ISAAK – Barbe che si allungano, suoni che crescono

Pubblicato il 17/01/2013 da

A fine 2012 ci siamo imbattuti negli Isaak, precedentemente noti come Gandhi’s Gunn, fautori di uno stoner muscoloso e avvolgente, caldo come l’italico carattere impone. Essendo noi dei curiosi ficcanaso non ci siamo certo fatti sfuggire il loro ultimo disco (uscito sotto il precedente monicker), né abbiamo perso l’occasione di “torturarli” un po’ con un’intervista. Ne è scaturita una chiacchierata amichevole, con cui abbiamo sondato diversi aspetti del loro pensiero, non ultima la ragione del cambio di monicker: gli Isaak dimostrano di essere un gruppo coi piedi ben saldi a terra, nonostante la recente firma con la SmallStone, etichetta di spicco nell’ambito del loro genere. Vi invitiamo a leggere e ad incuriosirvi al punto da sperimentare la loro musica: siamo certi che non vi deluderà!

CIAO! LA COSA MIGLIORE DA FARE PER INZIARE E’ PRESENTARVI AL PUBBLICO: RACCONTATECI LA STORIA DEL GRUPPO, COME SIETE ARRIVATA ALLA DEFINIZIONE DEL SUONO DEGLI ISAAK.
“Sono passati già cinque anni e di cose ne sono cambiate parecchie: il nostro sound è mutato e maturato con il tempo, raccontarti come siamo arrivati a quello che siamo oggi non è semplice, è stata una crescita continua, generata a volte da momenti difficili che di buono hanno il fatto di averci portato qui, oggi”.

QUALI SONO I GRUPPI CHE VI HANNO PORTATO AD IMBRACCIARE GLI STRUMENTI? QUALI QUELLI CHE HANNO INDIRIZZATO IL VOSTRO SOUND?
“Death, Melvins, Entombed, Kyuss, Pink Floyd, Iron Maiden, Screaming Trees,NickCave& the Bad Seeds etc. La lista sarebbe davvero infinita perché siamo quattro persone con background musicali molto diversi tra di loro, cosa che ho sempre visto come punto di forza. Ad oggi ciò che ci lega sono band che sanno reinterpretare al meglio (rendendolo attuale) il sound che più amiamo, dallo Stoner Metal dei Red Fang e Priestess, a quello a volte più ‘pop’ dei Torche, passando dalle derive settantiane di Graveyard o Witchraft; ovviamente mi starò anche dimenticando qualche nome, ma questi sono dei cardini indicativi”.

IN UN DISCO COME “THE LONGER THE BEARD THE HARDER THE SOUND” E’ SECONDO NOI EVIDENTE UN CALORE TUTTO MEDITERRANEO, SOLUZIONE INEDITA NELL’AMBITO DEL VOSTRO GENERE: VI TROVATE D’ACCORDO CON LA NOSTRA AFFERMAZIONE?
“La ricerca di un sound il più possibile personale è di certo una parte fondamentale del nostro percorso, non vedo però questo scostamento dai canoni di riferimento del ‘genere’ (non intendevo questo, ndR). Alla fine noi arriviamo da una città di mare che è Genova, lo stoner rock affonda le sue radici proprio nella sabbia e ci piace pensare che il nostro ‘calore mediterraneo’ non sia poi così distante dall’idea di American Desert Rock”.

COSA ALTRO – SECONDO VOI – AVETE AGGIUNTO AL PARADIGMA SONORO IN CUI VI MUOVETE? CHE TIPO DI CONTRIBUTO STATE DANDO, IN VOSTRA OPINIONE?
“Ho difficoltà a risponderti concretamente, credo che sia più semplice capirlo da osservatori esterni: noi speriamo di contribuire alla diffusione del ‘verbo’ e che la nostra musica possa essere di ispirazione per altre band, come lo sono stati per noi Ufomammut, Lento, Zu e molti altri. Noterai che non vi è molta attinenza di ‘genere’ tra le band appena citate, diciamo che il punto comune è la passione e la dedizione che mettono in quello che fanno”.

