Formazione storica dell’underground progressive rock e metal italiano, i Juglans Regia si sono resi protagonisti, nell’arco di un trentennio, di una discografia di ottima qualità, rimasta sempre circoscritta ad un numero di ascoltatori limitato. Un suono molto personale e ricercato, quello dell’ensemble fiorentino, che muovendosi tra il progressive metal di inizio anni ’90, il prog rock settantiano (italiano soprattutto) e rock ad ampio spettro si connota nel 2023 per un nuovo scatto in avanti, rappresentato dall’ottimo “Neranotte”. Un disco più votato a sonorità oscure e introspettive, dall’animo più rock che metal, in grado di colpirci sia per l’elevata qualità delle canzoni che per prestazioni dei singoli sopra le righe, in particolare quelle vocali e di tastiera. Tra alterne fortune, periodi di pausa e altri di attività più intensa, i Juglans Regia hanno attraversato un periodo assai lungo del rock e metal italiano, non perdendo entusiasmo e continuando ad esprimere la propria idea di musica con estrema convinzione, cercando soprattutto di estrarre il meglio possibile dalla propria visione musicale. A seguito del nostro apprezzamento per l’ultimo album, siamo andati a sentire cosa la band avesse da raccontarci sull’ultima fatica e la sua storia passata. Ne è uscita un’intervista corale molto approfondita, che speriamo possa portare a scoprire, per i molti che ancora non li conoscono, questi valenti portacolori del prog italiano.
GLI JUGLANS REGIA NASCONO NEL 1992, ALL’INIZIO COME RAISING FEAR E SUONANDO MATERIALE CLASSICAMENTE METAL. POI CAMBIATE REGISTRO E NOME, PORTANDOVI SU UN PROGRESSIVE MOLTO PERSONALE E FUORI DAGLI SCHEMI. COME SI È SVILUPPATA LA VOSTRA IDENTITÀ ARTISTICA E QUALI SONO I PASSAGGI PIÙ IMPORTANTI DELLA VOSTRA CARRIERA MUSICALE?
Massimiliano Dionigi: – Ciao a tutti! Ci formammo senza avere una direzione ben precisa, anche perché questo era il primo gruppo per noi, non avevamo alcuna esperienza né con altri né sullo strumento. Comprai un basso perché io e Alessandro (Parigi, cantante dei Juglans Regia, ndR), compagni di banco a scuola, decidemmo di fondare un gruppo. Già dalla seconda prova si unì a noi David Carretti, ancora oggi il batterista del gruppo. Da allora – era la fine del 1991 – noi tre abbiamo sempre suonato insieme. Nell’aprile 1993 registrammo il primo demotape “The Last Gate” che uscì a nome Raising Fear e conteneva sei pezzi piuttosto influenzati dall’heavy metal classico e dagli Iron Maiden in particolare.
Alla fine del primo e unico concerto come Raising Fear, nel giugno 1993, ci contattò il ragazzo di una nostra amica che era tra il pubblico e si propose come tastierista. Noi, che adoravamo Dream Theater, Faith No More, Heir Apparent, Omega, Uriah Heep, non ce lo facemmo ripetere due volte. Iniziammo poi a cantare anche in italiano e visto che per un periodo avevamo sia pezzi in italiano che in inglese, optammo per trovare un nome neutro; la scelta, forse infelice, cadde su Juglans Regia, nome latino del noce reale, dopo una votazione ad alta gradazione alcolica in un pub di Firenze. Ho detto infelice perché il nome viene spesso storpiato – Junglas, Jugland, Jungla Rage e altro ancora – ma oramai va bene così…
Musicalmente ci siamo formati nella seconda metà degli anni ’80 e la prima vera passione fu l’heavy metal; al progressive, come ascolti, siamo arrivati un po’ dopo, ovvero nei primissimi anni ’90 e per progressive intendo il neo-progressive inglese, quello degli anni ’70 e ovviamente il pop/prog italiano sempre degli anni settanta.Non saprei dirti con precisione quali siano stati i passaggi più importanti dei Juglans Regia, probabilmente il primissimo demo dei Raising Fear per una ovvia serie di motivi; il primo CD “Prisma”, perché fu il coronamento di un bellissimo periodo e l’ultimo “Neranotte”: tutte queste registrazioni sono state caratterizzate dall’ottimo clima in studio e in sala prove nei mesi precedenti e seguenti la registrazione. Oggi siamo molto contenti di come stanno andando le cose, abbiamo già iniziato a comporre nuovi pezzi e stiamo definendo qualche data dal vivo.
