Fra i principali e giovani esponenti dell’industrial movement italiano, gli Infection Code sono da qualche mese tornati alla ribalta con il nuovo, secondo album “Sterile”. La band piemontese, forte di un sound piuttosto personale e particolarmente malato, nella persona del singer Gabriele, ci racconta tutte le vicissitudini che la hanno portata alla realizzazione del disco succitato, carico di fredde sensazioni, disturbato e permeato da sinistre atmosfere, le quali non guastano mai. Nelle parole qui di seguito, fedelmente rispecchianti gli umori di “Sterile”, tutti gli Infection Code minuto per minuto…
CIAO GABRIELE! INIZIAMO L’INTERVISTA FACENDO UN PASSO INDIETRO NEL TEMPO: DOPO L’USCITA DI “LIFE CONTINUITY POINT”, COME SI E’ EVOLUTA LA STORIA DEGLI INFECTION CODE? E COME AVETE RISOLTO I PROBLEMI DI LINE-UP?
“Sono stati anni un po’ altalenanti e non troppo felici per la band. Dopo le registrazioni di ‘Life Continuity Point’, avevamo preso la decisione di allontanare alcune persone dal gruppo per il semplice fatto che non erano adatte a vivere all’interno di una formazione come gli Infection Code. È stata una decisione molto rischiosa perché siamo rimasti fermi molto, con il disco in uscita. Decisione che rifaremmo, se ce ne fosse la necessità. Chi suona con noi deve dare tutto, l’anima ed il cuore, e non deve prendere l’impegno come un divertimento. Abbiamo cercato a lungo un chitarrista fino all’arrivo di Demetrio degli Arcadia. Le cose sembravano sistemate, ma purtroppo, a causa dei suoi numerosi impegni, lui non poteva garantirci quello che gli chiedevamo. Di comune accordo ci siamo separati. La situazione era sempre più precaria. Abbiamo suonato a singhiozzo…e la promozione di ‘Life Continuty Point’ è stata quasi nulla da parte dell’etichetta di allora. Ma non ci siamo mai persi d’animo. Sapevamo che potevamo ancora dire qualcosa ed eravamo convinti che prima o poi la persona giusta sarebbe arrivata. Tutto ciò avvenne nel maggio del 2003 con l’ingresso in formazione di Davide. Da quel momento, abbiamo recuperato tutto il tempo perduto in passato. Abbiamo composto e registrato ‘Sterile’ in poco tempo, abbiamo trovato un’etichetta seria ed onesta che ci ha supportato e continua a farlo. Ora siamo pronti. Pronti a soffrire…”.
E PARLIAMO SUBITO, ALLORA, DI “STERILE”: COM’E’ AVVENUTA LA FASE DI SONGWRITING E REALIZZAZIONE? E QUALI SONO, A TUO AVVISO, LE DIFFERENZE DA RIMARCARE RISPETTO AL PRECEDENTE DISCO?
“Tutto è avvenuto in poco tempo: in quattro mesi abbiamo composto, registrato ed arrangiato sedici canzoni. Dal nulla. Dalla rabbia e dalla frustrazione che ci portavamo dentro. Le differenze ci sono. Anche a livello emotivo…e si sentono. Eravamo compatti, uniti, nell’ intento comune di scrivere un disco oscuro, tetro, malato, sperimentando con tutta la conoscenza musicale a nostra disposizione. A livello stilistico siamo stati folgorati dalla tecnologia. L’elettronica è entrata a far parte del nostro bagaglio cultural-musicale: abbiamo provato ad arrangiare brani pesantissimi e tiratissimi con input elettronici assolutamente devianti ma anche molto melodici; input ariosi che aprissero e donassero un po’ di profondità alle dinamiche. È stato un inizio, molto stimolante, e con tutta probabilità continueremo su questa strada”.
AVETE COLLABORATO DI NUOVO CON TOMMY DEI SADIST E I SUOI NADIR STUDIOS: SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA?
“Come potremmo? Tommy ci ha plasmati. Siamo cresciuti con lui e proviamo una grandissima ammirazione per il suo lavoro ed il suo passato come musicista. La sua esperienza ci ha fatto crescere; sa come ci muoviamo, e noi sappiamo come lavora…ci fidiamo ciecamente”.
