L’ambiguo comunicato diramato nel dicembre 2017 ha spaventato molti, ma l’allarme Katatonia è rientrato prima del previsto. Dopo solo un anno e mezzo, il gruppo svedese è infatti tornato in attività; per adesso solo sul fronte live e per celebrare il decennale della pubblicazione di “Night Is The New Day”, tuttavia, come potrete presto leggere, anche un nuovo album pare in preparazione, almeno nella mente di Jonas Renkse, il quale si è gentilmente concesso ai nostri microfoni poco prima del concerto tenuto dalla band a Londra alcune settimane fa. Troviamo il cantante decisamente dimagrito rispetto alle ultime uscite, ma il carattere pacifico e cordiale con cui affronta la conversazione è quello di sempre. In particolare, colpisce la notevole schiettezza con cui ci vengono illustrate le ragioni dietro la pausa e la sua attuale visione della band e della musica, attitudine che rivela una genuinità rara in questo ambiente e che è al contempo dimostrazione ulteriore del grande fascino e della profondità della musica dei Katatonia. Ora non ci resta che augurarci che la promessa di un nuovo album in tempi ragionevoli venga mantenuta…
INIZIAMO IN MANIERA SCONTATA, CON LA DOMANDA CHE PROBABILMENTE VI HANNO FATTO TUTTI IN QUESTI ULTIMI MESI: CHE COSA E’ SUCCESSO PER PORTARVI A DICHIARARE APERTAMENTE CHE IL GRUPPO SI SAREBBE PRESO UNA PAUSA? IN MOLTI HANNO ANCHE PENSATO CHE I KATATONIA SI STESSERO SCIOGLIENDO…
– In effetti, quando abbiamo scritto quel comunicato, nemmeno noi sapevamo cosa sarebbe successo. Non so dire con esattezza che cosa ci abbia portato ad annunciare una pausa in quel modo, forse avremmo potuto essere più chiari, ma evidentemente all’epoca eravamo poco lucidi. Devi capire che questa band ci ha tenuto impegnati a tempo pieno per non so quanti anni: i tour si sono fatti sempre più lunghi, gli impegni sempre più costanti… e nel frattempo io ho messo su famiglia, una cosa bellissima, ma che ha ovviamente cambiato molto il mio stile di vita. Insomma, io personalmente non ne potevo più di dovere pensare al gruppo ogni singolo giorno: questa band è anche un business e io non sono un imprenditore, non mi è mai piaciuto dovere avere a che fare con tutto il lato economico della questione. Avevo bisogno di staccare la spina e di pensare ad altro. Avevo bisogno di una pausa rigenerante: prendendo del tempo per me avrei avuto una visione più lucida di quello che sono i Katatonia e di ciò che desidero da essi. Così abbiamo staccato, abbiamo fatto altro per qualche tempo e, per fortuna, dopo un po’ la voglia di suonare e di fare parte di questa band è tornata in modo spontaneo.
NEL FRATTEMPO TU E ANDERS VI SIETE DEDICATI AI BLOODBATH: QUELLO NON E’ UN IMPEGNO STRESSANTE?
– No, i Bloodbath sono a tutti gli effetti una vacanza dalla routine quotidiana. I Katatonia sono la mia vita e, per certi versi, il mio lavoro. I Bloodbath sono puro divertimento: suoniamo death metal con amici, teniamo qualche concerto, ma non si tratta di qualcosa che incide profondamente sulla mia vita. Certo, anche i Bloodbath possono essere considerati un business, ma il tutto viene preso molto più alla leggera.
ORA VI TROVATE IN QUESTO BREVE TOUR PER CELEBRARE IL DECENNALE DELLA PUBBLICAZIONE DI “NIGHT IS THE NEW DAY”. STATE AFFRONTANDO QUESTE DATE LIVE COME UN TEST PER CAPIRE SE HA ANCORA SENSO ANDARE AVANTI CON LA BAND?
– No, posso già dirti che la voglia di suonare insieme è tornata. Ci sentiamo perfettamente a nostro agio. Se non ne fossimo stati sicuri, dubito che avremmo accettato di imbarcarci in questo tour.
E’ STATA UNA VOSTRA IDEA O IL TUTTO E’ PARTITO DALL’ETICHETTA O DAL MANAGEMENT?
