Chi scrive, ancora si ricorda quando ricevette tra le mani il secondo demo-CD dei romani Kingcrow, intitolato “Hurricane’s Eyes”. Era il 2000 e da allora sono passati tredici anni, lasso di tempo in cui la band ha pubblicato cinque full-length. Ogni nuova uscita discografica ha sempre significato per i Nostri un ulteriore passo avanti in termini di qualità e di definizione di un sound personale, che, con “In Crescendo” registra una forte sterzata verso un progressive più atmosferico ed intimista, meno ancorato alla radici metal della band. Di questo e molto altro abbiamo parlato con il chitarrista (e maggior compositore) Diego Cafolla.
CIAO DIEGO, PER PRIMA COSA VORREI CHIEDERTI PER QUALE MOTIVO AVETE ABBANDONATO LA SCARLET PREFERENDO L’AMERICANA SENSORY…FORSE PERCHE’ I KINGCROW SONO RIUSCITI A RITAGLIARSI UN CERTO SPAZIO NEL MERCATO AMERICANO PIUTTOSTO CHE IN QUELLO EUROPEO?
“In parte quello che dici è vero. In America abbiamo probabilmente il numero di fan più consistente al momento. Diciamo che questo è stato uno dei motivi che ci ha portato a scegliere Sensory. Ma il motivo principale è stato il fatto che la musica dei Kingcrow è sempre cambiata di disco in disco, abbracciando sempre di più sonorità anche estranee al metal. Scarlet, volente o nolente, è un’etichetta che è fortemente radicata in quell’ambiente e avevamo la sensazione che per il nuovo disco avremmo avuto bisogno di un’etichetta capace comunque di promuovere la nostra musica, non esclusivamente in ambiente metal. Questo è stato il motivo principale e credo abbiamo fatto la scelta giusta. Poi sicuramente gli Stati Uniti sembrano amare particolarmente i Kingcrow, quindi è il classico caso dei ‘due piccioni con una fava’”.
IN EFFETTI CI E’ SEMBRATO CHE “IN CRESECNDO” SIA MAGGIORMENTE ORIENTATO VERSO LA COMPONENETE PROGRESSIVE E ATMOSFERICA DEL VOSTRO SOUND, PIUTTOSTO CHE SU QUELLA METALLICA. SEI D’ACCORDO? QUALI PENSI SIANO LE DIFFERENZE PIU’ RILEVANTI RISPETTO AL SUO PREDECESSORE?
“Qui non posso che concordare con te. La componente metal un tempo era l’ossatura della nostra musica, mentre adesso è una delle sue tantissime componenti. C’è anche da dire che le parti heavy sul nuovo disco sono più pesanti di quelle di ‘Phlegethon’ e te ne puoi facilmente rendere conto quando suoniamo i nuovi pezzi live. Personalmente, non considero i Kingcrow una band esclusivamente heavy metal, ma una band rock che ha spesso la mano pesante e con un sound molto contaminato. D’altra parte le parti atmosferiche sono maggiori, c’è una grande attenzione per le melodie e gli arrangiamenti sono più curati. Come ho detto prima è un disco leggermente più complesso e sofisticato, sotto tutti i punti di vista. Per far capire di cosa parlo, posso azzardare che stilisticamente è più Pink Floyd e meno Savatage del suo predecessore”.
PARLANDO SEMPRE DI AMERICA, COSA AVETE PROVATO A CALCARE IL PALCO DEL CELEBRE PROGPOWER? COSA VI ASPETTATE INVECE DALL’IMMINENTE TOUR IN USA E CANADA IN COMPAGNIA DEI PAIN OF SALVATION?
“Il Progpower Usa è stata sicuramente una bellissima esperienza. Essere accolto così calorosamente da tutta quella gente, avere di fronte un pubblico così esteso che canta le tue canzon…puoi immaginare quanto sia gratificante ed emozionante. Abbiamo anche registrato lo show per un DVD di prossima uscita; appena avremo un po’ di tempo libero riprenderemo a lavorarci; speriamo di farlo uscire entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda il tour in compagnia dei Pain Of Salvation, stiamo lavorando per finalizzare lo show. Si tratterà di una bella avventura perché tra l’altro oltre alle date con i Pain Of Salvation suoneremo anche degli show da headliner. Non nego di essere rimasto molto sorpreso e lusingato quando ho saputo che Daniel conosceva bene i Kingcrow e, soprattutto, che ci apprezzava molto musicalmente. Penso che l’accoppiata Pain Of salvation/Kingcrow sia interessante e anche piuttosto compatibile. Credo che anche questa sarà una bella avventura”.
NEGLI ULTIMI ANNI AVETE SUONATO PARECCHIO DAL VIVO IN COMPAGNIA DI GRUPPI IMPORTANTI COME JON OLIVA’S PAIN E REDEMPTION. TRA I MUSICISTI CON CUI AVETE SUONATO E CONDIVISO IL PALCO, C’E’ QUALCUNO CHE VI HA COLPITO PARTICOLARMENTE DAL PUNTO DI VISTA UMANO?
