In corrispondenza del trentennale dalla formazione della band, i Kaipa hanno registrato e dato in pasto ai fans il nuovissimo “Mindrevolutions”, lavoro che mantiene intatte le origini musicali della band, nonostante alcune virate al pop/rock più melodico e zuccheroso. Parliamo con il poco loquace (e simpatico) Hans Lundin, tastierista e mente del gruppo, che ci darà non poche difficoltà a causa di un volume di voce praticamente vicino allo zero. La parola a Lundin…
LA NASCITA DEI KAIPA RISALE A BEN TRENT’ANNI FA. CI PUOI RACCONTARE LA STORIA DELLA TUA BAND?
“Certo. Ho suonato in molti gruppi pop per quasi dieci anni, e ad un certo punto ho sentito la necessità di formare una band che suonasse musica originale, ed ho chiesto ad un mio amico di unirsi a me, e dopo un po’ avevamo formato la band. Inizialmente eravamo un trio, con Hammond, batteria e basso, Poi nel 1974 c’è stato l’ingresso nella band del chitarrista Roine Stolt, all’epoca diciassettenne. Poi abbiamo iniziato a provare e suonare dal vivo fino al 1975, quando abbiamo registrato il nostro primo album. Abbiamo continuato fino al 1982, registrando cinque album, prima dello split”.
POTRESTI INTRODURRE “MINDREVOLUTIONS” A COLORO CHE NON CONOSCONO LA VOSTRA PROPOSTA?
“E’ molto difficile descrivere la nostra musica. Posso dire che le radici della nostra musica arrivano dalla musica pop e dal folk svedese, nonché dalla musica classica. Io dò sempre molta importanza alle melodie, e ai passaggi ben costruiti”.
QUAL E’ STATA LA TUA ISPIRAZIONE PRINCIPALE DURANTE LA STESURA DEI PEZZI DI “MINDREVOLUTIONS”?
“Non saprei dirti da dove arriva l’ispirazione. Può succedere che un giorno mi sveglio con un’idea in testa, una melodia, e decido di prendermi cura di essa e di svilupparla. Posso continuare per giorni, fino a quando non esce un pezzo completo. Ma non posso predire cosa succederà. Per questo album ho scritto ventidue canzoni, ma mi sembrava che mancasse qualcosa. Allora ho pensato di scrivere un pezzo strumentale, così in tre giorni ho composto questo pezzo lungo venticinque minuti. Poi ho incorporato due canzoni insieme, ed è uscita la title-track”.
A GIUDICARE DAL TITOLO, LA VOSTRA ULTIMA FATICA POTREBBE SEMBRARE UN CONCEPT ALBUM…
“No, in realtà non si tratta di un concept. Puoi trovare dei temi melodici che si ripetono qua e là nell’album, ma dal punto di vista lirico le canzoni sono scollegate le une dalle altre”.
UNO DEI PRIMI ELEMENTI CHE SPICCANO SUBITO E’ LA PERFORMANCE DI ALEENA, DAVVERO MOLTO MIGLIORATA DALLE PRIME APPARIZIONI SU “NOTES FROM THE PAST”…
“Sì, è vero. E’ stato Patrik Lundstrom a farmela conoscere, in quanto volevo anche una cantante donna sull’album. E con ‘Notes From The Past’ lei ha cantato su pochi pezzi. Ma per quest’ultimo album volevo farla cantare di più, non volevo che fosse in sottofondo o in disparte. Considera poi che ora ci conosciamo molto di più di cinque anni fa, come musicisti e come persone, e quindi sappiamo dove possiamo spingerci musicalmente parlato. Cosa che non è successa con ‘Notes From The Past’, in quanto fino al momento della registrazione non avevo avuto modo di conoscere personalmente né Patrik né Aleena”.
PASSANDO AL VERSANTE LIVE, E’ PREVISTO UN TOUR EUROPEO?
“No, non è stato pianificato nessun tour. Abbiamo deciso fin dall’inizio che saremmo stati solo un gruppo da studio, non perché non potessimo suonare dal vivo, ma per il fatto che sfortunatamente il mercato per questo tipo di musica è molto limitato, e sarebbe una perdita enorme di denaro”.
L’ARTWORK E’ MOLTO PARTICOLARE, FORSE GROTTESCO. CHE COSA VUOLE RAPPRESENTARE?
“Non so che cosa voglia dire, credo che stia all’immaginazione di colui che lo guarda. Forse il significato è che puoi vedere anche le più piccole cose in qualsiasi occasione, basta che guardi attentamente. Infatti se osservi l’artwork, noterai come esso sia molto dettagliato, molto ricco di particolari. Ed anche la nostra musica è ricca di dettagli”.
LA SVEZIA SI STA DIMOSTRANDO UN PAESE MOLTO PROLIFICO DAL PUNTO DI VISTA DEL NUMERO DI BAND CHE PRODUCONO MUSICA DI UN CERTO LIVELLO. BASTI PENSARE A GRANDI BAND COME PAIN OF SALVATION, RITUAL, FLOWER KINGS, ANEKDOTEN E ANGLAGARD…
“Ti sembrerà strano, ma qui in Svezia il mercato di queste band è davvero molto limitato. Tutto il successo che queste band stanno avendo, lo stanno raccogliendo al di fuori della Svezia. Per riprendere quanto tu hai detto, credo che sia la componente malinconica, che attrae la gente, e che si può trovare in questi gruppi. E non dimenticare l’influenza che la musica svedese ha avuto sui gruppi sopracitati”.
COSA PENSI DELLA SCENA DEL NEW PROG?
“Personalmente io non mi considero un vero e proprio estimatore del progressive. Secondo me la musica deve venire spontanea, senza porsi troppi problemi di sorta. I Kaipa sono considerati progressive specialmente per l’uso che io faccio delle tastiere e dei synth, dei mellotron e degli hammond”.
DA DOVE NASCE IL NOME KAIPA?
“Originariamente il nome della band era Udakaipa (speriamo di avere trascritto correttamente, ndR), ed avevamo trovato quel nome in un libro, scritto da un famoso scrittore svedese. Così siamo rimasti affascinati da quella parola. L’abbiamo trovata molto ‘svedese’, e l’abbiamo scelta come nome della nostra band. Poi nel 1974 abbiamo accorciato la parola in Kaipa, e da allora è questo il nome della band”.
LA TUA COLLABORAZIONE CON PATRIK LUNDSTROM ORMAI PROCEDE DA SVARIATI ANNI. MI PARE QUINDI OVVIO CHE VI TROVIATE BENE INSIEME. COME E’ INIZIATA QUESTA FORTUNATA COLLABORAZIONE?
“Come ti avevo già accennato, Patrik ed io, prima della registrazione di ‘Notes From The Past’ non ci conoscevamo neanche. Nei Kaipa militava un altro cantante, Hagen, con il quale non sono mai riuscito ad instaurare il giusto feeling. Così Roine mi ha consigliato questo cantante. Ho ascoltato i suoi lavori con i Ritual e mi è piaciuto molto. Così gli ho telefonato, gli ho parlato della possibilità di far parte della band, ed abbiamo deciso di lavorare insieme. Ha svolto il lavoro così bene, che volevo a tutti i costi continuare a lavorare con lui anche in futuro. E così è stato”.