– E’ stata una nostra idea. La casa discografica ci ha informato che avrebbe voluto pubblicare una ristampa speciale del disco in occasione del decennale: siccome fra di noi stavamo già parlando di tornare in attività, abbiamo pensato che organizzare qualche data attorno all’uscita della ristampa sarebbe stato un buon modo per ripresentarci davanti al nostro pubblico. Forse sì, puoi vederlo come un test, ma già il fatto che ci siamo sentiti di proporre un tour dopo mesi di silenzio credo sia indicativo della serenità che ora vige all’interno del gruppo. Siamo felici di essere qui.
NON E’ LA PRIMA VOLTA CHE VI IMBARCATE IN UN TOUR PROPONENDO UN VOSTRO ALBUM PER INTERO. “LAST FAIR DEAL GONE DOWN”, “VIVA EMPTINESS”, “THE GREAT COLD DISTANCE”….
– Sì, ormai la lista è piuttosto lunga. Per noi questo tipo di show non è più una novità. Come ti dicevo, questa volta l’idea è stata nostra, mentre in passato il suggerimento è arrivato dal management. Personalmente non sono un grande fan di queste operazioni, ma i fan sembrano amare particolarmente questi tuffi nel passato. Io mi limiterei a suonare un album per intero in occasione della sua pubblicazione, per presentarlo ufficialmente, ma a quanto pare sono uno dei pochi a pensarla così. Trovo più stimolante pensare ad una scaletta per un concerto partendo da zero, metterla insieme pezzo dopo pezzo, guardare la nostra discografia e scegliere i brani che si legano meglio fra loro in una determinata circostanza. Fra i tour dedicati ad un singolo album, quello che più mi è piaciuto è stato quello dedicato a “Viva Emptiness”: suonavamo il disco partendo dalla fine, giusto per rendere l’esperienza un po’ meno noiosa (ride, ndR).
E’ INCREDIBILE CHE SIANO GIA’ TRASCORSI DIECI ANNI DALLA PUBBLICAZIONE DI “NIGHT…”. PERSONALMENTE TENDO A VEDERLO COME UNO DEI VOSTRI ALBUM PIU’ RECENTI, MA IL TEMPO VOLA…
– Sì, è incredibile che sia già trascorso un decennio. Sembra che sia stato composto poco tempo fa, ma sono passati anni e nel frattempo sono successe tante cose.
SI TRATTA DI UN ALBUM MOLTO PARTICOLARE NELLA VOSTRA DISCOGRAFIA: PARTE CON UNO DEI VOSTRI PEZZI PIU’ PESANTI, “FORSAKER”, MA POI LA TRACKLIST PRENDE UNA PIEGA MOLTO RIFLESSIVA. NON DEVE ESSERE SEMPLICE PROPORRE DAL VIVO DEI BRANI COSI’ ATMOSFERICI…
– E’ vero, sono d’accordo con te. “Night Is The New Day” è sicuramente il nostro album più posato. Quando l’ho riascoltato per intero – e non succedeva da quando lo avevamo completato – io stesso sono rimasto sorpreso da quanto fosse mesto e atmosferico. Dietro questo disco c’è stato un lavoro enorme in sede di arrangiamento e ovviamente riproporre questi dettagli dal vivo rappresenta una bella sfida.
COSA RICORDI DELLA SUA COMPOSIZIONE? VI E’ QUALCHE ANEDDOTO A CUI RIPENSI CON PIACERE?
