Sei anni di intervallo dall’ultimo album non sono pochi per una band attiva fin dagli anni Settanta, pertanto che un album clamoroso come “Firepower” potesse rimanere una fortunata coincidenza non era un’ipotesi del tutto peregrina.
Eppure i Judas Priest ce l’hanno fatta, ed “Invincible Shield” ci dimostra come, almeno i studio, Halford e soci siano ancora carichi e pieni di energia. Il nuovo album, infatti, porta avanti tutto ciò che avevamo apprezzato nel 2018 all’uscita di “Firepower”, confermando una squadra vincente che sembra aver trovato la giusta formula per il perfetto ‘Priest sound’. Non potevamo lasciarci sfuggire, quindi, l’occasione di scambiare qualche parola con il Metal God in persona, che ci ha raccontato qualche retroscena su questo atteso ritorno: il tempo a nostra disposizione non era molto, ma Rob Halford si è dimostrato ancora una volta un interlocutore cordiale e generoso, sempre pronto a ringraziare i fan per l’affetto e desideroso di mostrare ancora a tutto il mondo la bontà della loro ultima fatica in studio.
BENTORNATO SULLE NOSTRE PAGINE, ROB. “INVINCIBLE SHIELD” ARRIVA DOPO UN LAVORO APPREZZATISSIMO COME “FIREPOWER”. COME VI SIETE APPROCCIATI A QUESTO NUOVO ALBUM DOPO UN DISCO COSI’ SOLIDO?
– E’ vero, molte persone hanno sicuramente pensato che non saremmo mai riusciti a fare qualcosa di più metal di “Firepower”, che è stato davvero un grande album. Ma finché i Judas Priest saranno attivi e suoneranno dal vivo, continueremo a fare il possibile per dimostrare a noi stessi e ai fan anche le motivazioni che ci spingono a farlo, che sono principalmente due.
La prima è rappresentata proprio dai fan, che amiamo. Se non ci fossero loro, non ci saremmo nemmeno noi, ed è importante tenerlo bene a mente ed essere grati nei confronti di tutti per l’affetto che continuano a dimostrarci.
C’è, però, anche un altro motivo, ed è quello di voler mostrare al mondo cosa sono i Judas Priest nel 2024, ovvero “Invincible Shield” e il tour che ne seguirà. Vogliamo che la nostra musica sia davvero rappresentativa di questo momento della nostra vita. Ancora una volta è stato tutto molto naturale: dopo la conclusione del tour per il cinquantennale della band, ci siamo seduti a un tavolo per decidere se fare un nuovo album e la risposta è stata positiva, perché non è possibile per noi andare avanti senza uno scopo.
Non siamo una band che vive nel passato, viviamo e suoniamo la musica del nostro presente. Questo disco è la dimostrazione che l’eredità dei Judas Priest, che abbiamo portato avanti negli anni, è un viaggio che non si è ancora concluso e che oggi segna una nuova tappa chiamata “Invincible Shield”.
DOPO TANTI ANNI DI CARRIERA E CON ALLE SPALLE UNA PLETORA DI CAPOLAVORI, SENTITE ANCORA UNA SORTA DI PRESSIONE NEI CONFRONTI DELLE ASPETTATIVE DEI FAN?
– Posso dirti che siamo consapevoli della musica che abbiamo inciso nella nostra storia, ma non è una cosa di cui discutiamo. Abbiamo un lavoro da svolgere, ed è scrivere il miglior album metal possibile.
C’è una sorta di istinto naturale che abbiamo sviluppato come compositori – parlo di me, Glenn e Richie (Glenn Tipton e Richie Faulkner, ndR) – in particolare in questi due ultimi lavori, “Firepower” e “Invincible Shield”: l’alchimia che si crea in studio tra due chitarristi e un cantante è qualcosa di davvero speciale per noi. Agli inizi della nostra carriera, avevamo l’abitudine di firmare singolarmente le canzoni, o al massimo in coppia, mentre a partire da “British Steel” le composizioni sono diventate il frutto del lavoro di un trio e questo è rimasto immutato negli anni. Ci siamo resi conto, infatti, che le canzoni di quell’album rappresentavano un passo avanti nelle nostre composizioni e che si aprivano delle possibilità in più lavorando come team. Lo stesso metodo di lavoro lo abbiamo applicato oggi nella registrazione di “Invincible Shield”, in modo naturale, senza pianificazioni, lasciando che sia proprio quell’istinto a guidarci, dando forma a canzoni come “Panic Attack” o “The Serpent And The King”.