L’ASPETTO GRAFICO E CONCETTUALE DI “STERILE” MI SEMBRA PIUTTOSTO IMPORTANTE: PUOI SPIEGARE IL SIGNIFICATO DELLA COVER E DEL BOOKLET, NEL QUALE SI RIPETONO LE PAROLE “MEAT, NERVE, BLOOD, BONE”?
“L’artwork e le liriche hanno un grosso peso all’interno del gruppo. Sono un complemento fondamentale della musica. Fin dall’inizio abbiamo sviluppato un concept lirico e grafico che andasse avanti di pari passo, che fosse coerente nei suoi due aspetti, l’uno verso l’altro, e che si è evoluto ad ogni nostra uscita. Narriamo l’evoluzione dell’Uomo in questo periodo della sua Esistenza così tremendamente orribile. Un Uomo che fin dal concepimento è segnato da un codice di assoluto indottrinamento, il cui cammino è segnato da modelli di vita prestabiliti e preconfezionati…sterili, freddi. Un Uomo che non conosce sentimenti, che non prova emozioni e che subisce mestamente e senza alcuna reazione critica il continuo e ciclico bombardamento di input che arrivano dall’alto. Dalle religioni, dalla politica, dai mass-media. Un componente organico di sangue, carne, ossa e nervi, senza spirito ed anima, facente parte di una mastodontica e cinica macchina che è la Società”.
ESISTE UN CONCETTO DI BASE NELLA MUSICA DEGLI INFECTION CODE? VOGLIO DIRE, ALCUNE CARATTERISTICHE CHE VOLETE SEMPRE SIANO MESSE IN RISALTO, ANCHE A LIVELLO EMOZIONALE…
“La sperimentazione: non ci sarebbero gli Infection Code senza sperimentare! Amiamo scoprire nuove sonorità e nuove soluzioni stilistiche che ci stimolino. E’ una scommessa che potremmo anche perdere. Questo comunque non deve trarre in inganno. Non decidiamo a tavolino cosa fare. La nostra musica nasce da tutto quello che abbiamo dentro e comporre, paradossalmente, si può sostituire ad una buona seduta da uno psichiatra. Scarichiamo la negatività, le frustrazioni, il dolore, la rabbia di quell’Uomo che è segnato nell’ Esistenza da un codice. Ripuliamo il nostro animo. Ci svuotiamo”.
QUALI SONO, A TUO PARERE, I PEZZI PIU’ RAPPRESENTATIVI DI “STERILE”? E COME COMPONETE, SOLITAMENTE, UN BRANO?
“Non mi sentirei di scegliere un brano piuttosto che un altro. Tutti rappresentano l’identità musicale degli Infection Code attualmente. Ci sono alcuni pezzi che sono le basi per il futuro, dove abbiamo giocato un po’ di più con l’elettronica e che non hanno subito il classico metodo di composizione. Non seguiamo uno schema fisso. Può nascere da qualsiasi spunto, da una ritmica, da un riff di chitarra da un input di elettronica. Siamo caotici e molto emotivi nel comporre. Lasciamo libero sfogo a ciò che abbiamo dentro e lo liberiamo. Per noi comporre, come ti dicevo prima, è meglio di una seduta da uno psicanalista. Cambiamo idea anche facilmente in quanto siamo molto influenzati dal nostro stato d’animo, che è quasi sempre negativo e molto oscuro”.
COME MAI LA SCELTA DI INTERPORRE, ALLE CANZONI VERE E PROPRIE, UNA SERIE DI TRACCE PIU’ DEVIATE E PSICOTICHE?
“Ma quelle sono canzoni vere e proprie! Almeno come le intendiamo noi. Non sono intermezzi, frammenti, ma sono nate con l’intento di essere parte integrante del disco. Hanno la loro storia e sono un tassello importante nel mosaico musicale di ‘Sterile’. Quando parlo di sperimentazione intendo proprio questo: trovare soluzioni nuove e spiazzanti, a cui un ascoltatore non è abituato. Vogliamo destrutturare la canzone classica e, nel nostro piccolo, mostrare che ci sono altri modi di concepirla. La canzone è solo un flusso musicale dove si muovono disparate dinamiche armoniche, ritmiche e melodiche, che possono essere concepite e scritte secondo il gusto del compositore stesso. Questo è il bello, lo stimolo per crescere. Non potranno piacere a nessuno ma l’importante è che appaghino chi le ha create”.
