IHSAHN – Un po’ di Abba nel metal estremo

Pubblicato il 04/05/2018 da

Quando si ascolta un nuovo disco di Ihsahn, il marchio di fabbrica del poliedrico polistrumentista norvegese lo si coglie al volo. Quel suo saper miscelare black metal, prog, metal classico ed elettronica è ormai inconfondibile, riconoscibile al volo. Eppure tutta questa sicurezza non porta a fossilizzarsi, a rielaborare con pochi accorgimenti ciò che già è stato suonato in passato. Pur non rivoltando completamente i dogmi del proprio sound, Ihsahn è andato avanti nella sua ricerca, dandoci uno sguardo ancora una volta diverso del suo sentire e del suo vivere il metal estremo. “Àmr” non ha probabilmente l’immediato potere di trascinamento di “Arktis.”, puntando spesso su tempi lenti e atmosfere ovattate l’impatto scintillante del disco precedente tende a svanire, ma non è un problema: basta un pizzico di concentrazione e pazienza, e ci si accorge che la fiamma della creatività non si è acquietata e possiamo godere, anche stavolta, di un album complesso, ricco e appagante, nella piena tradizione di un musicista che non si ancora stancato di ricercare nuove emozioni ed esprimere se stesso con la propria arte.

ASCOLTANDO IL NUOVO ALBUM SI PERCEPISCE UNA FORTE ATTENZIONE NEL DARE RISALTO ALLE PARTI PIÙ SOFT, E DALL’ALTRO LATO SI NOTA UNA MAGGIORE RUVIDEZZA NELLE FASI PIÙ AGGRESSIVE, DOVE IL SUONO DI CHITARRA È RELATIVAMENTE GREZZO RISPETTO AGLI ALTRI TUOI DISCHI. QUALI SONO LE RAGIONI DI QUESTE SCELTE?
– Ad ogni album cerco di trovare un nuovo scenario e un nuovo approccio che mi facciano sentire entusiasta per quello che sto facendo. Cerco di confrontarmi con sfide che non ho mai affrontato per mantenermi interessato alla mia musica, se non riesco ad essere attratto io da quanto suono non posso pretendere che lo sia chi mi ascolta dall’esterno. Cerco di far entrare in quanto compongo le mie influenze, ascolto artisti molto diversi e a ogni disco provo a catturare qualche aspetto sonoro che in passato non ho sfruttato. In quest’occasione ho trasposto certe dinamiche e strutture del mondo pop-rock in un universo completamente diverso, d’altronde il mio materiale non è stato mai legato solamente a chitarre distorte e screaming selvaggi!

COME IL TITOLO SUGGERISCE, “ÀMR” È UN ALBUM PIÙ CUPO DEL SUO PREDECESSORE ED È CARATTERIZZATO DA UNA INSISTENZA SU ANDAMENTI LENTI E CHE LASCIANO SPESSO LA TUA VOCE AL CENTRO, SORRETTA DA ARRANGIAMENTI MINIMALI. PUOI SPIEGARCI COME È NATA QUESTA NUOVA PROSPETTIVA COMPOSITIVA E DI INTERPRETAZIONE?
– Fin dall’inizio della mia carriera solista ho tenuto un quaderno dove annoto tutte le idee che mi vengono in mente. Così, quando sto per scrivere un altro disco, vado prima a rivedere quello che ho fatto prima e cerco di rintracciare se vi siano delle somiglianze, se richiami qualcos’altro. Mi sono accorto che in effetti un approccio più ‘da cantautore’ un po’ mi mancava e allora ho voluto sottolineare quest’aspetto. Non è stata comunque una mossa chissà quanto calcolata, solo un’attenzione a qualcosa che non avevo sottolineato nei dischi precedenti: la maggior parte delle volte, le canzoni diventano realtà così come si formano nella mia mente, senza particolari ragionamenti alle spalle.

