In ambito heavy classic la sorpresa dell’anno è arrivata senza ombra di dubbio dagli svedesi In Solitude. Se i Nostri già in passato avevano dimostrato di avere diverse frecce al proprio arco, con il terzo studio album “Sister” hanno fatto un centro clamoroso, andando ben oltre le più rosee aspettative di chiunque. Ingaggiato il producer Martin Ehrencroma che si inventa un sound perfettamente calzante sulla band, i ragazzi tirano fuori dal cilindro un lavoro estremamente cupo ed oscuro, andando a reinterpretare il sound ossianico dei Mercyful Fate in un’ottica settantiana e darkeggiante ma con un impatto moderno e a tratti quasi estremo. In questo gli In Solitude hanno qualitativamente sorpassato i lavori di Ghost e Portrait, band che da tempo fungono da pietra di paragone per il genere, per la rabbia di Gottfrid Åhman, nostro interlocutore in questa intervista. Gottfrid però non dimostra mai livore o tracotanza ed è anzi pronto ad ammettere che in passato la band avrebbe potuto fare di meglio. Rimane il fatto che oggi come oggi gli In Solitude sono una delle migliori band classic heavy in circolazione e da loro da ora in poi ci si dovranno attendere grandi cose.
IL VOSTRO NUOVO ALBUM E’ FANTASTICO, UN GROSSO PASSO IN AVANTI RISPETTO AI PRECEDENTI. IN COSA “SISTER” DIFFERISCE DAI VOSTRI VECCHI LAVORI?
“E’ più centrato e diretto. Un’esperienza da pistola puntata alla tempia. Proprio l’altro giorno Henrik mi ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere: il nostro precedente ‘The World, The Flesh, The Devil’ pareva un lavoro che parlava di nostalgia e di una ricerca di qualcosa o di qualche luogo ed in un certo senso questa era proprio la sensazione generale che trasmetteva. Con ‘Sister’ siamo arrivati in quel luogo che abbiamo tanto desiderato, il nostro universo, ed il tema della ricerca interiore e del viaggio è molto più presente ora che non in passato. Mettiamo in discussione le nostre stesse esistenze. E non sto parlando dei testi, ma proprio delle sensazioni generate dalla musica. Noi siamo ‘Sister’. Questa è la mia interpretazione perlomeno, dato che non so cosa passasse per la testa di Pelle mentre scriveva i testi”.
AVETE TROVATO DIFFICOLTA’ NEL COMPORRE L’ALBUM SENZA DOVER RICICLARE IDEE GIA’ USATE IN PASSATO?
“Col tempo ho imparato che le sessioni di scrittura sono sempre differenti e presentano quindi difficoltà differenti. Molto dipende da ciò che stai facendo della tua vita in quel dato momento e dalle condizioni del tuo stato mentale. All’inizio è stato difficile, ma poi ad un certo momento abbiamo iniziato a scrivere molto agevolmente e con estrema naturalezza. Tutto poi è stato molto rapido. Non so cosa sia successo in un dato momento per giustificare un cambiamento tanto repentino, me lo sto ancora chiedendo”.
ABBIAMO SENTITO NELLA VOSTRA MUSICA ECHI DI MERCYFUL FATE, COVEN E PERFINO ANGEL, AD ESEMPIO NEI CORI DI “PALLID HANDS”. IN REALTA’ QUALI SONO LE VOSTRE PIU’ GRANDI INFLUENZE?
“Davvero hai sentito gli Angel? Dovrò controllare. Credo che ogni cosa che ascoltiamo e che ci piace ci possa influenzare. Ma alcune band molto presenti mentre scrivevamo l’album sono state The Sound, Scott Walker, David Bowie, The Swans, Black Sabbath e Mayhem, giusto per fare qualche nome”.
IN PASSATO AVETE LAVORATO CON FRED ESTBY: COME MAI AVETE DECISO DI CAMBIARE PRODUTTORE? NON ERAVATE SODDISFATTI?
“Abbiamo amato il lavoro di Fred, ma quel che è stato è stato ed ora bisogna guardare avanti. Credo che sia importante provare a lavorare con gente nuova ed in nuovi ambienti. Ci piacerebbe lavorare con Ehrencrona anche sul prossimo album ma, come ho detto prima, riteniamo importante cambiare e quindi è possibile che cercheremo un altro studio di registrazione in futuro”.
RITENIAMO CHE MARTIN EHRENCRONA ABBIA SVOLTO UN LAVORO EGREGIO, PORTANDO DELLA FRESCHEZZA NEL VOSTRO SOUND PIUTTOSTO CLASSICO. FORSE IL FATTO CHE LUI ABITUALMENTE NON LAVORI CON BAND METAL GLI HA PERMESSO DI TROVARE UN SOUND FUORI DAI CLASSICI CANONI HEAVY?
