INFECTION CODE – Le dinamiche del nulla

Pubblicato il 02/05/2018 da

Nel 2018 gli alessandrini Infection Code hanno raggiunto la piena maturazione: suona strano scriverlo nei riguardi di una formazione in giro ormai da circa un ventennio, ma è pur vero che, nel corso della sua storia, la band è sempre stata animata da una pulsante voglia di sperimentarsi e spingersi oltre, afferrando le ispirazioni, i gusti, le sensazioni del momento presente e riversandoli su disco, senza paura di trovarsi a tratti snaturata o completamente rivoluzionata, pur mantenendo una forza d’urto, concettuale ancor prima che strumentale, notevole e soprattutto coerente. Ma oggi l’industrial metal dei Nostri, costantemente fuso in un crogiolo di noise, hardcore, musica sperimentale e liriche di condanna politica e sociale, ha preso una piega ancor più abrasiva e corrodente rispetto a quanto fattoci sentire nel precedente, più complesso, “La Dittatura Del Rumore”. “Dissenso”, la nuova distopia degli Infection Code, lascia spazio a…proprio pochi dissensi, scusateci il gioco di parole. Ce lo racconta per filo e per segno la voce della band, Gabriele Oltracqua.

CIAO GABRIELE! COMINCIAMO L’INTERVISTA SENZA FRONZOLI, CHIEDENDOTI QUAL E’ STATO IL BACKGROUND GENERALE DA CUI SIETE PARTITI PER LA GESTAZIONE DI “DISSENSO”. IL DISCO PRECEDENTE, “LA DITTATURA DEL RUMORE”, VI AVEVA SODDISFATTO APPIENO? COME AVETE APPROCCIATO IL NUOVO ALBUM A LIVELLO DI IDEE E PERCORSO STILISTICO?
– “Dissenso” ha avuto una gestazione piuttosto lunga, circa due anni. Abbiamo iniziato a concretizzare qualche nota subito dopo l’uscita di “00-15: L’Avanguardia Industriale”, il MCD che celebra i nostri quindici anni di esistenza, e poi in seguito altre idee sono affiorate dalle nostre menti in modo del tutto spontaneo. Non è stato un processo continuo. Molte volte ci siamo dovuti fermare per proseguire l’attività concertistica. Sul finire del 2016 abbiamo deciso di dedicare un intero anno alla composizione, agli arrangiamenti e poi alla registrazione di “Dissenso”. Non è stata una gestazione difficile ma appunto piuttosto lunga. Non abbiamo voluto forzare, neppure accontentarci di idee o abbozzi che non ci soddisfacessero appieno. Il background da cui siamo partiti penso sia sempre lo stesso con cui abbiamo creato gli album precedenti. Abbiamo una certa cultura musicale, un bagaglio artistico costituito da una miriade di influenze che cerchiamo di filtrare secondo il nostro bisogno. Un’urgenza compositiva che si fonde con la nostra emotività. Un determinato disco fotografa il momento di una band nel preciso istante temporale in cui viene composto. “Dissenso” è molto diverso da “La Dittatura Del Rumore”. Non abbiamo deciso a prescindere come doveva essere. Certo, alcuni punti fermi sono stati evidenziati. Volevamo un disco più diretto, più aggressivo, passami il termine, più ‘metal’. Il resto penso che sia uscito spontaneamente, per il piacere o per l’incapacità di non creare un disco uguale all’altro.

