Abbondanti nell’offerta musicale, piuttosto laconici in sede d’intervista. Non conoscono mezze misure gli Inter Arma, che con “Paradise Gallows” hanno bissato il titanismo apocalittico di “Sky Burial”, aggiungendo colori ed emozioni a uno stile già notevolmente poliedrico. Su come sia nato e sia sviluppato il nuovo disco, la band si è sbottonata fino a un certo punto, lasciando intendere di preferire parlare attraverso la musica che non per mezzo di una più fredda intervista. Qualche barlume d’informazione è comunque filtrato e questo è il resoconto dello scambio d’impressioni avuto col batterista T.J.Childers.
IN “PARADISE GALLOWS” AVETE PROSEGUITO IL CAMMINO INIZIATO CON “SKY BURIAL”, INCREMENTANDO LO SPETTRO DI INFLUENZE A CUI ATTINGETE. CHE COSA VI HA PORTATO A INTRODURRE NUOVI ELEMENTI, COME I RIFF DEATH METAL DI “AN ARCHER IN EMPTINESS” E GLI INPUT NOISE E FUNERAL DOOM IN “PRIMORDIAL WOUND”?
“Abbiamo sempre ascoltato molti tipi di musica diversi, per alcuni di noi ci è solo voluto un po’ più di tempo per scoprirli e assimilarli. Non ci sono riferimenti precisi per queste relative ‘novità’ che puoi sentire nell’ultimo disco”.
CONCENTRANDOCI NELLO SPECIFICO SU “PRIMORDIAL WOUND”, È IMPRESSIONANTE LA FORZA EMOTIVA DI UN INCEDERE COSÌ LENTO, CHE MI RICORDA BAND MOLTO DIFFERENTI COME AHAB, SWANS, CONAN, RED HARVEST. COSA POTETE DIRCI SULLA COMPOSIZIONE E LE LYRICS DEL BRANO?
“Musicalmente, l’idea più importante è stata quella di avere due chitarre ritmiche impegnate a svolgere un lavoro diverso una dall’altra. Per quanto riguarda il testo, parliamo di come l’ignoranza e la stupidità sembrano essere diventate condizioni comuni e generalmente accettate all’interno della società statunitense”.
UTILIZZATE NEL DISCO UNA QUANTITÀ STERMINATA DI INTERPRETAZIONI VOCALI, PASSANDO DAL GROWL ALLO SCREAMING BLACK METAL, DA VOCALIZZI MOLTO DARK A URLA HARDCORE, MANTENENDO OGNI VOLTA UN GRANDE PATHOS. COME AVETE LAVORATO SULLE LINEE VOCALI? QUALE IMPORTANZA RIVESTONO LE SECONDE VOCI RISPETTO A QUELLA PRINCIPALE?
“Tutte le canzoni emanano differenti vibrazioni, ciò richiede tipi di voci che vi si adattino. Le seconde voci sono fondamentali, conferiscono una dimensione diversa alla nostra musica. Se avessimo usato sempre le stesse sfumature vocali in ogni traccia avremmo annoiato chi ci ascolta, così invece non mi pare che corriamo questo rischio”.
“PARADISE GALLOWS”, LA CANZONE, È VICINA ALLO SPIRITO DEI NEUROSIS NEL PERIODO DI “A SUN THAT NEVER SETS”/“THE EYE OF EVERY STORM”: AL SUO INTERNO ABBIAMO LA FUSIONE DI CROONING E DOOM, CHE SEMBRA TRASPORTARE IL CUORE ANTICO DELLA MUSICA AMERICANA IN UNA NUOVA DIMENSIONE. QUAL È IL VOSTRO FEELING PER QUESTO PEZZO? COSA INTENDETE COMUNICARE CON ESSO?
“Questa è la canzone che fra tutte ha sorpreso più persone, da quando abbiamo iniziato a suonarla in sala prove a quando è apparsa sul disco finito. È molto intensa, anche se non saprei dire per quale motivo lo sia così tanto, non mi pare ci fosse una tale ‘intensità’ e pathos mentre la stavamo provando prima di inciderla”.
