JUGGERNAUT – Magie strumentali

Pubblicato il 12/12/2019 da

Con il loro terzo lavoro sulla lunga distanza, “Neuroteque”, pubblicato dalla Subsound Records un paio di mesi orsono, i romani Juggernaut non hanno fatto altro che confermare quanto di buono (di)mostrato nei loro due precedenti parti discografici, l’ormai lontano “…Where Mountains Walk” (2009) ed il seguente “Trama!” (2014), album che segnò la svolta stilistica della band a favore di un metallo non-metallo strumentale, cinematografico, visionario e carico di suggestioni, influenze e trovate ritmico-strumentistiche provenienti dai più disparati generi musicali. Inserirli in un preciso filone metallico è del tutto impossibile, per cui, per scoprirli ancor più approfonditamente, non ci resta che tornare ad ascoltarci il nuovo, e ottimo, disco e proseguire la lettura, qui sotto, di questa piacevole intervista, a cui ha risposto principalmente il chitarrista Andrea Carletti, con il saltuario supporto di Roberto Cippitelli (basso) e Luigi Farina (altra chitarra).


CIAO RAGAZZI, BENTORNATI SU METALITALIA.COM A DISTANZA DI CINQUE ANNI! PRIMA DI ADDENTRARCI IN “NEUROTEQUE”, MI PARE DOVEROSO AVERE UN VOSTRO FEEDBACK SUL PERIODO INTERCORSO TRA L’ATTUALE RELEASE ED IL PRECEDENTE “TRAMA!”. INTENDENDO LA DOMANDA A 360° E NON SOLO SOTTO IL PROFILO STILISTICO O COMPOSITIVO, COME SI E’ EVOLUTA LA BAND? COS’AVETE GUADAGNATO E COS’AVETE PERSO, COME AVETE VISSUTO TALE LASSO DI TEMPO?

Andrea Carletti – Be’, cominciamo dalle note dolenti: siamo più vecchi di cinque anni, e quindi più acciaccati e consumati dalle asprezze del mondo e della vita musicale e non… Scherzi a parte, sostanzialmente non ci siamo mai fermati. Nei due anni successivi all’uscita di “Trama!”, quindi grossomodo fino alla fine del 2016, abbiamo suonato ovunque potessimo, in un sacco di bei posti in Italia e in due splendidi tour europei. Dopodiché ci siamo buttati, prima in maniera abbastanza rilassata, poi con sempre più tigna e voglia di fare, nella scrittura di quello che due anni e mezzo dopo è diventato “Neuroteque”, senza disdegnare di mettere ogni tanto la testa fuori dalla sala per qualche concerto speciale, che ci facesse sfogare un po’. I cinque anni in più ci hanno fatto guadagnare un rapporto fortissimo fra di noi sul palco e fuori, un bel po’ di nuovi estimatori, la soddisfazione di suonare su qualche palco grande e importante e soprattutto parecchia esperienza: “Trama!” è un album che è piaciuto molto a chi l’ha ascoltato su disco o dal vivo, e in primis a noi stessi, ma a forza di suonarlo abbiamo ragionato molto sui suoi punti di forza e su alcuni suoi possibili limiti, e grazie a questo abbiamo cominciato la scrittura di “Neuroteque” tenendo bene a mente alcuni principi di fondo.

UNA DELLE PRIME DIFFERENZE CHE SI PERCEPISCE TRA “TRAMA!” E “NEUROTEQUE”, ANCHE ANDANDO A LEGGERE LE NOTE DI PRESENTAZIONE RELATIVE AI DISCHI, E’ UNA MAGGIOR LIBERTA’ D’ESPRESSIONE E DI SPERIMENTAZIONE CHE LASCIATE, OLTRE CHE A VOI STESSI, ANCHE A CHI VI ASCOLTA. CON “TRAMA!” PRESENTAVATE UNA STORIA STRUMENTALE BEN DEFINITA, QUI VOI ANDATE E MANDATE GLI ASCOLTATORI COMPLETAMENTE ALLO SBARAGLIO. COSA NE PENSATE DI QUESTA RIFLESSIONE?
Andrea – Ecco, poco fa ho scritto che avevamo dei principi di fondo quando abbiamo iniziato a comporre per “Neuroteque”, ma poi la scrittura di un album è fatta di percorsi strani, accidentati, variegati, diversi per ciascuno di noi, quindi non so se alla fine siamo riusciti a rispettare quei principi, proprio perché la musica ci ha trascinato in tante direzioni, lasciandoci ampi margini di libertà. E penso che sia meglio così, ovviamente. Man mano che scrivevamo ci siamo accorti che, anche dopo che i brani avevano preso forma, la musica si prestava a interpretazioni molto diverse anche fra noi quattro o fra le persone vicine a noi che avevano ascoltato qualcosa in anteprima. Anche le diverse atmosfere tra un brano e l’altro aumentano ulteriormente lo spazio che la musica esplora, e di conseguenza la libertà di chi vi si immerge. Quindi la tua riflessione è centrata in pieno.