VORREMMO FARTI UNA DOMANDA RELATIVA A GLENN, PRIMA DI TUTTO PER CHIEDERTI COME STA (GLENN TIPTON E’ AFFETTO DAL MORBO DI PARKINSON, MOTIVO PER CUI HA RIDOTTO LE SUE APPARIZIONI LIVE A QUALCHE EVENTO SPORADICO, NDR) E POI PER CAPIRE IL PESO DEL SUO CONTRIBUTO SUL NUOVO ALBUM? HA SUONATO FISICAMENTE LA CHITARRA SU “INVINCIBLE SHIELD” OPPURE HA SUGGERITO IDEE E RIFF, LASCIANDO L’ESECUZIONE A RICHIE FAULKNER?
– Prima di tutto grazie per l’interesse sulla salute di Glenn e ci tengo ad informarlo sempre quando succede, gli scrivo “ehi Glenn, dall’Italia mi hanno chiesto di te’”
E’ un uomo straordinario, considerando quello con cui deve convivere, è riuscito a trovare il modo per limitare l’articolazione delle mani continuando però a suonare accordi e riff. Glenn e Richie hanno trovato un equilibrio nella gestione di tutte le parti di chitarra di “Invincible Shield” e Glenn suona fisicamente in tutte le canzoni dell’album. Siamo emozionati e felice nel vedere come nulla sia veramente cambiato e come il contributo di Glenn sia prezioso e importante come è sempre stato nella storia dei Judas Priest.
DA QUELLO CHE DICI, QUINDI, DEDUCIAMO CHE ANDY SNEAP NON HA AVUTO UN RUOLO DIRETTO NELLA COMPOSIZIONE DELL’ALBUM, VESTENDO SOLO I PANNI DEL PRODUTTORE.
– Esatto, confermo, Andy non è coinvolto direttamente nella composizione, però un buon produttore è sempre disponibile a dare consigli e suggerimenti e questo è ancora più valido nel suo caso, visto che Andy è un ottimo chitarrista. Il suo compito è quello di tirare fuori il meglio dalla nostra performance. Avevamo già uno splendido rapporto ai tempi di “Firepower” ed è ulteriormente migliorato da quando si è unito al nostro tour per il cinquantennale della band.
Lui è l’uomo dietro le quinte del nostro lavoro, con un supporto anche da parte di Tom Allom (storico produttore dei Judas Priest ndR), che non ha lavorato direttamente all’album, ma ha dato a Andy qualche spunto su dei suoni o delle frequenze del nostro sound di cui è il massimo esperto. Andy ha fatto un lavoro straordinario su quest’album.
CANTARE LE CANZONI DEI JUDAS PRIEST NON SAREBBE UN COMPITO SEMPLICE PER NESSUNO, PERCHE’ SONO PIENE DI PASSAGGI MOLTO DIFFICILI, IN CUI E’ NECESSARIO RAGGIUNGERE NOTE MOLTO ALTE. OGGI COME LAVORI PER SVOLGERE AL MEGLIO QUESTO COMPITO E PER PRESERVARE LA TUA VOCE?
– Il maestro Pavarotti ha dato vita ad alcune delle sue performance migliori quando aveva settant’anni! Cantava in maniera diversa rispetto a quando aveva vent’anni, lo si sente chiaramente, ma con l’età succede qualcosa alla voce: matura, ti trovi a saper fare delle cose che invece da giovane non riuscivi a fare (e viceversa).
La voce è uno strumento e devi imparare ad usarlo: sfortunatamente se un chitarrista rompe la sua chitarra può rimpiazzarla, con la voce non puoi farlo… Quindi devi essere molto, molto attento quando sei in tour. Ad esempio non faccio interviste, perché devo tenere a riposo la voce.