“THE SUMMER DRONES” E “WHERE THE EARTH MEETS THE SKY” CONTENGONO MOLTI MOMENTI SOFT, SOLTANTO CHE IN QUESTE RELATIVA MORBIDEZZA SI ANNIDANO CUPEZZA E MALINCONIA. QUAL È L’ARTISTA CHE VI HA ISPIRATO IN QUESTI LENTI MOVIMENTI FRA HARD ROCK, FOLK E POST-ROCK?
“Neil Young!”.
NELLA VOSTRA MUSICA ATTRAVERSATE ROCK E METAL DA DIFFERENTI ANGOLAZIONI, ASSIMILANDO ELEMENTI PROVENIENTI DA GENERI ANCHE MOLTO DISTANTI FRA LORO. DA DOVE DERIVA QUESTO VOSTRO APPROCCIO? CHE COSA POSSIAMO TROVARE NELLA VOSTRA STORIA PERSONALE E MUSICALE CHE POSSA SPIEGARE LA PECULIARE VISIONE DELLA MUSICA DATA DAGLI INTER ARMA?
“Ho iniziato a suonare la batteria all’età di sette anni, in una cover band locale. Tutto il mio percorso di apprendimento e conoscenza della musica fa sì che gli Inter Arma abbiano il loro specifico sound”.
NELLA MUSICA E NELLA PRESENTAZIONE VISUALE DELL’ALBUM VI È LA RICERCA DELLA VASTITÀ, DI SPAZI SENZA LIMITI PER OCCHIO E MENTE. COSA ANDATE CERCANDO CON LA VOSTRA MUSICA? LA UTILIZZATE COME MEZZO PER RAGGIUNGERE UN DETERMINATO OBIETTIVO O UNA CONDIZIONE PSICOLOGICA PARTICOLARE?
“Ci è stato detto da tante persone che le nostre canzoni rappresentano ognuna una specie di viaggio musicale, ma questo non è mai stato un obiettivo consapevole. Quello che senti è soltanto un’emanazione di noi stessi che cerchiamo di scrivere buone canzoni, che poi è soltanto l’unica cosa che abbiamo cercato di fare, senza metterci in testa altre idee”.
I PEZZI DEGLI INTER ARMA FANNO VIAGGIARE LA MENTE, OVUNQUE E OLTRE I LIMITI DEL MONDO FISICO. AVETE SPECIFICHE IMMAGINI IN MENTE QUANDO COMPONETE E ASCOLTATE LA VOSTRA MUSICA?
“Non abbiamo una specifica obiettivo o immagine quando iniziamo a scrivere. Prendiamo riff e idee, ci immettiamo la nostra personalità, e quello che ne scaturisce lo puoi sentire sul disco. Detto questo, risentite una volta terminate, le canzoni provocano anche a noi speciali vibrazioni e l’evocazione di immagini piuttosto vivide”.
LA COPERTINA DI “PARADISE GALLOWS” SEMBRA RICHIAMARE L’IMMAGINARIO DEI MASTODON DI “LEVIATHAN”, CONSIDERATO CHE RAFFIGURA L’OCEANO E TEMPESTE CHE SI ABBATTONO SU UNA NAVE E I SUOI MARINAI. A COSA DOBBIAMO LA SCELTA DEL SOGGETTO E I COLORI VIVACI?
“La canzone ‘Where The Earth Meets The Sky’ parla della morte di una mia zia e di me che, ubriaco, dopo il funerale cammino vicino alle banchine lungo la strada dove abitava lei, di fianco al mare, all’ora del tramonto, con gli edifici presenti nella strada riflessi nell’acqua. Da questa situazione ho avuto l’ispirazione per un disegno che comprendesse molti elementi marinareschi, con barche che rischiano di essere affondate, onde altissime e spumeggianti e altro ancora”.
