“When We Are Forgotten”, il sesto album degli Imperium Dekadenz, ci ha presentato una realtà musicale dallo stile sempre più variegato e personale. Il black metal dai toni epici per cui il duo tedesco era diventato un’istituzione nell’underground europeo ha assunto lineamenti meno rigidi, incorporando influenze diverse e un’atmosfera malinconica sempre più pronunciata. Un sound che scava nell’animo di questi musicisti, mettendo in primo piano un’espressività che tende a svincolarsi da ogni condizionamento e restrizione di genere. Ne parliamo con Vespasian, uno dei due polistrumentisti dietro al monicker Imperium Dekadenz…
SONO TRASCORSI TRE ANNI DAL VOSTRO ULTIMO ALBUM, UN LASSO DI TEMPO NORMALE PER VOI. HO L’IMPRESSIONE CHE SIATE UNA BAND CHE LAVORA SENZA ALCUN TIPO DI PRESSIONE, LIMITANDO AL MASSIMO LE INFLUENZE ESTERNE. DUBITO INSOMMA CHE LA VOSTRA NUOVA ETICHETTA, LA NAPALM RECORDS, VI ABBIA MESSO IL FIATO SUL COLLO. COSA AVETE FATTO IN QUESTI ULTIMI ANNI?
– Abbiamo pubblicato “Dis Manibus” nell’agosto 2016. Dopo la sua pubblicazione abbiamo iniziato a promuovere l’album dal vivo. Abbiamo suonato a festival come Wacken, Gothoom, Wave Gothic Treffen… siamo andati in tour con gli Enslaved e abbiamo anche tenuto i nostri primi due concerti in Italia. Inoltre, abbiamo iniziato a lavorare su nuove idee. Abbiamo scritto più cose che mai. È stato un momento molto creativo. All’inizio del 2018 abbiamo firmato per Napalm Records. Quindi, nell’ottobre 2018, abbiamo avviato la produzione di “When We Are Forgotten”, quando siamo entrati negli Iguana Studios per le registrazioni di batteria. Non vi è infatti stata alcuna pressione da parte della Napalm Records. Come sempre, l’etichetta ha ascoltato le prime note dell’album quando abbiamo inviato loro il master finale.
AVETE UNA SORTA DI ROUTINE QUANDO SI TRATTA DI LAVORARE A NUOVA MUSICA? SUPPONGO ABITIATE NELLA STESSA ZONE: VI VEDETE REGOLARMENTE E SUONATE INSIEME, OPPURE USUFRUITE DELLA TECNOLOGIA, SCAMBIANDOVI FILE ONLINE?
– Devo dire che non siamo quel tipo di band che scrive canzoni nella sala prove. Di tanto in tanto è successo, ma non è così che funziona oggi per noi. Horaz e io possediamo dei piccoli studi e di continuo lavoriamo a nuove idee. Arriviamo spesso ad inviarci intere canzoni, piuttosto che riff. Questo è il modo più comodo di lavorare per noi, al momento. Una volta composta la base, ci troviamo per discutere delle canzoni e definiamo insieme gli arrangiamenti. Viviamo entrambi nella Germania meridionale, ma a causa dei nostri lavori vi è spesso una distanza di circa 270 km tra di noi. Siamo quindi costretti a pianificare ogni passo in modo molto preciso. Per gli arrangiamenti finali ci incontriamo nei nostri studi o nella nostra sala prove nella Foresta Nera e in quella sede diamo gli ultimi ritocchi ai brani prima di considerarli pronti.
MENTRE LE VOSTRE PRIME USCITE ERANO DEVOTE AD UN BLACK METAL PIÙ TRADIZIONALE, ANCHE SE EPICO E MELODICO ALL’OCCORRENZA, CON IL PASSARE DEGLI ANNI AVETE PROPOSTO UN SOUND SEMPRE PIÙ VARIEGATO. IL NUOVO ALBUM, IN PARTICOLARE, È DAVVERO MELODICO E MALINCONICO A TRATTI. COSA VI HA PORTATO SU QUESTA DIREZIONE?
– Devo dire che questa volta abbiamo composto molte più canzoni del solito. Non eravamo mai arrivati al momento di registrare con così tanto materiale pronto. Alla fine abbiamo dovuto scegliere tra molte canzoni, una situazione che molti potrebbero definire un vantaggio, ma che per noi è stata difficile da gestire, visto che ci eravamo innamorati di tantissimi di quei brani. Per fare una selezione abbiamo deciso che il nuovo album avrebbe dovuto contenere i pezzi più cupi e intimi, nonché quelli con meno parti epiche e riferimenti storici. Semplicemente, non abbiamo voluto ripeterci. Abbiamo scritto così tante canzoni lunghe ed epiche nel corso degli anni, questo era il momento giusto di provare cose diverse e nuove. Abbiamo voluto metterci alla prova.
