Dopo una fase un po’ dimessa, che sembrava preannunciare un eccessivo ammorbidimento delle proprie pulsioni metalliche, abbiamo riaccolto Ihsahn al massimo della sua forma con l’album che porta semplicemente il suo nome: “Ihsahn” ripresenta infatti l’artista norvegese in grande spolvero, desideroso di riprendere il filo del discorso dal black metal sinfonico nella sua accezione più ampia possibile.
Un extreme metal quindi variopinto, rabbioso, frenetico, complesso senza rinunciare all’aggressione, né all’eleganza e all’opulenza: le orchestrazioni sono più ricche che mai e centrali nello sviluppare le trame sonore, a tal punto che “Ihsahn” esce in due versioni, una metallica, l’altra completamente orchestrale e solo strumentale. Due facce della stessa medaglia strettamente correlate e ognuna interprete del tumultuoso sentire del cantante-chitarrista degli Emperor.
Proprio la sua fortunata attività live col gruppo tramite il quale ha forgiato capolavori come “In The Nightside Eclipse” e “Anthems To The Welkin At Dusk” sembra aver dato nuovo slancio anche all’avventura solista, in fase di relativa stanca con gli EP “Telemark” e “Pharos”. Ripartendo quindi dalle sue forti radici black metal, Ihsahn si è reso protagonista dell’ennesimo lavoro di valore: della sua genesi abbiamo discusso con piacere, trovando anche stavolta un interlocutore per nulla restio a spiegare alcuni punti chiave della sua arte.
ARRIVAVI DA DUE USCITE, GLI EP “TELEMARK” E “PHAROS”, CHE ESPLORAVANO LA PARTE PIÙ SOFT DEL TUO SUONO. ADESSO INVECE RITORNI CON UN ALBUM CHE GUARDA DA TUTT’ALTRA PARTE, A UN COMPLESSO BLACK METAL SINFONICO, CHE GUARDA PARECCHIO ALL’AVANT-GARDE. PERCHÉ TI SEI RICONNESSO A QUESTO TIPO DI SUONO?
– Gli EP appena precedenti a “Ihsahn” erano intesi come qualcosa a parte, dove andavo a sperimentare con suoni che erano già entrati nella mia musica, mentre in quel caso andava a concentrarmi interamente su quelli. Puoi sentire qualcosa di indie, qualcosa di pop, qualche esperimento più approfondito in direzioni non affrontate negli album. Con “Telemark” e “Pharos” sono andato un po’ al di fuori di quanto faccio solitamente.
Quando si è trattato di rimettermi a pensare a un album, mi sono accorto che volevo tornare alla parte più centrale e importante del mio percorso musicale: il black metal, le orchestrazioni, tutte quelle cose che mi accompagnano da quando ho cominciato il mio percorso nel metal. Sia musicalmente che sul piano lirico ho provato ad approcciarmi al disco cercando di introdurvi elementi delle colonne sonore, con l’idea di ‘elevare’, in un certo senso, la mia musica, portarla su un piano diverso e più alto di quanto non fosse accaduto prima.
Avevo anche il desiderio di non fermarmi a quanto ero già in grado di fare, ma di provare a imparare qualcosa di nuovo, di confrontarmi con soluzioni che fossero parzialmente inedite per me e mi spingessero in territori sconosciuti. Gli strumenti, le armonizzazioni tra metal e musica sinfonica sono qualcosa che conosco, mentre la realizzazione dell’album nella sua versioni solo sinfonica mi mancava, mi ha portato a un modo di suonare non così usuale per me.
L’ALBUM ESCE IN DUE VERSIONI, UNA METAL E L’ALTRA INTEGRALMENTE SINFONICA E STRUMENTALE. PUOI SPIEGARCI I MOTIVI DI QUESTA DECISIONE?
