Negli ultimi anni Michele Venezia, meglio conosciuto come Agghiastru, è tornato a far parlare di sé, tramite una serie di spettacoli dal vivo concentrati su Inchiuvatu, Lamentu e lo stesso Agghiastru solista.
Non possiamo nemmeno tentare di dissimulare l’importanza che la cosiddetta ‘scena mediterranea’ ha avuto per il metal estremo italiano (e non solo), con intuizioni geniali in svariati contesti musicali, a partire dall’idea di black metal legato al folklore locale come risposta ad un modello dominante come quello scandinavo.
Oltre a questo, le origini di Inchiuvatu sono molto lontane nel tempo e se il debutto discografico proprio è avvenuto solo nel 1997, il progetto si muoveva in ambito underground già da tempo (il primo demo è del 1993, per intenderci, agli albori del black metal a livello internazionale).
Dopo quel capolavoro che è stato “Addisìu”, Agghiastru non si è certamente fermato, creando attorno a sé ulteriori realtà musicali (anche molto varie fra loro) come Ultima Missa, Astimi, La Caruta Di Li Dei e altre ancora. Istrionico, esagerato, volutamente provocatorio, Agghiastru ha fatto con noi il punto della situazione sul passato, sul presente e sul futuro della sua proposta artistica, non disdegnando giudizi e opinioni forti. A proposito, ci ha lasciato anche un particolare preambolo alla sua intervista – che ha voluto fosse realizzata per iscritto, per poter esprimersi al meglio – che vi invitiamo a leggere:
“Avvertenze: quest’intervista sarà volutamente prolissa e piena di citazioni, nella speranza di incuriosire qualche giovinastro figlio di questa de-generazione di sciagurati. Ce n’è d’avanzo se si vuol curiosare e arricchirsi andando a scoprire nomi, artisti, opere, dischi, eccetera. Buona lettura, in un tempo in cui è meglio mettere ampie fotografie e didascaliche indicazioni per decerebrati”.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA SEMPLICE, OVVERO IL CICLO DELLE RISTAMPE ATTUALMENTE IN CORSO. PERCHÉ QUI E PERCHÉ ORA? PERCHÉ NON E’ ACCADUTO CINQUE ANNI FA O ACCADRA’ FRA CINQUE ANNI?
– Dunque, ormai è noto, ho un socio occulto, anzi, dei soci. Si sono presentati degli sceicchi – sai che vogliono mettere le mani un po’ dappertutto: hai presente questa strana voglia di conquista dell’Occidente a suon di petrodollari? Ecco. Ma ho spiegato loro che, proprio questa mania di prendersi l’Occidente, ‘all’occidentale’, poi altro non fa che del loro agire dei conquistati.
In pratica, così facendo, anziché affermarsi si stanno di fatto suicidando; ma sai come sono, vogliono il calcio, le macchine da corsa, l’arte… insomma, hanno buttato l’occhio pure sul metal estremo e vogliono anche prendere quello. E quale miglior occasione della cosiddetta ‘Mediterranean scene’ a fare da ariete, un po’ più vicina a quel gusto terroncello in stile deserto nordafricano? Insomma, si son presentati con tre dromedari carichi di soldi e, perché non dovevo cedere io? Tremate fan del true norwegian black metal, presto Mother North avrà un’altra sede, d’altronde i più acuti osservatori hanno già notato come sempre più date live dei ‘cattivissimi blacksters’ vengono schedulate un tantino troppo più a Sud.
LE RISTAMPE FANNO OVVIAMENTE PARTE DI UN PERCORSO CHE È DAVVERO INIZIATO NEGLI ULTIMI ANNI CON LO SPETTACOLO CHE STAI PORTANDO IN GIRO DAL VIVO. SONO QUINDI UNA CONSEGUENZA? SAREBBERO STATE COMUNQUE IN PROGRAMMA?
– Me ne stavo tranquillo a discutere coi miei amici su come hanno risolto il conflitto angolare dell’ordine dorico quando, nel 2019, i ragazzi del Frantic Fest vollero a tutti i costi coinvolgere Inchiuvatu in una serata speciale, celebrando tutto “Addisìu”. Era ancora caldo, mi dicevano, il ricordo di un concerto che tenni da quelle parti nel 1998.
Mi dissi “perché no?”. D’altronde il conflitto angolare era risolto da tempo, perché non andare a mettere in scena altri conflitti!
Poi arrivò la pandemia, la siccità o una crisi economica, non ricordo… e qualcuno mi fece notare che, se avessi ripreso a suonare dal vivo, non c’era sufficientemente materiale da offrire agli avventori. Con molta calma, e grazie agli sceicchi di cui prima, attivai la possibilità di ristampare “Addisìu”, anche se le prime stampe dei miei dischi, tranne un paio di titoli, sono da sempre disponibili da anni sui miei siti internet.