ENTRIAMO UN ATTIMO NEL DETTAGLIO DELLE LYRICS: TI VA DI SPIEGARE QUALCHE TESTO, A TUO PIACIMENTO?
“Sono riflessioni, pensieri che ho scritto in momenti molto bui, estremamente difficili. La quotidianità mi uccide, un lento decadimento emotivo, che curo scrivendo. L’Uomo che descriviamo, che racconto nei testi potrei essere io. Ho solo in più la consapevolezza di essere ingabbiato ed imprigionato in una morsa di superficialità intellettuale che vuole prendere il sopravvento. Scrivo e per un po’ mi sento meno soffocato. Poi so che ricomincerà tutto…”.
UN ASPETTO DEL DISCO CHE MI HA LASCIATO PERPLESSO E’ LA SUA LUNGHEZZA: NON TEMETE CHE TROPPI BRANI, NEL VOSTRO GENERE, SIANO CONTROPRODUCENTI?
“Può essere controproducente, ma a noi non importa. Tutto quello che si sente su ‘Sterile’ sono gli Infection Code e non avrebbe avuto senso togliere dei pezzi, quando questi sono stati concepiti per rappresentarci in quel determinato momento. Mi rendo conto che siamo pesanti, estremi, cervellotici, ed alla lunga possiamo stancare, ma la nostra scelta è stata dettata dalla passione e dall’affetto che nutriamo per queste canzoni. Erano pezzi che suonavamo ed ognuno aveva la sua precisa identità…”.
LA SCENA INDUSTRIAL, A MIO PARERE, SEMBRA SEMPRE SUL PUNTO DI ESPLODERE COMMERCIALMENTE…INVECE RIMANE COSTANTEMENTE ISOLATA, IMPOSSIBILITATA A CRESCERE E RACCOGLIERE SUCCESSI CHE MOLTE BAND MERITEREBBERO. QUALI SONO LE TUE IMPRESSIONI IN PROPOSITO?
“Dipende da cosa si intende per successo: l’industrial, il metal estremo sono generi difficilmente accessibili e non tutti hanno la voglia e la preparazione culturale di poter capire determinati messaggi, sia lirici che musicali…sono generi underground, d’élite, per fortuna; per pochi e, personalmente parlando, questo è un bene. Il successo può essere l’aver raggiunto un preciso traguardo artistico, una realizzazione interiore, oppure che la tua musica venga capita ed apprezzata in modo critico. Lustrini e ritorno economico li lascio volentieri ai musicisti plasticosi”.
UN GIUDIZIO SPASSIONATO SUL MERCATO METALLICO ITALIANO: E’ ANCORA COSI’ DIFFICILE EMERGERE NEL BELPAESE?
“Non è che è difficile: è quasi impossibile emergere per chi fa musica alternativa! Manca l’interesse da parte del fruitore di musica, in quanto non esiste una cultura musicale ben radicata come in altri Paesi europei. Il rock in Italia non è considerato arte, e quindi non rientra nei piani di chi può avere la possibilità di farlo conoscere. Di contro, c’è un notevole fermento underground, con numerosissime realtà quali band, etichette, magazine, ma il passo decisivo da fare per poter pensare di emergere è ancora lontano. Inoltre, siamo un po’ esterofili: guardiamo troppo spesso con ammirazione a tutto ciò che ci arriva dagli altri Paesi, senza fare una selezione. In generale, solo perché è straniero è più valido del prodotto italiano. Non sempre è cosi”.
SIAMO PROSSIMI AL TERMINE DELL’INTERVISTA…AVETE IN PROGRAMMA TOUR O CONCERTI PER PROMUOVERE “STERILE”?
“Stiamo organizzando un po’ di concerti. Da qui fino a tarda estate abbiamo il desiderio di suonare il più possibile; l’aspetto live è molto importante per un gruppo come il nostro. E poi a noi piace molto essere on stage e fare del sano rumore”.
BENE, GABRIELE…TI RINGRAZIO MOLTO PER LA DISPONIBILITA’. TI CONCEDO L’ULTIMA PAROLA…
“Innanzitutto vorrei ringraziare anticipatamente chi acquisterà il nostro disco e chi leggerà questa intervista. Grazie a Metalitalia.com per il supporto e lo spazio concessoci. Omnia sunt communia”.