SEMPRE CONTINUANDO, E CHIUDENDO, IL PARALLELO TRA I VOSTRI DUE LAVORI STRUMENTALI, VI CHIEDO: QUAL E’ IL TRATTO CHE MAGGIORMENTE DIFFERENZIA I DUE DISCHI E QUALE QUELLO CHE INVECE PIU’ LI ACCOMUNA?
Andrea – Pensiamo e speriamo che i due dischi abbiano in comune il desiderio di rappresentare dei mondi, di suscitare delle visioni, di trasportare gli ascoltatori verso un altrove o un altroquando, anche senza l’ausilio delle parole, col solo tramite della musica. Quello che chi ci ascolta, così come facciamo noi, ha sempre identificato con il forte legame tra la nostra musica ed il cinema. Una bella differenza è già uscita fuori nella domanda precedente: “Trama!” ha una storia e un’atmosfera più omogenee, legate alla storia, appunto, e ai personaggi, mentre in “Neuroteque” l’ambientazione è decisamente diversa sia rispetto al disco precedente, sia passando da un brano all’altro. Mi viene da dire che “Trama!” è un disco più terreno, più torbido perché legato alla realtà, mentre “Neuroteque” è un mondo meno definito, più spaziale, più astratto, anche più psichedelico. Anzi, ciascun brano è un mondo a sé. Questo sempre secondo la mia personalissima interpretazione: magari qualcun altro ci trova un filo conduttore a cui noi non abbiamo pensato! In ogni caso, questa differenza l’abbiamo ritrovata nel momento in cui in studio abbiamo aggiunto vari strumentini e ammennicoli alle tracce di base: in “Trama!” erano quasi tutti strumenti acustici, mentre con “Neuroteque” abbiamo privilegiato sintetizzatori e suoni elettronici, e forse sono questi che danno quell’atmosfera un po’ più spaziale. Infine, mentre in “Trama!” i brani avevano strutture più articolate, con “Neuroteque” abbiamo provato a scrivere in modo un po’ più asciutto e conciso (sempre per quanto possibile), scegliendo una o due idee per ciascun brano e sviscerandole fino in fondo con gli arrangiamenti.

COME ABBONDANTEMENTE GIA’ ACCENNATO, IN “NEUROTEQUE” NON VIENE NARRATA UNA STORIA. MI RENDO CONTO CHE NULLA FACEVA PRESAGIRE CHE AVRESTE CONTINUATO CON L’IDEA DEL CONCEPT, MA LA DOMANDA E’ LECITA: E’ STATA LA MUSICA IN DIVENIRE A FARVI LASCIAR PERDERE LA COSA, O GIA’ A PRIORI VOLEVATE CAMBIARE APPROCCIO?
Andrea – Non volevamo fare “Trama! 2 – La Vendetta”, quindi sicuramente l’intenzione di cambiare qualche carta in tavola c’era, ma non abbiamo iniziato a scrivere con un’idea prestabilita: è la libertà che lascia la musica strumentale. Con “Trama!” è stata la musica a trascinarci in quel mondo di potere marcio e di sotterfugi: dopo aver scritto il primo brano avevamo chiarissima l’ambientazione che avrebbe avuto il resto del disco. Anche in questo caso è stata la musica, molto variegata, sfuggente e ambigua dal punto di vista dell’interpretazione, a dirci che stavolta avevamo in mano non un concept ma una collezione di brani ciascuno a sé stante.