Ma oggi la gente non scrive, non cerca, si è impigrita e vuole tutto sotto al naso su un social.
I TITOLI USCITI TRAMITE INCH PRODUCTIONS NEL TEMPO SONO UNA MOLE NOTEVOLE DI LAVORI. HAI GIÀ UN PIANO DI COSA SARÀ RISTAMPATO O MENO? O PROCEDERAI PIAN PIANO VEDENDO I FEEDBACK? INFINE, PENSI DI DARE FORMA FISICA ANCHE AD USCITE FINORA SOLO DIGITALI?
– Fino a quando il mio investitore poco occulto elargirà vangate di danaro, verrà ristampato un po’ tutto.
Però, su questa storia del vile denaro, voglio essere molto serio: tutti questi soldi non mi necessitano affatto e li devolverò alla Lega del Filo d’Orlo, per un ritorno all’uso consapevole del cilindro e del frac.
Aveva che dire Augusto: “Cesare edificò Roma in possenti mattoni, io ve la lascio in pregiato marmo”. Si lamentava in Senato di come vestivano male i romani. Anch’io penso che sia il caso di vestirci tutti meglio, specie ai concerti metal. Amavo quell’aria dark-gotica dei primi anni ’90.
Che altro dirti, dal 2017 ad oggi, tra Inchiuvatu e il resto della scena mediterranea ho in un cassetto almeno venti album, solo da mixare e stampare. Scrivo e registro tutti gli strumenti di un album in trentatré giorni, tutto da solo, pensa che bravo! Diciamo che sono uno che si annoia parecchio.
Non ho piani né mi interessano i feedback: come al solito, procederò a sentimento.
Artista: Inchiuvatu | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 17 agosto 2023 | Evento: Frantic Festival | Venue: TikiTaka Village | Città: Francavilla al Mare (CH)
NONOSTANTE TU ABBIA SEMPRE CONTINUATO A PRODURRE E PUBBLICARE MUSICA, CI SONO STATI PERIODI IN CUI SEI STATO MENO PRESENTE SUL MERCATO E NON TI SEI ESIBITO DAL VIVO.
IPOTIZZANDO QUESTO PERIODO COME UNA SORTA DI ‘RITORNO’ – ANCHE SE COME DETTO NON TE NE SEI MAI PROPRIAMENTE ANDATO – TROVI UN MERCATO DIFFERENTE? A LIVELLO DI FRUIZIONE, DI PUBBLICO, DI SISTEMA?
I PRIMI ’90 DI INCHIUVATU SONO UN LONTANO PASSATO…
– Curiosa questa cosa che certifica la mia esistenza. Poiché non sono stato presente nel mercato, secondo le modalità del mercato, esisto e non esisto. Come il gatto di Schrödinger, apparentemente vivo e morto nell’istantanea che ne fa l’osservatore.
Coerentemente con chi fa arte, infrangendo le regole, ho sempre prodotto e pubblicato musica, creato spettacoli, incontri e quant’altro: basta cercarmi, desiderarmi, accogliermi. Se la gran parte della gente si è distratta, è un problema loro, non può essere certo colpa mia.
Sul finire degli anni ’80, era ancora evidente in un giornale una linea editoriale, il quale selezionava valenti giornalisti; essi a loro volta andavano alla ricerca di chi veramente potesse dire qualcosa di interessante ai propri lettori. Uno di questi, a suo modo, è stato Renzo Arbore che – con trasmissioni televisive come “Doc” sulla Rai – fece conoscere all’Italia musicisti come Pat Metheny. Arbore era un talent scout.
Da quando nei primi anni ’90, un “Metal Shock” recensì positivamente un mio demo, pensai – in linea con Arbore – che qualcuno ritenesse che la mia musica potesse valere qualcosa e, da allora, ho sempre atteso che gli altri accendessero su quel che valevo un riflettore. Mica mi devo scomodare io per farmi conoscere, assurdo! Dunque, io sono vivo o morto a secondo di chi guarda. O potremmo dire che, oggi, questa morente società non è capace di distinguere cosa è vivo e cosa è morto? Se Metalitalia.com in maniera del tutto spontanea ha ritenuto opportuno accendere un riflettore sulla ristampa di “Addisìu”, gli va dato atto che, come Arbore, ritiene onorevole avere questa intervista sul proprio sito. Ed io concordo.
Veniamo alla seconda parte della tua domanda: certo che i primi anni ’90, per tutti, sono un passato lontanissimo. Dico sempre che sarebbe ora di iniziare a ragionare con A.I. e D.I. (avanti internet e dopo internet).
Aggiungo: nel debut album di Astimi – “TrinaCapronuM” del 2001 – avevo scritto un brano dal titolo “Satanet”, che altro dire? Lo spazio intercorso tra internet e oggi, rispetto a quello che c’è stato tra i primi anni ’90 e i ’70 è come paragonare millenni ad una manciata di giorni.
