I Kanseil sono ormai a pieno merito una delle formazioni più longeve del panorama folk metal italiano: un’esperienza nata quattordici anni fa da ragazzi appena maggiorenni che piano piano si è evoluta nel corso degli anni andando ad abbracciare diverse tematiche e luoghi, in particolare relativamente alla collocazione geografica veneta della formazione.
Una evoluzione che è partita dal passato, con la monolitica suite “Vajont” che chiudeva il primo album, e arriva oggi a “Vaia”, ultima prova in studio dei veneti che riprende sempre la tematica del complicato rapporto fra uomo e natura, quest’ultima vista spesso più come una preda che come un bene da tutelare e rispettare.
Dopo un bellissimo concerto al Metalitalia Festival 2023 non potevamo che scambiare due chiacchiere con Luca Zanchettin, polistrumentista e principalmente suonatore di piva, che ci ha raccontato come si può riuscire a mettere sette teste in una sala studio e farci uscire un bel disco, maturo e moderno. Buona lettura!
CIAO E BENVENUTI SU METALITALIA, VISTO CHE È LA PRIMA VOLTA CHE VI INTERVISTIAMO VI ANDREBBE DI RACCONTARCI COME NASCONO I KANSEIL?
– I Kanseil nascono per la prima volta nel 2010 a Fregona, un piccolo paese ai piedi del Cansiglio, da quello che era un gruppo di amici appassionati di musica, natura e affascinati delle storie del nostro territorio. Erano anni d’oro per il folk metal nazionale ed internazionale: uscivano i dischi che oggi sono le pietre miliari di questo genere e anche noi ci siamo subito sentiti a nostro agio con queste sonorità, cercando tuttavia, fin da subito, di trovare un nostro stile riconoscibile e, per certi versi, diverso.
Al tempo avevamo sedici/diciassette anni ed eravamo alle prime armi, infatti ci sono voluti un paio d’anni per stabilire una formazione funzionale alla pubblicazione della prima demo e ai primi veri concerti. Oggi possiamo dire di aver trovato la nostra dimensione, dato che dopo quattordici anni siamo ancora qui!
PARLIAMO DI “VAIA”, LA VOSTRA ULTIMA FATICA IN STUDIO. CI SONO DIVERSE COLLABORAZIONI, A COMINCIARE DA DAVIDE E ELISABETTA DEI FUROR GALLICO SU “PIAN DEI LOVI”. CI RACCONTATE QUALCOSA DI QUESTE CONTAMINAZIONI E COME SONO NATE?
– I numerosi palchi condivisi negli anni e l’amicizia stretta con i Furor Gallico hanno reso la scelta del Cica (Davide Cicalese, cantante appunto del gruppo lombardo, ndr) come ospite molto naturale. Sono anche loro una band che sicuramente ha fatto la storia del genere in Italia e non possiamo che essere felici di essere riusciti a trovare il giusto spazio per lui ed Elisabetta all’interno di “Vaia”.
Una piccola curiosità: in maniera completamente casuale, sia Monte (il nostro cornamusista), sia la Becky (arpista nei Furor Gallico, ndr) nella loro vita professionale hanno a che fare con i lupi perciò, dato che avevamo pronto questo brano sul lupo, ci siamo detti “qui dobbiamo per forza chiamare i Furor Gallico!”.
L’INGRESSO DI MARCO SALVADOR ALLA CHITARRA HA IN QUALCHE MODO INFLUENZATO IL SONGWRITING DEL DISCO?
– Il nostro approccio alla composizione è vecchio stile: si parte da un’idea di uno o più di noi per poi lavorarci tutti e sette in sala prove, rielaborando ed arrangiando i brani finché tutti quanti siamo soddisfatti del risultato finale. È un approccio che richiede più tempo che lavorare al computer o con un solo compositore, ma crediamo che sia la nostra forza e ci ha sempre resi soddisfatti del prodotto finale.
Marco ha contribuito con delle idee musicali (ad esempio “Rivus Altus”) e, soprattutto, a livello di arrangiamento ed armonizzazione (dei cori ma non solo), portando delle influenze più tecniche e degli ascolti diversi, così come anche noi nel tempo siamo in costante evoluzione da questo punto di vista.