SEMPRE RIMANENDO IN TEMA DI SONORITA’, SEGUENDOVI DA PARECCHIO TEMPO ORMAI, RITENGO L’ALBUM “FINE” (2010) LA VOSTRA SVOLTA PIU’ IMPORTANTE E DECISIVA, UN PO’ IL LAVORO CHE VI HA ILLUMINATO LA STRADA DA PERCORRERE. DA QUEL MOMENTO, ALMENO DAL DI FUORI, PARE ABBIATE GUADAGNATO IN PERSONALITA’, PROFONDITÀ ED ESPRESSIVITÀ, FINO AD ARRIVARE AD OGGI. SEI D’ACCORDO? COME AVETE VISSUTO QUESTA EVOLUZIONE DALL’INTERNO?
– Non so come poter descrivere questa svolta, se di svolta e maturazione si tratta. Ricordo ancora il Top Album su queste pagine e ne rimasi piacevolmente stupito. “Fine” è stato forse il nostro album più melodico, dove per esempio abbandonavo totalmente il cantato in growl per approcciare un salmodiante e più personale cantato pulito (era il mio periodo ‘Ferrettiano’). Oppure, per esempio, l’elettronica ha disegnato non solo rumori claustrofobici, ma vere e proprie melodie, dove le dinamiche ritmiche hanno avuto un valore importante con strutture più vicine ad un certo tipo di rock progressivo e sperimentale. Come per ogni nostro album abbiamo fatto un percorso di ricerca e sperimentazione sonora, ma anche di struttura. E’ stata la nostra prima volta in cui ci siamo cimentati con canzoni che andavano su di minutaggio, dove abbiamo potuto e voluto dilatare alcune idee che prima condensavamo in pochi istanti. E’ stato l’album del meno. Un lavoro minimale, dove abbiamo tolto anziché aggiungere. Non so dirti se è sintomo di maturità o solo voglia di non porsi limiti e ripetersi.

“DISSENSO” E’ UN TITOLO ESPLICITO, COSI’ COME LO SONO LA MAGGIOR PARTE DEI TITOLI DEI SUOI BRANI. DI PARI PASSO VA LA MUSICA, PIU’ IMMEDIATA E DIRETTA DI QUELLA CONTENUTA NEL SUO PREDECESSORE, COME TU DICEVI. QUESTA VOLONTA’ DI RENDERE PIU’ ACCESSIBILE (PAROLA GROSSISSIMA) IL VOSTRO INDUSTRIAL METAL DI ROTTURA DA QUALE ESIGENZA E’ NATA?
– Non vorrei usare della facile retorica da rockstar, ma penso che “Dissenso” sia il nostro miglior disco. Oppure, forse sarebbe più corretto, quello che io amo maggiormente. Può essere che sia ancora in uno stato di tensione adrenalinica, ma penso che sia quasi perfetto. Perfetto per quello che sono ora gli Infection Code in questo periodo. Più immediati e diretti. Più sanguigni e viscerali. Oltre ad essere più vecchi, anche meno accondiscendenti, più arrabbiati. Personalmente mi sto rincoglionendo, sto invecchiando, e con l’età che avanza ci si trasforma in bisbetici idealisti sempre meno tolleranti. Infastiditi dall’involuzione sociale a cui stiamo assistendo senza porre rimedio. Un rimedio costruttivo. Infastiditi ed arrabbiati da così tanta indifferenza che affiora e perdura nel nostro quotidiano, regolato da gestualità sempre uguali, che compiamo senza alcuna umanità emotiva. Un nostro nulla che difendiamo come fosse il paradiso del materialismo più bigotto. Che difendiamo con armi quali menefreghismo, egoismo e sfruttamento. E come non essere infastiditi? Come non essere arrabbiati? Per fortuna curo con la musica le mie nevrosi. Le mie ansie le curo con la musica. Le mie paranoie le curo con la musica. Il mio dissenso lo curo con la musica. Non penso però che la musica presente in “Dissenso” sia più accessibile. E’ sì più immediata. E’ più nervosa, caustica, arrabbiata ed infastidita.