Per dirla meglio, mio nonno è più vicino ad un antico greco-romano di quanto un bambino nato oggi sia vicino ad un ragazzo nato negli anni ’80.
Quindi, cosa trovo di differente, a livello di mercato/sistema e fruitori? Cominci a comprendere che stai chiedendo questo ad una persona lontanissima dalla potenza di cambiamento sociale a cui stiamo assistendo? Potentissimo fu l’innesto della radice giudaico-cristiana su quella pagana, portando un cambiamento radicale nella percezione del tempo, della materia, del pensiero. Stiamo ancora cercando di capire ‘quel’ cambiamento, nonostante Nietzsche.
Questo nuovo dio, che sia mercato, web o social, in un lasso di tempo così ristretto, passerà alla storia come qualcosa di ben più oscuro ed enorme che l’avvento di un dio fattosi uomo. Posso risponderti con Heidegger: “Non siamo pronti, non abbiamo un’alternativa, non conosciamo i frutti che matureranno da tale cambiamento”. E qui si conclude la parte di risposta colta.
In soldoni, invece: non so, magari Spotify è l’Oracolo che stavo aspettando. Ci si può pubblicare qualsiasi prodotto audio, tutti possono raggiungermi lì facilmente e farmi guadagnare dei soldi. Che senso avrebbe investire ancora petrodollari in materia trasformata in supporto fisico per ascoltare musica che poi devi vendere, imballare, spedire al fine di soddisfare collezionisti famelici, inquinare ulteriormente il pianeta? Insomma, se la gente beneducata riesce a trovarti in un mare magnum e può godersi comunque tutta la tua musica o creatività senza la zavorra del supporto fisico… vedremo.
D’altronde contano le emozioni: quest’ultime sono lievi, mica viniliche. Ma è anche vero che il web, aprendo democraticamente l’orizzonte a cani e porci, ha finito col farci arrivare qualsiasi latrato da molteplici longitudini. Diciamo che il mercato avrebbe dovuto comunque selezionare? Il ragionamento però non sta in piedi. Si stava meglio quando si stava merdal!
NON HAI SEMPRE SUONATO SOLO METAL (GIÀ I TUOI DISCHI A NOME AGGHIASTRU SONO DECISAMENTE MUSICA ‘ALTRA’) IL TUO RITORNO SUI PALCHI E CON QUESTE RISTAMPE È STATO CHIARAMENTE ACCLAMATO DALLA COMUNITÀ METAL.
CHE PERCEZIONE HAI DI ESSA? E’ LA STESSA DI QUANDO PUBBLICASTI I PRIMI DEMO A NOME INCHIUVATU?
– La mia comunità metal – e sottolineo la mia – è sempre stata beneducata. Si lava, veste meglio, legge, si informa, ha preteso le traduzioni in italiano (dove possibile) dei miei testi ed è il motivo per cui oggi, ai quasi trentatrè anni di Inchiuvatu (che festeggeremo fino al 2026), mi sono deciso a brindare con loro e per loro con spettacoli, ristampe e nuove pubblicazioni. E fin qui, direi che non fa una piega.
Cosa diversa è invece la comunità metal in generale che, ahimè, non posso che giudicare fragile. L’eccesso di conservatorismo presente in essa è preoccupante e contraddittorio. Chi sceglie il metal come genere musicale – correggimi se sbaglio – lo fa per un forte senso critico (alla società, alla famiglia, alle ideologie) usando questo genere per contrapporsi, distinguersi, avere elementi di rottura col sistema e quindi bramare la novità, la sorpresa, quel qualcosa che spiazza e si innalza da tutto il resto.
Dico bene? In questi termini “Addisìu” fu, nel panorama black metal estremo, degno rappresentante di questa urgenza giovanile di rottura. Lo furono anche i norvegesi, così come prima gli americani e altri ancora.
Negli ultimi vent’anni invece a cosa abbiamo assistito? Ad una omologazione totale. Ad una aderenza cieca al Mercato (lo scrivo in maiuscolo perché ha un certo peso). Oggi l’underground, dal quale io provengo e dove permango, come lo dovrei intendere? Tutti aspirano a fare parte del sistema, ad essere visibili al e nel mercato. Ma quel che è peggio è che questo conservatorismo cela dietro di esso un aspetto ancor più terrificante e cristiano. Ossia, lo scenario della Consolazione (anche questa in maiuscolo data la tremenda postura sociale).
Cos’è oggi il metal (estremo o in generale) e tutti i relativi prodotti connessi ad esso, se non una chiara rappresentazione della disperazione che alberga nei cuori di ognuno che puntuale viene anestetizzata dall’uscita del sessantesimo album dei Darkthrone? Cosa importa cosa esso contiene? Il suo scopo non è più stupire, veicolare azioni politiche o filosofiche, anteporsi ad un sistema, essere di rottura (anti-mosh!): egli è il sistema stesso, ossia la medicina, la consolazione per quello sguardo incerto nel tuo presente.
