Pur muovendosi lungo coordinate stilistiche ben consolidate, “Aimin’ For Oblivion”, il nuovo lavoro degli Invernoir, si rivela ancora una volta una assai piacevole esperienza di ascolto, con il versatile comparto vocale che ci accompagna in un mondo fatto di atmosfere avvolgenti e malinconiche.
Le suggestioni musicali dei ragazzi romani si rifanno soprattutto a certo melodic death-doom degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, con spiccate influenze di Anathema, Katatonia e Swallow The Sun; a dispetto di questi influssi, il gruppo riesce comunque a mostrare un proprio carattere e un buon gusto per le melodie dal sapore crepuscolare, ben valorizzate da una produzione che non lascia niente al caso.
Approfondiamo il discorso sul successore del debut “The Void and the Unbearable Loss” e sui progetti della band con il chitarrista/cantante Alessandro Sforza, il chitarrista Lorenzo Carlini e il batterista Flavio Castagnoli.
PARTIAMO DAL PRINCIPIO: COME E PERCHÉ NASCONO GLI INVERNOIR?
Alex: – Gli Invernoir nascono nel 2016 su iniziativa mia e del cantante di allora, Sami El Kadi. L’intento era semplicemente quello di creare un progetto atto a dar sfogo alla nostra vena doom, dato che all’epoca non avevamo situazioni in cui poter esprimere questa nostra influenza in maniera marcata.
SIETE L’ENNESIMA REALTÀ DI ESTRAZIONE MELODIC DEATH-DOOM A VENIRE PARTORITA DALLA CAPITALE. QUANTO HA INFLUITO LA TRADIZIONE DI NOVEMBRE, ANOTHER DAY/KLIMT 1918, THE FORESHADOWING, BLACK THORNS LODGE/ROOM WITH A VIEW, ECC SUL VOSTRO IMMAGINARIO E SUL VOSTRO AVVICINAMENTO A SIMILI SONORITÀ?
Alex: – Sicuramente tantissimo. In quegli anni le band da te citate erano una grande influenza per me, e lo sono ancora.
Ho bellissimi ricordi di quel periodo: per esempio ricordo le compilation della rivista Psycho con il CD allegato, che mi diedero modo di scoprire sia Black Thorns Lodge (poi Room With A View) e i Klimt 1918, entrambi con dei demo eccezionali di katatoniana memoria, per poi approdare sotto l’ala della My Kingdom Music, etichetta che diede una forte spinta nel far conoscere queste band.
Ricordo poi i pomeriggi passati a piazza del popolo qui a Roma a scambiare varie opinioni sulla musica del periodo, in cui spesso era presente anche Carmelo dei Novembre (altra influenza che mi porterò appresso probabilmente fino alla tomba). Insomma, sicuramente un bel periodo con un alto livello artistico.
OVVIAMENTE NON VA NEANCHE DIMENTICATO L’INFLUSSO DI MAESTRI INTERNAZIONALI COME ANATHEMA, KATATONIA O SWALLOW THE SUN. IL VOSTRO È UN SOUND CHE TRAE ISPIRAZIONE DA TUTTO UN FILONE SENZA FISSARSI SU UN SOLO NOME. COME DESCRIVERESTE LA VOSTRA EVOLUZIONE MUSICALE SINO A OGGI?
Alex: – I nomi che hai citato sono tutti ingredienti della nostra zuppa: il nostro intento non è sicuramente quello di essere originali, ma di creare album di genere che noi primis saremmo disposti a comprare.
Diciamo che la nostra evoluzione sonora è progredita in una direzione di ‘ottimizzazione’ rispetto al suo inizio: bisogna dire che già nel primo EP “Mourn” siamo partiti con le idee chiare, visto che già nel 2018 eravamo tutte persone con alle spalle molte esperienze, sia in studio che live, perciò sapevamo già dove arrivare. Nel tempo abbiamo cercato semplicemente di togliere il superfluo e cercare un giusto bilanciamento tra potenza e melodia, senza mai far prevalere troppo l’uno o l’altro aspetto.
