Dopo il temporaneo ritiro dalle scene avvenuto sul finire del 2017 e il breve tour dell’anno scorso per celebrare il decennale dell’uscita di “Night Is The New Day”, un nuovo album dei Katatonia sembrava un puzzle più complicato del solito. Nell’ultima intervista rilasciata ai nostri microfoni, il cantante Jonas Renkse aveva dichiarato di non avere mai smesso di comporre musica, ma che questa avrebbe costituito un nuovo album del suo gruppo principale da lì a breve era tutto da vedere. Per fortuna, è bastato poco meno di un anno per avere la conferma del pieno ritorno della band svedese: il nuovo “City Burials” è in effetti il frutto del lavoro in solitaria del frontman, qui autore di tutta la musica e dei testi. Un’opera piuttosto eterogeneo, che da un lato riassume l’ultima parte di carriera della formazione e che dall’altro osa ora con brani che scivolano verso contaminazioni elettroniche più marcate, ora con insolite aperture ad un metal e hard rock di matrice classica. Parliamo di ciò e delle ultime novità in casa Katatonia proprio con il diretto interessato, raggiunto di recente per una breve chiacchierata telefonica.
SINORA (L’INTERVISTA SI È SVOLTA UN PAIO DI SETTIMANE FA, ndR), AVETE RILASCIATO DUE SINGOLI COMPLETAMENTE DIVERSI. “LACQUER” È TALMENTE SOFT E ATMOSFERICA CHE SEMBRA QUASI APPARTENERE AL PROGETTO WISDOM OF CROWDS. “BEHIND THE BLOOD”, AL CONTRARIO, È UN PEZZO METAL/ROCK STRANAMENTE VIVACE PER I VOSTRI STANDARD…
– Abbiamo pensato a lungo su che brani presentare per primi, ma, come avrai avuto modo di sentire, questo è un disco piuttosto vario e non credo vi sia una canzone capace di riassumere compiutamente tutti i suoi contenuti. Devo ammettere che abbiamo voluto giocare un po’ con il pubblico e divertirci con i commenti online. Troppa gente è solita tirare conclusioni senza nemmeno avere ascoltato un intero brano. Dopo il lancio di “Lacquer” molti hanno pensato che avessimo abbandonato le chitarre e realizzato un disco ambient o pop. Con “Behind the Blood”, invece, ci stanno dicendo che siamo troppo metal e persino troppo allegri (ride, ndR).
MI VERREBBE DA CHIEDERTI QUALE BRANO È STATO COMPOSTO PER PRIMO, MA QUANDO ABBIAMO PARLATO L’ANNO SCORSO MI DICESTI CHE NEL PERIODO DI PAUSA DEI KATATONIA NON AVEVI MAI SMESSO DI SCRIVERE MUSICA E CHE DOVEVI SOLO DECIDERE COME E SOTTO CHE NOME PUBBLICARLA…
– Esattamente. Quando abbiamo deciso di fermare la band e prenderci una pausa, ciò per me ha significato solamente non andare in tour e non pensare a tutto ciò che quel tipo di attività si porta dietro. Non ho mai smesso di pensare alla musica e di registrare demo a casa. Certo, mentre componevo non avevo necessariamente in testa un nuovo disco per i Katatonia, ma, a conti fatti, il mio modo di suonare, cantare e arrangiare prima o poi mi riporta sempre ‘a casa’. Non ci è voluto molto per realizzare che mi sarebbe piaciuto pubblicare come Katatonia una buona fetta di quello che avevo preparato. Alcuni brani possono apparire un po’ distanti da quello per cui siamo noti, ma che male c’è nel provare qualcosa di diverso ogni tanto? Credo che lo abbiamo sempre fatto in carriera.
TUTTI I BRANI DEL DISCO SONO STATI COMPOSTI DA TE. NESSUNO DEGLI ALTRI MEMBRI HA CONTRIBUITO…
– La musica questa volta è tutta mia, ma gli altri ragazzi restano importanti. Non so suonare la batteria come Daniel e non so improvvisare assoli di chitarra come Roger. Tutti nel gruppo hanno piena libertà di rielaborare le mie idee e di farle proprie. Il risultato finale resta il frutto di un lavoro di squadra.