Tutto ciò è perfettamente nichilista, previsto e analizzato da millenni: non ti sto dicendo niente di nuovo. Per cui una parte di questa comunità verrà a vedermi a teatro, senza l’ausilio di apparati musicali perché sa e desidera da me ancora quello spirito spiazzante che mi fece realizzare “Addisìu”. Io sono ancora quello, nonostante l’età disdicevole, e loro sono cresciuti con me, metal o non metal.
Per gli altri va bene l’alcol, le canne, uno psicofarmaco, del metal dozzinale, un gonfiabile, un latrare vecchia scuola, un disco su una mensola sigillato, forse interessa ancora la vagina?
DI TUTTE LE ESPERIENZE MUSICALI FATTE FINORA – TUTTE MOLTO DIFFERENTI TRA DI LORO – NE VEDI ALCUNE PIÙ INCOMPIUTE DI ALTRE? CI SONO ALCUNI TUOI LATI ARTISTICI CHE AVRESTI SVILUPPATO MAGGIORMENTE O IN MODO DIFFERENTE O MAGARI NON AVRESTI PROPRIO FATTO?
– Tu guardi ancora alla musica, alla materia, dimenticando che l’opera è lo sterco dell’artista. Sono io l’incompiuto. Non guardi l’opera di Picasso per capire l’opera stessa. Attraverso di essa, l’opera è Picasso. E non più un quadro, una scultura, un disegno.
Chi osserva un mio disco, dimentica che è interessante la mia follia, non il disco in sé. È significativo non che io canti in dialetto siciliano, ma che non canti in inglese. Ecco il punto. Da qualsiasi lato artistico, osservi sempre me, non l’opera. E dunque, ripeto, osservi la mia incompiutezza. Ho fatto cento dischi, scritto mille canzoni, prodotto spettacoli di tre ore. Che importanza ha quello che singolarmente ho fatto, conta questa assurdità di essere. La vita è assurda? Bene, purché noi si sia totalmente assurdi. E nessuno può eguagliarmi.
Risulta comune che gli artisti, siano essi attori, registi, musici o altro, non amino rivedersi, sentirsi, soffermarsi a contemplare le proprie opere. Per quanto non mi senta un artista né tanto meno un musicista, ma un’assurdità, un’anomalia, un nonsense, mi sembra di non aver fatto granché e quel che ho fatto sia tutto sommato scadente o insoddisfacente. E probabilmente guai se così non fosse, perché sarebbe esser appagati e non spinti a creare altro.
L’arte è la malattia dell’artista – senza citare Jaspers, Stendhal – ma l’arte è per l’artista la rappresentazione del suo male, della sua irrequietezza. Non mi piace il mondo lì fuori? Me ne dipingo uno sulla tela. Non amo i suoni della società? Scrivo una poesia e invento dei nuovi suoni per un disco. Non è vero che l’uomo, attraverso l’arte contempli il mondo, al contrario, ne vuole un altro.
Ecco perché gli antichi greci, popolo estremamente misurato e colto, guardavano all’arte con sospetto. Perché l’arte è sempre qualcosa di derivativo dalla bellezza naturale. Che bisogno aveva un greco di scolpire una donna nel candido marmo, quando aveva la donna deificata nel proprio letto? Solo Pigmalione poté. Ma i Greci ritenevano l’arte una falsificazione della natura.
L’Occidente, corrotto dal cristianesimo, ha dovuto ricorrere a mistificazioni di qualsiasi tipo per alleviare le pene del peccato originale. Questo mondo mi fa schifo, ma vuoi vedere che è meglio quello dell’aldilà che mi hanno promesso? Per cui l’arte si è andata configurando come qualcosa da rappresentare poiché manchevole alla nostra esistenza sulla terra. Un ideale! E cos’è uno smartphone se non una finestra, un eden, un desiderio di aldilà dal mondo reale, proprio promesso dal Cristianesimo? Avete scelto la mela, sciagurati!
Ciò nonostante, per quanto io mi sia prodigato ad edificare la mia musica per anteporla all’orrore dei suoni della società, non sono riuscito né ad alleviare il mio dramma né a rendere il dramma spettacolare o salvifico. Anzi, ho moltiplicato il problema. Ora vago in questa pièce teatrale continua alla ricerca di un’identità che non mi serve neanche più.
La mia comunità metal ha da sempre apprezzato questo mio sincero spurgare veleno, questo offrirmi in sacrificio per loro. Hanno sempre apprezzato questa mia malattia, questa mia irrequietezza, questo dramma, che io ho profuso loro durante gli spettacoli. Cosa se ne faranno poi, non saprei, sarebbe da chiedere a loro.
