KINGCROW – La perfetta imperfezione

Pubblicato il 02/11/2018 da

Tra le realtà italiane di cui poter andare più fieri ci sono senza dubbio i Kingcrow, che meriterebbero il massimo dell’attenzione grazie ad una carriera in costante crescita. Il loro ultimo album, “The Persistence”, li ha portati ad alzare ulteriormente l’asticella, arrivando ad un livello di maturazione degno dei migliori act del progressive metal mondiale. Nelle loro canzoni convivono mondi anche lontani tra loro, il tutto reso possibile dalla grande personalità e dalla classe sopraffina dei musicisti. Sarebbe stato un delitto, dunque, non concedere loro uno spazio ulteriore sulle nostre pagine, lasciando la parola a Diego Cafolla, chitarrista e compositore, che ci racconta qualcosa in più sui Kincrow e su “The Persistence”.

 

CIAO DIEGO, NON È LA PRIMA VOLTA CHE OSPITIAMO I KINGCROW SU METALITALIA.COM, MA PER COLORO CHE ANCORA NON VI CONOSCESSERO, TI VA DI FARE UNA PICCOLA PRESENTAZIONE?
– Ciao, i Kingcrow sono una band di Roma che suona un genere piuttosto contaminato che viene spesso incluso nel grande calderone del progressive metal, alle volte rock, alle volte alternative e così via. Siamo attivi da diverso tempo e abbiamo sette album alle nostre spalle di cui i primi tre autoprodotti e che noi consideriamo più lunghi demo che veri e propri album.

CHI SONO GLI ARTISTI PIU’ IMPORTANTI CHE VI HANNO AIUTATO A DARE VITA AL VOSTRO SOUND?
– Il nostro background è molto vasto, ti posso sicuramente citare i Pink Floyd, i Rush, gli Iron Maiden, i Sepultura dei bei tempi, gli Slayer, i Beatles, i Massive Attack, i Radiohead e un sacco di roba un po’ di tutti i generi musicali. Agli inizi soprattutto suonavamo cover dei generi più disparati, dal surf dei Beach Boys al death metal.

IL PROGRESSIVE ROCK/METAL RACCOGLIE ORMAI IN SÉ MOLTISSIME ACCEZIONI: CHI LO ASSOCIA AL MASSIMO GRADO DEL VIRTUOSISMO TECNICO, CHI LO CONSIDERA UN GENERE VOTATO ALLA SPERIMENTAZIONE, ALTRI LO CONSIDERANO IL MODO MIGLIORE PER CREARE ‘PASSAGGI SONORI’. QUAL È INVECE LA DECLINAZIONE DI PROGRESSIVE PER I KINGCROW?
– Per noi fare progressive significa principalmente avere la libertà di sperimentare ed includere quante più sfumature possibili nella nostra musica, senza limiti di genere. Nel nostro sound puoi trovare influenze metal, influenze propriamente progressive, il trip hop, l’elettronica, l’alternative rock e molto altro. Si tratta solo di diversi tool sintattici che possono essere utilizzati per trasmettere un messaggio. Ho sempre apprezzato band con un sound trasversale, non strettamente legato ad una sottoetichetta specifica e credo che i Kingcrow facciano parte di quel tipo di band, con un’attitudine a suonare progressive più nei risultati che negli intenti.

PASSIAMO A PARLARE PIU’ NEL DETTAGLIO DI “THE PERSISTENCE”: COME SI COLLOCA ALL’INTERNO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA?
– Dopo la trilogia “Phlegethon” – “In Crescendo” – “Eidos”, sentivamo il bisogno di rinnovare un po’ il nostro sound e di provare cose diverse, senza perdere l’identità della band. Credo che con “The Persistence” il sound si sia dilatato ulteriormente andando a toccare sia lidi ambient o shoegaze da una parte e anche una maggiore pesantezza in alcuni momenti dall’altra. Probabilmente è un disco che suona anche leggermente più alternative dei suoi predecessori ma per me ora è molto difficile avere una visione distaccata e oggettiva avendoci lavorato fino a non molto tempo fa. Comunque sono in parecchi a ritenerlo il nostro miglior disco e quindi non posso che ritenermi soddisfatto.

ANCHE L’ARTWORK RISULTA ANCORA UNA VOLTA CURATISSIMO, TI VA DI PARLARCI DEL CONCEPT E DELLA SUA REALIZZAZIONE?
– Il titolo del disco è nato ancor prima del suo contenuto musicale. Avevo in testa il concetto di persistenza, che è tra l’altro aperto a diverse interpretazioni. Ne ho parlato con Diego Marchesi che questa volta si è preso carico di tutti i testi e anche lui pensava fosse un topic interessante da esplorare. Da lì a coinvolgere Devilnax per l’artwork il passo è stato breve e abbiamo subito iniziato a cercare per la copertina uno stile che descrivesse al tempo stesso il concept generale ma anche il contenuto musicale del disco. Penso che abbia fatto un gran lavoro, personalmente trovo la copertina del disco fantastica.

