IN POCHI MESI, SECONDA CHIACCHIERATA CON I KLIMT 1918, RAPPRESENTATI IN QUEST’OCCASIONE DA MARCO E PAOLO SOELLNER… LA REDAZIONE DI METALITALIA.COM È FIERA DI OSPITARVI NUOVAMENTE SULLE SUE PAGINE!
Marco: “Anche noi siamo altrettanto contenti dell’intervista!”.
FINALMENTE “DOPOGUERRA” È NEI NEGOZI… COSA SI PROVA QUANDO UN ALBUM, CHE HA RICHIESTO MESI DI IMPEGNO INTENSO E DI SENTIMENTI FORSE CONTRASTANTI, VIENE DATO IN PASTO AL PUBBLICO? SI ASPETTANO FEBBRILMENTE I RESPONSI? OPPURE CI SI SENTE SOLLEVATI?
Marco: “Ci si sente sollevati. Dopo tutto il lavoro svolto in studio non vedevamo l’ora che il disco uscisse. I responsi del pubblico ci interessano, ma fino ad un certo punto. Cerchiamo di vivere questi momenti nella maniera più rilassata possibile”.
I PIÙ SINCERI COMPLIMENTI PER “DOPOGUERRA” SONO IMPRESCINDIBILI: UN SECONDO (ECCETTUANDO I LAVORI TARGATI ANOTHER DAY E “SECESSION…”), SORPRENDENTE CAPITOLO DI CLASSE E TALENTO… AVETE GIÀ AVUTO IL TEMPO PER SENTIRVI INSODDISFATTI DI QUALCOSA, PER PENSARE CHE ALCUNI ELEMENTI POTEVANO ESSERE MODIFICATI?
Marco: “C’è sempre qualcosa che con il senno di poi vorresti modificare. È successo per ‘Undressed Momento’ e per ‘Dopoguerra’; probabilmente capiterà anche in futuro. Penso si tratti di un buon segno. Se un giorno mi dovessi accorgere di aver registrato un album che mi ha completamente soddisfatto mi preoccuperei. Siamo musicisti, il nostro gusto è continuamente in movimento. Quando ti guardi indietro e cominci ad analizzare cose che hai composto, arrangiato ed infine registrato quasi un anno fa trovi sempre qualcosa che non ti convince completamente. Ma si tratta di inezie. Niente che meriti una vera e propria trattazione”.
“DOPOGUERRA” FA IL SUO INGRESSO SUL MERCATO IN DATA FORTEMENTE SIMBOLICA PER LA STORIA ITALIANA, IL 25 APRILE, GIORNO DELLA LIBERAZIONE, CELEBRATO ANCHE NELL’ANNUNCIO DELLA RADIO, CHE APRE IL DISCO… UNA SEMPLICE COINCIDENZA OPPURE UN MODO PER SOTTOLINEARE LE CONSONANZE DELL’ALBUM CON LA REALTÀ POST-BELLICA NAZIONALE?
Marco: “‘Dopoguerra’ è un album incentrato sulla convalescenza. Non avremmo potuto scegliere un intro migliore di quello per descrivere questa condizione. L’Italia del 1945, che il 25 aprile ascolta per radio il fatidico annuncio della fine della Seconda Guerra Mondiale, è un universo di distruzione e speranza: le città sono state bombardate, la gente è affamata, eppure i cuori cominciano a germogliare segretamente. Il bisogno di riappropriarsi della vita è più forte della morte e costringe gli uomini a rimboccarsi le maniche e a rialzarsi in piedi. Il riferimento alla realtà postbellica nazionale è voluto anche se la nostra intenzione è quella di donargli soprattutto un significato simbolico: chi almeno una volta nella vita non si è sentito come un sopravvissuto? In fin dei conti l’esistenza di ognuno di noi è costituita da tanti piccoli dopoguerra”.
IN PARTICOLARE, SI NOTA UN DESIDERIO PIÙ MARCATO DI SOTTOLINEARE LA VOSTRA ROMANITÀ, ANCHE GRAZIE ALLA SPLENDIDA “SLEEPWALK…” E ALLA DELICATA “SNOW OF ‘85”, A COSA SI DEVE QUESTA SCELTA? UN TRIBUTO ALLE RADICI?
Marco: “No, non si tratta di un tributo specifico nei confronti di Roma. Le canzoni che citi si riferiscono a due esperienze particolari. Entrambe sono legate alla nostra città, ma si tratta più che altro di una coincidenza. Viviamo qui ed è naturale che alla fine le nostre canzoni ritraggano Roma. Tutti i nostri ricordi, le nostre esperienze sono legate a questo posto”.