COSA RESTA SECONDO TE DEL BLACK METAL OGGI? HAI VISSUTO IL FENOMENO QUANDO È NATO. COME TUTTI GLI STILI MUSICALI DI ROTTURA, SPESSO HANNO BREVE DURATA E POI MUTANO IN QUALCOSA D’ALTRO…
– Il problema è che il black metal non è neanche mutato in qualcos’altro. È rimasto impantanato nei molteplici crocevia di generi e sottogeneri e sta durando tantissimo. Netti sono il blues, il rock, il prog, la darkwave, la disco e altri ancora. Netti sono i periodi e i messaggi in essi celati. Nette sono le estetiche musicali. Cinque anni, cinque dischi e un genere o una band hanno espresso tutto quel che avevano da dire.
Il black metal, inglobando tutto, è finito col significare niente. Nichilista anche questo aspetto, pur non sostituendovi nuovi valori. Da un certo punto di vista c’è più black merdal in Sfera Ebbasta che nei nuovi o vecchi blackster.
Peraltro oggi è impastato anche con l’hipsterismo e con la cultura woke! Dio mio, ma che zozzeria immonda viene fuori quando metti dentro un frullatore di tutto e di più? Anche gli ingredienti più pregiati ne usciranno immangiabili. E fammi citare come l’abbiamo percepito noi dalla remota antica Grecia di Akragas.
“momento d’Arte 1”
Sul finire dell’Ottocento, a Parigi, vennero a crearsi due importanti movimenti pittorici. Gli Impressionisti e i Fauves. I primi furono in rottura con l’approccio all’opera in maniera accademica. Cambiò anche l’interesse per il soggetto, che ora poteva essere libero da evocazioni religiose o storiche. I pittori uscirono dai loro atelier per dipingere all’aria aperta (pittura en plein air) in maniera veloce, istintiva e selvaggia. Anche i Fauves prediligevano un approccio violento all’opera, con colori che vibravano selvaggiamente a discapito della leggibile linearità del passato.
Al Salon d’Autumne, in una sala dove era alloggiata anche una statuetta di Donatello ci fu una mostra degli ignari Fauves. Il critico Vauxcelles vedendo l’esposizione dei loro quadri, per il forte contrasto e scandalo, dichiarò (di fatto battezzando il movimento): “Donatello parmi les fauves”, ovvero “Donatello in mezzo alle bestie”.
Nei primi anni ’90 ad Agrigento studiavamo tutti arte. Avevamo la Valle dei Templi come quinta e, un giorno, Rosario Badalamenti venne da me visibilmente adirato. Sosteneva che il suo impianto stereo fosse rotto, o che si fosse guastato a seguito dell’ascolto di un CD appena comprato. Tale album produceva un delirante gracchìo ben lontano dal considerarsi musica, seppur metal.
C’è da dire che al tempo la musica più estrema che si conosceva dalle nostre parti ci arrivava dall’America, ben registrata e prodotta. Erano i Deicide, Morbid Angel e tutto il santuario death metal dell’epoca. Ascoltai anch’io quel disco e, dopo un’analisi più attenta, esclamai: “Sono i Fauves, fratello!”. Quel disco era “A Blaze In The Northern Sky” dei Darkthrone, e ‘fauves’, per l’appunto, in francese, significa ‘bestie’. Fu così che conoscemmo, e imparammo a decifrare il black metal. Non so se gli artisti di tal genere abbiano mai riflettuto su questa analogia (ma figurati!), ma noi la vivemmo da subito in questo modo.
Il black metal aveva la pretesa intellettuale di abbandonare gli studi di registrazione in favore di uno scantinato con un registratore a quattro piste e una musicassetta ferro-chrome, cos’altro? Microfoni di fortuna e una batteria che nobilitava dei comuni contenitori di detersivo. Non aggiungo nulla sulle distorsioni usate per le chitarre.
Il produttore Jim Raid non avrebbe saputo fare di meglio. Niente assoli, figurati, quelli li faceva Yngwie Malmsteen, il black metal è una roba da mattoncini Lego. Un riff ipnotico bastava, perché già metterne tre in riga era troppo tecnico. Incidere i propri dischi in una foresta o in una chiesa sconsacrata (en plein air, appunto).
Il black metal non riconosceva quindi l’accademismo, i codici. Cambia pure il soggetto (non per forza anticristiano o satanico) diventando più interiore, folk e naturalistico. Poi, non deve e non vuole compiacere nessuno, tanto meno il mercato (per altro, per il genere, inesistente in quella fase).
È stata una musica di rottura che, in qualche modo, qualificava una poetica e una filosofia nuova nell’ascoltatore medio del metal tout court. Tutto sapeva di pura rivoluzione, poiché non c’erano dietro motivazioni economiche e noi avevamo bisogno di una chiamata alle armi democratica, socialista, che parlasse a tutti i plebei – molto cristiana, per paradosso.