QUALI TEMI TRATTATE NEI VOSTRI TESTI? RIFLETTONO QUELL’ANIMA UN PO’ MALINCONICA CHE TRASPARE DALLA MUSICA?
– Sicuramente prestiamo attenzione alla sinergia musica-testo quindi anche il contenuto delle liriche ha in sè quella profonda emotività che cerchiamo di trasmettere attraverso la musica. Prendiamo spunto dalla vita di tutti i giorni, è la nostra più grande fonte di ispirazione ed è naturale per noi scrivere di cose che ci toccano direttamente, sia come singoli che come band.

L’ALBUM VEDE ANCHE LA STRAORDINARIA PARTECIPAZIONE DI DANIEL GILDENLOW DEI PAIN OF SALVATION. VUOI RACCONTARCI COME SONO ANDATE LE COSE CON LUI?
– Con Daniel ci conosciamo da diverso tempo considerando che abbiamo suonato più volte insieme e all’epoca avevamo già fatto un tour nordamericano con loro. Quando ho scritto “Night’s Descending” ho immediatamente pensato che fosse perfetta per la voce di Daniel, e così lo contattai dicendogli che avevo scritto un brano che pensavo fosse fatto per lui. Fortunatamente Daniel una volta ascoltato il brano è stato subito entusiasta dell’idea e abbiamo finito il tutto un paio di giorni. Lui è un cantante straordinario, specialmente quando si tratta di esprimere certe emozioni attraverso il canto. Quando ho ascoltato la sua voce sul brano ho immediatamente pensato di aver fatto la scelta giusta e ho trovato la sua interpretazione assolutamente fantastica.

A PROPOSITO DI PAIN OF SALVATION, AVETE CONDIVISO CON LORO DIVERSE DATE, COME SONO ANDATE?
– Siamo appena tornati da sedici date con loro in giro per l’Europa ed è andata benissimo, il responso del pubblico è stato fantastico. In più Daniel è salito diverse volte con noi sul palco proprio per suonare “Night’s Descending”, è stato veramente emozionante.

TORNANDO INVECE AL NOSTRO PAESE, COSA SIGNIFICA SUONARE UN GENERE COME IL VOSTRO IN ITALIA?
– In generale suonare in Italia non è mai facile. Noi ora abbiamo un seguito che ci permette di organizzarci le nostre date senza difficoltà ma penso che per una band agli esordi oggi trovare gli spazi adeguati sia veramente dura. In generale per noi è sempre difficile suonare nei festival italiani, credo che questo sia dovuto al fatto che siamo più conosciuti all’estero che in Italia. Da un lato mi dispiace, ci piacerebbe suonare di più nel nostro Paese in certi contesti ma alla fine sembra che gli organizzatori dei festival non siano molto interessati a portare i Kingcrow on stage anche se attualmente credo siamo sicuramente tra le band italiane più note quando si parla di progressive metal e affini.

IN UN MOMENTO DOVE SI VENDONO POCHI ALBUM, HO VISTO CHE STATE AVENDO UN OTTIMO RISCONTRO SIA DA PARTE DEL PUBBLICO CHE DELLA CRITICA.
– Il riscontro avuto negli ultimi anni è stato sorprendente se si considera il contesto storico. Siamo sempre cresciuti costantemente e ogni nostro album ha venduto più del precedente. Per quanto riguarda la critica siamo sempre stati fortunati, in generale praticamente tutte le recensioni uscite da “Phlegethon” in poi sono state entusiastiche, non potremmo chiedere di più.

CHE POSIZIONE HAI NEI CONFRONTI DELLA DIFFUSIONE DELLA MUSICA SU CANALI E PIATTAFORME DI STREAMING COME SPOTIFY E AFFINI?
– Mah, ormai credo che il mondo della musica sia definitivamente focalizzato su questo tipo di mezzo e bisogna prenderne atto. Da una parte è vero che oggi tutti hanno una possibilità di pubblicare il proprio lavoro e renderlo disponibile a tutti on line ma questo ha fatto sì che il mercato sia diventato enormemente affollato, con un numero di uscite tali da frammentare totalmente l’attenzione del potenziale pubblico. È un po’ come tentare di parlare quando tutto il mondo sta urlando e essere ascoltati diventa veramente difficile. Credo sia per questo che ancora oggi avere una buona etichetta possa fare la differenza. Se invece prendiamo in considerazione i dati economici direi che l’avvento di internet abbia ridotto enormemente la possibilità di guadagni da parte delle band, soprattutto quelle minori, e questo causa il decesso di molte band nel giro di pochissimo tempo per mancanza di fondi. Produrre dischi ha un costo non trascurabile e andare in tour ha costi ancora maggiori. Senza i proventi provenienti dalla vendita dei dischi tenere una band in vita è un lusso che non tutti possono permettersi. Penso che per le band che nascono ora sia veramente dura.

AVETE GIA’ PROGRAMMATO I PROSSIMI APPUNTAMENTI PER I KINGCROW ORA CHE L’ALBUM È USCITO?
– Per il momento abbiamo una data al Traffic di Roma il 24 Novembre. È la prima data Italiana dall’uscita del disco e penso sarà veramente una festa. Poi prima di iniziare a scrivere il nuovo materiale immagino ci sia un altro tour europeo da headliner, ne stiamo discutendo in questi giorni con il nostro management quindi di definito non c’è ancora nulla.

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