lavorare al meglio che ci è possibile”.

TI DIRO’ LA VERITA’, LA COPERTINA NON E’ PIACIUTA PROPRIO A TUTTI. TROPPO ‘BRUTAL DEATH STYLE’, SECONDO TANTI. COME MAI AVETE OPTATO PER UNO STILE COSI’ DIVERSO DALLE PRECEDENTI?
Stu: “Dai, ti prometto che la prossima copertina porterà un bellissimo arcobaleno… e ci saranno delle fate, la classica pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno, tantissimi colori… (la conversazione si fa molto confusa, mentre sia Stu che Jon vanno avanti ad elencare, tra risate sempre più fragorose, delle immagini liete e bucoliche, ndR)… hey, man, ci prendi in giro? Questo che hai appena sentito è quanto ci interessa del parere degli ascoltatori sulla nostra copertina (seguono altre risate, ndR). Senza scherzare, se dovessimo dare ascolto ad ogni critica come questa che ci arriva, non credo che potremmo sopravvivere nel music business. Noi siamo songwriter, e il nostro prodotto principale è comunque e sempre la musica”.
Jon: “E poi, parliamoci chiaro,  il disco si intitola ‘Plagues Of Babylon’… è una storia oscura, con personaggi fottutamente cattivi, e non mi pare che ci siamo andati lontani con questa copertina, no? Ti ripeto, se dovessimo dare ascolto a tutte le critiche non potremmo più muoverci. Per ognuno al quale non è piaciuta questa copertina scommetto ce ne saranno altrettanti che invece l’hanno trovata figa, quindi va bene così, e così è stato anche per ogni altro album cui ho lavorato”.
Stu: “Ecco, appunto, era idea fissa di Jon inizialmente che questa copertina dipingesse una storia cupa e oscura… e quindi l’abbiamo voluta fare il più malvagia possibile!”

NON AVREI DETTO CHE NON VE NE FREGASSE NIENTE DELL’ARTWORK… IL PACKAGE DEGLI ALBUM DEGLI ICED EARTH E’ UNA DELLE COSE CHE PREFERISCO DELLA BAND, E CONTRIBUISCE A FAR VEDERE LA CURA CHE METTETE NEI VOSTRI LAVORI. ANCHE LA GRAFICA INTERNA DEL BOOKLET E’ OPERA DELLO STESSO ARTISTA?
Stu: “Sì, si tratta sempre dello stesso artista. Al di la dei gusti personali, è un buon artista. Ha passato davvero tante tante ore su questa grafica, e secondo noi anche tutte le tavole interne rappresentano perfettamente il tema delle varie canzoni, che è diverso dall’una all’altra. Non preoccuparti, sarà un package fenomenale, te lo assicuro”.

A PARTE LA DIFFERENZA NELLO STILE DI DISEGNO, IL VOSTRO PERSONAGGIO ICONICO E’ ANCORA LI’. IN GENERE QUESTI PERSONAGGI RAPPRESENTANO LA BAND… E IL VOSTRO E’ SPESSO RAPPRESENTATO COME UN TIRANNO, UN ESSERE MALVAGIO CHE TORTURA E SCHIAVIZZA I DEBOLI E GLI OPPRESSI. VI SENTIT RAPPRESENTATI DA UN PERSONAGGIO COSI’? CHI E’ LUI IN REALTA’? E CHI SONO LE PERSONE OPPRESSE?
Jon: “(sembra rimanere un po’ imbarazzato dalla domanda, ndR) In realtà non è proprio così… sì, a giudicare dalle copertine, soprattutto da questa, lo ammetto, il personaggio è effettivamente rappresentato nelle vesti di un tiranno… ma è qualcosa che aiuta a capire la storia, un device narrativo. Comunque, no. Questo personaggio chiaramente non rappresenta la band. E’ un personaggio di una storia immaginaria, che io stesso ho creato, e all’interno ne rappresenta uno dei personaggi principali. Leggendo la storia puoi vedere questo personaggio secondo diverse prospettive e angolazioni… può essere il tiranno, sì, ma può anche essere un salvatore in qualche altra maniera. Leggi le liriche di ‘The Coming Curse’ da qui puoi capire il dualismo su cui spesso mi baso… Quello che ci rappresenta veramente è comunque più scritto nei testi delle nostre canzoni”.