Quella musica ne divenne la perfetta colonna sonora: Burzum, Immortal, Emperor, Gorgoroth, Parnassus e molti altri erano alfieri di una rivalsa musicale anarchica e capace di poter permettere ad ogni ragazzino ignorante di quel tempo di poter realizzare il proprio lavoro anche nella propria lingua (o nel proprio dialetto) con pochi mezzi e senza l’ausilio di autorevoli studi di registrazione.
Ognuno, liberato dalla santità della produzione/mercificazione, edificava la propria opera d’arte incisa col chiodo e senza limiti di contaminazioni sonore, etniche e tematiche. In una sola parola, era il puro spirito underground emerso. Sarà l’ultimo grandioso vagito artistico musicale nella storia dell’uomo ‘Avanti Internet’. Sappiatelo!
Probabilmente neanche i Fauves si resero conto immediatamente della loro rivoluzione in campo artistico e, presumo – ahimè -nemmeno i nostri cari artisti blackster, visto come sul finire degli stessi anni ’90 si giunse a un continuo declino.
Tutto il movimento continuò a produrre album ripetitivi e consolatori, esteticamente canonizzati, sia nel suono che nelle retoriche immagini antireligiose o misantropiche, e pose esso stesso la parola fine su quella idea di purezza che il genere possedeva.
Fu comunque da questi eventi e spinto da urgenze di cambiamento, dalla ricerca di identità originale e anarchica che arrivai alla realizzazione del mio “Addisìu” e di tutta l’idea della scena Mediterranea, con lo scenario siciliano che la sorte volle assegnarmi.
A PROPOSITO, COSA SIGNIFICANO E SIGNIFICAVANO LE PAROLE ‘BLACK METAL’ PER TE? IN QUALSIASI MODO TU LE POSSA INTENDERE…
– Io sono black metal coi miei teschi di cartapesta e questa intervista è puro ‘black metal’’ stile, poiché sul politicamente corretto ci scatarro su, e anche ‘…sui giovani d’oggi’. Io sono l’anarchia, non accetto alcun giudizio né tollero una morale. Non sono mai stato servo di nessuno, né del mio ego, né di un dio a forma di smartphone. Non riconosco alcun paradiso artificiale nei vostri social, alcuna salvezza nelle medagliette dei vostri followers.
Diversamente, mi vedresti sculettare sulle varie piattaforme, questi lager funzionali a nullificare l’individuo con la lusinga “che tu vali”, ma non vali un cazzo, credimi. Qualcuno te lo deve pur dire. La vanagloria interessa a chi deve colmare un vuoto interiore, io non ho mai frequentato vuoti, semmai un pieno di veleno e delusione che, attraverso lo scenario del black metal, pensavo di poter spurgare da buon greco antico su di un palcoscenico.
“Dio si è fatto uomo per rendere l’uomo un dio!” così disse Sant’Agostino, il furbo. Il risultato qual è? La vecchia piena di botox instagrammabile che ti fa vedere la coscia. Perché lei vale, tutti devono saperlo, l’età è un dettaglio, la bellezza opinabile, la vergogna… non pervenuta. Ma ancora più inquietante è che la vecchia piace, e ha un fottio di followers che Inchiuvatu si sogna da qui ai prossimi trent’anni. Dio mio, la mia è solo invidia!
Ma credimi, come si fa a desiderare di vivere in una comunità che non sa prendersi cura di un tappo di plastica? L’hanno dovuto incollare alla bottiglia! Sono troppo impegnati a mostrare l’orrore sui social?
Ma torniamo al black metal e, soprattutto, a quello da palcoscenico. Oggi, sul palco, è solo rimasto l’osceno. Le oscenità di chi si spaccia per ‘black metal’ o ‘artisti’, rendendosi ridicoli con la propria caricatura. Che fine hanno fatto tutte quelle belle mazze chiodate? Quegli spuntoni, borchie, cartucciere cariche di ostili minchiate, quella misantropia da cameretta? Chi è il nemico? Chi era e chi sarà? Ora sono di gomma piuma quelle mazze, quei proiettili, quelle lame? Ma quant’è ridicolo ancora vederle in giro così minacciose! Non sono forse quelle chiese maldestramente incenerite “le tombe e i sepolcri imbiancati di dio”?
E chi sono gli assassini, se non quegli stessi che del bianco ne hanno fatto una maschera che cela la loro vergogna? La Nuclear Blast e la Century Media, fiutando il business, diversamente dalla Osmose Prod. hanno trasformato questi ultimi artisti inconsapevoli in imprenditori di se stessi. E chi, tra il fare matrimoni a millecinquecento euro non sceglierebbe di suonare in giro per il mondo al triplo del cachet? Sia benedetta la rata del mutuo, fratello, altrimenti il metal estremo si sarebbe estinto già trent’anni fa!