CI PIACEREBBE CHE RACCONTASTE AI NOSTRI LETTORI COME AVVIENE IL VOSTRO PROCESSO COMPOSITIVO: PARTECIPATE TUTTI IN EGUAL MISURA? PARTITE DA UNA JAM O DA QUALCHE PARTICOLARE RIFF CHE MAGARI VI SI PIANTA IN TESTA?
“Il nostro modo di comporre è cambiato molto nel corso di questi anni. Con ‘Thirtyyeahs’ il processo compositivo era abbastanza consolidato, si partiva da un riff di basso e la chitarra seguiva il ‘mood’ oppure l’esatto opposto: si partiva da un’idea di chitarra e si improvvisava fino a raggiungere qualcosa che ci convincesse, come una linea vocale che pian piano definiva una struttura più precisa, un’identità più chiara e così via. L’ultimo album è nato in modo diverso, direi in modo più ‘corale’: cambiando completamente la sezione ritmica ci siamo trovati a gestire la composizione dei brani in modo differente, non migliore o peggiore, semplicemente nuovo. L’improvvisazione del precedente disco ha lasciato spazio ad uno studio più settoriale dei vari ‘soggetti’: non partivamo più solo da un’idea, da un riff, cercavamo più che altro un’ispirazione, un’atmosfera sulla quale lavorare, la voglia di riflettere, sensazioni più malinconiche ed introspettive ci hanno portato a brani come ‘Hypothesis’, ‘Flood’, ‘Adrift’, mentre la nostra necessità di velocità, potenza e divertimento ci ha portato ad altri brani come ‘Haywire’, ‘Under Siege’, ‘Red (The Colour of God)’ etc. Crediamo comunque che le nostre composizioni siano figlie del momento storico in cui sono state composte: mettere in musica quello che ci rappresenta in un determinato momento è e sarà sempre l’unico filo conduttore, anche per il futuro”.

TOGLIETECI UNA CURIOSITA’: COME VI E’ VENUTA IN MENTE UN PEZZO PER NOI ECCEZIONALE COME “LEE VAN CLEEF”, DAL VOSTRO PRIMO ALBUM “THIRTYYEAHS”? TENTETE CONTO CHE IL SOTTOSCRITTO VI HA CONOSCIUTI CON QUESTA CANZONE E APPREZZA MOLTO I LAVORI DI SERGIO LEONE.
“Come già accennato prima, è nato tutto da un riff di basso, che ci ispirava un’immagine la quale, a sua voltaì, evocava quel ‘mondo’di polvere, sguardi sottili e taglienti, e pistole…”.

CI SPIEGHERESTE LE RAGIONI DEL CAMBIO DI NOMINATIVO IN ISAAK? QUESTA SCELTA AVRA’ QUALCHE SIGNIFICATIVA INFLUENZA SUL VOSTRO SOUND?
“Come avrai notato il cambio nome ha coinciso con un altro grande cambiamento, la firma con una delle più importanti etichette in ambito stoner rock al mondo, l’americana SmallStone Records. Diciamo semplicemente che, avendo cambiato mezza line up dal precedente album, abbiamo ritenuto opportuno dare, a noi stessi per primi, un segno forte di cambiamento per fissare questo momento in modo indelebile”.

GIA’ CHE CI SIAMO, CI PIACEREBBE “SPILLARVI” QUALCHE EVENTUALE INFORMAZIONE SUL NUOVO ALBUM: LO STATE SCRIVENDO? MANCA TANTO? SIAMO CURIOSI.
“Non è un segreto che prima del prossimo album, in uscita verso alla prima metà del 2013, uscirà la reissue di “The Longer The Beard The Harder The Sound”, mixata e rimasterizzata negli States e con l’aggiunta di alcune Bonus tracks (aspettiamo con ansia! ndR). Successivamente, come detto, uscirà il nuovo full length al quale stiamo già mettendo mano, ma che non ha ancora un’identità precisa: per adesso ci limitiamo a comporre”.

E GIA’ CHE CI RISIAMO: AVETE IN PROGRAMMA DATE E, EVENTUALMENTE, TOUR? SAREMMO PARTICOLARMENTE CURIOSI DI “SPERIMENTARVI” DAL VIVO.
“Da qualche mese abbiamo deciso di fermarci per dare spazio alla composizione, ma con l’uscita della reissue ripartiremo a fare ciò che ci piace di più: in una parola, live!”.

CHE TIPO DI RAPPORTO AVETE COL VOSTRO PUBBLICO?
“L’unico possibile, di riconoscenza. Crediamo che una delle cose più importanti per una band sia il confronto con chi la ascolta, è il miglior modo di crescere e migliorarsi”.

E’ GIA’ DA UN PO’ CHE CI FACCIAMO GLI AFFARI VOSTRI: CI RACCONTATE QUALI SONO, FINO AD OGGI, IL PIU’ GRANDE RIMPIANTO E LA PIU’ GRANDE SODDISFAZIONE DELLA VOSTRA CARRIERA?
“Scott Hamilton ci ha voluto nella sua SmallStone, al fianco di mostri sacri dello stoner come Acid King, Los Natas, Sons of Otis, Solace,Lo Pan, Wo Fat, Dozer e tanti altri. Credo che ad oggi volere di più sarebbe impossibile: siamo davvero felici ed orgogliosi di tutto quello che è stato il nostro percorso”.

SIAMO ALLA CONCLUSIONE: DOPO QUESTA FATICA VI ASPETTA GESTIRLA COME PREFERITE.
“La conclusione non può essere che una, ringraziare te e tutta la redazione di Metalitalia.com. Non vediamo l’ora di tornare a fare quello che sappiamo fare meglio, salire sul palco e spararvi in faccia del sano Heavy Rock for Heavy People!!! Un saluto a tutti gli amici di Metalitalia dagli Isaak!”.

2 commenti
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