I TUOI TESTI SONO QUANTO MAI EFFICACI, ABRASIVI E LAPIDARI, RISPECCHIANTI ESATTAMENTE CIO’ CHE APPENA CI HAI DETTO. VERI E PROPRI SLOGAN ATTI A CONDANNARE L’ATTUALE SOCIETA’. VERISSIMO CHE LE FONTI D’ISPIRAZIONE SONO MOLTISSIME, SOPRATTUTTO IN QUESTO PERIODO E SOPRATTUTTO IN ITALIA, MA C’E’ QUALCOSA DI PRECISO A CUI HAI FATTO RIFERIMENTO PER PRENDERE SPUNTO?
– Da parecchi anni, forse da subito dopo la pubblicazione di “Fine” e di conseguenza con il cambio del cantato dall’inglese all’italiano, la mia intenzione è stata quella di dare un senso più esplicito ai testi. Mi piacciono molto i testi che non lasciano troppe interpretazioni, anche se poi sono solo riflessioni e pensieri molto personali di chi li scrive. Sono sempre stato un appassionato di storia contemporanea, soprattutto della storia italiana degli ultimi cinquant’anni. Mi piaceva l’idea di incentrare i miei testi su determinati avvenimenti storici accaduti in un preciso periodo e contesto sociale. Ne “La Dittatura Del Rumore” sono stato piuttosto evasivo con riflessioni e pensieri molto personali su avvenimenti storici accaduti negli anni Settanta in Italia. Avvenimenti che hanno cambiato la società che, con questi cambiamenti sociali, ha saputo evolversi, o ha cercato di evolversi attraverso una lotta sociale che andava ad interessare tutti i ceti e le classi sociali. In “Dissenso” sono stato forse più esplicito. I miei pensieri prendono vita da fatti accaduti in un passato recente e che hanno coinvolto la nostra società anche nel quotidiano, nel nostro quotidiano. Che si sono riversati nel nostro presente, infettando le nostre vite in modo subdolo, facendo delle nostre esistenze una massa informe di non esistenze. Sono stato più esplicito con determinate riflessioni cercando di scrivere testi che facessero trasparire il dissenso verso meccanismi sociali che scandiscono le nostre esperienze di vita.

PER QUANTO RIGUARDA L’INTERPRETAZIONE, INVECE, A QUESTO GIRO I TUOI VOCALIZZI SONO ANCORA PIU’ SENTITI E VIVI DEL SOLITO. IL RIPETERSI IN CRESCENDO DI ALCUNI VERSI E LA LORO CAUSTICITÀ RENDONO TUTTO IL DISCO UN VERO MANIFESTO DEL DISSENSO SOCIALE E POLITICO. COME HAI LAVORATO IN STUDIO DI REGISTRAZIONE?
– Non troppo diversamente rispetto ad altre volte. Forse in fase di mixaggio abbiamo cercato di mettere un poco di più la voce in linea con il muro di suono. Ho usato sempre la stessa strumentazione e, appunto, per dare un senso più diretto e tagliente alla voce, non ho usufruito degli stessi effetti usati per esempio in “La Dittatura Del Rumore”, proprio perché le canzoni sono più aggressive ed immediate. Di conseguenza anche la voce doveva esserlo.

SOTTO IL PUNTO DI VISTA STRUMENTISTICO, PARE ABBIATE RAGGIUNTO ANCHE QUI UN OTTIMO BILANCIAMENTO DI SORTA. LA CHITARRA E’ PIU’ PROTAGONISTA RISPETTO AL RECENTE PASSATO, LE PARTITURE TRIBALI E I GIOCHI PERCUSSIVI SONO SEMPRE IN PRIMO PIANO, MENTRE L’EFFETTISTICA GIOCA UN RUOLO FONDAMENTALE NEL VOSTRO SOUND. COME SONO NATI I BRANI DI “DISSENSO”? COME SI VIENE A CREARE UNA CANZONE INFECTION CODE NEL 2018?
– “Dissenso” è un album diverso dagli altri nostri dischi anche per questo. Oltre ad esserci motivazioni di tipo artistico, c’è sempre in gioco la nostra voglia di non ripeterci. Almeno provare a non essere uguali al disco precedente. “Dissenso” è nato in un preciso momento storico che fotografa la band in quel contesto. Il nostro unico intento era quello di fare un disco più diretto, caustico, forse più violento rispetto ai nostri standard. Un disco che descrivesse la nostra rabbia mai sopita. Non ci siamo detti ‘ok, facciamo un disco grindcore’, oppure ‘facciamo un disco violento’ e basta. No, ci siamo solo ripromessi di schiacciare un poco di più l’acceleratore e provare soluzioni disturbanti usando altri linguaggi sonori che comunque fanno sempre parte del nostro retaggio musicale. Una canzone degli Infection Code nasce sempre allo stesso modo. Da un’urgenza di qualcuno di noi che propone e che poi altri sviluppano. Magari in “Dissenso” alcune idee sono state sviluppate da pattern di batteria o da strutture ritmiche già definite in partenza. Altre, da idee destabilizzanti di elettronica, come avveniva per esempio ne “La Dittatura Del Rumore”.