Cos’è il black metal? ‘A vecchia che fa vedere la coscia!
SULLE TUE PAGINE SOCIAL HAI UNA COMUNICAZIONE DA SEMPRE PARTICOLARE. HA SUSCITATO CLAMORE DI RECENTE QUEL TUO POST IN CUI LAMENTAVI CHE ORA TUTTI SONO INTERESSATI AI TUOI DISCHI E CHE TI CURERAI DI ‘CONTROLLARE’ A CHI ANDRANNO IN MODO DA FINIRE NELLE MANI GIUSTE.
AL NETTO DELLE PROVOCAZIONI PER CUI SEI CELEBRE, COME MAI TI SEI SENTITO IN DOVERE DI ENTRARE NELLO SPECIFICO IN QUESTE QUESTIONI? LA COSA DEVE AVER COLPITO ANCHE TE IN QUALCHE MODO…
-‘Momento d’Arte 2’
Dunque, chissà perché poi ricorro sempre ad analogie con l’arte per spiegare il metal! Sarà che, da italiano, dò per scontato che dovremmo conoscere la storia dell’Arte come nostra carta identitaria? E poiché voglio essere compreso, fammi dire qualcosa di Raffaello.
Intanto Kant sosteneva che l’Arte, più è pura, più deve essere libera dalla materia, dalla pesantezza della materia. Quindi la musica, riteneva Kant, era l’arte più sublime. Questo concetto, ovviamente, è espresso in Raffaello, neoplatonico ed in particolar modo ne “L’estasi di Santa Cecilia”. Che la santa sia patrona della musica e dei musicisti, che Cecilia abbia qualche richiamo alla cecità – vedi Tiresia – è poco rilevante.
Interessante invece è quello che ci mostra Raffaello che, a differenza di Michelangelo col suo Dio umanizzato, muscoli e carne, rivela Dio nel cuore della santa in estasi. Gli altri santi del quadro non si rendono conto di quale musica celestiale pervade la santa. Il coro degli angeli trascende l’immanente e porta ‘fuori’ dal mondo reale, precipitando la santa in un altro mondo. ‘Estasi’ è una parola greca che vuol dire ‘fuori di sé’. Tutto ciò è divino, tutto ciò è libero dalla materia. Dio c’è, pur non essendoci. Chiara la differenza tra Michelangelo e Raffaello? L’essenza è nell’assenza.
D’altronde, quando ascoltammo un disco black metal dei primi anni Novanta, non fummo catapultati in un’altra dimensione? Poi, questa fortissima emozione presente dentro di noi, la si temette anche.
Lo scrive bene Schopenhauer nei suoi “Parerga und Paralipomena”. Te la dico facile. Dopo aver consumato per anni, a fine anni ’80, “Shine On Crazy Diamond” dei Pink Floyd, in una miserabile musicassetta registrata, comprai a carissimo prezzo il tanto desiderato CD, uno dei primi.
Lo presi, lo spacchettai e – con riluttanza – lo posai e mai quel disco – ancora oggi – sono riuscito ad ascoltarlo. Perché? Perché l’emozione fortissima, come nella Santa o in Dio è radicata in me, lo amo e lo temo. Non voglio sciuparla riascoltandola, vanificandola, peggio se la sento sputtanata in uno spot pubblicitario. Essa è dentro di me. Non occorre che si manifesti, non chiedo la prova della sua esistenza o potenza: non serve, perché è dentro di me. Rifletteteci! Quanti di voi hanno questo ‘tremore/terrore’ nei confronti di questo e quel disco? Siete stati trafitti e amate e temete quell’emozione atemporale, al punto da non accoglierla neanche nel vostro tempo attuale. Questo cosa significa? Rendendo tutto oggettume, rendiamo onore alla forma e non più alla sostanza.
“Addisìu” è dentro di me, io non l’ascolto da anni e anni, anzi, mi da proprio disorientamento ascoltarlo, ma le emozioni che mi suscitò la prima volta, sono divine e risiedono in me in una fiamma incorrotta. Stessa cosa per chi ha amato quel disco. Il doppio vinile è fantastico, rende onore all’opera, ma l’Opera (uso il maiuscolo non a caso) è dentro l’ascoltatore, lieve, poetica, onnipresente nella sua assenza.
Quindi che fare? Quel disco, quell’oggetto, diventa sacro, nel significato sanscrito di “separato”. Lo metti su una mensola in vista e diventa un oggetto di culto. Culto, vi è chiaro? Ma l’oggetto, separato dalla tua quotidianità, si mostra come amuleto, come edicola, come simbolo della mancanza. Ti rivolgi ad esso poiché consola, allieva il tuo dolore, riduce il tuo malessere e in poche parole, ti fa star bene, ma non devi necessariamente ascoltarlo. Anche perché, cosa vuoi ascoltare? Lo adori come una statua che raffigura Dio.