UNO DEI VOSTRI TRATTI DISTINTIVI È L’USO DELL’ITALIANO PER I TESTI: A COSA È DOVUTA QUESTA SCELTA E COME PENSATE CHE ABBIA VALORIZZATO LE VOSTRE SCELTE MUSICALI, NEL CORSO DEGLI ANNI?
Alessandro Parigi: – Come ha detto Massimiliano, dopo il primo lavoro cantato in inglese – mi riferisco al demo tape “The Last Gate” uscito a nome Raising Fear – ci rendemmo conto, io in primis, delle enormi difficoltà nel cantare e scrivere dei pezzi in una lingua che non fosse la nostra, quindi il passaggio all’italiano fu quasi necessario ed alla fine anche indolore. Fin da subito la possibilità di potersi esprimere liberamente ci ha aperto possibilità descrittive, di comunicazione e di stesura che prima ci parevano impossibili. Con il tempo poi abbiamo migliorato il connubio tra la musica da noi proposta ed il cantato in italiano, lavorando molto sulle metriche e sugli accenti. Alla fine questa scelta ha finito per caratterizzare e non poco la nostra proposta che, seppur musicalmente continui a rifarsi anche a modelli stranieri, riesce a nostro parere a risultare più credibile e convincente.
IL VOSTRO SUONO È SOSPESO TRA PROGRESSIVE METAL – OGGI FORSE UNA COMPONENTE MINORITARIA – PROG ROCK E UNA FORTE ITALIANITÀ NELL’USO DELLE MELODIE, CON UN GUSTO TEATRALE A FARLA SPESSO DA PADRONE. QUALI SONO I VOSTRI PRINCIPALI PUNTI DI RIFERIMENTO SONORI, GLI ARTISTI CHE CONSAPEVOLMENTE O INCONSCIAMENTE GUIDANO LA COMPOSIZIONE DEI VOSTRI BRANI?
Massimiliano Dionigi: – Siamo nati con il metal degli anni ’80, quindi Iron Maiden, W.A.S.P. Saxon, Metallica, Slayer, Nuclear Assault, Savatage, Anthax, Metal Church e mille altri. Poi siamo sempre stati abbastanza onnivori, chi più chi meno. Ascoltavamo sia la scena di Seattle che i Dream Theater, sia gli IQ che Faith No More e Primus, sia gli Entombed che i Fugazi, la NWOBHM, i Korn, MSG, Fates Warning, Tiamat, Katatonia, Rush, Moonspell, NoMeansNo, Blind Guardian, Soundgarden, Paradise Lost, Threshold e via dicendo. Se devo dire un disco che mi e forse “ci” ha cambiato la vita direi l’omonimo del Biglietto per l’Inferno; stavamo valutando se provare con l’italiano quando per caso in uno scambio di cassette mi giunse a casa la cassetta registrata contenente quel disco che ascoltai ininterrottamente per mesi, mi sconvolse al punto che trasmisi la passione anche all’allora chitarrista Simone.
Però ascoltiamo tantissima musica, molti classici rock/metal ma anche tantissima roba attuale, anche se oggi è impossibile ascoltare solo l’uno per cento di quel che esce quotidianamente (per ascoltare intendo dedicare tempo all’ascolto, non due/tre minuti in streaming). Non abbiamo punti di riferimento precisi, penso che tutto quello che ascoltiamo e ci piace alla fine in qualche modo ci influenzi. Riccardo (Iacono, tastierista, ndR) è un grande fan di Yes, Alan Parson e Cervello mentre Samuele…
Samuele Scandariato: – Io come chitarrista sono stato ampiamente influenzato dai grandi del passato dall’animo rock. Hendrix con il suo suono pentatonico e rumoristico è di ispirazione nei passaggi più jammati; ma lo è anche Gilmour e l’uso di poche, ma buone, note, con espressioni chitarristiche da alternare al cantato. Per quanto riguarda gli assoli tendo a ricercare melodie memorizzabili, lasciando però sempre spazio all’improvvisazione. Per i riff sono influenzato dai Metallica, da Zakk Wylde e anche da cose un po’ più moderne dovute all’ascolto di gruppi djent.