– Per il concept avevo per la testa il concetto di dualità e questo è andato ad espandersi anche alla musica: ho composto “Ihsahn” pensando che le parti orchestrali potessero funzionare bene anche da sole e d lì è nata questa volontà di presentare il disco in entrambe le versioni.
Ho provato a mettere assieme il mio amore per il metal estremo e quello per le colonne sonore. Così ho fuso le cose assieme e ho provato a realizzare una colonna sonora black metal. Anche in passato ovviamente ho utilizzato molte orchestrazioni nei miei dischi, ma quello che avveniva normalmente è che le diverse sfumature delle parti sinfoniche venivano annegate nel metal. Ciò a causa del tipo di produzione utilizzata, che finiva per dare prevalenza al metal, relegando le sinfonie un po’ sullo sfondo, o comunque non riusciva a dare loro pieno risalto. Volevo verificare come l’identità metal del disco cambiasse una volta che fosse trasformato in qualcosa di solo orchestrale. Era un esperimento che desideravo portare avanti.
Puoi apprezzare bene questo contrasto nel primo singolo, “Pilgrimage To Oblivion”. Se ascolti la sua versione metal, senti un brano aggressivo, con voci in screaming molto aspre, chitarre maligne e potenti, ritmi veloci. Passando alla sua versione orchestrale, ecco che ti accorgi del cambiamento subito all’inizio, con il tremolante violoncello che la va ad aprire. Eppure stiamo parlando delle stesse, identiche note. Le medesime note, suonate con strumenti differenti, possono dare un risultato completamente antitetico.
HAI PARLATO DEL TUO AMORE PER LE COLONNE SONORE E LA MUSICA SINFONICA, QUALI SONO I COMPOSITORI CHE TI HANNO MAGGIORMENTE INFLUENZATO PER “IHSAHN”?
– Mi piacciono soprattutto i lavori di John Carpenter, le soundtrack elettroniche, quelle di “Stranger Things”, la serie “Hannibal”, anche quelle basate su sonorità noise, oppure le composizioni di Hans Zimmer. Il mio ingresso in questo mondo è avvenuto con le colonne sonore horror di fine anni ‘80/primi anni ’90, con la colonna sonora di Jerry Goldsmith per “The Omen”, anzi, tutti i tre i film della serie hanno delle musiche fantastiche! Ce ne sono molti altri, tra i compositori che apprezzo, come John Williams, Dani Olphen.
Per “Ihsahn” ho attinto come ispirazione soprattutto a quei compositori che lavorano con orchestrazioni tradizionali, prima che si affermasse un tipo di colonna sonora con ibridazioni tra suoni orchestrali e altri influssi.
RIMANENDO INVECE NEL MONDO METAL, CONSIDERANDO CHE “IHSAHN” È UN CONCEPT ALBUM, VI È QUALCHE ALBUM AL QUALE HAI IN QUALCHE MANIERA CERCATO DI AVVICINARTI O CHE TI HA INDICATO COSA AVRESTI VOLUTO OTTENERE CON IL NUOVO DISCO?
– Nel processo di preparazione a “Ihsahn” mi sono concentrato soprattutto sullo studio delle colonne sonore e sui loro linguaggi armoniche, le coloriture di suono di questo tipo di composizioni. Le trame, le coloriture armoniche di questa tipologia di musica mi hanno richiesto uno sforzo di comprensione su quali fossero i loro meccanismi, capire come potevo sviluppare qualcosa di mio all’interno della tipica struttura delle soundtrack.
C’erano tutta una serie di aspetti che avrei dovuto approfondire per farli miei e poterli in seguito, una volta compresi, utilizzarli per le orchestrazioni di “Ihsahn”.
PASSANDO AI TESTI, HO LETTO CHE TI SEI ISPIRATO AL MITO DI PROMETEO E AD ALTRI CONCETTI FILOSOFICI ATTINENTI QUESTA FIGURA MITOLOGICA. TI SEI LIMITATOA UNA SERIE DI RIFLESSIONI INERENTI LE TEMATICHE AD ESSO COLLEGATE, OPPURE INTENDEVI RACCONTARE UNA STORIA, ATTRAVERSO I TESTI DI “IHSAHN”?
