In molti li consideravano un fenomeno passeggero, invece i Job For A Cowboy di strada ne stanno facendo parecchia. Gli esordi death-core e l’esplosione su MySpace risalgono solo a una manciata di anni fa, ma, a sentire ciò che propone oggi il quintetto statunitense, sembra che da allora sia quasi trascorso un decennio. Inutile girarci attorno, nel 2009 questi ragazzi sono una realtà della scena death metal: sì giovane e ancora non del tutto matura, tuttavia, come dimostra il recente “Ruination”, già con le carte in regola per lasciare il segno negli ambienti che contano. Inoltre, anche la mentalità sembra essere quella giusta: non abbiamo di fronte dei ragazzini “montati”, bensì una band profondamente coinvolta in quello che sta facendo e più che mai determinata a crescere ulteriormente. Leggete di seguito quanto dichiarato ai nostri microfoni dal batterista Jon Rice e dal frontman Jonny Davy e, se ancora non lo avete fatto, date a questi ragazzi una chance…
“RUINATION” È SENZA DUBBIO IL LAVORO PIÙ MATURO E COMPLETO DELLA VOSTRA ANCORA BREVE CARRIERA. È STATO DIFFICILE COMPORLO? COME AVETE LAVORATO AI BRANI?
Jon: “Personalmente credo che il processo di scrittura, nel suo insieme, sia stato piuttosto difficoltoso, tuttavia questa volta abbiamo avuto a disposizione ben sei mesi per comporre tutto, mentre ‘Genesis’ era stato scritto in circa otto settimane. Diciamo quindi che questa volta abbiamo avuto il tempo di curare meglio i brani e di confezionare un album più compatto… sicuramente le strutture sono più elaborate e i riff sono i più maturi che abbiamo composto sino a oggi”.
QUANDO AVETE INIZIATO A LAVORARE AL MATERIALE?
Jon: “Per ‘Ruination’ abbiamo iniziato nel settembre del 2008, poi ci siamo presi una pausa a ottobre per andare in tour in Messico e poi negli USA e Canada. Abbiamo ripreso a scrivere verso la fine di dicembre e siamo andati avanti sino a quando è arrivato il momento di entrare in studio. Per noi è difficile comporre mentre siamo in tour, si fa presto a distrarsi… è stato importante quindi trascorrere più tempo del solito a casa, abbiamo avuto modo di curare il songwriting nei minimi particolari”.
OGGI CHI È IL SONGWRITER PRINCIPALE ALL’INTERNO DELLA BAND?
Jon: “Tutti i brani di ‘Ruination’ sono frutto del lavoro di squadra fra Bobby, Al e il sottoscritto. La title track però è stata composta interamente da Jonny”.
LA LINEUP DEI JOB FOR A COWBOY È CAMBIATA GIÀ TANTISSIME VOLTE. PENSI CHE QUESTI AVVICENDAMENTI ABBIANO INFLUITO SULLA VOSTRA EVOLUZIONE MUSICALE?
Jon: “Sì, credo proprio di sì. Io sono il penultimo arrivato e penso che senza la mia presenza e quella di Al, ‘Ruination’ non avrebbe mai potuto venire alla luce in questa maniera. Io e lui abbiamo portato un nuovo bagaglio di influenze in seno alla band e i nostri stili completano molto bene quello di Bobby. I Job For A Cowboy di oggi sono senza dubbio un gruppo assai diverso da quello degli inizi”.
“RUINATION” SEMBRA PROPRIO ESSERE UN ALBUM “POLITICIZZATO”, GIUDICANDO DA TESTI E TITOLI. COME SIETE GIUNTI A QUESTO TIPO DI APPROCCIO? SENTITE DI AVERE QUALCOSA IN COMUNE CON BAND COME NAPALM DEATH O MISERY INDEX?
Jonny: “Nei nostri primi tour americani abbiamo spesso diviso il palco con i Misery Index. Jason, il frontman della band, è un ragazzo molto intelligente e ricco di cultura. Parlare con lui o ascoltare gruppi come appunto i Napalm Death mi ha decisamente influenzato e portato a scrivere testi che avessero un significato un po’ più profondo. Amo questo tipo di approccio, anche se sto sempre ben attento a evitare di scrivere pure e semplici prediche… non voglio imporre la mia visione di certe cose ai nostri ascoltatori”.