EMERGONO ANCHE RICHIAMI AL PROG ROCK PIÙ DATATO, COME AD ESEMPIO “WHEN YOU ARE LOST AND I BELONG”. AVEVI IN EFFETTI L’INTENZIONE DI RIPRENDERE MUSICA PIUTTOSTO DATATA E ADATTARLA AL SUO SPECIFICO IMMAGINARIO?
– Non mi definirei un nostalgico, all’inizio le mie influenze per il nuovo album partivano da riferimenti abbastanza moderni. La sensazione che hai avuto credo possa essere data dal tono molto intimo di alcune soluzioni, quindi del contesto in cui le idee sono collocate. La scelta di suoni chiari e molto diretti arriva dal mondo hip-hop e r’n’b oppure, per quanto riguarda l’avere la voce in primo piano rispetto agli strumenti, si possono avere somiglianze con il materiale di Scott Walker. Nel suo caso, potevi distinguere nettamente la sua voce in evidenza, basso, batteria e chitarre da un lato, le orchestrazioni dall’altro. Quindi non è che abbia deliberatamente riesumato un’idea di musica datata, piuttosto ho provato a interpretazioni derivate da stili sonori che mi affascinano di questi tempi.

L’UTILIZZO DI SYNTH ED ELETTRONICA VA NELLA DIREZIONE DI UN MAGGIOR MINIMALISMO E DI UN TOCCO MOLTO DISTINTIVO. COME SI COMBINANO QUESTI ELEMENTI CON IL TUO STILE CHITARRISTICO, CONSIDERATO INOLTRE CHE IN “ÀMR” LE TASTIERE HANNO QUASI LA STESSA RILEVANZA DELLE CHITARRE?
– Iniziando dagli Emperor, il mio modo di lavorare con le tastiere ha preferenzialmente privilegiato un approccio orchestrale, votato all’emozionalità romantica che questo strumento sa evocare. Per l’ultimo album mi sono portato su un’interpretazione più cinematica, avevo questo desiderio di trasportare la musica da film in un disco di Ihsahn, prendendo spunto dall’operato di John Carpenter, ad esempio, oppure da certa elettronica. Vedi, per quanto mi piacciano le chitarre distorte, lo screaming black metal e i blastbeat, ho anche interesse e fascinazione per cose come il suono di batteria degli Abba. Più volte mi metto a pensare a come si potrebbero calare elementi di questo tipo in un contesto legato al metal estremo. Da questo desiderio arrivano molte delle idee più eclettiche presenti in “Àmr”. Adoro sperimentare e vedere come si inseriscano nei miei album cose apparentemente lontanissime dal mondo musicale in cui mi muovo abitualmente.

PASSANDO AI TESTI, MI PIACEREBBE CHE APPROFONDISSI I TEMI TRATTATI IN “TWIN BLACK ANGELS”.
– Eh, non è così semplice risponderti in maniera diretta a questa domanda. Spesso gli album suscitano più domande di quelle a cui rispondono e lo stesso accade per i testi. “Lend Me The Eyes Of Millenia” immagina di prendere in prestito gli occhi di un ragazzo nato a inizio del millennio e mettere a fuoco quando sta accadendo nel mondo secondo la sua prospettiva: ma ciò non svela nulla, dà solo un’interpretazione. Accade qualcosa di simile per “When You Are Lost And I Belong”, dove parlo di come pure fra persone molto simili, che dovrebbero vedere il mondo più o meno allo stesso modo, accade spesso di avere delle incomprensioni e di non riuscire a comprendere il punto di vista altrui e la sensibilità dell’altro. “Twin Black Angels” va a toccare tematiche simili, riferendosi a quelle scelte che dividono le persone, che provocano contrasti e spaccature nei rapporti.

UN ASPETTO RILEVANTE DEL NUOVO ALBUM È L’USO DI SECONDE VOCI E CORI, CHE SEMBRANO ESSERE DIVENTATI MOLTO IMPORTANTI ALL’INTERNO DEI BRANI. TI CHIEDO ALLORA COSA AGGIUNGANO ALLA TUA MUSICA E SE PENSI CHE ORA QUESTA CORALITÀ SIA DIVENUTA PIÙ IMPORTANTE CHE IN PASSATO NELLA TUA MUSICA.
– La presenza di frangenti molto quieti ha lasciato molto spazio agli arrangiamenti vocali, così ho potuto sbizzarrirmi con soluzioni vocali di ampio respiro. Le stratificazioni vocali sono piuttosto diffuse nel pop, per come si sviluppano le canzoni questo espediente è risultato essere funzionale per la musica di “Àmr”.