OUTERSOUND, FINNVOX E HERZOG STUDIOS… QUALE RICERCA MUSICALE HA PORTATO A OPTARE PER QUESTI STUDI, UTILIZZATI PER COMPITI DIFFERENTI? IL RISULTATO FINALE VI SODDISFA?
Marco: “Gli Outersound Studios ormai sono il nostro punto di riferimento. Non avremmo potuto scegliere un posto diverso per registrare ‘Dopoguerra’. Il rapporto che ci lega a Giuseppe Orlando, oltre che professionale, è di profonda amicizia. Lavorare con lui ci mette immediatamente a nostro agio, permettendoci così di dare il massimo. Gli Herzog Studios li abbiamo scelti perché erano i più indicati per registrare materiale che avrebbe richiesto strumenti particolari come il violoncello, i sintetizzatori analogici, il pianoforte acustico. Lavorare con Fabio Colucci è stata un’esperienza nuova e molto stimolante. Il suo approccio è completamente diverso da quello di Giuseppe e questo è stato molto utile nel differenziare il più possibile il materiale contenuto nel cd n° 2 di ‘Dopoguerra’. Infine, la scelta di masterizzare il cd presso i Finnvox Studios è arrivata in seguito all’esigenza di donare all’album un suono il più possibile professionale e rock. Siamo molto contenti del lavoro di tutti e tre gli studi. Chissà, forse per il prossimo disco ripeteremo nuovamente l’esperienza”.
CI ILLUSTRERESTI NEL DETTAGLIO LE SCELTE MUSICALI CHE HANNO PORTATO A “DOPOGUERRA”? NELLA SCORSA INTERVISTA PARLAVI DI MUTATO APPROCCIO CON GLI STRUMENTI E DI MATURAZIONE. AGGIUNGEREI UN’EVOLUZIONE DELLA RAFFINATEZZA COMPOSITIVA, BRANI RICCHI DI SFACCETTATURE, FINEMENTE ARRANGIATI E TUTTAVIA DI UN’IMMEDIATEZZA CHE ARRIVA SUBITO NEL PROFONDO… COSA NE PENSI?
Marco: “Sì, sono d’accordo, rispetto ad ‘Undressed Momento’ ‘Dopoguerra’ rappresenta un’evoluzione dal punto di vista strumentale. Chitarristicamente parlando è più vario. Abbiamo usato e-bow e splettrate di chiara derivazione indie shoegazing per snellire il suono e renderlo più dinamico. La batteria non è triggerata, ma completamente acustica. In generale l’approccio dei Klimt 1918 risulta più rock quindi meno legato alle consuetudini metal. Il nostro obiettivo era quello di donare all’album una presenza sonora molto live. ‘Undressed Momento’ ci sembrava troppo educato. Volevamo qualcosa che potesse risultare più aggressivo senza però ricordare certe scelte stilistiche tipicamente estreme”.
TI ANDREBBE DI DESCRIVERE “RACHEL”, “NIGHTDRIVER”, “LOMO” E “SLEEPWALK IN ROME”, OVVERO I BRANI MANCANTI AL TRACK BY TRACK, COMINCIATO CON LO STUDIO REPORT DELL’OTTOBRE SCORSO?
Marco: “’Rachel’ è dedicata a Rachel Corrie, l’attivista statunitense dell’International Solidarity Movement morta mentre cercava di difendere dai bulldozer israeliani alcuni insediamenti palestinesi a Rafah, nella Striscia di Gaza. Uno dei soldati alla guida degli escavatori l’ha deliberatamente investita e sepolta viva. Era una ragazza piena di coraggio, che a differenza di molti suoi connazionali si era interessata alla causa palestinese battendosi per il loro diritto ad avere una casa. Siamo rimasti talmente tanto colpiti dalla sua morte che abbiamo deciso di dedicargli una canzone. Penso si tratti di uno dei brani più malinconici e sentiti dell’album. Parte in maniera molto energica poi lentamente si trasforma acquistando un’intensità epica ed emotiva sempre maggiore. ‘Nightdriver’ invece rappresenta il momento più rilassato ed atmosferico di ‘Dopoguerra’. Racconta le impressioni di un guidatore notturno che viaggia senza meta attraverso la città dopo aver subito una grossa delusione. Anch’essa è una canzone sulla convalescenza, ma i suoi toni sono onirici, profondamente intimisti. ‘Lomo’ prende il nome dall’omonima macchina fotografica russa. Si tratta di un apparecchio particolare che riesce a fare fotografie in condizioni di luce proibitive. Per questo veniva data in dotazione alle spie del KGB. In seguito è diventata uno strumento molto di moda negli ambienti artistici perché permette di ottenere delle fotografie molto sature e surreali. Ho scelto di chiamare la nostra canzone ‘Lomo’ perché essa descrive un momento esattamente come farebbe una lomografia. Musicalmente parlando è uno degli episodi più showgazing del disco. Ha un’atmosfera molto tesa. Non a caso nel finale raggiunge un’intensità metal. ‘Sleepwalk In Rome’ infine è legata al ricordo della Notte Bianca del 27 settembre 2003. Quella sera cominciò il blackout e contemporaneamente la città venne colpita da un grande temporale. Io, Paolo ed altri nostri amici rimanemmo ore in balia della pioggia e dell’oscurità più completa senza avere la possibilità di tornare a casa. Come sonnambuli camminavamo per le strade di Roma. Un’esperienza davvero surreale. ‘Sleepwalk…’ è in assoluto la canzone più metal del disco. Ma ha un mood molto onirico e malinconico che trova il suo culmine nel finale cantato in lingua italiana”.