– Personalmente sono molto legato a questo disco perchè è stato scritto quasi interamente da me. Venivamo da un lavoro molto fortunato come “The Great Cold Distance”, ma quando si trattò di iniziare a pensare al suo successore, Anders mi disse di non avere assolutamente nulla di pronto. Stava affrontando una sorta di blocco creativo. Ogni settimana gli chiedevo: “Hai qualche nuovo riff?”. E lui rispondeva no. Dopo avere aspettato invano qualche tempo, decisi così di iniziare a comporre da solo e di imbarcarmi in questa sfida da solo, visto che nessuno degli altri membri sembrava interessato ad aiutarmi. L’idea era di proporre qualcosa di diverso da “The Great…”: quest’ultimo era un disco particolarmente vivace, con tanti riff di chitarra, certamente molto adatto per essere proposto dal vivo. Non volevo confezionare un album-fotocopia, così – anche agevolato dal fatto che ero appunto solo in questa sfida e che stavo vivendo un periodo piuttosto incerto nella mia vita – mi sono ritrovato a scrivere e a mettere insieme questi brani più lenti e fragili, con la sola eccezione di “Forsaker”, che venne poi messa come opener per fare da collegamento con il disco precedente. Senza dubbio può risultare fuorviante, visto che il resto del materiale ha un taglio differente, ma credo che come pezzo-apripista funzioni benissimo. Nel complesso, sono ancora oggi assai soddisfatto di “Night Is The New Day”: è un’opera che è riuscita a ritagliarsi un posto speciale nella nostra discografia. Credo che possa essere davvero capita solo se ascoltata in cuffia: ci sono tanti elementi che emergono solo con un attento ascolto.
CAMBIERESTI QUALCOSA OGGI?
– No, ancora oggi credo che sia un disco completo e ben riuscito. E’ nato in un’atmosfera particolare e ben rappresenta ciò che la band era in quel periodo. Credo che sia stato ben interpretato da tutti e non ho niente da ridire sulla produzione.
COME HAI ACCENNATO ANCHE TU, VENNE FATTO UN GRANDE LAVORO IN SEDE DI ARRANGIAMENTO SU QUEL DISCO…
– Sì, venni aiutato da un nostro amico, Frank Default, un esperto di elettronica e suoni digitali. Può vantare anche una vasta esperienza in materia di arrangiamento orchestrale. Io non sono un tastierista, ma nella composizione mi sono sempre aiutato con la tastiera, magari limitandomi a qualche motivo. Durante la composizione di quei brani, presi l’abitudine di mandargli le mie idee di sera e lui il giorno dopo era solito tornare da me con tantissimo nuovo materiale sviluppato partendo dal mio input. Mi diceva: “Ricordi quella parte di synth che mi hai inviato? Ci ho costruito un arrangiamento di archi attorno”. Procedemmo così per varie settimane e venne a crearsi un’ottima atmosfera. Non a caso abbiamo replicato la collaborazione anche per il disco successivo, “Dead End Kings”.
COME PENSI CHE IL PROCESSO DI COMPOSIZIONE NEI KATATONIA SI SIA EVOLUTO NEL CORSO DEGLI ANNI? QUANTO SONO CAMBIATE LE DINAMICHE FRA TE E ANDERS ALBUM DOPO ALBUM?
– Sono sicuramente cambiate tante cose rispetto agli esordi. In origine, il grosso della musica era opera di Anders: per anni lui è stato il nostro principale compositore. Poi su “Viva Emptiness” io ho portato alcune canzoni scritte interamente da me, cosa che si è ripetuta per “The Great Cold Distance”, un album che è sostanzialmente stato composto a quattro mani. “Night Is The New Day” è appunto principalmente opera mia, a parte un paio di pezzi, mentre di recente siamo tornati a dividere il songwriting, anche se io continuo ad avere un ruolo predominante. Da qualche anno Anders è più impegnato con tutto ciò che ruota attorno al gruppo – agisce praticamente come un manager – e io ho avuto più libertà di portare le mie idee e comporre.
HAI COMPOSTO NUOVA MUSICA IN QUESTO ULTIMO PERIODO?
– Sì, ho continuato a scrivere, come sempre. Non sapevo per cosa, per quale band, per quale album… ma ho composto piuttosto regolarmente. Parte del materiale suona Katatonia, quindi posso affermare di avere le basi e qualche idea molto buona per un nuovo disco. Personalmente mi piacerebbe registrare qualcosa, ma dovrò prima concordare i tempi con Anders e con il resto della band. Tuttavia mi sembra di capire che tutti abbiano voglia di tornare con un nuovo album.
IL VOSTRO NUOVO BATTERISTA, DANIEL MOILANEN, SEMBRA AVERE INFLUENZATO MOLTO L’ULTIMO ALBUM, “THE FALL OF HEARTS”. E’ EVIDENTE LA SUA NATURA PIU’ VICINA AL PROG…
– Sì, Daniel è certamente il batterista più tecnico con cui abbiamo suonato finora. Averlo nella band ci ha aperto nuove porte. Quando abbiamo composto l’ultimo disco ci è venuto piuttosto naturale comporre musica che potesse esaltarlo, anche se le nostre tipiche atmosfere non ne hanno risentito. Adesso però è presto per dire se il prossimo album prenderà la stessa piega.