Impari un mestiere, impari a preservare le corde vocali, ascolti le indicazioni che ti dà il tuo produttore per provare soluzioni e fraseggi diversi, anche in termini di pronuncia ed articolazione delle parole… Non è un lavoro improvvisato, non ti piazzi dietro al microfono e inizi a cantare: magari so dove voglio arrivare, ma fisicamente c’è qualcosa che me lo impedisce. Allora talvolta diventa importante formulare diversamente quel passaggio, prendendo fiato in quel determinato momento, in modo da riuscire a raggiungere la nota che ti serve.
Come musicista, non smetti mai di imparare ad usare il tuo strumento, in tutte le sue sfumature. E’ stato molto bello cantare su “Invincible Shield” e grazie a dio ci sono riuscito anche stavolta, anche se sono arrivato al mio settantaquattresimo giro intorno al Sole (ride, ndR)!
L’ULTIMA VOLTA CHE SIETE SALITI SUL PALCO E’ STATO IN OCCASIONE DEL POWER TRIP FESTIVAL IN CALIFORNIA, DOVE AVETE SOSTITUITO OZZY OSBOURNE. COM’E’ STATO PARTECIPARE A QUESTO EVENTO? ABBIAMO VISTO DEI VIDEO BELLISSIMI DEI METALLICA SOTTO AL PALCO CHE SI GODEVANO IL VOSTRO CONCERTO!
– E’ stato straordinario ed è già diventato un evento leggendario. E’ stato davvero un piacere, in primo luogo perché ci conoscevamo tutti quanti: tutte le band che hanno suonato si conoscevano, siamo amici e nel limiti del possibile ci siamo anche incontrati nel backstage. L’anno scorso avevo detto che ci saremmo presi un anno di pausa, per concentrarci totalmente sul disco e completarlo. Poi è arrivata la chiamata da parte di Ozzy e abbiamo deciso di farlo.
A posteriori è stato un evento molto profondo, che ci ha dato una prospettiva: queste band sono comunque ancora la spina dorsale di un certo modo di intendere la musica. Tutte sono in giro da tanti anni, ma siamo anche tutti estremamente vitali, è stato prezioso vedere suonare questi gruppi tutti assieme in tre giorni. In quel momento è tutto un frullatore: ti prepari, fai le prove, sali sul palco, suoni e quando scendi ti sembra di essere ancora in un sogno.
Pensa che io non mi sono nemmeno accorto che ci fossero i Metallica lì davanti, perché in quel momento sei talmente preso nel cercare di fare il miglior concerto possibile che entri in una sorta di bolla. Poi abbiamo visto anche noi i video e siamo rimasti senza parole e questo dimostra quando i ragazzi dei Metallica siano veri. Sono la più grande band metal del mondo, eppure erano lì davanti a fare headbanging come tutti gli altri. Sono un grande esempio dell’essenza della comunità heavy metal.
IN EFFETTI TUTTE LE BAND CHE SI SONO ESIBITE AL POWER TRIP FESTIVAL SONO DELLE VERE ICONE TRANSGENERAZIONALI. QUANDO SI VA AD UN CONCERTO DEI JUDAS PRIEST, DEI METALLICA O DEGLI AC/DC SI VEDONO GENITORI COI BAMBINI, PERSONE DI TUTTE LE ETA’ CHE ASCOLTANO OGNI TIPO DI METAL. SEMBRA ORMAI CHE QUESTO GENERE DI BAND NON ESISTA PIU’: E’ DIFFICILE, FORSE IMPOSSIBILE, TROVARE IN QUESTO MOMENTO UN NOME CHE POTREBBE ABBRACCIARE L’INTERA COMUNITA’ METAL.
PROBABILMENTE CI ASPETTA UN FUTURO FATTO DI NICCHIE, CON NOMI ABBASTANZA GRANDI DA AVERE UNA PLATEA NUMEROSA, MA NON QUELLE FOLLE OCEANICHE CHE ABBIAMO VISTO NEGLI ANNI OTTANTA E NOVANTA. COME MAI SECONDO TE?