È ANCORA POSSIBILE ESSERE ORIGINALI, QUANDO SI TRATTA DI COSTRUIRE PARTENDO DA BASI GIÀ CODIFICATE? COME RIELABORATE LE MOLTEPLICI INFLUENZE CHE VI APPARTENGONO, TRASFORMANDOLE NELLA MUSICA UNICA TARGATA KLIMT 1918?
Marco: “Secondo me l’originalità è una suggestione auditiva molto fallace e personale. Inoltre credo che dal punto di vista stilistico sia stato detto già tutto. Quello che realmente colpisce è l’emozione che un brano riesce a trasmettere. La musica può ricordare qualcosa di già sentito, la batteria può avere lo stesso suono di un’altra, le chitarre possono risultare più o meno pesanti, ma le immagini che il songwriting riesce ad evocare possono ancora rivendicare originalità. Quando abbiamo creato i Klimt 1918 avevamo smesso già da tempo di preoccuparci dell’appartenenza stilistica. Avevamo chiaro in mente che per costruire una buona canzone bisognava innanzitutto avere chiaro in mente quale emozione, quali sensazioni si volevano trasmettere. Non esiste dunque un processo attraverso cui rielaborare le nostre influenze. Esso avviene naturalmente nel momento in cui ci rendiamo conto di voler donare alla nostra musica una suggestione particolare”.
DALL’INTIMITÀ, DALLA SFERA PRIVATA DELLE EMOZIONI, IL PUNTO DI VISTA SI È SPOSTATO? L’ELEGIA DEL RACCONTO DI “UNDRESSED MOMENTO” RESTA SEMPRE UNA CHIAVE DI LETTURA VALIDA?
Marco: “Il punto di vista si è spostato. ‘Undressed Momento’, lo dice il titolo stesso è un album di momenti riservati, ricordi. È rivolto soprattutto al passato e veicola una serie di suggestioni personali. Del resto è composto da canzoni vecchissime, alcune risalenti addirittura alla fine degli anni Novanta. ‘Dopoguerra’ invece ha il valore di uno sguardo rivolto all’orizzonte. È un album di movimento, reazione, azione. Sembra fatto apposta per rompere la stasi crepuscolare di ‘Undressed Momento’. Le sue canzoni fanno pensare al futuro, inibiscono l’elegia e si concentrano invece sulla speranza. La sensazione di speranza e gioia che ho provato ad esempio in occasione delle registrazioni di ‘Undressed Momento’ durante le quali scrissi ‘They Were Wed By The Sea’. Il prossimo album probabilmente sarà intriso delle sensazioni che stiamo provando in questi ultimi mesi”.
IL CINEMA NEOREALISTA, NEI SUOI MOMENTI DI MAGGIOR ELEVAZIONE E POESIA, RESTITUIVA IMMAGINI PROFONDAMENTE ANCORATE ALLA REALTÀ DEL MONDO. COM’È IL RAPPORTO TRA LA MUSICA DEI KLIMT 1918 E LA REALTÀ? COSA SIGNIFICA ESSERE LEGATI ALLE MACERIE?