TORNIAMO A “LACQUER”: PENSI CHE UN DISCO DEI KATATONIA INTERAMENTE SU QUESTO STILE POSSA ESSERE UN’OPZIONE?
– Un intero disco devoto a queste sonorità elettroniche e atmosferiche potrebbe prima o poi prendere forma, ma non verrebbe pubblicato a nome Katatonia. Lo farei uscire come progetto solita o sotto un altro nome. Amo quel tipo di sound, ho tanto materiale di quel tipo che bolle in pentola, ma per me i Katatonia devono restare una band con i piedi ben piantati nel mondo metal e rock. Sono davvero orgoglioso di un pezzo come “Lacquer”, credo che sia uno dei brani migliori che io abbia composto in carriera, ma i Katatonia rappresentano anche altro. Questo tipo di episodi funzionano bene anche perché nei nostri album vengono inseriti tra pezzi più movimentati. Sono perfetti per dare respiro.
SPIEGAMI INVECE COME NASCE “BEHIND THE BLOOD”…
– Questo è una sorta di brano nostalgico, anche se a prima vista non si direbbe. Nell’ultimo tour abbiamo suonato una cover dei Judas Priest, “Night Comes Down”: si tratta di uno dei miei pezzi preferiti della band e anche Anders stravede per quel brano. Lo ascoltavamo spesso da teenager e devo dire che negli ultimi anni mi sono riavvicinato parecchio a quel genere di sonorità. Prima di scoprire il death metal, eravamo grandi appassionati di metal classico e hard rock. Quando oggi sento i Judas Priest ripenso alla mia infanzia e alla mia adolescenza. Con “Behind the Blood” ho insomma cercato di comporre una sorta di omaggio a gruppi come Priest o Accept – e di conseguenza a quel periodo delle nostre vite – ovviamente senza dimenticare certi elementi tipici del nostro stile. Tornando al discorso che facevamo poco fa, è anche per questo che non credo che i Katatonia pubblicheranno mai un album del tutto lontano dalle radici metal: più invecchiamo e più proviamo nostalgia per certo nostro passato. Come band e come persone ci sentiamo più legati al metal che mai.
QUESTO TUTTAVIA NON SIGNIFICA CHE TORNERETE A SUONARE COME NEL 1993…
– Certo, l’idea è di restare una metal band, ma senza ripetersi. Non riuscirei mai a tornare a suonare black, death o doom metal come Katatonia. Se voglio suonare death metal, oggi ho i Bloodbath. I Katatonia sono una band che deve sempre guardare avanti. Prendi un disco come “The Fall of Hearts”: è un lavoro molto complesso e progressivo, ma nasce così come diretta conseguenza di un album come “Dead End Kings”, sul quale non abbiamo sperimentato troppo. Quello è un disco con alcuni ottimi pezzi, ma credo che avremmo potuto fare di più per renderlo davvero speciale e diverso da quanto avevamo realizzato con i dischi che lo precedono. Secondo me siamo andati sul sicuro e non ci siamo espressi al massimo delle nostre possibilità. Ho già avuto modo di dirlo di recente, ma spesso capita che un nostro nuovo album sia la reazione a quello precedente. Siamo in continuo movimento e sono curioso di vedere dove andremo a parare con il prossimo.
CREDO AVRAI MOLTO TEMPO PER COMPORRE NELL’IMMEDIATO FUTURO, VISTA L’EMERGENZA SANITARIA CHE STIAMO VIVENDO…
– Esattamente. Qui in Svezia le misure adottate dal governo sono meno restrittive rispetto a quelle di altri paesi, ma è consigliato restare a casa. E se devo restare a casa, tanto vale comporre musica e pensare al futuro. Inizierò a scrivere altra musica per i Katatonia e anche per altri progetti, fra cui Bloodbath. Con questi ultimi stavamo valutando il da farsi e non eravamo sicuri di volere scrivere un nuovo album già quest’anno, ma, a questo punto, perché aspettare? Nessuno di noi sarà particolarmente impegnato altrove nei prossimi mesi.
