ISOLANT – Apocalisse post-industriale

Pubblicato il 14/04/2023 da

Per i nostalgici degli anni d’oro dell’industrial metal, di quell’afflato di siderurgia e marciapiedi sporchi che l’Inghilterra ha saputo regalarci trent’anni fa, il periodo attuale è sicuramente succulento.
Anche solo sulle nostre pagine, abbiamo avuto modo di segnalarvi diverse uscite che sanno pescare a piene mani da certe sonorità, modernizzandole e trovando nuove forme personali per raccontare l’alienazione dell’uomo-macchina moderno. Tra questi si segnalano gli Isolant, gruppo che ha impiegato quasi dieci anni a trovare la sua forma definitiva e giungere al formale debutto discografico tramite Sentient Ruin. Abbiamo raggiunto Max Furst, fondatore della band, e Mattia Alagna, cantante e autore degli apocalittici testi della mazzata uscita sotto il titolo “Drain”.

È ABBASTANZA SCONTATO, MA INIZIAMO CHIEDENDOVI COME SONO NATI GLI ISOLANT.
Max:
– Gli Isolant hanno preso la loro forma iniziale nel 2013 durante un periodo in cui la mia band a tempo pieno (i Morne, ndR) prese una breve pausa. Il nostro batterista ha dovuto subire un intervento chirurgico al ginocchio, quindi per la prima volta in sei anni mi sono trovato improvvisamente inattivo con tempo libero per sperimentare su un altro progetto. Il destino ha voluto che avessi da poco incrociato la mia strada con un artista e musicista locale di nome Robert Ferent. La produzione di Robert era molto più astratta di qualsiasi cosa io avessi mai fatto. Tuttavia, è diventato subito evidente che c’era un’ammirazione reciproca per i nostri approcci creativi, quindi abbiamo deciso che sarebbe stato divertente provare a lavorare a un progetto insieme. Mi è sembrata un’opportunità interessante per incontrarsi a metà strada e creare qualcosa che derivasse dalle nostre influenze reciproche, pur iniettando elementi personali. Approcciandoci con carta bianca e slegati da qualsiasi genere o dalla nostra produzione precedente, è stato piuttosto entusiasmante per entrambi.

QUALI BAND CITERESTE COME PRINCIPALI ISPIRAZIONI E COME DEFINIRESTE L’​​’OBIETTIVO MUSICALE’ DELLA BAND?
Max:
– Isolant è sicuramente una fusione di più persone che contribuiscono al suo risultato finale, quindi posso parlare solo per me stesso, ma le mie principali ispirazioni per questo particolare progetto sono senza dubbio Bloodstar (quelli svizzeri), John Carpenter e Coil.
Mattia: – Personalmente io ho trovato appropriato applicare influenze stenchcore inglesi degli anni Novanta alle parti vocali, vista anche la storia e le influenze pregresse della band portate da Max, che comunque gravitano in quell’ambito, nonché influenze death e doom metal adatte all’andamento cadenzato ed heavy delle chitarre, e un velato taglio black ancora alle voci per dare un mood più buio alla musica.

SIETE QUINDI D’ACCORDO SULLA FORTE CONNESSIONE, IN TERMINI DI SOUND E ATTITUDINE, CON LA SCENA INDUSTRIALE BRITANNICA DELLA METÀ DEGLI ANNI OTTANTA?
Max:
– Sicuramente. Sebbene mi consideri solo un ascoltatore ‘occasionale’ del genere, la musica estrema con sfumature industrial che si è ramificata dalla scena crust era senza dubbio uno dei risultati più interessanti di quell’epoca. Non è mai decollato né ha guadagnato molta notorietà, a parte nel caso di Godflesh e Pitchshifter, ma quello stile è molto adatto al momento in cui è fiorito. Il problema più grande era che la maggior parte delle band che ha provato a replicarlo nel tempo non è mai riuscita a tirarne fuori qualcosa di personale. Erano tutti troppo impegnati a cercare di suonare come i Godflesh e non hanno mai dedicato molto tempo a scrivere musica memorabile. Sicuramente un’occasione persa, dato che molte di queste band avevano elementi che erano unici e affascinanti.