NONOSTANTE SIATE SPESSO STATI IMPEGNATI CON TOUR DEDICATI AL VOSTRO PASSATO, SIETE UN GRUPPO CHE MUSICALMENTE CERCA SEMPRE DI FARE UN PASSO IN AVANTI, QUANDO SI TRATTA DI COMPORRE UN NUOVO ALBUM…
– Sì, personalmente non ho interesse a rivisitare lo stile di una volta. Sono una persona molto curiosa, ascolto sempre nuova musica e con i Katatonia cerco di non guardarmi indietro, nonostante ovviamente cerchi di mantenere vivo un nostro trademark.
NON TI CAPITA MAI DI RIASCOLTARE I VOSTRI VECCHI ALBUM?
– No, a dire il vero è una cosa che faccio davvero raramente. Mi capita di farlo solo se devo ricordarmi un brano che non abbiamo mai suonato dal vivo. Succede appunto quando dobbiamo preparare questi tour interamente dedicati ad un singolo album. Per me la stesura e la registrazione di un disco sono processi molto duri: ascolti quella musica talmente tante volte che arrivi quasi a odiarla per un certo periodo. Di conseguenza, quando il tutto è finito e il disco viene pubblicato, la sensazione di sollievo per me è enorme: sento davvero la necessità di metterlo da parte e guardare avanti. Tuttavia, in seguito è bello riscoprire il disco e restare piacevolmente sorpresi di quanto realizzato. È appunto stata una bella sensazione riprendere familiarità con “Night Is The New Day”.
NON TI VEDI DUNQUE TORNARE CON UN ALBUM MAGGIORMENTE VICINO ALLE ORIGINI, COME HANNO FATTO NEGLI ULTIMI ANNI BAND COME PARADISE LOST O MOONSPELL…
– No, non credo proprio che potremmo fare una cosa del genere. Ho tutto il rispetto possibile per quelle band, credo che siano riusciti a comporre dei grandi album nei loro cosiddetti ritorni alle origini, ma per noi prevedo altro. Ci sono ancora tanti nuovi elementi che desidero esplorare con la nostra musica. Come ti dicevo, sono una persona piuttosto curiosa e come ascoltatore cerco sempre il nuovo. Trovo affascinante scoprire nuovi generi. Non ho quasi mai nostalgia per i vecchi tempi. Quando mi viene voglia di suonare alla vecchia maniera mi dedico ai Bloodbath. Penso che agirei in questo modo anche se un giorno la popolarità del gruppo calasse e un manager ci venisse a dire di provare a suonare qualcosa di maggiormente vicino al vecchio stile. Non avrei interesse a farlo, mi rifiuterei categoricamente. Per me i Katatonia sono un gruppo progressivo nell’accezione più classica del termine.
COME VEDI LA CARRIERA DEI KATATONIA AL MOMENTO? VI RISULTA CHE LA VOSTRA POPOLARITA’ SIA IN CRESCITA?
– A volte non è semplice dirlo, in quanto i dischi non si vendono più come un tempo, ma, basandoci sull’affluenza ai concerti e sull’interesse attorno alla band, direi che siamo ancora in una fase positiva. Abbiamo l’impressione di guadagnare nuovi fan di anno in anno. Poi si potrebbe fare un discorso a parte per i vari mercati: ad esempio, la Finlandia pare averci scoperto solamente negli ultimi anni, però è diventata rapidamente uno dei nostri mercati principali, mentre sembra che in Italia la nostra popolarità sia leggermente calata negli ultimi tempi. La Polonia e un po’ tutto il Sudamerica sono altri luoghi dove ci sentiamo sempre davvero ben accolti.
ADESSO CHE AVETE UN ALTRO ALBUM IN LAVORAZIONE E CHE, PRESUMIBILMENTE, TORNERETE A SUONARE DAL VIVO SPESSO, NON TEMI CHE FRA UN PAIO DI ANNI POSSIATE RITROVARVI NELLA STESSA SITUAZIONE AFFRONTATA L’ANNO SCORSO, CON POCHE ENERGIE E VOGLIA DI DEDICARSI AL GRUPPO?