È RARO AL GIORNO D’OGGI VEDERE UNA BAND GIOVANE COME LA VOSTRA TRATTARE SIMILI ARGOMENTI…
Jonny: “Sì, me ne rendo conto, ma devi sapere che sono cresciuto in una famiglia molto politicizzata. Buona parte di quest’ultima risiede nella Repubblica Domenicana… uno dei miei primi ricordi di quando ero bambino è andare a protestare con dei cartelli e prendere parte a delle marce durante le elezioni presidenziali in quel paese. Da allora sono sempre stato molto interessato alla politica, tanto che ho letto decine di libri a riguardo. Abbiamo composto ‘Ruination’ nel pieno delle ultime presidenziali americane, quindi puoi immaginare come fossi sulle spine in quel periodo. Non si parlava di altro e per me è stato logico riversare i miei sentimenti a riguardo nei testi del disco”.
ANCHE LA COPERTINA MI HA COLPITO MOLTO. CERTAMENTE È LEGATA AI TESTI DELL’ALBUM…
Jonny: “Sì, sono molto soddisfatto del lavoro che ha fatto Brett Elliott. Ho sottoposto il concept del disco a diversi artisti, ma solo lui è riuscito a concretizzare quello che avevo davvero in mente. Abbiamo scartato ben tre copertine prima di giungere a lui. La copertina è collegata in particolar modo al brano ‘Butchering The Enlightened’, che parla dei diritti umani nella Corea del Nord”.
COME STA VENENDO ACCOLTO IL DISCO DA STAMPA E FAN?
Jon: “Dal mio punto di vista, l’accoglienza è davvero ottima. Ho letto soltanto un paio di recensioni che non erano molto positive. Poi continuiamo a ricevere email entusiastiche dai nostri fan, che per noi è la cosa che più conta. Ai concerti amo chiacchierare con chi ci ascolta, è sempre un’esperienza costruttiva”.
IL VOSTRO EP “DOOM” È CONSIDERATO IL LAVORO CHE A GRANDI LINEE HA DATO IL VIA AL COSIDDETTO TREND “DEATH-CORE”. CON I VOSTRI DUE FULL-LENGTH AVETE PERÒ ABBRACCIATO UN SOUND DEATH METAL. PENSATE DI AVER PERSO DEI FAN IN SEGUITO A QUESTA EVOLUZIONE? AVETE RICEVUTO MOLTE CRITICHE?
Jon: “Sì, ci sono dei ragazzi che odiano ciò che suoniamo oggi, ma non ci possiamo fare niente. Crescendo, diventi una persona più matura e, di conseguenza, anche i tuoi gusti cambiano. Suoniamo quello che ci piace ascoltare, chiunque farebbe lo stesso. Comunque, le persone che si sono avvicinate a noi con gli album sono molto più numerose di quelle che ci seguivano ai tempi dell’EP… sono molto contento di questo. Se qualcuno vuole ancora sentire i breakdown e le urla da suino, oggi ha una grossa scelta: tante altre band propongono quella roba, la scena è affolatissima. Dal canto nostro, non abbiamo alcun interesse a esplorare ulteriormente quello stile”.
IL DEATH METALLER MEDIO PUÒ AVERE UNA MENTALITÀ UN PO’ CHIUSA. CONSIDERATO IL VOSTRO PASSATO, È STATO DIFFICILE FAR BRECCIA IN QUELLA SCENA?
Jon: “Credo che alcuni old school death metallers non ci vedano ancora di buon occhio, ma, in generale, il nostro seguito si sta facendo sempre più di stampo death metal. Ai nostri show viene gente di ogni età e la cosa è molto eccitante”.
“RUINATION” ARRIVA NEI NEGOZI QUASI IN CONTEMPORANEA CON IL NUOVO ALBUM DEI SUICIDE SILENCE. AVETE MOSSO I PRIMI PASSI PRATICAMENTE ASSIEME E SPESSO SIETE STATI ASSOCIATI A LORO IN PASSATO. CHE COSA PENSI DI LORO? SIETE IN CONTATTO?
Jon: “A livello musicale, non sono per niente un loro fan. Credo che siano piuttosto bravi in quello che fanno, ma quel genere di musica non fa assolutamente per me. Siamo però amici, anche se, a dire il vero, l’ultima volta che abbiamo avuto modo di andare in tour assieme risale a tre anni fa. Siamo sempre molto impegnati, è difficile restare in contatto”.
AVETE IN PROGRAMMA QUALCOSA DI SPECIALE PER IL TOUR DI SUPPORTO A “RUINATION”?
Jon: “No, niente di particolare… vogliamo solo stare in tour per i prossimi due anni e suonare ovunque, per e con chiunque!”.
OK, ANCORA UNA VOLTA, GRAZIE MILLE PER IL VOSTRO TEMPO, RAGAZZI!
Jon: “Grazie a voi! Un saluto ai nostri fan… comprate o scaricate ‘Ruination’, ascoltatelo con attenzione e, se vi piace, venite ai concerti e divertitevi con noi. Questo è ciò che più conta!”.