QUESTA VOLTA VI SIETE AFFIDATI A CHRISTIAN ICE E AI SUOI TEMPLE OF NOISE STUDIOS PER IL MIXING E IL MASTERING, COME VI SIETE TROVATI A LAVORARE CON LUI?
– Con Christian è andato tutto a meraviglia. L’aspetto che ci ha conquistato a livello sonoro è stata la sua capacità di rendere la sezione ritmica veramente rocciosa, compatta ed aggressiva come volevamo per questo disco, in controtendenza rispetto a “Fulische” dove avevamo scelto appositamente dei suoni più morbidi.
A livello personale si è rivelato fantastico e disponibilissimo, e abbiamo apprezzato tanto la sua capacità di far uscire nel mix le numerosissime tracce registrate, dando il giusto spazio a tutti gli strumenti.
CON QUESTO DISCO SIETE PASSATI DA ROCKSHOTS RECORDS A BAGANA B DISTRICT MUSIC: COME MAI QUESTO CAMBIO?
– Con Rockshots Records avevamo un contratto che terminava con “Cant del Corlo”, il nostro ultimo EP. Bagana ha creduto fortemente in noi e nel progetto “Vaia” da molto tempo (i primi contatti risalgono a più di un anno fa), facendoci capire che ci tenevano alla nostra crescita non solo discografica, ma anche dal punto di vista live. Ci hanno aiutato molto sotto tantissimi punti di vista, e presto potremo svelare altre novità nate proprio da questa collaborazione.
I PEZZI DI “VAIA” SONO COME SEMPRE ISPIRATI A FATTI E LEGGENDE DEI VOSTRI TERRITORI E, NELLE NOTE STAMPA, SI FA RIFERIMENTO AL FATTO CHE LAVORATE TUTTI SUI TESTI: CI SPIEGATE COME RIUSCITE AD AMALGAMARE I VOSTRI INTERESSI E LE VOSTRE CONOSCENZE?
– Alla base c’è curiosità e un certo fascino per il lato più misterioso e romantico di ciò che ci circonda, ma anche un pizzico di fortuna nell’essere stati nel posto giusto al momento giusto, per conoscere o trovare chi tramanda certe storie; poi ognuno si appassiona ad alcune in particolare, per le quali si inizia un lavoro di ricerca e di analisi al fine di estrarne l’essenza e il messaggio universale che contengono.
Il testo di una canzone di meno di mille battute non può essere né esaustivo né accurato nel narrare una storia, ma è un omaggio ad essa, contenente dei riferimenti che hanno lo scopo di essere colti da chi la conosce e di incuriosire chi non la conosce ancora. Solitamente i nostri testi hanno un ‘primo autore’ al quale si integrano delle redazioni di altri componenti che desiderano contribuire.
CI RACCONTATE IL CONCEPT DIETRO AL VIDEO DI “ANTARES”? CON CHI AVETE LAVORATO PER LA SUA REALIZZAZIONE?
– Il brano “Antares” parla del millenario culto pagano che i paleoveneti celebravano sulla sommità del Monte Altare.
Il video ha voluto ricamare una storia di fantasia ambientata ai giorni nostri dove una ragazza casualmente si imbatte in misteriose figure che celebrano un rituale nel sito megalitico, incontro dal quale inizia un viaggio mistico che la porterà a trovare una connessione con la Natura del luogo e svelare la magia dell’incontro. Il video è stato girato da Moviedel Production di Maurizio del Piccolo, con il quale abbiamo girato anche gli altri nostri video di “Pojat”, “Hrodgaud” e altri due che stanno arrivando.
“DOIN EARDE” SI CHIUDEVA CON “VAJONT”, “VAIA” SI CHIUDE CON LA TITLE-TRACK. AVETE, INSOMMA, SEMPRE AFFRONTATO I DANNI CHE L’UOMO INFLIGGE ALLA NATURA NEL CORSO DEI VOSTRI DISCHI: PENSATE CHE QUALCOSA SIA CAMBIATO, CHE SIA IN MEGLIO O IN PEGGIO, DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
– Noi in quanto ‘millennials’ facciamo parte di una generazione che ha una visione pessimistica del rapporto tra umanità e natura (oggi la chiamano ‘eco-ansia’). Il conflitto, lo sfruttamento, e le conseguenze che si ritorcono contro di noi sono temi ricorrenti nei nostri brani, li troviamo anche in “Pian dei lovi”. Se per noi non fosse un tema attuale e preoccupante, probabilmente non avremmo scelto “Vaia” come title-track.