SPENDEREI UNA PAROLA SULLA PRODUZIONE, CHE MI PARE VERAMENTE ECCEZIONALE: TUTTO SI SENTE A MERAVIGLIA, LA BATTERIA HA LA COSIDDETTA ‘PACCA’, IL BASSO E’ PROTAGONISTA, LE CHITARRE RICAMANO A DESTRA E A MANCA CHE E’ UN PIACERE. QUALI SCELTE AVETE ATTUATO AL MOMENTO DI SCEGLIERE I SUONI? QUALCOSA SU “TRAMA!” NON VI AVEVA SODDISFATTO?
Andrea – La formula magica è sempre la stessa sin dal primo album: registrazione e missaggio all’Hombrelobo Studio di Roma con Valerio Fisik, mastering allo Studio73 di Ravenna con Riccardo Pasini. Funziona sempre e invecchia meravigliosamente. Ci piacciono le produzioni che, pur se curate al massimo, sappiano restituire per quanto possibile l’impatto che abbiamo dal vivo, e ci piacciono i dischi che suonano veri, non la plastica di certe produzioni che per fortuna mi sembra stiano passando di moda. Eravamo molto contenti anche dei suoni di “Trama!”, ma semplicemente stavolta siamo entrati in studio con parecchi anni in più di sala prove e concerti insieme, e quindi conoscendo molto meglio l’amalgama sonoro che siamo in grado di creare. Ciascuno di noi è ancora più consapevole del suo ruolo all’interno del sound del gruppo e questo probabilmente ha fatto sì che ognuno tirasse fuori delle partiture che si incastrano ancora meglio con quelle degli altri. In ogni caso è stato tutto molto naturale. Solo in alcuni momenti molto specifici del disco abbiamo lavorato per tirare fuori un sound più ‘prodotto’, per poter dare ancora più dettagli all’atmosfera che volevamo evocare, senza però arrivare a soluzioni che non fossero riproducibili dal vivo.

NON CHIEDETEMI PERCHE’, MA L’ARTWORK DI “NEUROTEQUE” LO ASSOCIO AL PERSONAGGIO DI NIKOLA TESLA E COME LO HA RITRATTO DAVID BOWIE (E IL REGISTA CHRISTOPHER NOLAN) NEL FILM “THE PRESTIGE”. IN REALTA’ TUTTO IL DISCO, PER QUALCHE RECONDITO MOTIVO – E D’ALTRONDE I VIAGGI PORTANO CHISSA’ DOVE… – MI RAMMENTA ATMOSFERE PRIMO NOVECENTO IN CHIAVE FUTURA. A VOI, PERSONALMENTE, DOVE PORTA LA VOSTRA STESSA CREAZIONE? COSA/DOVE/QUANDO VI FA IMMAGINARE?
Andrea – Intanto, se dici David Bowie io sono contento a prescindere… Questo concetto del futuro visto dal passato (credo che la parola giusta sia ‘retrofuturismo’) era venuto fuori anche tra di noi nelle infinite discussioni che abbiamo fatto per tentare di interpretare la musica che avevamo scritto. Anche noi sentiamo quel sapore di fantascienza vintage, di viaggi nel tempo e nello spazio e di come il mondo avrebbe potuto essere e invece non è stato.

PARLANDO DELLA TRACKLIST, I DUE BRANI CHE HO PREFERITO, PUR ALL’INTERNO DI UN LOTTO A MIO AVVISO CHE VA ASSORBITO UN PO’ COME BLOCCO UNICO, SONO “CHARADE” E “ARACNIVAL”. VI LASCIO RUOTA LIBERA PER ILLUSTRARE CON VOSTRE PAROLE QUESTI DUE PEZZI O, SE PREFERITE, IMPEGNARVI IN UN SINTETICO TRACK-BY-TRACK…
Roberto Cippitelli – Il fatto che tu abbia nominato proprio queste due tracce come preferite mi porta ad una serie di considerazioni particolarmente calzanti per questo disco e in qualche modo mi fa essere particolarmente orgoglioso di come abbiamo lavorato! Non c’è dubbio sul fatto che in ogni brano ognuno di noi ci metta tantissimo di suo, che gli arrangiamenti vengano studiati al dettaglio e che ognuno si senta liberissimo di suggerire agli altri soluzioni stilistiche, timbriche o armoniche. Ma ogni musica nasce da un’idea di uno solo di noi quattro. In questo preciso caso hai nominato le due tracce, presentate rispettivamente da me e da Luigi, in cui vicendevolmente avevamo più remore uno per l’altra: non riuscivamo proprio a calarci nella loro atmosfera. Quello che però abbiamo fatto in questo caso, dopo tantissimi anni di esperienze musicali assieme, è stato fidarci uno dell’altro e seguire quell’intuizione anche se istintivamente non ci apparteneva. Questo ci ha portato a sviluppare così delle tracce molto più personali. In questo disco è come se ci fossimo fidati molto di più uno dell’altro seguendo delle intuizioni e lasciando di volta in volta la briglia sciolta per vedere dove ci avrebbe portato.