ENTRANDO UN PO’ NEL DETTAGLIO DEI BRANI, APPARE EVIDENTE FIN DA SUBITO COME ABBIATE VOLUTO APRIRE E CHIUDERE IL DISCO CON DUE TRACCE DECISAMENTE AGGRESSIVE, DAL PIGLIO QUASI GRINDCORE: CI RACCONTI LA GENESI DI “SANTA MATTANZA” E “SENTENZA” A LIVELLO STRUMENTALE E LIRICO?
– Mettere “Santa Mattanza” e “Sentenza” agli antipodi del disco non so se fin da subito fosse una cosa voluta. Sicuramente l’idea è scaturita quando le abbiamo finite entrambe. E se non ricordo male “Sentenza” non è stata l’ultima che abbiamo scritto. Ma dal momento in cui abbiamo apportato le ultime modifiche, abbiamo deciso di usarle alle estremità di “Dissenso”. Per dare un segnale forte, deciso, netto. Questo album doveva avere una determinata identità sonora. Una personalità ben definita. Un insieme di canzoni dirette, con un preciso messaggio sonico. Anche la scelta di girare il video di “Santa Mattanza” ed usarlo come singolo ha un significato ben preciso. La musica contenuta in queste due canzoni rappresenta alla perfezione ciò che ho scritto. “Santa Mattanza”, pur rifacendosi ad una frase di Giovanni Lindo Ferretti (ex-vocalist di CCCP e CSI, fra gli altri, ndR), ha una genesi concettuale ben precisa. Ho cercato di descrivere la mattanza umana che ogni giorno un capitalismo cannibale commette ai danni di esseri umani non solo uccisi nel corpo e nella carne, ma anche violentati nella loro dignità. Uccisi dal lavoro. Uccisi da un lavoro che dovrebbe dare sostentamento e dignità, ma che a volte porta infame ignoranza. Esseri umani costretti a morire per nulla, usati ed abusati per arricchire altri esseri umani che governano e manipolano il mondo sfruttando altre risorse umane per uno scopo infame e malvagio. L’arricchirsi fagocitando il più elementare bisogno di sopravvivenza. “Sentenza” è una sorta di cut-up. Ho preso i sette comunicati delle Brigate Rosse emessi durante il rapimento di Aldo Moro ed alcune lettere dell’Onorevole durante la sua prigionia, ed ho cercato di comporre un testo cercando i passaggi più significativi che descrivessero in pochi minuti quei momenti così destabilizzanti e drammatici per la società italiana. Una sorta di omaggio per celebrare, o meglio, per portare a conoscenza, a modo nostro, ciò che è accaduto in quei cinquantacinque giorni che hanno fermato l’Italia, se non forse anche il mondo, e di cui ancora oggi a livello sociale ed economico, nel bene e nel male, paghiamo le conseguenze.

L’INTENSITA’ DI UN BRANO QUALE “COSTRETTI A SANGUINARE” LASCIA INEVITABILMENTE IL SEGNO, CON IL SUO CRESCENDO EVOCATIVO ED OPPRIMENTE, SEPPUR QUASI MELODICO. POSTO DOPO L’OPENER E’ UN PEZZO CHE SPIAZZA, PERCHE’ PRESENTA TEMPI DILATATI E ALLUNGATI CHE UN VOSTRO NEOFITA MAI S’ASPETTEREBBE DOPO AVER ASCOLTATO “SANTA MATTANZA”. CI SPIEGHI QUESTA SCELTA E, AL SOLITO, APPROFONDISCI IL DISCORSO SULLA TRACCIA IN QUESTIONE?
– Diciamo che “Costretti A Sanguinare” è un pezzo molto simile, nella struttura, ad alcune cose fatte in precedenza, ma ha un incedere molto claustrofobico ed allo stesso tempo evocativo, quasi fosse un mantra sonico ripetuto all’infinito. Abbiamo avuto delle difficoltà a concludere il brano perché questo ci portava, in sala prove, a suonarlo quasi in modo perpetuo. E’ un monolite di caustico rumore anche se, come affermi, ha delle venature melodiche che forse quasi mai abbiamo usato. E’ stato molto importante il contributo di Eraldo Bernocchi (musicista, produttore e compositore noto per la sua attività nell’ambito della musica elettronica, ndR), che ha aggiunto alcuni inserti elettronici nella prima sezione del brano. E’ una canzone che ha un’unica personalità. Quella di essere monolitica ed opprimente con una struttura semplice ma efficace. Almeno è quello che abbiamo cercato di trasmettere all’ascoltatore. Il fatto di posizionarla subito dopo “Santa Mattanza”, quindi dopo un pezzo veloce dalle venature grindcore, è stato voluto proprio per dare quel senso di smarrimento. Se lo hai notato, be’, significa che abbiamo ottenuto quello che volevamo. L’effetto sorpresa.