“Sì, credo di sì. Considera però che lui è cresciuto ascoltando black e punk e conosce e capisce il mondo metal. La prima cosa che ho visto quando siamo entrati nel suo studio era una copia in LP di ‘Summon The Dead’ dei Flames appesa alla parete, buon segno. D’altra parte era anche la prima volta che lui registrava con una band heavy metal, quindi è stata per lui una ventata di freschezza. Inoltre, punto fondamentale, ha subito compreso la nostra visione su come dovesse suonare l’album, ovvero esattamente come noi, e ci ha dato quel suono”.
“SISTER” E’ SENZA DUBBIO IL VOSTRO ALBUM PIU’ OSCURO, AD INIZIARE DAL COVER ARTWORK. CHI SE NE E’ OCCUPATO?
“Lo stesso Pelle ha curato l’artwork, anche se la cover è una fotografia tratta da un film (che non ha nulla a che vedere con l’album, quindi non dirò nemmeno di che pellicola si tratta). Ma tutto è stato fatto a mano da Pelle”.
LE OSPITATE DI JARBOE E DI PELLE FORSBERG DEI WATAIN HANNO RESO IL VOSTRO ALBUM ANCORA PIU’ OSCURO. COME LI AVETE CONTATTATI?
“Abbiamo incontrato Jarboe un paio di volte quando eravamo in tour negli States. E’ una buona amica del nostro manager e siccome noi siamo grandissimi fan degli Swans l’abbiamo invitata ai nostri concerti. Lei è venuta e si è intrattenuta molto a parlare con noi. Abbiamo parlato talmente tanto che alla fine non ci è stato difficile chiederle di cantare su ‘Sister’. Forsberg è un caro amico da anni e quando stavo scrivendo le parti che lui poi ha suonato ho pensato molto a ‘Casus Luciferi’ ed all’impatto che ha avuto quel lavoro sulla mia vita. Quando abbiamo provato il brano per la prima volta, Henke ha detto immediatamente che quella melodia l’avrebbe dovuta suonare Forsberg, e così è stato”.
PELLE HA MOLTO MIGLIORATO IL SUO MODO DI CANTARE. PRIMA DI “SISTER” MOLTI LO CONSIDERAVANO UN CLONE DI KING DIAMOND, MENTRE ORA HA FATTO VEDERE A TUTTI IL SUO POTENZIALE. CONCORDI?
“A dire il vero io non l’ho mai considerato un clone di King Diamond ma sì, esattamente come la nostra musica, anche la sua voce ha tirato fuori il carattere. Pelle è uno dei miei cantanti preferiti in assoluto”.
IL VOSTRO NOME E’ SPESSO AVVICINATO A QUELLO DI GHOST E PORTRAIT: COSA NE PENSI?
“Posso capire il paragone se ci fermiamo all’ascolto del nostro primo album, ma no, non capisco come ora la gente continui a paragonarci quasi ossessivamente a quelle band. Credo che suoniamo musiche molto differenti. Ma credo sia facile per la gente stupida ed ignorante fare certi paragoni solo perché le nostre proposte si incentrano su tematiche sataniste. Così facendo non devono sforzarsi molto per pensare”.
A PROPOSITO DEL VOSTRO ESORDIO, SAPPIAMO CHE E’ STATO RISTAMPATO DA POCO. CREDI CHE NEL VOSTRO CATALOGO CI SIANO CANZONI CHE MERITEREBBERO PIU’ ATTENZIONE?
“Credo ci sia dell’ottima roba contenuta nel nostro esordio, ma successivamente abbiamo fatto meglio di quanto avessimo potuto fare in un’età compresa tra i sedici e i ventitré anni. Mi viene difficile relazionarmi oggi con quei brani. Credo continueremo a suonare ‘Witches Sabbath’ e mi piacerebbe reinserire nelle scalette ‘Temple Of The Unknown’, uno dei nostri brani più originali. Credo però che dovremmo mettere ancora un po’ più di strada tra noi ed il nostro esordio per poter tornare ad apprezzarlo ancora pienamente”.
AVETE DIVISO IL PALCO CON AMON AMARTH, BEHEMOTH, THE DEVIL’S BLOOD E DOWN TRA GLI ALTRI. CHI SECONDO VOI DA IL MEGLIO IN SEDE LIVE?
“Degial, Watain e The Devil’s Blood. Tre delle migliori band del pianeta, con le quali siamo in ottimi rapporti e con le quali è stato un onore suonare. Passare insieme ventiquattr’ore ore al giorno sette giorni su sette ed assistere vicendevolmente agli show degli altri è una cosa che non ha prezzo”.
GRAZIE PER L’INTERVISTA, A TE LA CHIUSURA.
“A buried son for your desolated heart
We’re reaching backwards
You took a cloven bow
to slit your tender veins
Oh how we laughed”.