SIETE TORNATI IN ATTIVITÀ SUL FRONTE DISCOGRAFICO NEL 2019 CON “MEMORIE DAL PRESENTE”. UNA PUBBLICAZIONE CHE AVEVA UN TAGLIO PIÙ METALLICO DI QUELLO ODIERNO. COME NASCONO QUELLE CANZONI E PERCHÉ C’È STATO TUTTO QUESTO STACCO DAL PRECEDENTE ALBUM “VISIONE PARALLELE”?
Massimiliano Dionigi: – Dopo “Visioni Parallele” le cose non andavano benissimo, registrammo nella prima metà del 2007 ma il disco uscì solo nel 2008, le prove si stavano diradando, qualcosa non funzionava. Non c’era una bella atmosfera, era un periodo di stanca. Decidemmo di provare a rivitalizzare la situazione prendendo un secondo chitarrista e richiamammo Simone Cocco, che aveva suonato in tutti i demotape degli anni ’90. Poi l’altro chitarrista Antonello ebbe un brutto incidente in moto e le prove si fermarono per qualche mese. Riprovammo poi con una atipica formazione a sei elementi coinvolgendo anche Riccardo Iacono, tastierista dei Domine, che aveva già suonato in due pezzi di “Visioni Parallele”. Componemmo un paio di pezzi, poi ci fermammo di nuovo. Riprovammo l’anno seguente con un’altra formazione a quattro, senza batteria, ma ancora una volta le cose non funzionarono; io andai a lavorare fuori Toscana e allora decidemmo di fermarci. Era giusto così. Mi sono sempre rifiutato di dire che ci eravamo sciolti perché in cuor mio ho sempre sperato ci riformassimo e fortunatamente questo è avvenuto all’inizio del 2017. “Memorie Dal Presente” suonava piuttosto duro, soprattutto il brano “Maschere”. Non fu una scelta a tavolino, i pezzi vennero spontaneamente e li tenemmo così, il chitarrista Antonello aveva un tocco abbastanza pesante.
ARRIVIAMO QUINDI A “NERANOTTE”, CHE MI PARE VADA ANCORA OLTRE QUANTO A RICERCATEZZA E PARTICOLARITÀ DEL SUONO. NELLA RECENSIONE LO DEFINISCO UN DISCO PERFETTO PER IL CATALOGO DELLA BLACK WIDOW, PER IL SUO CARATTERE MISTERIOSO, TEATRALE E DI DIFFICILE CATALOGAZIONE. COSA HA PORTATO A QUESTA NUOVA EVOLUZIONE E CONCEZIONE DI SUONO?
Alessandro Parigi: – Come è sempre successo e penso continuerà ad accadere, quando entriamo in sala non abbiamo mai ben chiaro l’indirizzo stilistico od il mood che dovranno avere i nuovi pezzi; ognuno di noi presenta agli altri le proprie idee, i propri abbozzi o le proprie linee base che poi verranno arricchite, assemblate e rese canzoni durante il lavoro in studio e con il contributo di tutti. Per “Neranotte” penso sia stato fondamentale l’innesto di Samuele “Fred” alle chitarre, dal suono decisamente più rock e molto più legato agli anni ‘70, così come l’esperienza e la ricercatezza dei suoni da parte di Riccardo alle tastiere, che ha apportato quella misura negli arrangiamenti, non solo tastieristici, che fino ad ora ci era mancata.