SEBBENE “MACERIE” SIA DIVENTATO IL MIO BRANO PREFERITO, TROVO CHE UNO DEGLI SPUNTI LIRICI MIGLIORI, ABBINATO AD UN PERFETTO ACCOMPAGNAMENTO MUSICALE, SIA PRESENTE IN “AD NAUSEAM”. IL VERSO ‘CICLO DI VITA CONTINUA TENDENTE AL NULLA’ RAPPRESENTA UN PO’ LA SUMMA DELLA VOSTRA ‘FILOSOFIA’. O MI SBAGLIO?
– “Ad Nauseam” è stato il primo o secondo pezzo scritto per “Dissenso”. Un pezzo veloce dal sapore thrash metal con alcuni cambi di tempo avvincenti e con, nonostante sia un brano piuttosto lineare, delle parti ricche di sfumature. Ci abbiamo lavorato molto dopo, in fase di arrangiamento, con un lavoro capillare di chitarra e con alcuni spunti di elettronica minimali ma molto disturbanti. Forse, appunto insieme a “Macerie”, è stato il brano che ci ha dato più grattacapi. Fino alla fine non eravamo completamente soddisfatti ed abbiamo fatto e disfatto la strutture tantissime volte, fino ad ottenere quello che potete ascoltare su disco. Non so se il verso ‘ciclo continuo di vita tendente al nulla’ possa essere la nostra filosofia di band. Per scrivere il testo ho preso spunto dalla ciclicità della storia che in ogni epoca, in ogni tempo, nei piccoli momenti quotidiani o nei grandi sconvolgimenti che possono segnare una società così come una vita, si ripete in modo perpetuo. In modo perpetuo fino ad esaurirsi. Lentamente terminando verso il nulla. O meglio, trasformandosi poi in nulla. Noi non vorremmo mai trasformarci in nulla. Oppure siamo già il nulla fin dal principio della nostra esistenza.