“Devo dire che tutti i musicisti con cui siamo stati in tour si sono rivelati veramente delle splendide persone e sono sempre stati molto gentili con noi. Con i Redemption ci siamo incontrati nuovamente negli USA e Ray e i ragazzi ci sono venuti a trovare nei camerini prima e dopo lo show, anche per l’afterparty…insomma siamo rimasti molto in contatto. Anche Jon, oltre che a essere una leggenda, è una persona veramente alla mano e cordiale. I Savatage sono una delle nostre influenze della prima ora, quindi, puoi immaginare l’emozione di condividere il palco con lui. Spesso si fermava a lato palco per assistere a tutto il nostro show facendoci un sacco di complimenti. Addirittura ci hanno chiesto di rifare un tour insieme il che la dice lunga su quanto ci siamo trovati bene reciprocamente”.
CON “PHLEGETHON” VI SIETE IMPOSTI COME LA NEW SENSATION DEL PROGRESSIVE A LIVELLO INTERNAZIONALE; QUESTO DEVE AVERVI FATTO AVVERTIRE UNA CERTA PRESSIONE IN FASE DI COMPOSIZIONE DI “IN CRESCENDO” CHE, EFFETTIVAMENTE, NONOSTANTE LA BONTA’ DEL PRODOTTO, CI E’ PARSO ABBIA RISENTITO LEGGERMENTE DELLA COSA, PERDENDO UN POCHINO DI SPONTANEITA’. CHE NE PENSI?
“Beh, che abbiamo lavorato sotto pressione è indubbio. Quando fai un lavoro che viene accolto in maniera così entusiastica come è stato ‘Phlegethon’, passi dall’euforia del momento al ‘e adesso?’. Da una parte la tentazione di ricalcare gli stilemi di ‘Phlegethon’ era forte, in più mettici che abbiamo iniziato a ricevere pressioni anche dal management e dovevamo consegnare ‘In Crescendo’ in tempi piuttosto brevi rispetto al suo predecessore. Siamo anche andati in tour con Jon durante le sessione di registrazione. D’altra parte però la nostra musica è sempre stata in continua mutazione e evoluzione, e quindi abbiamo cercato di fare semplicemente quello che volevamo, ossia un disco differente e senza condizionamenti. Siamo stati molto felici del risultato e di come sia stato accolto globalmente il disco, che ha superato addirittura ‘Phlegethon’ nelle recensioni; i toni sono veramente entusiastici. Riguardo al fattore spontaneità non saprei…’In Crescendo’ è più complesso e raffinato, ma è un disco onesto al 100%. Alla fine credo che sia una questione di gusto personale. La maggior parte dei nostri fan sembra addirittura preferirlo al suo predecessore, quindi non potevamo chiedere di meglio”.
A LIVELLO DI LIRICHE A COSA VI SIETE ISPIRATI? AVETE FORSE PUNTATO SU UN CONCEPT?
“Si, il disco è un concept e tratta il tema della fine della giovinezza. Non è una storia come nel caso di ‘Phlegethon’, ma tutte le canzoni sono legate a questo tema principale. E’ un disco più intimo anche dal punto di vista lirico e questo si riflette nella musica, nel suo essere più malinconica e atmosferica. Abbiamo sempre prestato molta attenzione a questo binomio e per noi testi e musica sono strettamente correlati. Lavoriamo molto sul rendere la loro interazione molto coerente”.
“IN CRESCENDO” PRESENTA SUONI CHE NEI VOSTRI DISCHI NON ERANO MEI STATI UTILIZZATI: IN QUALCHE OCCASIONE SPUNTANO CHITARRE DEBITRCI DEL SOUND ANNI SESSANTA, A TESTIMONIANZA DEL FATTO DI QUANTO I KINGCROW TENGANO ALLA TRADIZIONE. QUAL E’ IL SEGRETO PER SUONARE MODERNI PROPONENDO COMUNQUE UNO STILE FORTEMENTE ANCORATO AI DECENNI PASSATI?
“Onestamente? Non saprei proprio. Essendo il principale compositore della band ti posso dire che il mio background musicale parte da quegli anni lì, dai Beatles e dai Beach Boys per arrivare a Meshuggah, NIN, Massive Attack e Opeth passando per tutto il mondo che c’è in mezzo. Non siamo una band dal sound nostalgico, anzi, usiamo anche molti suoni e costrutti molto moderni… semplicemente per noi non c’è differenza, quello che ci piace ci piace e basta, a prescindere dalla sua collocazione temporale e o stilistica. Non credo ci sia un segreto, semplicemente ci viene naturale. Credo fermamente che esiste così tanta bella musica, che confinare i propri ascolti in un unico genere sarebbe un peccato”.