Massimiliano Dionigi: – Innanzitutto ti ringrazio per il complimento perché apprezzo molto la Black Widow, che seguo dagli esordi ed ho tanti CD del suo catalogo: Malombra (i primi tre, devo prendere il quarto uscito da poco), Standarte, Jet Jaguar, Architectual Metaphor, Witchfield, The Black, Pentagram, Il Segno Del Comando, Freddy Delirio And The Phantoms, The Hounds Of Hasselvander, Northwinds, Orne, Presence, Il Bacio Della Medusa, Abiogenesi, Alan Davey, Runaway Totem, Paul Chain e altri ancora.Per quella che tu chiami evoluzione e concezione del suono, ti dico che siamo molto liberi in sala prove, Riccardo e Fred hanno le loro caratteristiche ed è giusto che si esprimano liberamente, almeno noi la pensiamo così. “Neranotte” suona in questo modo, probabilmente il prossimo suonerà diversamente, chi lo sa…
Riccardo Iacono: – Personalmente non posso parlare di ‘evoluzione’ poiché (ri)suono con gli Juglans da pochissimo. Per quanto riguarda invece la ‘concezione di suono’ da parte mia, ho sempre buttato di petto quello che sentivo sui pezzi. Poi, certamente, ho cercato di ampliare le sonorità per le registrazioni. Ma su alcuni brani, come “Fragili equilibri”, “Chimera” e “Confine”, ho trovato subito le atmosfere che credevo giuste. “Neranotte” musicalmente la ricordavo abbastanza, ho insistito per mettere alcuni campioni d’ambiente e son contento di aver stressato tutti, Freddy Delirio incluso, per metterli nei posti giusti, perché credo che ‘diano un tono all’ambiente’(cit.). In “Dentro il mare”, ho faticato un po’, all’inizio avevo una concezione del pezzo troppo felice e buona. NEIN! Niente felicità. Paura e Dolore. In “Oltre lo schermo”… al di là dalle sonorità, ho rotto a sufficienza le scatole per la struttura del pezzo. Comunque, se tornassi indietro, rifarei tutto nello stesso modo.
Samuele Scandariato: – Personalmente penso di aver portato un suono nuovo per gli Juglans Regia. La Stratocaster e l’uso del single col danno sicuramente un tocco meno metal e più rock ai brani, sia negli assoli che negli arpeggi. In fase compositiva ho proposto riff in canzoni nuove e arrangiato pezzi che erano già in cantiere prima della mia entrata nel gruppo, potendo inserire diverse idee personali.
NELLA BAND CI SONO STATI NEGLI ULTIMI ANNI DUE IMPORTANTI INNESTI, SAMUELE SCANDARIATO ALLA CHITARRA E RICCARDO IACONO ALLE TASTIERE. COSA HANNO PORTATO QUESTI DUE MUSICISTI AGLI JUGLANS REGIA E COME HANNO INFLUITO NELLA COMPOSIZIONE DEL NUOVO DISCO?
Massimiliano Dionigi: – Hanno portato sicuramente voglia ed entusiasmo, cose che nell’ultimo periodo erano un po’ mancate, non tanto per il COVID quanto per la mancanza di coinvolgimento da parte di tutti. Per un periodo provammo anche in quattro, senza chitarra! Componemmo un brano con basso distorto, tastiere, batteria e voce. Ci piaceva, stavamo per andarlo a registrare quando ci fu il secondo lockdown… Ci sentivamo per telefono e ci mandavamo qualche idea ma niente più, alla fine abbiamo sempre composto in sala e stavamo continuando così, senza chitarra. Un giorno David alla fine di una prova propose di cercare un chitarrista perché, anche se un pezzo poteva funzionare, alla fine ci mancava qualcosa; aveva ragione. Tornai a casa e misi un annuncio su Villaggio Musicale all’una di notte e la mattina alle sette mezzo, appena sveglio, trovai la risposta di Samuele. Fu il primo a rispondere e dopo la prima prova lo prendemmo subito perché ci piacque. Fu subito ribattezzato Fred perché, a detta dell’ex tastierista Lapo, Fred Scandariato era un nome d’arte che suonava bene.
Nel 2021 abbandonò anche il tastierista Lapo per problemi personali e ci dispiacque, perché da quando ci eravamo riformati era stato uno dei trascinatori. La prima persona che chiamammo fu Riccardo che accettò di buon grado. Samuele e Riccardo hanno influito molto sia nella composizione che nell’arrangiamento di quanto già ‘abbozzato’ prima del loro ingresso. Oggi direi che sono fondamentali, come me, Alessandro e David che facciamo parte del gruppo da sempre.
IL DISCO È COSTRUITO ALTERNANDO CANZONI VERE E PROPRI E BREVI STRUMENTALI, A COSA DOBBIAMO QUESTA SCELTA? QUALE FUNZIONE HA?
