Jonas Renkse non è più il ‘musone’ di un tempo, il ragazzo un po’ depresso con la fissa dei suicidi. La sua timidezza appare innata, ma oggi il cantante dei Katatonia sembra in grado di gestirla meglio, sia sopra che giù da un palco, tanto che non è più raro vederlo sorridere e cercare di essere amichevole con chiunque. Lo abbiamo incontrato di nuovo in occasione di una listening session del nuovo “Dead End Kings”, organizzata a Londra dalla Peaceville Records, e, nonostante il tempo tiranno, il Nostro si è prodigato per fornirci quanti più dettagli e delucidazioni possibili sulla nuova fatica della sua band, ora nei negozi da qualche giorno. Di seguito il resoconto della nostra chiacchierata…
PARTIAMO DAL TITOLO DI QUESTA NUOVA OPERA: “DEAD END KINGS”…
“Il titolo è un riferimento neanche troppo velato alla nostra situazione come band. In molte interviste o anche quando parliamo con i fan ci viene detto che, visto il genere di musica che proponiamo, dovremmo essere più famosi di quello che siamo e che avremmo dovuto ambire a palchi e responsi più prestigiosi. Non sappiamo mai cosa rispondere davanti a queste affermazioni: forse c’è del vero, ma è altrettanto certo che noi abbiamo sempre suonato solo per noi stessi e che siamo davvero felici di quanto abbiamo ottenuto con il gruppo. Qualcuno ci considera dei ‘re’, ma noi non ci sentiamo affatto tali… e se lo siamo, allora siamo una sorta di ‘re del nulla’. Per noi è già un’immensa soddisfazione aver portato la band su questi livelli e poter vantare una carriera di oltre vent’anni”.
VENT’ANNI DI CARRIERA DI CUI GLI ULTIMI IN NETTO CRESCENDO DI POPOLARITÀ. MAGARI DIVERRETE DAVVERO FAMOSISSIMI…
“Chissà, magari. Ma per riuscire a imporsi al di fuori del nostro circuito – quello tutto sommato definibile come ‘metal’ – devi metterti nella mani di grosse etichette e manager, sfidare veri e propri colossi… c’è persino la politica di mezzo, a volte. Tuttavia, ripeto, non è questo il nostro obiettivo. Non abbiamo alcuna intenzione di stravolgere il nostro modus operandi, nè di diventare più grandi di quello che siamo ad ogni costo”.
CONCORDERAI PERÒ SUL FATTO CHE IL VOSTRO ATTUALE SOUND POTREBBE TROVARE I FAVORI DI UN PUBBLICO PIÙ AMPIO DI QUELLO GENERALMENTE DEFINIBILE COME METAL…
“Sì, di certo siamo una band che ha le sue radici nel metal, ma che è aperta a tante altre influenze. Non abbiamo mai avuto paura di sperimentare nuove soluzioni, anche fuori dal comparto heavy. Tuttavia, portiamo con noi una nomea di band metal ed è difficile privarsene, anche se lo si vuole. A noi non interessa, ma pensa a gruppi come Anathema o Paradise Lost: nonostante certi sforzi, non sono mai riusciti ad allontanarsi più di tanto dalla posizione di partenza”.
VENIAMO COMUNQUE ALLA MUSICA DI “DEAD END KINGS”. HO NOTATO UN’ULTERIORE CURA NEGLI ARRANGIAMENTI DI TASTIERA ED ELETTRONICA. PARE PROPRIO CHE DOVRETE ALLARGARE LA LINEUP CON UN TASTIERISTA IN FUTURO…
“Ci pensiamo da qualche tempo, ma l’idea non ci convince troppo, nonostante quegli strumenti stiano giocando un ruolo sempre più importante nella nostra musica. Non ci piace cambiare o modificare la nostra lineup. Se penso, ad esempio, agli split che abbiamo dovuto affrontare in passato, questi sono stati causa di forte stress, nonostante siano avvenuti il più delle volte in toni amichevoli. Siamo come una famiglia, è difficile vedere qualcuno andarsene, così come è altrettanto complicato dare il benvenuto a qualcuno con cui non hai ancora una grande confidenza. È sempre un rischio. Noi stiamo bene così, per il momento. Durante i concerti utilizzeremo delle basi, mentre in studio penso proprio che continueremo a lavorare con Frank Default, che su ‘Night Is The New Day’ e sul nuovo album ha compiuto un lavoro egregio. Le sue parti si sono fatte più presenti e variopinte proprio perchè siamo rimasti altamente soddisfatti del suo operato sull’ultimo album. Ci troviamo veramente a nostro agio nel lavorare con lui: noi siamo musicisti tutto sommato tradizionali, mentre lui ha un approccio più elettronico e digitale… le nostre idee si sono sempre sposate alla perfezione sinora”.
A PARTE IL RINNOVATO ED ESTESO UTILIZZO DI PIANO, TASTIERE ED ELETTRONICA, COME DESCRIVERESTI IL NUOVO ALBUM?
“Lo si può vedere come un sunto dei nostri ultimi quattro dischi, con una cura particolare per gli arrangiamenti e le parti d’atmosfera. Non siamo un gruppo che sul palco si produce in show pirotecnici: puntiamo tutto sulla musica e questa deve essere estremamente curata sotto ogni aspetto. Per questo motivo ultimamente impieghiamo molto tempo a comporre: è vitale non ripetersi e, al tempo stesso, concepire qualcosa di stimolante per i sensi”.