PARLANDO DI ATTITUDINE, COSA DEFINISCE SECONDO VOI LA MUSICA INDUSTRIALE, SPECIALMENTE IN CONNESSIONE CON LA NOSTRA SOCIETÀ? PENSATE CHE SIA ANCORA UN GENERE CON UNA INTRINSECA CONNOTAZIONE POLITICA?
Max:
– ‘Musica industriale’ è un termine molto ampio che copre un ampio spettro di band e artisti. Per la mia percezione della lunga storia di questo genere , sono in difficoltà a definire gli Isolant una band ‘industrial’ in senso ortodosso. Riconosco che anche oggi questa etichetta fa generalmente rifermento ad artisti che creano musica molto più primordiale e astratta. L’intera missione della prima musica industriale era quella di creare qualcosa di assolutamente abrasivo e aggressivo, e questo veniva perseguito uditivamente/visivamente/concettualmente. L’obiettivo con Isolant non è mai stato quello di provare ad aderire o adattarsi a quei principi, piuttosto di estrapolarne delle parti e applicare ciò che poteva avere senso nel contesto di una particolare canzone. Come ascoltatore, sono aperto a esplorare tutto lo spettro sonoro della musica estrema e sperimentale, ma come musicista posso solo scrivere con il materiale che conosco. Qualsiasi deviazione da ciò sarebbe disonesta nei miei confronti.
In termini di politica, ci sarà sempre qualche sfigato che non ha mai imparato a suonare la chitarra e sente il bisogno di compensare il suo noioso progetto industrial/rumorista incorporando concetti fascisti nel mix. Questo è il punto su cui mi chiamo fuori: non tollero questi patetici idioti e non ho assolutamente alcun desiderio di coesistere nel loro mondo.
Mattia: – Faccio eco a Max in tutto per la parte politica. Per quanto riguarda la musica, per me industrial, metal e punk sono le tre facce dello stesso prisma che simboleggia il concetto di musica estrema. Sono molto affascinato dalla natura sperimentale e meno dogmatica dell’industrial, rispetto a metal e al punk, che hanno uno stile classico, e poi le varie declinazioni, sempre più o meno credibili. Dell’industrial invece vedo solo tutte le varie declinazioni. È un genere sperimentale a priori proprio perchè nato dalla pura sperimentazione. Vedasi i padri fondatori come Throbbing Gristle e Cabaret Voltaire.

PARLANDO PIÙ NELLO SPECIFICO DELL’ALBUM, È MOLTO BREVE, MA AL TEMPO STESSO DAVVERO INTENSO, CON MOLTI STRATI DIVERSI CHE AGGIUNGONO VIOLENZA E UN FORTE SENSO DI OPPRESSIONE. PENSATE CHE QUESTO TIPO DI INTENSITÀ SIA UN NUCLEO DETERMINANTE SIA DELLA MUSICA INDUSTRIALE CHE DI ISOLANT, SENZA BISOGNO DI SCRIVERE PEZZI LUNGHI (E MAGARI NOIOSI…), MA ANDANDO DRITTI AL PUNTO?
Max: – La lunghezza delle canzoni è assolutamente programmatica. Volevo che questo fosse un disco che le persone possono ascoltare entrandoci o lasciandolo in sospeso ogni volta che lo desiderano senza perdersi nulla. Quindi tagliare i fronzoli, andare dritti al punto e tenere solo ciò che è necessario perché una canzone abbia la sua identità, senza compromettere l’atmosfera. Come musicista, capisco perfettamente cosa vuol dire perdersi nel processo di scrittura e lasciar gonfiare un brano oltre il necessario; non c’è modo più veloce per distruggere una canzone che renderla più lunga del necessario, è un processo di autoindulgenza creativa e raramente si traduce in qualcosa di accattivante per l’ascoltatore. Avendo commesso io stesso quell’errore in passato, è qualcosa di cui perseguo consapevolezza in tutto ciò che faccio, oggi.