Massimiliano Dionigi: – I brevi stacchi strumentali sono opera di Riccardo, che in passato ha composto anche alcune colonne sonore e basi musicali. Avevamo sei pezzi, abbastanza diversi tra loro, e in sala prove spesso dicevamo “questa la facciamo iniziare con delle voci” e cose del genere. “Troppo È Niente”, che introduce “Oltre Lo Schermo”, di fatto è composta da cinque voci registrate in lingue diverse su base musicale di Riccardo; le voci poi ricompaiono nella canzone in una parte musicale centrale. “Giù” è un’intro che ha gli stessi bpm del primo pezzo vero e proprio “Fragili equilibri”. “Güser” fa da introduzione a “Dentro Il Mare”, prima canzone composta da Fred, e incredibilmente contiene rumori di… mare! Il titolo non ha un senso vero e proprio, se non quello di contenere la umlaut. (Dopo tanti anni volevamo anche noi una parola con la umlaut…). “Se…” è una degna chiusura, rilassata, in attesa del prossimo disco.
Riccardo Iacono: – Volevamo mettere un’introduzione e avevo preparato un pezzo di sole tastiere. Dopo l’ascolto del demo, registrato tra dicembre ’21 e febbraio ’22, questa intr, non ci convinceva più, me per primo. Decisi di riascoltare vecchie cose e, come ha detto Massimiliano, ho poi riadattato alcuni pezzi che avevo. Li feci sentire agli altri e la cosa piacque. Rimaneva da capire, se oltre a un’intro e l’outro, fosse giusto mettere uno o due interludi. Dopo poche, istintive e brevi riflessioni decidemmo come incastrare il tutto nel modo giusto e ci piacque sin da subito come questi innesti cadenzassero i brani veri e propri.
I TESTI MI PARE SVARINO TRA OSSERVAZIONI SULLA NOSTRA SOCIETÀ CONTEMPORANEA E UN TAGLIO PIÙ INTIMO E PERSONALE: LA SENSAZIONE È QUELLA CHE SI VADANO A ESPLORARE VARIE FORME DI CONFLITTI INTERIORI ED ESPERIENZE DOLOROSE, ESPRIMENDO SOFFERENZA MA ANCHE UNA GRANDE VOGLIA DI LOTTARE E REAGIRE. QUAL È IL FILO CONDUTTORE, SE VE NE È UNO, DELLE LIRICHE DI “NERANOTTE”?
Alessandro Parigi: – Hai colto decisamente nel segno; i testi, pur non avendo un vero e proprio filo conduttore, cercano, in maniera diversa ed anche concettualmente lontana talvolta, di esorcizzare e far fronte alla perdita di qualcuno o di qualcosa, necessariamente non una persona fisica, ma anzi più spesso la perdita di convinzioni, di modi di essere e di vivere. Da qui la lotta e la reazione contro le sofferenze, contro le paure e le difficoltà del vivere stesso.
L’INTERO IMMAGINARIO DEL DISCO, SIA SONORO CHE VISIVO, È – BANALE AFFERMARLO – TENEBROSO, OSCURO, FACENDOCI IMMAGINARE DI ATTRAVERSARE UNA CITTÀ NEL CUORE DELLA NOTTE, VAGANDO SENZA META MENTRE I PENSIERI SI AFFACCIANO ALLA MENTE. AVETE ANCHE VOI QUESTE SENSAZIONI ASCOLTANDO LA MUSICA DI “NERANOTTE”, OPPURE SONO ALTRE LE ATMOSFERE SECONDO VOI INDOTTE DALLA VOSTRA MUSICA?
Alessandro Parigi: – Il mood generale dell’album è assolutamente oscuro e tenebroso; abbiamo scelto come titolo “Neranotte” sia perché legato al pezzo forse più ‘coraggioso’ del lotto, sia perché con un’unica parola riusciamo forse a descrivere le atmosfere e i vari momenti musicali dell’intero lavoro. Non siamo mai stati una band ‘allegra’ anzi, ma stavolta la notte ed il buio ci hanno condizionato abbastanza.
Massimiliano Dionigi: – La copertina è opera di Riccardo Iacono, che ha rielaborato un’idea di Alessandro. Il booklet interno invece è opera di Massimo Biliotti, amico di sempre, che si era già occupato della grafica di “Visioni Parallele” e “Memorie Dal Presente”; negli anni ‘90 aveva già realizzato l’artwork per diversi lavori della Elevate Records e alcune pubblicità, uscite su giornali in edicola e fanzine.