– Penso che questo sia stato il primo caso in cui mi sono scritto una lista dei punti che avrei toccato, un riassunto di quello che volevo raccontare e l’abbia usato come base per sviluppare i testi. Vi è una linea narrativa abbastanza tradizionale che unisce le parole delle singole canzoni, ognuna di essa è presentata secondo un preciso ordine cronologico.
Ogni traccia rappresenta una scena, come se fosse qualcosa legato a un’opera teatrale o a un film: i testi non raccontano per filo e per segno quanto sta accadendo, non sono un testo teatrale, rimangono su un piano più astratto. Possono così descrivere gli stati d’animo e le contraddizioni insite nella musica. Anche nella musica ci sono degli elementi che possono rimandare a come si svolgono le vicende nei film o in un dramma teatrale.
Non voglio andare troppo in profondità perché mi piace lasciare a chi mi ascolta la sua interpretazione delle parole, da fan mi è sempre piaciuto poter vedere nella mia testa cosa significasse e volesse esprimermi un certo testo.
RITIENI CI SIA QUALCHE ASPETTO REALMENTE NUOVO IN QUESTO DISCO, RISPETTO AL TUO PASSATO, OPPURE HAI REALIZZATO QUALCOSA DI PARZIALMENTE INEDITO, RICORRENDO COMUNQUE AD ELEMENTI CHE I TUOI FAN POSSONO RICONOSCERE FACILMENTE COME TIPICAMENTE TUOI?
– Ma, è un po’ un mix delle due cose, secondo me. Ci sono alcuni pilastri del mio modo di intendere la musica, archetipici che mi contraddistinguono, come i vocalizzi black metal, i riff di chitarra fatti in una certa maniera, le orchestrazioni stesse; dall’altro lato, c’è questa modalità di sviluppare l’album che non avevo mai provato prima, sia nel raccontare una storia, sia nel portare avanti assieme l’album in versione metal e in quella solo orchestrale.
Le orchestrazioni stavolta non vanno soltanto a supportare l’estetica black metal, hanno anche altre funzioni, emozionalmente e musicalmente hanno vita propria e possono dare molto di più di quanto accaduto in altre situazioni. Il linguaggio armonico utilizzato suppongo sia un qualcosa con cui molti non hanno famigliarità. Mi sono accorto ancora di più di quanto stessi facendo qualcosa fuori da quanto fossi abituato quando mi sono messo a provare per i concerti le canzoni di “Ihsahn”. Ci sono parti di chitarra che per me che suono e canto allo stesso tempo non sono così facili da affrontare. Suonandole e risuonandole ho potuto apprezzare meglio la dimensione di questi cambiamenti.
Riguardo a quello che potrebbe percepire chi mi segue, non penso che i miei fan possano rimanere spiazzati. Sono abituati ad ascoltare da parte mia qualcosa di progressivo, dal taglio avant-garde, e per certi versi “Ihsahn” è invece molto diretto e basilare, è fortemente black metal e questo ritengo possa facilitarne il suo apprezzamento.
ALCUNI MUSICISTI ESTERNI HANNO CONTRIBUITO ALLA REALIZZAZIONE DEL DISCO. TI È STATO DIFFICILE COMUNICARE LORO IN CHE DIREZIONE VOLEVI CHE ANDASSE IL LAVORO? QUANTO SONO STATI IMPORTANTI AL FINE DEL RISULTATO FINALE?