COME COMPONETE DI SOLITO LE VOSTRE CANZONI? PARTITE DA UN CONCEPT, UN RIFF O AVETE GIÀ UN’IDEA COMPLETA CHE DEVE SOLO PRENDERE FORMA CORRETTA?
Max:
– Il processo di scrittura delle canzoni è completamente collaborativo e organico, ci scambiamo idee avanti e indietro e procediamo a ogni iterazione finché la canzone non ci appare matura. Le canzoni degli Isolant sono sempre state basate sui riff di chitarra, di solito con una strofa principale e un ritornello. La maggior parte delle canzoni che scrivo si mantengono in linea con un formato ‘pop’ abbastanza standard. Sono anche un convinto sostenitore della melodia e dell’avere qualcosa che ‘agganci’ gli ascoltatori a una canzone. Devo poi dare il giusto credito al fatto che ho avuto la fortuna di collaborare con menti creative come Robert e più recentemente M. Souto, che mi hanno aiutato a mescolare le cose e deviare dalla struttura strofa/ritornello/strofa. Coinvolgere altre persone per mischiare ed elaborare le mie idee attraverso il loro filtro offre una nuova prospettiva che altrimenti non avrei mai pensato di incorporare nelle mie canzoni. Isolant è al 100% un prodotto collettivo e tutti coloro che sono stati coinvolti hanno contribuito a dare alla band la sua forma.

VI ANDREBBE DI APPROFONDIRE I TEMI TRATTATI NEI VOSTRI TESTI?
Mattia:
– I testi ricalcano sia il concept originale della band (quello della totale depersonalizzazione e il risultante isolamento che la società moderna provoca nell’individuo), sia idee e umori che ascoltare la musica della band mi ha provocato, sia tematiche che sono semplicemente pertinenti e dunque riconoscibili nell’ambito della musica crust e industrial: alienazione, degrado della società, industrialismo deviato, tematiche distopiche e apocalittiche. Ovviamente il tutto è presentato metaforicamente, usando visioni apocalittiche e pensieri poetici e astratti per effettuare una denuncia letteraria sullo stato delle cose e sulla direzione che hanno intrapreso il mondo e l’umanità. I testi dunque hanno un velato ma portante filo conduttore politico: anticapitalista, anarchico, ambientalista.

MAX, COME SEI ENTRATO IN CONTATTO CON M. SOUTO E MATTIA E QUANDO HAI DECISO DI COINVOLGERLI? SE NON SBAGLIO VIENI DA BOSTON… QUINDI ABBASTANZA LONTANO, ALMENO DA MATTIA (CHE RISIEDE A OAKLAND).
Max:
– Ho conosciuto Mattia nel 2015 quando la mia ex band è rimasta con lui per qualche giorno mentre eravamo in California. Dopo aver parlato di interessi musicali comuni, gli ho dato una copia della cassetta degli Isolant da ascoltare. Mattia è stato il primo vero mecenate del progetto, è stato incredibilmente di supporto e ha aiutato a far girare la mia musica, al tempo. Spostandoci nel 2020, l’etichetta di Mattia era ormai decollata e nel processo di ricerca di nuovi artisti mi ha contattato per verificare lo stato degli Isolant. Il progetto era in pausa da circa quattro anni a quel punto, ma grazie all’insistenza di Mattia ho deciso di resuscitarlo. Questo è avvenuto nel bel mezzo del lockdown per il Covid-19, quindi è stato un momento ideale per dedicarmi a un progetto connaturato a una registrazione solitaria come questo.
Mattia alla fine mi ha messo in contatto con M. Souto per collaborare alle canzoni e poi “Drain” ha preso forma pezzo per pezzo nel corso dell’anno e mezzo successivo. Inutile dire che questa attuale conformazione del progetto non sarebbe nata senza il coinvolgimento di Mattia. Ha sicuramente fatto accadere lui le cose.
Mattia: – Sono stato io ad invitare Miguel (Souto) negli Isolant, dopo che Max mi aveva detto che voleva comunque qualcuno con più esperienza per curare le parti elettroniche del disco. Conosco Miguel e le sue band da anni, in particolare S.E.K.H. e Suspiral, due band in ambito black metal che adoro. Io e Miguel parliamo spesso e ci scambiamo sia la musica dei nostri progetti che quella di altre band che ci gasano. È un polistrumentista navigato e conosce bene la materia industrial, particolarmente quella più estrema come dimostrano i S.E.K.H., dunque gli ho fatto sentire il materiale che Max aveva scritto e registrato e gli ho chiesto se gli interessava unirsi a noi, ed ha accettato di buon grado. È stato un ottimo collaboratore, ha una gran competenza, ottimo gusto, ed è una persona splendida e facile con cui lavorare.

