IN FLAMES – Identità nascoste

Pubblicato il 06/03/2019 da

Come succedeva una volta al Totocalcio, il 13° album in casa In Flames sembra aver portato fortuna alla più chiacchierata formazione di Gothenburg, da tempo costruita ad immagine e somiglianza del lider maximo Friden ma mai come stavolta intenta a miscelare vecchio e nuova, con il barbuto singer sempre più a suo agio nel ruolo di mattatore dietro al microfono e il sodale Gelotte a mantenere l’unione con il passato (ovviamente prossimo e non remoto). Ed è proprio lo storico chitarrista a raccontarci la genesi di “I, The Mask”, album destinato come sempre a far discutere ma anche a conquistare vecchi e nuovi fan, compreso forse qualche nostalgico dell’era Jesper…

DOPO DUE DISCHI ‘CONTROVERSI’ COME “SIREN CHARMS” E “BATTLES” SEMBRA DI ESSERE TORNATI AL MOOD DI “SOUNDS OF A PLAYGROUND FADING”: COSA E’ CAMBIATO?
– Abbiamo imparato un sacco durante le registrazioni di “Siren Charms”, svoltesi durante l’inverno a Berlino, quando tutto intorno a noi era grigio e freddo, e credo che questo abbia influito sul mood del disco. Per questo la volta volta dopo abbiamo contattato diversi produttori e, dopo aver scelto Howard Benson, ci ha proposto di andare a registrare nella soleggiata California, in un ambiente davvero divertente che sicuramente ha stimolato la nostra creatività.

QUESTA E’ LA SECONDA VOLTA CHE LAVORATE CON HOWARD BENSON, COME SONO CAMBIATE LE COSE RISPETTO A “BATTLES”?
– La prima volta non sapevamo cosa aspettarci, avendo lavorato con diversi produttori con approcci molto diversi, ma tutti molto ‘protettivi’ nei confronti del sound In Flames. Ai tempi di “Battles”, siamo arrivati con già parecchie idee sviluppate e definite, ma quello che abbiamo imparato lavorando con Howard Benson e il suo team è di essere molto aperti, cosa che abbiamo fatto stavolta lasciando che le idee venissero fuori durante le registrazioni, e siamo molto contenti di come sono andate le cose in studio.

COS’E’ SUCCESSO CON IL VOSTRO BATTERISTA, JOE RICKARD? E COME AVETE TROVATO IL SUO SOSTITUTO, TANNER WAYNE?
– Essenzialmente ha avuto problemi alla schiena: inizialmente sembrava un problema limitato, ma il fatto di essere sempre in tour ha acuito il dolore e quindi sostanzialmente ha dovuto smettere di suonare, il che è un vero peccato. Per quanto riguarda Tanner Wayne, ce lo ha segnalato Joe stesso in quanto erano amici, e lo conoscevamo anche noi visto che era il tecnico della batteria degli Of Mice & Men durante il tour europeo fatto insieme. Sapevamo che era un ragazzo in gamba ma non che fosse anche un grande batterista, quindi siamo stati ancora una volta fortunati.

INVECE COSA CI PUOI DIRE DI BRYCE PAU, IL NUOVO BASSISTA?
– Anche Bryce è un amico di Joe, quindi dobbiamo ringraziarlo due volte (risate, NdA). Quando Peter ci ha comunicato la sua decisione di lasciare la band, abbiamo iniziato a guardarci in giro preoccupati di trovare non solo un grande bassista, ma anche qualcuno con cui lavorare bene a livello umano, dato che dovremo passare un sacco di tempo insieme. Anche in questo caso devo dire che siamo stati fortunati, perchè l’intesa con Bryce è ottima sia on stage che in generale.

COME GESTITE IL FATTO DI ESSERE DIVISI TRA SVEZIA E CALIFORNIA?
– In realtà non è un problema, dato che siamo così spesso in tour che quando siamo a casa non abbiamo necessità di stare vicini per provare. Per l’uscita del nuovo disco abbiamo provato qualche giorno prima del tour, ma poi avremo modo di passare mesi insieme sul palco, quindi la distanza non è un problema.

NIKLAS ENGELIN E GLI ALTRI HANNO DATO UN CONTRIBUTO, O AVETE FATTO TUTTO TU E ANDERS?
– Anche stavolta abbiamo fatto tutto noi due. Quando siamo partiti per gli Stati Uniti per la verità avevamo solo qualche idea, ma come detto sapevamo che la creatività sarebbe venuta fuori durante le registrazioni stesse, quindi non abbiamo sentito alcuna pressione. Pensa che l’ultima canzone è stato composta il sabato prima che chiudessimo le registrazioni, quindi è stato veramente un processo iterativo.

COSA CI PUOI DIRE INVECE DEL TITOLO E DELL’ARTWORK, DOVE RITORNA IL JESTER DOPO UN PO’ DI TEMPO IN SECONDO PIANO?
– E’ un po’ diverso stavolta: c’è una storia che parte dai testi e si lega all’artwork, anche perchè Blake Amstrong, l’artista che ha curato i nostri ultimi artwork, lo ha fatto realizzando i bozzetti in parallelo alla scrittura dei testi. Per quanto riguarda il senso del titolo, fa riferimento alla maschera che ognuno di noi indossa nella vita di tutti i giorni, anche perchè non capita quasi mai di presentarsi la prima volta per quello che si è veramente, soprattutto oggi nel mondo digitale dove tutti noi mostriamo solo il meglio come quando siamo in spiaggia sotto il sole, e non quando siamo bagnati fradici sotto la pioggia. Questo può essere positivo perchè decido io cosa far vedere di me, ma al tempo stesso dà un’immagine distorta della realtà.