IN PASSATO SI SONO SUCCEDUTI DIVERSI OSPITI DI PREGIO SUI TUOI ALBUM. IN QUESTO CASO, LEGGENDO LE NOTE DI PRESENTAZIONE DEL DISCO, PARE NON VE NE SIANO. SONO STATI COINVOLTI ALTRI MUSICISTI NELLA REALIZZAZIONE DI “ÀMR”, AL DI FUORI DEL BATTERISTA TOBIAS ØRNES ANDERSEN, CHE SAPPIAMO AVER SUONATO ANCHE SU QUESTO DISCO?
– C’è l’apparizione di Fredrik Åkesson degli Opeth per un assolo durante Arcan Imperii. Questa volta c’è un solo ospite, e stiamo parlando di uno dei miei chitarristi metal preferiti e amico di lunga data. Gli ho parlato di questo mio desiderio di averlo a suonare sul disco e si è subito dimostrato disponibile. Mi sento molto fortunato a conoscere tanti colleghi di talento e a potergli chiedere di contribuire alle mie opere. Mi occupo di quasi tutto, avere a disposizione il tocco di altri artisti mi consente di dare una certa oggettività alla mia visione artistica, introdurre un punto di vista esterno aiuta a dare una prospettiva più ampia all’intero discorso.

NON SAPREI COME INTERPRETARE IL SIGNIFICATO DELL’ARTWORK DI COPERTINA, ABBASTANZA DIVERSO DA TUTTI QUELLI CHE HAI SCELTO DI UTILIZZARE IN PRECEDENZA. IPOTIZZO CHE POSSA COMUNICARE UN’IDEA DI MALIGNITÀ RIVESTITA DI GLAMOUR, TU CHE IDEA AVEVI IN PROPOSITO?
– La copertina è il risultato di un lavoro di condivisione di idee avuto con tutte le persone coinvolte nella realizzazione del disco, dal batterista, al produttore, alla casa discografica, a chi si è occupato delle foto promozionali. Per la prima volta, ho parlato apertamente di quello che sentivo in relazione al disco, dei temi di cui parlo nelle lyrics, e mettendo insieme le rispettive interpretazioni siamo arrivati a pensare che la poltrona che vedi, immersa in una stanza oscura, facesse al caso nostro. La cupezza della musica, infine, poteva essere rappresentata efficacemente proprio da questo accostamento. Sono contento di aver potuto collaborare con gli altri nel pensare a quale immagine potesse presentare al meglio “Àmr”, quello che vedi è il frutto di una serie di riflessioni compiute tutti assieme.

COME BONUS TRACK HAI SCELTO DI METTERE IN MUSICA UNA POESIA DI EDGAR ALLAN POE. QUELLO CHE NE È VENUTO FUORI È UNA CANZONE LUNGA E ARTICOLATA, NON SEMPLICEMENTE UNA RECITAZIONE CON MUSICA DI SOTTOFONDO COME POTEVA ESSERE LA BONUS TRACK DI “ARKTIS.”. COME HAI LAVORATO PER ADATTARE LA MUSICA AI TESTI E PERCHÉ HAI DECISO DI METTERE UNA COMPOSIZIONE DI QUESTO TIPO COME BONUS TRACK?
– Per “Alone” è andata così: ho scritto la musica, ho scritto il testo e, quando è stato il momento di metterli assieme e registrare il pezzo, mi sono accorto che non andavano d’accordo, non funzionavano assieme. Ero in stallo, a un bivio, non sapevo come uscirne. Mi sono allora rivolto alla mia partner artistica, ossia mia moglie. Lei è andata a cercare fra i componimenti di Poe qualcosa che potesse combaciare alla musica che avevo scritto e, quando è arrivata ad “Alone”, mi sono accorto che per lunghezza e metrica sarebbe stata perfetta. Si adatta molto bene anche ai temi degli altri brani.

HAI UNA PARTNERSHIP CON ARISTIDES GUITARS, RICORDO CHE PRESENTASTI UN NUOVO STRUMENTO PREPARATO DA LORO DURANTE IL COMPLEXITY FEST 2016. PRENDENDO SPUNTO DA QUESTO, VOLEVO SAPERE COME L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA DELLA STRUMENTAZIONE AIUTA IL MODO IN CUI ESPRIMI LA TUA ARTE.
– Ho collaborato con diversi produttori di chitarre in passato, recentemente sono entrato in contatto con Aristides e sono rimasto colpito dalla qualità tecnologica dei loro strumenti. Il modo in cui sono costruiti fa sì che suonino perfettamente per quello che è il mio stile. Posseggo molte chitarre, alcune piuttosto vecchie, alcune di esse sono più adatte per determinate esigenze, ci sono quelle ottime per gli assoli, quelle invece più performanti sulle ritmiche… Aristides Guitars produce strumenti a mio parere perfetti per ogni esigenza, non mi danno alcuna limitazione, consentono tutto quello che ho in mente, sia in studio che dal vivo. Oltre ad essere molto belle, sono funzionali alle sonorità che voglio esprimere.