QUANDO AVETE INIZIATO A LAVORARE AL NUOVO DISCO? CHI HA CURATO L’ARTWORK? E LA PRODUZIONE? C’E’ QUALCHE ANEDDOTO SIMPATICO O CURIOSO CHE TI VA DI RACCONTARCI RIGUARDO ALLA GENESI DI “IN CRESCENDO”?
“Ho iniziato a scrivere quasi subito dopo la pubblicazione di ‘Phlegethon’. Chiaramente all’inizio il materiale era molto legato a quel disco, e quindi non è entrato a far parte della scaletta di ‘In Crescendo’. Abbiamo addirittura nel cassetto una ‘Fading Out Pt.IV’, ma veramente non sarebbe stata coerente col resto del disco. Diciamo che le sessioni di songwriting vere e proprie sono durate sei mesi perché, come ti accennavo prima, avevamo una deadline per la consegna del disco. Dopodichè abbiamo registrato nello studio che io e Thundra abbiamo messo su ormai anni fa. Mi sono occupato personalmente della produzione e poi abbiamo lavorato con Giampiero Ulacco per il mix. Come produttore ho un approccio maniacale, di conseguenza faccio diventare pazzo Giampiero quando iniziamo a lavorare ai mix. Pensa che conservo ancora 19 diverse versioni differenti di ‘The Drowning Line’. Il team di produzione quindi è lo stesso del disco precedente, tranne che per il mastering che questa volta è stato effettuato da Alan Douches a New York. Per quanto riguarda l’artwork abbiamo lavorato al solito con Devilnax. Il processo di creazione di tutto il booklet è durato quasi quanto quello di produzione del disco, quindi puoi immaginare quanta attenzione abbiamo anche per l’aspetto visuale, sia per il disco che per i live show, in cui usiamo projections sempre creati da Devilnax”.
DAL 1996, ANNO DI NASCITA DELLA BAND, NE E’ PASSATO DI TEMPO. AVRESTE MAI PENSATO DI ARRIVARE AL PUNTO IN CUI SIETE OGGI? DOVE PENSATE (O SPERATE) DI POTERVI ANCORA SPINGERE?
“All’epoca eravamo veramente dei ragazzini, abbiamo cominciato giovanissimi. Eravamo pieni di sogni ed entusiasmo. Quando ripercorro con la mente la nostra carriera posso fieramente constatare che quasi tutti quei sogni li abbiamo realizzati, e questo mi riempie di gioia e orgoglio. Ma al tempo stesso vedo anche tutto il duro lavoro che abbiamo fatto e la tenacia e la determinazione che abbiamo avuto per arrivare fin qui; penso che in fondo ce lo siamo guadagnato sul campo. Per quanto riguarda il futuro, semplicemente vogliamo continuare a muoverci artisticamente, a sperimentare e creare musica interessante. Questo è sempre stato il nostro obbiettivo e non credo proprio che cambierà nell’immediato futuro. Non ci sentiamo assolutamente arrivati. Al tempo stesso cerchiamo anche di goderci tutte le gratificazioni che stanno arrivando; siamo pure sempre dei trentenni che se ne vanno a spasso per il mondo suonando la propria musica”.
CI SAREBBE QUALCHE MUSICISTA CON CUI VI PIACEREBBE COLLABORARE IN FUTURO, MAGARI AVENDOLO COME OSPITE NEL VOSTRO PROSSIMO DISCO?
“Personalmente potrei farti una lista molto lunga di artisti che apprezzo. Trent Reznor, Steven Wilson, Robert Fripp, i Rush, Mike Oldfield… Al tempo stesso però sono un maniaco del controllo quando si parla della nostra musica, quindi troverei difficile far entrare qualcuno di esterno all’interno dell’alchimia dei Kingcrow. Probabilmente ora potremmo avere ospiti di un certo calibro della scena prog mondiale, ma non ci abbiamo mai seriamente pensato e credo il motivo sia proprio da cercarsi nel fatto che siamo veramente come una piccola setta, con i suoi equilibri, i suoi rituali e i suoi segreti. Se invece parliamo di collaborazioni extra Kingcrow, allora i nomi che ti ho fatto sono tutti in cima alla mia lista”.
AL DI FUORI DELLA MUSICA ROCK E METAL, QUALE GENERE O MUSICISTA RITENIATE ESERCITI UNA CERTA INFLUENZA SULLA VOSTRA MUSICA?
“Molti artisti. Sicuramente i primi che mi vengono in mente sono Mike Oldfield, Tori Amos, i Radiohead, i Massive Attack e Trent Reznor”.
DIEGO, GRAZIE DELLA VOSTRA DISPONIBILITA’ E IN BOCCA AL LUPO PER IL VOSTRO TOUR E PROGETTI FUTURI.
“Grazie a te, è stato un piacere”.