UNA BUONA PARTE DEL DISCO E’ FATTA DA CANZONI COME LA TITLETRACK, “I AM ABOVE” E “BURN” CHE RIPRENDONO IL LATO PIù HEAVY DI META’ CARRIERA, COSA CHE SICURAMENTE FARA’ FELICE MOLTI FAN SE NON DELLA PRIMA ALMENO DELLA MEDIA ORA…
– Non abbiamo mai ascoltato quello che ci chiede la gente, anche perchè ci sarebbero troppi opinioni diverse: se ti piacciono i dischi vecchi ascoltali pure, se non ti piacciamo ci sono milioni di altre band da seguire. Per noi è importante fare quello che ci piace, così anche se la gente ti critica tu comunque sarai in pace con te stesso. Non siamo soliti scrivere in tour ma ci piace prendere il nostro tempo, e la nostra scrittura deve rappresentare quello che siamo in quel momento come band. Ovviamente se prendi “The Jester Race” e lo metti vicino ad “I, The Mask” c’è una forte differenza tra i due, ma questo perchè nel frattempo sono cambiate un sacco di cose e siamo cambiati noi stessi, abbiamo imparato disco dopo disco e siamo arrivati dove siamo oggi.

IN EFFETTI SIETE AL TREDICESIMO ALBUM, MA E’ QUASI IMPOSSIBILE TROVARNE DUE UGUALI NELLA VOSTRA DISCOGRAFIA: QUAL E’ IL VOSTRO SEGRETO?
– L’unico modo per restare freschi è suonare quello che ti piace, perchè se provi a fare compiacere qualcuno finisci o col farlo male o con l’annoiarti, perchè non è che quello che vuoi fare davvero. Con questo approccio è naturale essere sempre in evoluzione, e lo vedi dal mio sorrisone sul palco che ci divertiamo ogni sera, perchè suoniamo quello che ci piace più di ogni altra cosa in quel momento.

ABBIAMO PARLATO DEL LATO HEAVY, MA CI SONO ANCHE TRE BALLAD, TRA CUI L’ULTIMA (“STAY WITH ME”) VERAMENTE TOCCANTE A LIVELLO DI ARRANGIAMENTI…
– Esatto, è questa è la cosa che mi rende più orgoglioso come musicista, che sullo stesso disco ci siano due pezzi come “I, The Mask” e “Stay With Me”, completamente diversi tra loro ma egualmente rappresentativi di chi siamo. Ci sono voluti un po’ di anni per arrivare a questo punto, ma credo che sia giusto avere pezzi heavy e come contrappasso qualcosa di più morbido, altrimenti se è tutto veloce si perde un po’ di equilibrio, secondo me.

ORA AVETE ANCHE UN VOSTRO FESTIVAL: COM’E’ CURARE ANCHE L’ASPETTO ORGANIZZATIVO, E COME AVETE SCELTO LA LOCATION?
– La location innanzitutto è veramente magica: devi andare lì per apprezzarla, perchè un video o una foto non rende l’idea. E’ il posto dove siamo andati in vacanza per una decina d’anni, finchè non abbiamo pensato di organizzarci uno show. E’ qualcosa che abbiamo pensato per anni ma non c’è mai stato il tempo, finché l’anno scorso non abbiamo deciso di organizzarlo noi, curando l’aspetto organizzativo con gente del posto e chiamando un po’ di amici a suonare con noi. E’ stato veramente bello l’anno scorso e non vediamo l’ora di rifarlo quest’anno!

NELLE DATE DEL TOUR FINORA SCHEDULATE NON FIGURA L’ITALIA…QUANDO VI DOBBIAMO ASPETTARE?
– Per ora abbiamo solo date in UK e Francia prima dei festival, ma sicuramente saremo in Italia e nel resto d’Europa, probabilmente già quest’anno.

SEI ANCORA IN CONTATTO CON I TUOI EX COMPAGNI DI BAND?
– Con Peter ci vediamo spesso dato che viviamo nella stessa città e abbiamo un ristorante insieme. Con Daniel un po’ meno, dato che entrambi abbiamo le nostre cose da mandare avanti, dato che lui ora ha un birrificio insieme sempre a Peter (non risponde su Jesper, NdA).

E CHE MI DICI DI JESPER? HAI SENTITO QUALCOSA DEI CHYRA?
– Sì, ho sentito le demo di qualche pezzo prima dell’uscita….è molto ‘poppy’, ma va bene così: come dicevo prima ognuno è libero di fare quello che gli piace e io non sono nessuno per giudicare il lavoro degli altri, e come dicevo so quanto è importante suonare quello che ti fa sentire bene.

L’ANNO PROSSIMO FESTEGGERAI IL QUARTO DI SECOLO CON GLI IN FLAMES… COSA TI ASPETTI PER I PROSSIMI 25 ANNI?
– Nessun piano, se non continuare a fare quello che ci piace, e se sarà così tra tanti anni tanto meglio, anche perchè al momento non vedo nessun motivo per cui non dovrebbe essere così!

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