ARRIVATO A QUESTO PUNTO DELLA TUA CARRIERA, SENTI LA NECESSITÀ DI CONFRONTARTI CON NUOVI PROGETTI, STILI INESPLORATI, COLLABORARE CON MUSICISTI CON CUI NON HAI MAI LAVORAT, OPPURE TI SENTI SODDISFATTO DI QUELLO CHE STA FACENDO E NON HAI IL DESIDERIO, PER IL MOMENTO, DI LANCIARTI IN NUOVE AVVENTURE?
– La situazione attuale mi soddisfa, l’essere un solista mi gratifica e permette una grande libertà. Posso scegliere con chi lavorare, quando, gestire i miei impegni senza dover mediare con altri. Se poi dovesse esserci la necessità di avere in un album un sassofonista, ad esempio, posso sempre chiamarlo per quella singola esigenza che si dovesse manifestare. Per quanto riguarda lo sviluppare altri progetti, sono una persona che non ama ripetersi e se possibile vado alla ricerca di esperienze mai provate prima. Continuo ad essere entusiasta dall’idea di creare musica e vedere dove mi possano portare le mie idee, non potrei andare avanti senza l’adrenalina che mi suscita il processo creativo. Cosa mi riserverà il futuro, però, non posso affermarlo con certezza.

QUALSIASI COSA NEL LORO FUTURO. DI LÌ A POCO, VI ORGANIZZASTE PER UN’ALTRA TOURNEE, STAVOLTA DEDICATA AD “ANTHEMS TO THE WELKIN AT DUSK”. COSA È CAMBIATO NELLA BAND FRA UN TOUR E L’ALTRO? CHE DIFFERENZE VI SONO STATE FRA LE DUE SERIE DI CONCERTI?
– Sono state sicuramente due esperienze diverse, non solo perché avevamo un batterista diverso per il tour di “Anthems To The Welkin At Dusk” rispetto a quello di “In The Nightside Eclipse”. Fondamentalmente, i concerti dell’ultimo tour sono stati più ‘regolari’, nel senso che il bilanciamento dei nostri modi di suonare è migliorato, non abbiamo più percepito l’eccezionalità dell’evento come poteva essere nel 2014. Allora c’era stata qualche variazione in più nelle prestazioni da una data all’altra, nell’ultima tranche di esibizione siamo stati più omogenei, indubbiamente siamo tornati ad avere un affiatamento musicale ed umano migliore. Siamo arrivati più ‘allenati’ a questa serie di appuntamenti. Inoltre, e questo vale per entrambe le tournee, l’aver prediletto i festival e solo poche date, ci ha consentito di vivere l’esperienza con molta rilassatezza, avendo un’intera crew a nostra disposizione, la possibilità di suonare un nostro concerto per intero senza subire alcun taglio, la disponibilità di un’organizzazione in grande stile che ti fa sentire in pieno comfort in ogni istante.

QUEST’ANNO SUONERAI IN AUSTRALIA, NON PROPRIO UNA TUA META ABITUALE PER I CONCERTI. HAI QUALCHE ASPETTATIVA PARTICOLARE LEGATA A QUESTO TOUR, CHE TI VEDRÀ ESIBIRSI IN POSTI DOVE NON SEI MAI STATO, O SEI PASSATO SOLO DI RADO IN PASSATO?
– Non ho mai suonato in Australia, ma so che, come in tutti gli altri paesi dove sono stato finora, troverò davanti a me delle persone che condividono esperienze e una mentalità simile a quella di qualsiasi altro metallaro del pianeta. Chi ascolta questo tipo di musica può provenire da ceppi culturali molto diversi, eppure in qualche modo avrà delle somiglianze con altri individui che stanno molto lontani geograficamente. I gruppi con si è cresciuti sono spesso gli stessi, questo porta ad avere un comune orientamento e ad avere alcuni capisaldi che chi non ascolta heavy metal non può avere.

 

0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.