DA DOVE SEI SOLITO INIZIARE PER COMPORRE UN BRANO?
– Ci ho riflettuto di recente e mi sono accorto che la maggior parte delle volte parto da una ritmica. Mi viene in mente un ritmo o una sequenza di battiti, programmo qualcosa al computer e poi inizio ad aggiungerci dei motivi di tastiera, dei riff o delle linee vocali. Può sembrare strano che spesso parta da lì, ma inizialmente ero il batterista della band e credo di esserlo ancora nella mia testa.
TI SENTI UN ARTISTA ‘ARRIVATO’ O PENSI DI AVERE ANCORA QUALCOSA DA IMPARARE?
– Non si finisce mai di imparare. Certo, i Katatonia oggi hanno dei marchi di fabbrica che non possono essere ignorati e che io stesso fatico a tralasciare quando compongo, ma resto una persona estremamente curiosa ed affamata di nuova musica. Per questo il sound dei Katatonia si è evoluto così tanto nel corso degli anni. Cambio come persona, miglioro come musicista e, di conseguenza, anche la nostra musica si muove in avanti. Questo, ovviamente, senza perdere di vista del tutto la nostra tradizione. Come ti dicevo, non pubblicheremo mai un disco completamente lontano dal genere per cui siamo noti. Ma si può spaziare e si possono provare cose nuove. Per me questo è il bello di essere un musicista: creare arte che possa stuzzicare me tanto quanto l’ascoltatore.
COME VEDI IL FUTURO DEI KATATONIA A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA?
– Prima di tutto, vista la situazione attuale, mi viene da pensare al futuro dell’umanità (ride, ndR). L’idea per questo album e il relativo ciclo promozionale era di tornare a suonare live un po’ più spesso e di visitare luoghi in cui non eravamo mai stati. Ovviamente per ora tutti questi piani sono sospesi. Come ti dicevo, cercherò quindi di concentrarmi sulla stesura di nuova musica, finché starò a casa. Non avevamo ancora programmato e annunciato dei tour, quindi non siamo rimasti delusi come altre band in questa situazione, ma di certo non possiamo fare programmi nell’immediato. “City Burials” è poi l’ultimo disco dell’attuale contratto con la Peaceville. Vedremo se cercheranno di rinnovarlo o se dovremo trovare un’altra casa discografica. La cosa non mi preoccupa, comunque, sono certo che troveremo una sistemazione.
SIETE SU PEACEVILLE DA UNA VENTINA D’ANNI. POTREBBE ESSERE STRANO LASCIARLA…
– Sì, anche perché ci siamo sempre trovati bene con loro, ma vedremo se ci faranno una nuova offerta e se questa sarà competitiva come quella di altre etichette. Ti confesso che, da fan, ho trovato strano vedere i My Dying Bride passare alla Nuclear Blast dopo un’intera carriera trascorsa su Peaceville, ma d’altronde non conosciamo i dettagli delle negoziazioni che hanno avuto luogo tra le varie parti.
TI VEDRESTI SU UNA MAJOR?
– No, credo che per noi sarebbe meglio restare su una etichetta di estrazione metal. Saprebbero come promuoverci al meglio e probabilmente non avrebbero richieste per noi bizzarre, Inoltre vi sono oggi varie etichette metal che sono ormai potenti e affermate quanto una major. Noi non miriamo a uscire dal nostro circuito, anche se certamente fa piacere entrare in contatto con tipi di pubblico diversi e aprirsi ad altri generi.
AVETE MAI PROVATO AD ANDARE IN TOUR CON UN GRUPPO PIÙ GROSSO DI VOI PER PRESENTARVI AD UN’ALTRA FRANGIA DI PUBBLICO?
– Sì, qualche anno fa ci siamo proposti per supportare gli Alice In Chains in un tour. La cosa tuttavia non è andata in porto. Non sarei contrario a ritentare qualcosa del genere. Credo che la nostra musica abbia il potenziale per piacere anche a persone che non necessariamente stravedono per il metal. Ciononostante, non è un pensiero che domina le nostre menti. Ci darebbe piacere, ma siamo anche contenti così come siamo ora, i nostri tour negli ultimi anni sono sempre stati molto fortunati.