Riccardo è un ottimo disegnatore e animatore e probabilmente realizzerà un altro video di un pezzo del disco, ma è ancora presto per parlarne. Il primo video di “Oltre Lo Schermo” è ovviamente opera sua.
Riccardo Iacono: – Mi sorprende che tu dica proprio questo: “facendoci immaginare di attraversare una città nel cuore della notte, vagando senza meta”. I pezzi che intervallano la setlist sono in origine la colonna sonora di un corto che di fatto propone qualcuno che vaga nella notte in strade deserte. In effetti questa atmosfera torna, involontariamente, anche in altri pezzi. Per la parte grafica, mi son limitato a illustrare la copertina, dopo un’idea del Pasa (Alessandro). Tornando a noi, ho illustrato copertina e poco più, ma il merito di quest’atmosfera lugubre che si ripercuote nella veste grafica, va appunto a Massimo Biliotti, che ha aggiunto queste tinte, quasi drammatiche.
DOPO TUTTI QUESTI ANNI DI ATTIVITÀ, DANDO UNO SGUARDO AL PASSATO, QUALE PENSI SIA STATO FINORA IL MOMENTO PIÙ ALTO TOCCATO DALLA BAND? E QUALI SONO LE MOTIVAZIONI CHE ANCORA OGGI VI PORTANO A REGISTRARE NUOVA MUSICA E PORTARLA IN GIRO?
Massimiliano Dionigi: – La motivazione finale è sempre lo star bene, il divertirsi. Poi si può avere vena creativa, ispirazione, ma se manca la voglia di stare insieme e di divertirsi in senso lato penso che stare in un gruppo abbia poco senso. Ho sempre inteso la registrazione come una sorta di foto di un gruppo in un dato periodo e per me è giusto e doveroso ogni tanto scattare una foto. La musica per noi è un hobby, non riusciremmo mai a registrare un disco all’anno, ma va benissimo così. Dal vivo non suoniamo molto, al momento abbiamo due date fissate, in zona. Cercheremo di fare qualcosa anche fuori, vediamo.
Non saprei dirti qual è il momento più alto; posso dirti che a soddisfazione più grande, almeno per quanto mi riguarda, è quando in sala riusciamo a comporre un pezzo che convince pienamente tutti. Ecco, quelli sono bei momenti…
OLTRE A JUGLANS REGIA, SIETE STATI, O SIETE TUTT’ORA, IMPEGNATI IN ALTRI PROGETTI MUSICALI. C’È QUALCHE ALTRA PUBBLICAZIONE IMMINENTE CHE VI RIGUARDA, OPPURE AL MOMENTO SIETE TOTALMENTE CONCENTRATI SUI JUGLANS REGIA?
Massimiliano Dionigi: – Gli Juglans Regia sono sempre stati il mio gruppo principale, ma ho suonato anche con i Frozen Tears (con i quali ho registrato gli ultimi tre album tra il 2004 e il 2008), con i Dust Devil (un EP nel 2013) e con i Fake Healer (un album nel 2015 e un EP postumo nel 2018). Avevamo rimesso in piedi i Frozen Tears qualche anno fa ma ci siamo nuovamente fermati dopo qualche concerto e cinque brani pronti da registrare; spero sempre un giorno di ripartire o almeno registrare quel che avevamo composto. Attualmente suono anche con gli Underskin (heavy metal da Firenze, stiamo registrando un EP) e con le Creature di Sabbia, gruppo prog/psichedelico/cantautorale formato da musicisti molto bravi, con i quali al momento non abbiamo registrato niente. In questi gruppi mi limito a suonare, la gestione del gruppo spetta ad altri. Riccardo suona con i ben noti Domine, con i quali ha registrato tutti gli album tranne l’esordio. Samuele ha vissuto molto in Spagna, studia chitarra ma al momento non ha altri gruppi, così come Alessandro e David.
Ringraziandovi nuovamente per l’attenzione e il tempo dedicato, invito chi è rimasto incuriosito dalle nostre parole a dare un’occhiata alla nostra pagina Bandcamp o Facebook. Il 14 aprile scorso abbiamo presentato il disco al Circus Rock Pub di Firenze ed è stata una bella serata, ne seguiranno altre. A breve ci saranno anche altre novità, ma è presto per parlarne. Grazie a te e ai lettori per l’attenzione dedicataci. Alla prossima!