LA STORIA DEI KANSEIL COMINCIA ORMAI QUATTORDICI ANNI FA E SIETE FRA LE POCHE FORMAZIONI FOLK METAL ITALIANE CHE SONO RIUSCITE AD ATTRAVERSARE QUESTO DECENNIO SENZA MOLLARE IL COLPO: COME VEDETE LA SCENA ATTUALE?
– La scena, negli ultimi anni, ci sembra stia ritornando a vecchi albori: nascono nuovi festival, e la proposta musicale delle band ‘che non hanno mollato’ è, molto spesso, ottima.
Inoltre, la risposta del pubblico, che è la cosa più importante, è sempre molto calorosa ed appassionata. Il ritorno dei Folkstone poi ha aggiunto ulteriore entusiasmo, e crediamo che in questo momento storico di forte transizione verso una società sempre più tecnologica, una proposta artistica che invita al ricongiungimento con la natura e ai valori più veri della vita risuoni facilmente nel cuore delle persone.
AVETE GIÀ ANNUNCIATO QUALCHE DATA DA QUI A MAGGIO DI SPALLA AI FUROR GALLICO: POTETE ANTICIPARCI ANCHE SE SUONERETE IN QUALCHE FESTIVAL ESTIVO?
– Certo, oltre a supportare i Furor Gallico in alcune date del loro tour abbiamo già dei festival confermati per l’estate sia in Italia sia all’estero: a breve pubblicheremo il calendario completo!
FA SEMPRE IMPRESSIONE VEDERVI IN SCENA PERCHÉ SIETE MOLTISSIMI ELEMENTI, MA ANCORA DI PIÙ CI HA INCURIOSITI, DA PROFANI DEL MESTIERE DI MUSICISTA, IL FATTO CHE SUONIATE ‘SENZA AMPLIFICATORI’ SUL PALCO: COME AVVIENE LA MAGIA E CHE VANTAGGI CI SONO PER UNA FORMAZIONE NUMEROSA COME LA VOSTRA?
– Da qualche anno abbiamo deciso di passare completamente ai sistemi digitali per l’aspetto live. Le due chitarre ed il basso hanno quindi delle pedaliere che simulano digitalmente il suono degli amplificatori: questo sistema rende innanzitutto più facile viaggiare (siamo in sette, ma con lo staff di solito siamo almeno nove), ma presenta anche molti vantaggi di tipo tecnico.
Ad esempio, avendo strumenti folk come il flauto, che ha un suono molto delicato e quindi difficile da rendere attraverso il microfono, avere il palco più silenzioso possibile ci permette di poter alzarne il volume senza rischiare i classici fischi. Inoltre, da qualche anno abbiamo eliminato anche le casse spia, passando ad un sistema in-ear dove ciascuno di noi ha la propria spia personale in cuffia: questo ci permette di sentirci molto meglio e con più dettaglio, e quindi essere più a nostro agio e di conseguenza esprimerci meglio sul palco.
So che qualcuno storcerà il naso, ma sappiate che quando registriamo in studio usiamo ancora gli ampli valvolari, per noi insostituibili!
PER SALUTARCI CI RACCONTATE UN RICORDO CHE AVETE DEL METALITALIA.COM FESTIVAL 2023?
– Il Metalitalia.com Festival è stato qualcosa di travolgente! Innanzitutto è stato per noi un onore, perché leggiamo Metalitalia da più di quindici anni, e suonare al vostro festival è stato molto emozionante.
Di ricordi ce ne sono tanti: dal pubblico meraviglioso che ha saltato e pogato per tutta la giornata, alle chiacchiere nel backstage in particolare con i Folkstone ed i Wind Rose, infine alla magnifica atmosfera che si respirava e all’organizzazione impeccabile.
Il video di “Hrodgaud” ha proprio raccolto tutto questo, in particolare la sinergia che si è creata con le persone, che è l’aspetto che più ci piace e che ci fa continuare a suonare con lo stesso entusiasmo di quando abbiamo cominciato. Grazie mille per le bellissime domande e per averci concesso questo spazio, alla prossima!