ALCUNI ARTISTI AFFERMANO CHE SCRIVERE E PRODURRE UN ALBUM SIA UN’ESPERIENZA DOLOROSA, PER IL TEMPO CHE RICHIEDE, L’IMPEGNO E TUTTE LE PROBLEMATICHE DI CUI CI SI DEVE OCCUPARE. QUALI SONO GLI ASPETTI CHE PREFERISCI DELL’INTERO PROCESSO CREATIVO E QUALI QUELLI CHE PREFERIRESTI NON DOVER AFFRONTARE, SE FOSSE POSSIBILE?
“Adoro tutto quanto riguarda la creazione di un album e non penso che ci siano momenti davvero ‘dolorosi’ in tutte le attività inerenti alla realizzazione di nuova musica. Mi piace buttare fuori idee, accogliere quelle degli altri, metterle assieme e vedere se funzionano o no. Mi piace anche stare in studio, manipolare i suoni, selezionare quelli che vanno meglio, cercarne di nuovi e aggiungere strumentazioni inusuali. Adoro tutto quanto ruota attorno alla musica e non c’è nulla che eviterei di fare”.
SUONATE MATERIALE COMPLESSO, CHE RICHIEDE GRANDE ATTENZIONE E COINVOLGIMENTO DA PARTE DI CHI ASCOLTA PER ESSERE COMPRESO AL MEGLIO. AVETE MAI LA TENTAZIONE DI REALIZZARE MUSICA PIÙ FACILE, CERCANDO UN SUCCESSO DIFFICILE DA OTTENERE CON QUELLO CHE SUONATE ABITUALMENTE?
“Penso spesso che sarebbe molto più facile scrivere canzoni pop tipo quelle di Katy Perry e guadagnare più soldi di quanti potrei mai immaginare di spendere. Sono sicuro che mi stuferei presto e mi sentirei molto infelice. Nella vita devi dedicarti a ciò che ami, fondamentalmente”.
CERCATE DI SUONARE SPESSO DAL VIVO E DI PORTARE LA VOSTRA MUSICA OVUNQUE SIA POSSIBILE. CHE COSA VI PIACE MAGGIORMENTE DEI CONCERTI? QUALI SONO I VANTAGGI EXTRA-MUSICALI DI ESSERE IN TOUR E QUALI SONO LE DIFFERENZE FRA QUANDO SIETE IN GIRO PER CONCERTI NEL VOSTRO PAESE IN EUROPA?
“Il maggior vantaggio del suonare dal vivo è il pubblico, quando è presente. L’audience fa acquistare tutta un’altra energia alla musica, le dà un altro slancio. È divertente osservare come certi pezzi assumano connotazioni leggermente diverse, suonandole live alcune canzoni si trasformano. Imbarcarsi in tour europei è sempre un’esperienza appagante, l’ospitalità e il rispetto che ti mostrano in Europa sono meravigliosi e non è una cosa che accade spesso negli Stati Uniti, dove quasi tutta l’attenzione va ai nomi molto grossi”.
TORNIAMO PER UN ATTIMO A “THE CAVERN”, UN PEZZO MOLTO ESTREMO, UN’UNICA COMPOSIZIONE DI QUARANTACINQUE MINUTI. PENSI CHE POSSA ESSERE VISTO COME UNA SORTA DI ‘PALESTRA MUSICALE’ DOVE TESTARE QUALI POTESSERO ESSERE I LIMITI, I RISCHI E LE OPPORTUNITÀ DI SUONARE SENZA AVERE VINCOLI DI TEMPO O DI ALTRO TIPO?
“Abbiamo suonato ‘The Cavern’ dal vivo, ma non lo abbiamo fatto per molto tempo. Non siamo mai preoccupati da costrizioni musicali di qualsiasi tipo, suoniamo quello che vogliamo e che pensiamo abbia il giusto feeling. Per quanto riguarda i limiti di tempo, un altro bell’aspetto del suonare in Europa è che il pubblico si aspetta che tu suoni un minutaggio maggiore di quanto non siamo abituati normalmente negli States”.