SIETE SULLA SCENA, VOLENTI O NOLENTI, TRA PAUSE E PRESENZE COSTANTI, DA QUASI VENT’ANNI: E’ GIUNTO FORSE IL MOMENTO DI FARE UN BILANCIO DELLA VOSTRA STORIA, MAGARI RICORDANDO CON UN PENSIERO OGNUNO DEI VOSTRI LAVORI E FASI DI VITA COME BAND, CHE NE DICI?
– Nel 2020 saranno vent’anni dal nostro debutto discografico, avvenuto con il MCD “H.I.V 999”, e ventun anni di esistenza della band. E’ un bellissimo traguardo. Anche se non abbiamo ottenuto nulla. Anche se siamo una piccolissima band underground che fa musica di nicchia in un ambiente già di per sé molto ristretto. Anche se arriviamo da un paese dove un certo tipo di cultura musicale, nonostante gli sforzi di molti, è confinata e posta ai margini dell’estremo. Sarà retorica la mia, ma è un pensiero che con il passare degli anni si sta rafforzando. Abbiamo attraversato momenti davvero stupendi, altri un poco meno. Cambi di formazione con conseguenti stati d’animo colmi di nervosismo e magari arrabbiature. Collaborazioni per noi importanti. Attestati di stima da parte di molte persone, artisti, band, addetti ai lavori oppure semplici amanti di determinate sonorità. Non abbiamo da recriminare nulla e non viviamo con il rimpianto di non avere fatto una determinata scelta nel nostro passato. Ciò che abbiamo fatto, le scelte intraprese e tutto ciò che ne è conseguito, è stato dettato dalla passione per questo tipo di musica e dalla nostra attitudine ed onestà intellettuale ed artistica. Il concetto di base che ha sempre contraddistinto la band è il senso di amicizia che ci lega. Anche se non ci frequentiamo spesso al di fuori della sala prove o dei concerti, siamo molto legati. Un legame che si è rafforzato nel corso degli anni in modo naturale e costante. Siamo soddisfatti di tutto quello fatto in questi quasi vent’anni di esperienza. Magari alcune situazioni potevano essere valutate in altro modo, soprattutto all’inizio di questo viaggio. Ma l’inesperienza in un ambiente così contorto ma allo stesso affascinante non ci ha aiutato. In ogni caso non rimpiangiamo nulla, consci di avere sempre proposto musica ostile, ostica, difficile. Creata da persone difficili. Non ci sono particolari episodi da ricordare. Noi ricordiamo molto bene momenti belli e altri più bui. E’ stato sicuramente esaltante poter collaborare come prima band italiana con Billy Anderson (produttore e musicista, noto per le sue collaborazioni con Neurosis, Sleep, The Swans fra gli altri, ndR) quando lui ci scrisse una mail facendoci i complimenti per “Sterile” e che se avessimo avuto del materiale nuovo ci avrebbe messo volentieri le mani. Detto fatto, nacque “Intimacy”. Ma anche la nostra collaborazione, agli esordi, con Tommy Talamanca dei Sadist ci ha aiutato molto nel proseguire questo avventuroso ed impervio viaggio. Stesso discorso con Eraldo Bernocchi, che ci ha prodotto “Fine”. E poi abbiamo incontrato un sacco di gente con le palle che si sbatte con passione e serietà. Non per ultimo, il boss di Argonauta Records, che in questi anni ci ha supportato in modo incondizionato. Come in qualsiasi ambiente composto da persone, ci sono individui che ricordi con molto piacere e con cui si è creata una certa empatia, altri che hai messo nel dimenticatoio per giuste motivazioni. E poi siamo una band underground, se avessimo voluto fare di più, avremmo dovuto investire altre risorse che non sono certamente umane, d’intelletto o artistiche, ma economiche. Non abbiamo mai pagato per ottenere qualsiasi cosa. Non abbiamo mai pagato slot per suonare, per essere pubblicati, non abbiamo chiesto favori creandoci finte amicizie. Tutto quello ottenuto, anche poco o nulla, è stato frutto di duro lavoro e passione.

COME AL SOLITO, L’ULTIMA DOMANDA VERTE SUI VOSTRI PIANI FUTURI E SULLA PROMOZIONE DELL’ALBUM. COSA BOLLE IN PENTOLA? ARGONAUTA RECORDS VI DARA’ UNA MANO SOTTO QUESTO ASPETTO?
– Stiamo cercando di promuovere “Dissenso” al massimo delle nostre possibilità, per quanto il tempo a disposizione ce lo permetta. Cercando di portare su più palchi possibili il nostro suono. Anche se trovare situazioni adeguate non è facile. Anzi, diventa sempre più difficile e poco gratificante. A volte la fatica e lo sbattimento non valgono il gioco. Ma non ci scoraggiamo. Cerchiamo di andare avanti senza farci troppe illusioni. Argonauta Records sta facendo un grande lavoro a livello promozionale e di distribuzione. Siamo su tutti i canali digitali e a livello fisico “Dissenso” sta arrivando in tutti i negozi di dischi e catene di distribuzione, in Italia, in Europa e Stati Uniti. I nostri piani futuri nell’immediato non vertono ancora a nulla di concreto. Vorremmo fare uscire un nuovo lavoro per celebrare i vent’anni di storia della band. Qualche idea esiste, ma è ancora tutto in fase embrionale. Grazie per lo spazio ed il supporto che Metalitalia.com da anni ci riserva. Realtà come la vostra dovrebbero perdurare per sempre.

 

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