– Ho sempre avuto la fortuna di lavorare con ottimi batteristi, in questo caso ne ho avuti ben due che si sono divisi le tracce di “Ihsahn”, Tobias Ørnes Andersen e Tobias Øymo Solbakk. Non hanno punti di debolezza, a mio avviso, hanno soltanto differenti punti di forza. Ho utilizzato l’uno o l’altro a seconda di quanto richiedeva un pezzo, assecondando le loro caratteristiche. Li ho avuti con me contemporaneamente in studio e hanno risposto bene alle richieste che gli davo. Siamo partiti da parti di batteria che avevo programmato io al computer e loro stati liberi di interpretarle, dandone un’interpretazione molto vibrante.
A parte mio figlio, che si è occupato di alcune percussioni, l’unico altro musicista presente in studio è stato Chris Baum, che si è occupato di raddoppiare le parti di violino presenti nel disco. Tutto il resto delle orchestrazioni è qualcosa che ho seguito io personalmente. Chris dato un tocco di umanità alle orchestrazioni.
C’È UN ALBUM DELLA SUA PASSATA DISCOGRAFIA, DA SOLISTA E NEGLI EMPEROR, CHE RITIENI SI POSSA AVVICINARE A QUANTO HAI FATTO SU “IHSAHN”?
– Non è facile inquadrare quale possa essere un album che gli somiglia: per me ogni disco è l’occasione per attingere alle mie passate esperienze e, allo stesso tempo, andare in cerca di qualcosa di nuovo. Non riesco a essere così razionale dal poter determinare esattamente cosa possa ricordare quello che ho suonato in “Ihsahn”.
Alla fine, per me come per altri artisti, si passa molto tempo ad ascoltare musica, a volte ci si dimentica persino cosa sta uscendo dalle casse. Non riuscirei ad affermare con certezza, tra tutto quello che ascolto oppure ho prodotto, cosa sia entrato esattamente nel nuovo album e quali siano le sue precise influenze. A tal proposito, mi piace molto quella massima che dice che ogni lavoro artistico è al 10% ispirazione, al 90% sudore e perseveranza.
STAI PENSANDO DI PORTARE DAL VIVO INTEGRALMENTE “IHSAHN”, INSERENDO MAGARI ANCHE ASPETTI VISUALI CHE POSSANO SERVIRE A DESCRIVERE MEGLIO L’INTERO CONCEPT?
– Per i prossimi concerti andrò ad inserire molte delle nuove canzoni nella setlist, mentre al momento penso mi verrebbe complicato pensare a un intero spettacolo dedicato a “Ihsahn”. Ritengo potrebbe essere più opportuno fare una cosa del genere più avanti, quando ci saranno più persone che avranno scoperto l’album e lo conosceranno appieno.
VOLEVO CHIEDERTI INFINE SE QUESTO TUO FORTE DESIDERIO DI BLACK METAL SIA DOVUTO ALL’ATTIVITÀ LIVE CON GLI EMPEROR, CHE DA SPORADICA E MOLTO RISTRETTA È DIVENTATA ASSAI PIÙ FITTA NEGLI ULTIMI ANNI. IL SUONARE SPESSO DAL VIVO IL MATERIALE DEL TUO PRIMO GRUPPO TI PUÒ AVER DATO UNA SPINTA A QUESTO TUO RITORNO ALLE RADICI MANIFESTATO CON “IHSAHN”?
– Mi verrebbe di risponderti di no, almeno non consapevolmente, mentre a livello inconscio tutto può essere.
In fondo siamo influenzati da tutto quello che ci accade durante l’esistenza, però ritengo che siano più importanti per la mia musica attuale gli album che ho scritto da solista, piuttosto che il mio periodo da teenager, per quanto nutra ancora moltissimo rispetto verso quei lavori e verso i miei compagni della band.
Negli ultimi anni i concerti degli Emperor sono effettivamente aumentati, ne dò il merito al pubblico che ci segue, divenuto ancora più appassionato e desideroso della nostra musica, così che abbiamo deciso di dedicarci più spesso ai concerti con gli Emperor. E questo non può che farci enormemente piacere.