IN FASE COMPOSITIVA COME VI ACCORGETE (O QUANDO REALIZZATE) CHE UN PEZZO NON HA PIU’ BISOGNO DI AGGIUSTAMENTI O MODIFICHE? OPPURE CHE UN DETERMINATO MINUTAGGIO VADA BENE COSI’, OPPURE CHE NECESSITI DI VARIAZIONI? INSOMMA, COME VI MUOVETE COMPONENDO LE VOSTRE CANZONI?
Andrea – Come ha già accennato Roberto, il processo più o meno inizia sempre nello stesso modo: uno di noi propone un’idea in stato ultraembrionale (può essere una melodia, un tipo di ritmo, un giro di accordi, un’atmosfera) e poi, a forza di suonarla insieme e di svilupparci intorno altre idee affini, piano piano il brano assume una forma sempre più definita. Ci si lavora finché ogni passaggio non è stato limato e aggiustato e finché non siamo convinti tutti del risultato finale, anche se ognuno di noi ovviamente ha tempi di sedimentazione diversi (quindi a volte decidiamo che è sufficiente anche una semplice maggioranza molto convinta). Sul minutaggio in generale non abbiamo regole: il pezzo deve funzionare a prescindere dalla sua durata, infatti abbiamo scritto brani sotto i cinque minuti e altri sopra i dieci. Per quest’ultimo disco, comunque, ci siamo sforzati un po’ di più di non esagerare con la lunghezza e di scrivere brani relativamente più concisi.

QUALCHE ANNO FA ERA UN PO’ ESPLOSA LA ‘MODA’ DELLA BAND STRUMENTALE, SOPRATTUTTO IN AMBITO POST- ET SIMILIA. ORA IL TREND (PAROLONISSIMA!) PARE ESSERE UN PO’ RIDIMENSIONATOSI. MA VI CHIEDO COSA E’ CAMBIATO, IN QUESTI ANNI E PER LA VOSTRA ESPERIENZA, NELL’ACCOGLIENZA DI PUBBLICO, ADDETTI AI LAVORI E STAMPA AL MOMENTO DELL’APPROCCIARSI AD UNA BAND O AD UN SUO LIVE STRUMENTALE. C’E’ PIU’ APERTURA OPPURE IL LUOGO COMUNE DEL ‘CHE DUE PALLE!’ E’ ANCORA VALIDO?
Andrea – Non so se c’è stata una moda e non so se ora non c’è più: non frequentiamo moltissimo il mondo metal e post-metal attuale e non sappiamo quali siano le tendenze. Conosciamo diverse band strumentali italiane (con alcune abbiamo ottimi rapporti di amicizia!) e di altri paesi, e molte di queste hanno a che fare col metal poco o niente. In ogni caso ascoltiamo tutti e quattro moltissima musica strumentale, di diversi generi, luoghi ed epoche. Personalmente credo che per chiunque non sia interessato solo ad un ascolto superficiale, la musica strumentale possa essere interessante e avvincente quanto quella cantata, e ormai non viene più considerata un’anomalia, tantomeno da critici e addetti ai lavori. Il pubblico a volte può avere una certa diffidenza iniziale, probabilmente perché l’assenza di un cantante/frontman toglie punti di riferimento e non catalizza l’attenzione, e quindi l’ascolto richiede un tipo di attenzione diversa, almeno all’inizio. In ogni caso, il nostro pubblico ci sembra generalmente molto aperto in questo senso: non so se il ‘che due palle!’ che dici tu sia ancora diffuso, ma di certo uno dei complimenti che riceviamo più spesso è legato allo stupore per il fatto che la nostra musica non risulti noiosa e sia in grado di evocare immagini e storie pur senza il supporto delle parole.

CHIUDIAMO CON I SALUTI, I RINGRAZIAMENTI ED UNA CURIOSITA’: C’E’ UN FILM O PIU’ DI UN FILM DEL QUALE AMBIRESTE A MUSICARE UNA COLONNA SONORA?
Luigi Farina – Se ti riferisci a pellicole già edite, non nego che, magari tramite una macchina del tempo, mi sarebbe piaciuto far parte della colonna sonora di alcuni grandissimi nomi quali Fritz Lang, Bergman, ma anche Carpenter o Ken Russell… Se invece parliamo di autori recenti, sicuramente sarei orgoglioso di scrivere per le prossime pellicole di Lucky McKee, Robert Eggers (che ci ha fatto sognare con il suo ‘The Witch’), Garrone o anche Haneke. Anzi… se ci siete battete un colpo!
Andrea – Il ringraziamento va a te e a Metalitalia.com per il supporto e le belle parole che spendete sempre su di noi, e per le domande sempre stimolanti e per nulla banali, e ai vostri lettori per l’attenzione che ci dedicano. Speriamo di incontrarvi a qualche concerto!

 

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