– Tutti noi siamo nati in un momento unico nella storia della musica, tutti abbiamo delle radici salde, ben definite. Concordo con te, oggi ci sono davvero poche band che hanno questa capacità, perché le nuove band hanno delle radici diverse. Non riesco a spiegarlo bene, è proprio un discorso legato alle proprie influenze musicali e dell’interpretazione che poi se ne fa.
La cosa bella, però, è che tante nuove realtà che hanno come punti di riferimento Judas Priest, Iron Maiden, Metallica, AC/DC, usano la nostra musica come fonte di ispirazione per dare vita ad idee nuove. Il tempo scorre e tutta la scena metal si è evoluta tantissimo negli anni, in particolar modo dall’esplosione di Internet e dei social media come TikTok.
Le band nascono da percorsi molto diversi, ma è molto importante lavorare per cercare di essere unici e non un’imitazione di qualcos’altro. Essere autentici e raggiungere milioni di persone è qualcosa di estremamente difficile. E’ successo di recente agli Sleep Token, che sono apparsi dal nulla e hanno avuto un successo incredibile. A me piacciono molto e riesco a vedere le loro influenze, la musica che li ha formati, ma questa è la loro interpretazione della musica che li ha ispirati e che li ha formati. Noi, così come i Metallica, i Guns N’ Roses, gli Iron Maiden e tutti questi nomi storici, ci siamo autodeterminati in una maniera così netta in quegli anni, che è difficile replicare la nostra formula senza risultarne una copia un po’ annacquata.
Ma ora sto parlando come un vecchio metallaro nostalgico, invece io amo la nuova musica, ascolto le giovani band e mi piace vedere come la scena metal sia ancora così vitale.
VORREMMO CONCLUDERE CON UNA DOMANDA COMPLETAMENTE DIVERSA. RECENTEMENTE PAPA FRANCESCO HA ISTITUITO UNA SORTA DI BENEDIZIONE PER LE COPPIE OMOSESSUALI: NON SI TRATTA DI UN RITO VERO E PROPRIO, NON E’ L’ISTITUZIONE DEL MATRIMONIO RELOGIOSO PER LE PERSONE DELLO STESSO SESSO MA, NELLE INTENZIONI, VUOLE ESSERE UN MODO PER DIMOSTRARE CHE DIO AMA TUTTI NELLO STESSO MODO.
TU COSA NE PENSI? SECONDO TE E’ UN’APERTURA IMPORTANTE DELLA CHIESA NEI CONFRONDI DELLA COMUNITA’ OMOSESSUALE, OPPURE CREDI CHE IN REALTA’ NON IMPORTI A NESSUNO, CHE LE PERSONE GIA’ VIVONO SERENAMENTE LA LORO VITA INDIPENDENTEMENTE DA COSA PERMETTE O MENO LA CHIESA?
– Sono convinto che la Chiesa cattolica avesse un disperato bisogno di una figura come quella di Papa Francesco. E’ un uomo straordinario che sta guidando la Chiesa nel mondo moderno.
So che è stato in Africa, di recente, e ha ricevuto molte critiche per questa scelta di benedire le coppie omosessuali. E’ come hai detto tu, il concetto è quello che Dio ama tutti incondizionatamente: siamo tutti peccatori, che ci piaccia o meno, ma una volta accettato questo, allora puoi andare avanti. Papa Francesco è una figura rivoluzionaria e quando non ci sarà più, tra dieci, vent’anni, allora comprenderemo ed apprezzeremo il valore dei suoi insegnamenti, che sono rivoluzionari nel contesto di una Chiesa che è ancora molto conservatrice. In ogni forma di cristianesimo è presente questa chiusura mentale nei confronti di tutto ciò che è nuovo.
E’ il concetto di tradizione: io amo la tradizione, ma la tradizione ti fa vivere nel passato. E’ un valore, ma affinché la vita continui ad evolversi, perché la vita abbracci e accetti tutte le persone, indipendentemente dalla loro generazione di appartenenza, preferenza sessuale, background etnico o religioso, bisogna comprendere che tutto ruota intorno alla purezza dell’Amore e all’accettazione di tutti. E questo è quello che Papa Francesco ci sta insegnando. Mi piacerebbe incontrarlo, prima o poi, solo per dirgli grazie… quindi invitatemi in Vaticano!