LA TUA VOCE E LA TUA ESPRESSIVITÀ PAIONO MIGLIORARE DI ALBUM IN ALBUM…
“Ti ringrazio. Mi sono sempre considerato un musicista/compositore piuttosto che un cantante, ma sto acquistando sempre più esperienza col cantato e mi sto permettendo di provare tante nuove soluzioni. In questo senso, l’ampio utilizzo di tastiere e la collaborazione con Frank Default mi stanno dando suggerimenti e input sempre nuovi. Trovo che la mia voce si sposi bene con questo genere di arrangiamenti. Mi trovo particolarmente a mio agio a cantare su queste basi”.
RACCONTACI DELLA COLLABORAZIONE CON SILJE DEI THE GATHERING SU “THE ONE YOU ARE LOOKING FOR IS NOT HERE”…
“Non era in programma, a dire il vero. Abbiamo inciso il pezzo in pre-produzione e solo in un secondo momento ci siamo resi conto che le mie linee vocali avrebbero potuto sposarsi bene con un altro tipo di supporto, come quello dato da una voce femminile. Non abbiamo mai avuto nulla del genere su un nostro pezzo in vent’anni di carriera e ci è sembrato il caso di provarci. Abbiamo pensato a Silje perchè la sua voce è molto delicata e spontanea. Non volevamo un approccio molto pomposo, come quello tipico di certe gothic metal band di oggi. Amiamo i The Gathering proprio per questo: non sono un gruppo che produce musica barocca”.
“DEAD END KINGS” È IL VOSTRO PRIMO ALBUM CON LA NUOVA LINEUP, CHE COMPRENDE PER ERIKSSON ALLA CHITARRA E NIKLAS SANDIN AL BASSO. COME STA PROCEDENDO QUESTO SODALIZIO? I NUOVI MEMBRI HANNO AVUTO MODO DI DIRE LA LORO IN SEDE DI SCRITTURA?
“La nuova lineup ha già un ottimo affiatamento. Abbiamo imparato a conoscerci nei tour di ‘Night Is The New Day’ ed è stato naturale non cambiare nulla in previsione dei lavori sul nuovo album. Conoscevamo Per già da tempo, essendo lui il secondo chitarrista dei Bloodbath, e pure Niklas non ha affatto deluso le nostre aspettative. Sono degli ottimi musicisti e dei bravi ragazzi. Per ha anche composto il brano ‘Lethean’ sul nuovo disco. Come puoi vedere, si è ben adattato al nostro modo di suonare e comporre”.
CHI È IL COMPOSITORE PRINCIPALE DEI KATATONIA AL GIORNO D’OGGI?
“Il nuovo album è stato composto più o meno equamente da me e da Anders, a parte naturalmente il pezzo proposto da Per. ‘Night Is The New Day’ e ‘The Great Cold Distance’ sono invece opere principalmente mie. Se poi guardiamo ancora più indietro, Anders è stato per anni il nostro songwriter principale. Oggigiorno invece lavoriamo come una squadra: abbiamo in mente gli stessi obiettivi, ma ci arriviamo per strade differenti, cosa che rende il songwriting e la collaborazione sempre divertenti e vitali”.
OGGI CHI O COSA TI ISPIRA MAGGIORMENTE NELLA COMPOSIZIONE?
“Devo dire che non ascolto tanta musica al momento, ma posso dire di essere ispirato dalla vita che mi circonda, dal posto in cui vivo, dai luoghi che visito mentre sono in tour con la band…”.
L’ATMOSFERA DEGLI ALBUM DEI KATATONIA È SEMPRE STATA ASSAI MALINCONICA, SE NON NEGATIVA…
“I vecchi album sono senz’altro molto cupi e negativi. Gli ultimi direi più malinconici e sognanti. In generale, ho sempre trovato suggestivo descrivere il grigio della vita, anche se col tempo ho cercato di sviluppare modi e prospettive meno tragici. Oggi direi che sono un po’ più ‘poetico’, se mi passi il termine. Credo che ascoltando gli ultimi album si possa capire che non sono più un giovane death metaller che odia tutti, bensì un uomo un po’ più cresciuto, che ha famiglia e qualche idea in più (ride, ndR)…”.
QUALI SONO STATI GLI ALBUM O GLI ARTISTI FONDAMENTALI PER LA TUA CRESCITA COME MUSICISTA?
“I primi due album dei Paradise Lost, senza dubbio. Poi c’è tanto altro, come Jeff Buckley o i Tool, ad esempio, ma solo in un secondo momento”.
HAI MAI PENSATO A UN PROGETTO SOLISTA? MAGARI PER ESPRIMERE TUTTE QUESTE TUE INFLUENZE SENZA DOVER CERCARE IL CONSENSO DEGLI ALTRI MEMBRI DELLA BAND?
“I Katatonia mi danno ampia libertà di esprimermi. Non posso proprio lamentarmi, nè di come procede la collaborazione con gli altri, nè di quanto ho avuto modo di pubblicare con questo monicker. Un progetto solista al momento non è assolutamente in programma. Nei prossimi due anni i Katatonia saranno un lavoro a tempo pieno e poi stiamo anche pensando a un ultimo album per i Bloodbath”.
…ULTIMO?
“Sì, pensiamo che sia giunto il momento di chiudere il capitolo Bloodbath con un altro album e qualche concerto. Per ora abbiamo solo qualche idea, ma credo che cercheremo di scrivere qualcosa di veramente brutale e barbaro. L’ultimo disco aveva un approccio tutto sommato raffinato, con forti influenze Morbid Angel. Avevamo anche in mente di avere David Vincent sul disco, ma ci volevano troppi soldi. Il prossimo lavoro sarà più sulla scia di Grave ed Entombed, almeno nelle intenzioni”.
MA AVETE UN CANTANTE AL MOMENTO? PARE CHE MIKAEL AKERFELDT SI SIA ‘RITIRATO’ DAL GROWLING…
“Forse sì, forse no… è ancora tutto da chiarire. Ma abbiamo già pronte varie altre soluzioni. Non c’è da preoccuparsi”.