“Credo che “Kolossus” sia un successore naturale di “Armada”. In alcuni casi le canzoni sono scritte meglio e il suono è molto più organico e naturale. Volevamo comporre un album davvero organico e dinamico, con un suono vero. Abbiamo utilizzato una produzione decisamente diversa rispetto alla tendenza odierna basata sul “copia e incolla” e sulle correzioni a posteriori. Credo che questo abbia reso molto migliore il disco”.
AVETE USATO IL VOSTRO STUDIO PERSONALE, QUINDI, IN QUALCHE MODO, AVETE DECISO TUTTO VOI…
“Sì, abbiamo fatto tutto noi e abbiamo deciso di correggere il meno possibile le registrazioni. In un brano puoi addirittura sentirmi schiacciare un effetto a pedale; non è una cosa normale per un disco heavy metal. È come se fosse tutto suonato live”.
CREDO CHE IL MODO IN CUI SUONI LA CHITARRA SIA DAVVERO IL PUNTO DI FORZA DEI KEEP OF KALESSIN. OGNI RIFF RIESCE AD ESSERE AL CONTEMPO COMPLESSO E ACCATTIVANTE…
“Credo che si tratti di una nostra particolarità, hai ragione. Le chitarre sono il cuore dell’album, perché tutte le melodie sono state composte su una chitarra. Cerco di suonare sempre tutto in un solo take, senza fare sovraincisioni, anche perché dal vivo devo essere in grado di suonare tutto da solo. Uso accordi e posizioni non tradizionali per riuscire a suonare riff e melodie contemporaneamente anche dal vivo…”.
NON DEVE ESSRE UN LAVORO FACILE PER TE! COME APPROCCIATE L’ASPETTO LIVE? NON SAREBBE PIÙ COMODO ASSUMERE UN ALTRO CHITARRISTA?
“Ne abbiamo parlato spesso, ma abbiamo sempre deciso di rinunciare a questa idea perché presentava molti problemi per noi. Ad esempio molte parti dei nostri brani perderebbero di definizione e precisione se fossero suonate da due chitarristi e inoltre non è facile trovare un chitarrista che sappia suonare i nostri pezzi e abbia i capelli lunghi! Se suoni nei Keep Of Kalessin devi essere un maestro dell’headbanging! Poi c’è un problema di ordine pratico: se diventassimo un gruppo a cinque elementi le nostre spese aumenterebbero. Pensa, ad esempio, al fatto che dovremmo prendere due taxi anziché uno solo come facciamo adesso, e lo stesso vale per le stanze d’albergo!”.
AVETE DEFINITO IL VOSTRO SUONO “EPIC EXTREME METAL”. NON È CHE STATE CERCANDO DI TAGLIARE DEL TUTTO I PONTI CON IL BLACK METAL?
“Non usiamo quella definizione per allontanarci dal black metal; penso che questo allontanamento sia già avvenuto naturalmente nel nostro suono! Se quando mi chiedono che genere di musica suono io rispondessi ‘black metal’, darei una risposta inaccurata e distante dalla realtà. La gente penserebbe che facciamo musica tipo quella del 1349 o dei Gorgoroth. Il termine ‘epic extreme metal’ definisce molto meglio il nostro suono. Le nostre radici sono black metal, ma ci siamo evoluti in una direzione personale”.
QUANDO SUONI MUSICA TANTO EPICA ED EVOCATIVA C’È SEMPRE IL RISCHIO DI CADERE NELL’ECCESSO E RISULTARE PACCHIANI…
“Sono d’accordo. Non è facile tenersi lontani dall’eccesso e dalla pacchianeria. Comunque devo confessarti che mi piace anche la musica molto pacchiana. Adoro il nuovo disco dei Manowar. La prima volta che l’ho sentito mi sono chiesto se fosse uno scherzo, ma poi ho realizzato che i Manowar oggi devono suonare così. Non potevano cambiare direzione, dovevano semplicemente realizzare un disco ancora più pieno di luoghi comuni e di sbruffonate. E mi piace! Quei ragazzi hanno davvero le palle!”.
SE PENSO AL BLACK METAL NORVEGESE MI VENGONO IN MENTE LE SCENE DI BERGEN E OSLO. VOI SIETE DI TRONDHEIM; ANCHE DALLE VOSTRE PARTI LA SCENA METAL È COSÌ FORTE?
“La scena qui è fantastica! La nostra scena è migliore di quella di Oslo e Bergen, ma i membri delle band sono molto pigri e credono poco nelle proprie capacità. Noi vogliamo cercare di cambiare le cose, sperando che altre band seguano il nostro esempio. I Chton sono tra i migliori gruppi death metal norvegesi, ad esempio, ma non sono molto conosciuti. Credo che musicalmente qui la scena sia molto viva, ma manchino le risorse promozionali. Spero che riusciremo a far uscire da Trondheim qualche buon gruppo e a fargli incidere un album per un’etichetta importante.”
TU HAI ANCHE UN’ETICHETTA DISCOGRAFICA…
“Sì, si chiama Morningstar Records. L’ho fondata per dare una mano ad alcune band che conosco personalmente e per fare uscire i dischi dei miei progetti paralleli. Ad esempio, nel 1993 ho registrato un demo di doom-death metal molto bello, ma non l’ho mai fatto uscire. Ora sto pensando di farlo con la Morningstar. Mi piacerebbe dedicare più tempo a questo progetto, in modo da riuscire a registrare tutte le strane idee che ho in mente”.
ATTUALMENTE SIETE SOTTO CONTRATTO CON LA INDIE RECORDINGS, UN’ETICHETTA NORVEGESE CON UN CATALOGO MOLTO ECLETTICO. COME VI TROVATE CON LORO?
“Credo che sia una delle migliori etichette del mondo. Sono gente a posto e lavorano molto per promuovere i dischi. Per il momento si tratta di un’etichetta piccola ma credo che crescerà in futuro. Hanno conquistato quasi il 90% del mercato dell’heavy metal in Norvegia; non è una cosa da tutti. E poi tutti i ragazzi che lavorano alla Indie sono amanti della musica, e questa è la cosa migliore”.