HO CALCATO LA MANU SU QUESTA DOMANDA PERCHE’ I CONCETTI DI SCHIAVITU E LIBERTA’ SONO TEMI IMPORTANTI PER TE, JON. MA RITENETE GLI ICED EARTH UNA BAND CON UN FORTE MESSAGGIO POLITICO, O PIU’ UNA METAL BAND CHE SFRUTTA COME SI CONVIENE IMMAGINI FORTI COME GUERRA E SCHIAVITU’ IN QUANTO CLICHE’ DEL GENERE?
Jon: “Gli Iced Earth sono una band heavy metal, ma scrivono a proposito di temi che riguardano in molti modi il significato di libertà. E’ libertà da molte cose, ad esempio dalle religioni… io non credo in religioni con una dottrina stabilita, le trovo pericolose, e questo lo percepisci bene dalle liriche soprattutto dei nostri primi album. Ma le persone possono essere schiave anche di altro… possono esserlo di illusioni e aspettative che esse stesse si creano. Scriviamo però anche testi a proposito di leggende, di folklore, di storia… Abbiamo parlato sempre di tante cose… Sì, penso che abbiamo toccato davvero molti argomenti, liricamente parlando, e questa è una buona cosa”.

CI SONO CANZONI PARTICOLARI, OPPURE ALBUM, CHE AVETE RICORDI MOLTO BELLI DI AVER CREATO?
Stu: “Su questo album, ti rispondo che sono felice di aver lavorato alla cover di ‘Highwayman’. E’ un pezzo veramente magico, che mi piace tantissimo. E’ proprio speciale. Adoro cantarlo, soprattutto dal punto di vista emozionale… è incredibile!”.
Jon: “Sì, è vero, grande canzone. Ma tutto l’album è solido… ‘The Culling’, ‘The Peacemaker’ sono tutte canzoni che adoro, ma ha ragione Stu, forse la cover di ‘Highway Man’ è la migliore, anche per via appunto del testo che ha”.

SIAMO ORMAI ALL’UNDICESIMO LAVORO IN STUDIO… GUARDANDO AL PASSATO, PENSATE CHE ALCUNE CANZONI DEL VOSTRO CATALOGO RICHIEDANO MAGGIOR ATTENZIONE O UNO SPOLVERO DA PARTE VOSTRA?
Stu: “Difficilissimo risponderti. Ce ne sono così tante che finiscono inevitabilmente per l’essere tagliate fuori dalla scaletta di ogni tour che alla fine ci si rammarica sempre di qualcosa…”
Jon: “Eh, anche io non riesco a dirtene una precisa! Esisteranno sempre canzoni che riterresti forti dal vivo ma che poi non puoi portare per vari motivi. Non riesco a pensare ad una, sono troppe.”

A PROPOSITO DI CIO’, ULTIMAMENTE MOLTE BAND FANNO DEI ‘TOUR ANNIVERSARIO’, SERIE MAGARI PIU’ CORTA DI DATE NELLE QUALI PRESENTARE UN INTERO ALBUM (SPESSO UN CONCEPT, E VOI NE AVETE TANTI) SUONATO NELL’ORDINE DELLA TRACKLIST DALL’INIZIO ALLA FINE. ESEMPI? JON OLIVA CON “THE HALL OF THE MOUNTAIN KING” E I MANOWAR QUEST’ANNO CON IL TOUR DI “KINGS OF METAL MMXIV”. FARETE MAI LO STESSO?
Jon: “Non ti nego che sarebbe possibile, nè che non ci abbiamo pensato. Ma ci sono delle difficoltà oggettive.  Non lo escludo, sia chiaro, ma posso dirti che non credo che succederà presto. Per fortuna stiamo ancora creando album solidi e validi, che ci piace molto presentare dal vivo, e per ora non ci convince l’idea di registrare un album nuovo e poi sacrificarne la promozione imbarcandoci in un tour dedicato, per dire, ad un altro album composto negli Anni ’90. Non avrebbe molto senso, ti pare?”.

CHIUDEREI CON UNA DOMANDA SUI TOUR, PROPRIO. E’ DAVVERO QUESTA L’UNICA MANIERA RIMASTA DI FAR SOLDI NEL MUSIC BUSINESS? VENDERE ALBUM PERMETTE ANCORA AD UNA BAND COME LA VOSTRA DI CAMPARE?
Jon: “Beh, lo sappiamo tutti che l’industria del disco sta soffrendo. Siamo vicini al collasso. Lo vedi tranquillamente da quanti negozi di dischi hanno chiuso, da tutte quelle label che sono andate in bancarotta e da tutti i distributori che hanno serrato i battenti anche solo nell’ultimo periodo… Quindi, sì, continuiamo a comporre nuovi dischi, come vedi, ma i tour sono attualmente il nostro modo principale di sopravvivere”.

3 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.