Altro elemento fondamentale è quello della fase di registrazione, che è sempre stata seguita per filo e per segno dal nostro chitarrista Lorenzo Carlini nei suoi Blue Ocean Recording Studio. Ascoltando i nostri lavori sin dall’inizio si può sentire anche l’evoluzione e il miglioramento progressivo di Lorenzo dietro al mixer, ed è merito suo se oggi “Aimin’ For Oblivion” suona esattamente come volevamo.
NELLO SPECIFICO, COSA AVETE CERCATO DI FARE DI DIVERSO RISPETTO A “THE VOID…”? QUALI SONO SECONDO VOI LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA IL NUOVO ALBUM E IL DEBUT?
Alex: – Come ti dicevo prima, abbiamo cercato di tagliare il superfluo ed ottimizzare il tutto. Il mio intento principale come compositore è stato quello di concentrarmi molto sulle melodie vocali per renderle particolarmente accessibili, senza per questo perdere in potenza ed oscurità, quindi cercando un giusto bilanciamento tra i due elementi. L’obiettivo nel disco precedente era lo stesso, ma qui penso che siamo riusciti ad affinare ulteriormente la formula.
L’intento finale era quello di creare un album scorrevole che lasciasse nell’ascoltatore la voglia di ascoltarlo di nuovo una volta giunti al suo termine. Molte persone che hanno avuto modo di ascoltarlo ci stanno proprio dando conferma di questo.
COME SIETE SOLITI COMPORRE UN BRANO? DA COSA PARTITE? E QUALI SONO GLI ELEMENTI CHE NON DOVREBBERO MAI MANCARE IN UNA COMPOSIZIONE DEGLI INVERNOIR?
Alex: – Abbiamo diversi processi, uno è quello dove mi trovo a scrivere in solitaria e l’altro dove lavoriamo a più mani su un brano.
Nel primo caso, parto solitamente da un qualsiasi elemento utile che attiri la mia attenzione: generalmente è una melodia di chitarra o vocale, ma può essere anche altro (una cellula ritmica, un riff) e da quello tiro giù il resto. Tuttavia, quello che deve sempre essere presente è una certa freschezza melodica, che se non scatta mi porta ad abbandonare quell’idea e passare ad altro.
È questo quello che non deve mai mancare nella proposta degli Invernoir: il gusto – decadente – per la melodia, bilanciato con la pesantezza delle chitarre.
Quando invece collaboriamo, succede che chi ha lo spunto iniziale e si ritrova poi in un vicolo cieco, lo mandi all’altro, il quale prosegue il lavoro. In questo modo è nato uno dei nuovi singoli, “Desperate Days”, ad esempio.
MOLTE DELLE BAND STORICHE DEL MONDO GOTHIC/DOOM HANNO INTRAPRESO EVOLUZIONI E PERCORSI MUSICALI SIMILI, IN CERTI CASI ARRIVANDO AD ABBANDONARE LE RADICI METAL O ALMENO A ELIMINARE IL CANTATO ESTREMO. DETTO CHE PUÒ ESSERE COMPLICATO PREVEDERE CERTI SVILUPPI A OGGI, MA VI VEDRESTE MAI LONTANI DAL METAL?
Flavio: – No, non credo. Ad oggi siamo molto convinti del nostro stile e di portarlo avanti nel tempo, ma soprattutto non credo mai che abbandoneremo il cantato estremo. Questo non vuol dire che non apprezzo band che lo hanno fatto, come per esempio i Katatonia, i quali negli anni hanno fatto un’evoluzione incredibile. Io personalmente li stimo ancora moltissimo e adoro gli ultimi lavori.
Alex: – Anche io penso che ciò non avverrà mai. Al massimo si potrebbe trattare di parentesi occasionali, come potrebbe essere un disco acustico o qualcosa di simile, ma non mi vedrei mai lontano dal metal.
CON CHI VI PIACEREBBE COLLABORARE IN FUTURO? VI È UN MUSICISTA CON IL QUALE PENSATE CHE SI POTREBBE CREARE UN BUON FEELING PER UNA ‘OSPITATA’ SU UN VOSTRO BRANO?
Lorenzo: – Mikko Kotamaki (Swallow The Sun) è un cantante formidabile ed anche un amico. Abbiamo ‘convissuto’ insieme per più di un mese in tour, dato che a quei tempi ero in sostituzione a suonare il basso per gli Shores of Null; il tourbus e i backstage di mezza Europa erano diventati la nostra casa.