Raffaello invece, non ha necessità di una pesante statua di Dio e ci dimostra il contrario. Per cui, l’uomo forte non ha bisogno di consolazioni né santuari né di Dèi né di oggetti. Non cerca eternamente l’idolo della mamma o della famiglia – questo cancro!
Cosa altro posso dirti quindi dei collezionisti seriali di oggetti fine a se stessi? Questa mania di comprare oggetti cozza con la poesia di ciò che ti sto raccontando. Oltre a questo: è tutto meritevole di essere sbattuto su un vinile ciò che è stato prodotto e che si produce? Cosa vogliono questi collezionisti? Cosa vogliono comprare, se non la consolazione di un oggetto che riduca il conflitto esistenziale? Cercano di innalzare su mensole idoli ai adoranti gettarsi ai piedi. Vogliono depennare liste e far vedere agli amici quanto sono stati bravi cercatori e trovatori. Non è né più né meno del valore che ha una borsetta firmata per una ragazzina. Vogliamo essere o avere?
Tornando alla canzone dei Pink Floyd e a Raffaello, quando venne incisa era presente Syd Barrett ed è significativo quel che disse ai suoi compagni (Barrett nel frattempo era stato estromesso dal gruppo, anche se il brano gli è stato dedicato): “E’ molto gentile da parte vostra pensarmi qui e vi sono molto grato per aver chiarito che non sono qui”. Vedi, questo è l’esserci nell’assenza! È molto più potente ciò che non c’è, poiché risiede in un dentro e non sui vostri altarini o sulle mensole.
Nel caso delle ristampe in vinile, mi è stato detto che la gente comprava dei nostri lavori e, con la scusa che erano di per sé rari e pregiati come diamanti, li rivendeva al quadruplo del prezzo. Ecco il Mercato. Ecco lo svilimento dell’Arte.
La gente compra, anche se di Inchiuvatu o della ‘Mediterranean scene’ non gliene è mai fregato nulla, per possedere, per possedermi e addirittura speculare sulla mia pellaccia (avranno parecchi debiti, si vede!). Ma io voglio invece parlare agli estimatori di Raffaello e magari far avere loro una bella copia di “Addisìu” a compendio di tutto ciò che sto dicendo. Nella nostra epoca è tutto volgare e speculativo.
Cosa c’entra in tutto questo l’urgenza che mi ha fatto spurgare il veleno poi tramutato nelle musiche di “Addisìu”? Voglio che il materiale ‘oggetto’ che conterrà la mia assurdità, finisca in mani che la onorino con misura e non a speculatori. Mi sembra un legittimo punto di vista.
E ORA? QUALE E QUANTA ALTRA NUOVA MUSICA APPARIRÀ?
– E’ così necessario che essa appaia, invece? Tutto questo revival del passato è veramente degno di essere coronato da una lussuosa confezione? Compresa la mia, di musica. Me lo chiedo…
Certo, domina su tutto la noia e poi la morte, per cui, considerato che mi annoio spesso e che l’età avanza, magari mi concederò di mettere un po’ d’ordine. Ma, al di là di quest’ordine, non ho alcun entusiasmo nel rinvangare il ventenne che ero e quel che rappresento. Continuerò magari a distruggerlo, questo sì, è ancora divertente.
Abbiamo comunque concordato col beduino una specie di cronoprogramma (che disattenderò sicuramente) e quest’ anno deve essere quello degli Ultima Missa, il mio piacevole progetto funeral occult prog metal, del debut album dei Lava e di un disco metal di Inchiuvatu dal titolo “Ecce Homo” che prende le mosse della Pentalogia 2008-2017.
Queste tre entità, Lava, Ultima Missa e Inchiuvatu comporranno il nuovo spettacolo musico-teatrale così come lo fu il trittico Lamentu, Agghiastru e Inchiuvatu del passato anno.
Uscirà anche un vecchio album del 2000 degli Astimi di sicilian raw black metal, scritto a quattro mani con Inchiuvatu. E forse un disco dei Maleficu Santificatu. D’accordo, farò molte cose, salirò su molti palcoscenici, a patto che non mi si scambi per un entusiasta, quello l’ho spurgato da tempo ormai.
Io vado a soffrire, molti lo sanno e l’hanno visto. Guai a considerarmi uno che si diverte! Molti notano che non dimostro l’età che ho. Ho una pelle splendida, non mi serve certo il botox della vecchia, non sculetto sui social per ridere e scherzare, non ho rughe di espressione, non c’è niente da ridere e non rido dal 1992, lo giuro.
Sinceramente vostro, Agghiastru gennaio 2025.
Artista: Inchiuvatu | Fotografo: Benedetta Gaiani | Data: 17 agosto 2023 | Evento: Frantic Festival | Venue: TikiTaka Village | Città: Francavilla al Mare (CH)