LAVORARE CON UN’ETICHETTA COME SENTIENT RUIN CHE È ANCORA PIUTTOSTO PICCOLA, MA MOLTO FOCALIZZATA SULL’ATTITUDINE (DI NUOVO!) E L’INDIPENDENZA È UNA SCELTA ABBASTANZA CHIARA. PERSONALMENTE, HO LA SENSAZIONE CHE IL METAL, NEL SENSO PIÙ AMPIO DELLA DEFINIZIONE, ABBIA ANCORA ELEMENTI INTERESSANTI NEI SUOI ESITI PIÙ ESTREMI, SOPRATTUTTO IN CONNESSIONE CON ETICHETTE PICCOLE, SEI D’ACCORDO?
Max:
– Sono assolutamente d’accordo. Ho avuto esperienze molto contrastanti nel lavorare con diverse etichette nel corso degli anni. Molto raramente un’etichetta mantiene la sua parola, specialmente in ambito underground, dove le aspettative tendono ad essere piuttosto basse da entrambe le parti. Sentient Ruin è un’etichetta discografica completamente indipendente con tutta l’etica che ci si aspetta dalla scena underground, pur applicando un impegno molto professionale a tutto ciò che fa. Questa è certamente una rarità, quindi sono molto entusiasta di far parte del loro roster.

STATE PENSANDO DI PORTARE L’ESPERIENZA DI ISOLANT ANCHE IN TOUR? IN TAL CASO, COSA POSSIAMO ASPETTARCI DA UN VOSTRO CONCERTO, IN TERMINI DI LINE UP, VISUAL O ALTRO?
Max:
In questo momento non c’è in progetto di esibirci dal vivo con gli Isolant. Se mai ci fosse un’incarnazione live del progetto dovrebbe essere abbastanza forte e di grande impatto. La quantità di tempo e l’energia necessari per farlo correttamente vanno oltre ciò che posso permettermi al momento. Ma mai dire mai, c’è sempre la possibilità che accada.

MAX, SEI STATO COINVOLTO IN MOLTE BAND NEL CORSO DEGLI ANNI. POSSO CHIEDERTI DI PARLARE UN PO’ DEGLI ALTRI PROGETTI SU CUI LAVORI OLTRE A ISOLANT?
Max:
Gli altri progetti su cui sto concentrando i miei sforzi al momento sono due band chiamate Malleus e The Watcher. Malleus esprime la mia propensione verso il lato più veloce e feroce del metal, mentre The Watcher è più radicato nell’heavy metal tradizionale e nel proto-doom rock. Mi sforzo molto di non disperdermi troppo dal punto di vista creativo, ma ogni band si adatta a una parte di ciò che sono e mi offre uno sbocco su cui concentrarmi quando mi sembra il momento giusto per farlo.

 

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