Abbiamo avuto modo di stringere una bella amicizia condividendo momenti scherzosi e discorsi seri, dopo averlo adorato per anni per il suo lato artistico ascoltando i dischi degli Swallow The Sun nelle mie cuffie. Ho avuto la fortuna di conoscerlo da vicino e ho scoperto una persona molto carina, simpatica e scherzosa, allo stesso tempo rispettosa e profonda, oltre ad avere una professionalità impeccabile.
La sua voce si sposerebbe alla grande con il sound Invernoir e sarebbe anche un’occasione per rivederci e passare del tempo insieme. D’altronde stiamo parlando di Mikko: che differenza fa se lo conosci personalmente o no? Tutti vorrebbero sentirlo cantare sul proprio disco!
Alex: – Il mio sogno nel cassetto sarebbe quello di collaborare con diverse persone che hanno avuto un grande peso nella mia formazione musicale, sia come ascoltatore che come musicista.
Le prime due che mi vengono in mente sono Danny Cavanagh degli Anathema e Robert Smith dei The Cure, due artisti che hanno sempre esercitato su di me un grande fascino e con cui sento di avere un forte legame emotivo. Sarebbe bello anche avere la voce di Mick Moss degli Antimatter su qualche nostro brano… magari in futuro.
CHE ASPETTATIVE AVETE NEI CONFRONTI DI “AIMIN’ FOR OBLIVION”? QUANDO POTRÀ ESSERE CONSIDERATO UN SUCCESSO AI VOSTRI OCCHI?
Lorenzo: – Il nostro intento è di far crescere il progetto Invernoir. Prima di essere musicisti siamo degli amici: ci piace passare del tempo insieme e amiamo viaggiare “on the road”, suonando e portando la nostra musica.
Sarebbe bello se aumentassero le richieste per le nostre esibizioni dal vivo e se il progetto Invernoir ci portasse a visitare nuovi posti.
Per far sì che ciò accada, dobbiamo accrescere il nostro pubblico di ascoltatori con i quali speriamo di condividere valori ed emozioni che cerchiamo di trasmettere nei nostri brani. Non c’è sensazione migliore di ascoltare un brano, riconoscersi nello stesso stato d’animo dell’artista e sentirsi meno soli.
SIETE UNA BAND CHE SUONA DAL VIVO? COME SI TRADUCE LA VOSTRA MUSICA IN QUEL CONTESTO? AVETE PIANI A RIGUARDO PER I PROSSIMI MESI?
Flavio: – Sì, ci piace moltissimo portare la nostra musica dal vivo. Adoriamo il palco e suonare davanti al pubblico, tanto o poco che sia, conoscerlo personalmente e parlare sempre con gente nuova che apprezza noi e quello che facciamo, è bellissimo.
Ora stiamo progettando un po’ di date dall’inizio del prossimo anno per promuovere il nostro nuovo album, sia in Italia che all’estero. Speriamo di portare il più possibile in giro “Aimin’ For Oblivion” perchè siamo veramente orgogliosi di quello che abbiamo fatto.
CI STIAMO AVVICINANDO ALLA FINE DELL’ANNO: QUALI SONO GLI ALBUM DEL 2024 CHE PIÙ VI HANNO COLPITO, SIA IN POSITIVO CHE IN NEGATIVO?
Alex: – Adoro queste domande e le classifiche di fine anno. Fino ad ora, l’album che ho ascoltato di più e che andrà dritto dritto al numero uno nella mia classifica di fine anno sarà quello dei Silent Vigil, dal titolo “Hope and Despair”, una one-man band che ricorda molto i Daylight Dies. Ve lo consiglio!
Altro disco che mi ha lasciato a bocca aperta è il nuovo album degli Officium Triste, “Hortus Venenum”, veramente un ottimo esempio di doom metal.
Attualmente sto ascoltando molto la nuova creatura di Danny Cavanagh, i Weather Systems, il disco d’esordio degli Still Wave e aspetto con ansia le nuove release di The Foreshadowing e Ghostheart Nebula, che sono sicuro andranno a finire nella mia top 10 di fine anno. Per il resto, ho ascoltato anche un sacco di deathcore e non vedo l’ora di sentire il nuovo Whitechapel.