COME DESCRIVERESTI LA VOSTRA EVOLUZIONE E LA RICERCA DI UN SUONO PERSONALE PER GLI IMPERIUM DEKADENZ?
– Con gli anni si matura come esseri umani. L’arte è come un riflesso di questo processo. Certo, agli esordi siamo stati influenzati parecchio dal black metal della metà dei primi anni Novanta, ma non abbiamo mai davvero emulato un gruppo in particolare. Siamo stati fortunati ad essere in grado di definire il nostro stile nelle prime fasi della carriera della band. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di creare arte colma di passione e di quella speciale atmosfera malinconica che negli anni è diventata una delle nostre caratteristiche. A conti fatti, cerchiamo sempre di migliorare in ogni disciplina: songwriting, produzione, ecc. Non si finisce mai di imparare.
HO PARTICOLARMENTE APPREZZATO LA CANZONE “TRANSCENDENCE”: È NOTEVOLE COME SIATE RIUSCITI A COMPORRE UN BRANO MOLTO ORECCHIABILE SENZA PERDERE DI VISTA LA VOSTRA SOLITA ATMOSFERA…
– Adoro quella canzone! Si tratta di un pezzo nato all’improvviso, quasi per magia. Non abbiamo quasi toccato niente dopo avere preparato la prima bozza. È stato Horaz ha proporre i riff e l’arrangiamento, mentre io ho curato le parti di batteria e di basso. Sono rimasto sorpreso da quanto è stato semplice confezionare il brano: a volte lavori sulle canzoni per settimane senza fare grandi passi in avanti, ma questa è venuta fuori così rapidamente nella sua forma finale che ancora mi dà da pensare. Davvero una grande sorpresa.
DI COSA PARLA IL DISCO? “WHEN WE ARE AFORGOTTEN” È UN TITOLO MOLTO SUGGESTIVO.
– “When We Are Forgotten” è il nostro primo album a non avere alcun background storico: si tratta di un’opera molto più personale e riflessiva. Eravamo un po’ stanchi dei riferimenti storici nei nostri testi, perché quelle parole non sempre comunicano qualcosa all’ascoltatore. Il nostro obiettivo in questo caso è stato diventare più intimi e più oscuri: abbiamo voluto avvicinarci alle nostre anime e penso che tale obiettivo sia stato raggiunto. Gli argomenti principali sono riflessione e trasformazione. Cosa ci lasceremo alle spalle quando un giorno non ci saremo più? Cosa rimarrà quando saremo dimenticati?
SIETE INSTANCABILI COMPOSITORI DI MUSICA. SI PUÒ DIRE LO STESSO DI VOI COME ASCOLTATORI?
– Sono sempre interessato a scoprire e ascoltare nuova musica. Mi reputo un nerd musicale e voglio sempre conoscere tutte le novità nella nostra scena. Non credo mi stancherò mai di restare aggiornato. Di contro, ultimamente non ho molta voglia di andare a vedere concerti. Mi limito ad eventi speciali, perché vediamo già moltissime band quando siamo in tour.
ULTIMAMENTE A QUALI PERIODI O STILI MUSICALI TI TROVI MAGGIORMENTE ATTRATTO COME ASCOLTATORE?
– Mi piacciono molti stili diversi. La cosa più importante per me è provare delle vere emozioni mentre ascolto nuova musica. Sono assolutamente interessato a quasi tutti i tipi di metal, ad eccezione di quel metal moderno che fa saltellare la gente, oppure quel pop con le tastiere mascherato da metal… ci siamo capiti! Sono un grande fan di musica ambient, in particolare di dark ambient, e anche di musica classica. Sono anche un grande fan dei Motörhead, una delle band più importanti della mia vita. E poi adoro il vecchio blues! Come puoi vedere ho la mente molto aperta.
GLI IMPERIUM DEKADENZ SONO ANCHE NOTI PER ESSERE UN DUO. AVETE MAI PENSATO DI ALLARGARE LA FORMAZIONE E DIVENTARE UN GRUPPO NEL SENSO PIÙ CLASSICO?
– Non abbiamo mai pensato di diventare un ‘gruppo completo’, e posso dirti perché: un uomo saggio una volta disse di non cambiare mai qualcosa che già va benissimo. Abbiamo un ottimo metodo di lavoro come duo: ci capiamo al volo, entrambi possiamo suonare diversi strumenti, scrivere e produrre canzoni. Certo, a volte discutiamo, ma questo è normale e importante per i processi creativi. Non vogliamo avere a che fare con altre personalità. I nostri ego sono sicuramente già abbastanza grandi (ride, ndR)!