– Vi è questa possibilità, ma non lo sapremo mai se non proviamo effettivamente a rimetterci in moto. La pausa è stata necessaria: adesso, come ti dicevo, siamo tornati a vedere il gruppo con lo spirito giusto. Se poi ci accorgeremo di avere fatto un passo troppo affrettato, allora non potremo fare altro che ritirarci nuovamente. Dipende soprattutto da quanto saremo bravi a programmare gli impegni: sarà importante fare attenzione, concederci le giuste pause fra i tour, ecc. Siamo musicisti a tempo pieno dai tempi di “Last Fair Deal Gone Down”, ma non si finisce mai di imparare. Dovremo essere bravi a dosare le forze, a imbarcarci nei giusti tour al momento più opportuno e anche a fare economia, visto che, come detto, le vendite degli album sono generalmente in calo e un gruppo come il nostro deve soprattutto suonare live per permettersi di vivere della propria musica. Poi ci sono anche quelle iniziative come i cosiddetti pacchetti VIP per i fan, i quali, devo ammettere, non incontrano affatto il mio favore…
INTENDI I MEET AND GREET CON I FAN A PAGAMENTO, PRIMA O DOPO IL CONCERTO?
– Esatto. Per me sono situazioni strane, perchè sono quello all’interno della band che vota sempre contro quando ci vengono proposti. Non mi sento affatto a mio agio a dovere incontrare persone prima di uno show, ma al tempo stesso mi dispiace per i fan che hanno pagato qualcosa in più che per un normale biglietto per essere in quella stanza e fare una foto con noi. Da un lato fatico a nascondere i miei sentimenti, dall’altro cerco di fare il possibile per non apparire disinteressato, perchè mi dispiace apparire annoiato davanti a quei ragazzi, quindi si viene a creare questa situazione conflittuale dove in pratica mi sento disonesto nei confronti dei fan. Se fosse per me eviterei queste cose, ma vengo appunto sempre messo in minoranza davanti al resto del gruppo e al management. Incontrare il fan di turno fuori dal locale sarebbe molto più spontaneo.
QUESTO TIPO DI DISCUSSIONI AVVENGONO SPESSO IN SENO ALLA BAND?
– Sì, piuttosto spesso. Devo dire che per certe band i pacchetti VIP funzionano alla grande: Devin Townsend, ad esempio, è una persona molto divertente, si presta bene a questi incontri. Noi invece siamo persone maggiormente riservate: preferiamo restare per conto nostro. Io in particolare. Mi ritrovo sempre a rimuginare sull’idea che un fan abbia pagato una somma elevata e che io non sia stato all’altezza delle sue aspettative.
METTETE AI VOTI ANCHE I BRANI DA INCLUDERE NELLA SCALETTA DI UN CONCERTO?
– Sì, a volte capita. Anche se di rado arriviamo a discussioni accese. Io e Anders su quel fronte la pensiamo a grandi linee allo stesso modo: sappiamo quali canzoni funzionano particolarmente bene dal vivo e concordiamo su quali siano quelle da evitare.
VI È UNA CANZONE DEI KATATONIA CHE PROPRIO NON SOPPORTI?
– Sì, si tratta di “Relention”, da “Discouraged Ones”. È sin troppo vivace, ha poco a che fare con il resto dell’album. Mi trovai molto in difficoltà nel preparare le linee vocali di quel pezzo, non riuscivo a dare loro un taglio sufficientemente tetro, in linea con il resto del materiale presente su quel lavoro. All’epoca volevo che tutto fosse uniforme. Tutto grigio (ride, ndR).
A QUESTO PUNTO DIMMI UNA CANZONE CHE AMI IN PARTICOLAR MODO…
– In questo momento mi sento di citare “Onward Into Battle”, un brano molto atmosferico, in netto contrasto con il suo titolo, che potrebbe appartenere ad un pezzo dei Manowar o degli Unleashed. Sono molto soddisfatto sia della componente strumentale che del messaggio del testo: se soffri di depressione, ogni giorno è una battaglia e devi fare in modo di affrontarla al meglio delle tue possibilità. È un promemoria per i periodi bui.