Marco: “Le macerie sono la condizione essenziale dell’epoca post-moderna. Solo nella distruzione di ciò che è stato è possibile far germogliare il cambiamento, la riqualificazione, l’ibridazione. La storia del Novecento è stata distruzione e ricostruzione. Dal 1918 le macerie hanno fatto parte costantemente della vita della razza umana. Hanno scandito le tappe fondamentali del riposizionamento culturale. Vivere la realtà delle macerie significa dunque essere consapevoli della storia, vivere attivamente il proprio tempo. Il Neorealismo non ha voltato le spalle alla guerra. Non ha infilato la testa nella sabbia. Ha raccolto le impressioni del mondo com’era nel 1945, senza pietismi, senza sconti sull’orrore. Nella contemplazione delle aberrazioni del secondo conflitto mondiale ha fatto germogliare il cambiamento. La musica dei Klimt 1918 cerca di fare lo stesso; è legata al quotidiano. Non trascende dalla vita di tutti i giorni. Racconta il presente e si sente onesta solo quando tratta di cose vere. In essa quindi confluiscono i ricordi, la saudade, ma anche la politica, la volontà di esserci e di appartenere all’oggi”.
LA FRASE SERIGRAFATA SUL CD, “It’s not postwar, it’s just another war”, SEMBRA LA CHIAVE DI LETTURA UNITARIA DI “DOPOGUERRA”, COME “Adolescence makes secession music” LO ERA DI “UNDRESSED MOMENTO”… IN QUEST’OTTICA, LA CONVALESCENZA DI CUI PARLI PER CARATTERIZZARE L’ALBUM, ASSUME I CONTORNI DI UN ISTANTE BREVE, SOSPESO TRA LOTTE DI NATURA DIFFERENTE… PUÒ ESSERE? IL MESSAGGIO DI “DOPOGUERRA” SEMBRA CONSERVARE LA MALINCONIA SOTTESA A TUTTI I LAVORI DEI KLIMT 1918, LA SPERANZA NON È FELICE?
Marco: “Sì, hai toccato il centro della questione. La frase che hai citato supera l’entusiasmo momentaneo dei sopravvissuti e inquadra il dopoguerra in una visione più ampia. Non esiste una pace duratura, ma solo tregue prima di un altro conflitto. L’allusione concentra la nostra attenzione sulla tragicità della speranza. Essa quasi mai ci riserva qualcosa di buono, eppure è indispensabile all’uomo. Senza di essa nulla funzionerebbe su questo pianeta. Ci fa sentire come gli eroi sofoclei che acquisiscono la grandezza della vita solo saggiando la sua caducità. Noi siamo come loro: uccidiamo, distruggiamo, ma alla fine ricostruiamo, nonostante la consapevolezza che la vita riserverà ancora orrore”.
IL CONCETTO DI POSTWAR, COME QUELLO DI SECESSION O DI POST-MODERN, È MOLTO PIÙ AMPIO DI QUANTO SI POTREBBE PENSARE… COS’È POSTWAR, COS’È IL DOPOGUERRA DEI KLIMT 1918?
Marco: “Come ho già scritto, la parola ‘Dopoguerra’ indica una condizione spirituale dell’individuo e al tempo stesso un carattere culturale dell’epoca moderna. È un concetto esteso che secondo me viene riassunto perfettamente nel nostro moniker: Klimt, come il pittore simbolo della Ver Sacrum viennese, massimo esponente dell’epopea borghese ottocentesca; 1918 come l’anno della sua morte e della fine dell’impero asburgico. Klimt come tradizione, decadenza, rivolgimento su se stessi, bizantinismo; 1918 come guerra, ridiscussione del vecchio, crisi della società borghese, presa di potere delle masse proletarie. Klimt 1918 è dunque l’esemplificazione della teoria delle macerie, un concetto facilmente estendibile a quello del post-modernismo. In fin dei conti la nostra proposta musicale è un dopoguerra stilistico. Prima c’erano i generi, le classificazioni; poi, esplorate tutte le possibilità sonore si è arrivati alla contaminazione, quindi lo smembramento dei generi, il loro farsi macerie per la creazione di qualcosa di multiforme ed indefinito”.
IL PERCORSO NELLA TRASVERSALITÀ COSA RISERVA? VERSO COSA CORRE IL (NON)STILE TRASVERSALE DEI KLIMT 1918, DI CUI SI È PARLATO NELLA SCORSA INTERVISTA?
Marco: “Difficile rispondere a questa domanda. Il nostro percorso stilistico è tortuoso e pieno di sorprese. Posso dirti che in futuro vedo ancora tanta melodia per i Klimt 1918. Il resto è in continua evoluzione. Abbiamo già qualche canzone pronta per il prossimo disco. Si tratta di materiale molto maestoso e progressivo. L’esperimento svolto con ‘They Were Wed By The Sea (rarified version)’, contenuta nel cd bonus della deluxe version di ‘Dopoguerra’, è da approfondire. Grandi atmosfere, uso di strumenti classici ed epicità. Potrebbe essere quello il non-stile trasversale del futuro… Staremo a vedere”.
PIACEVOLMENTE, IL SECONDO CD NON È UN MERO RIEMPITIVO, MA SEMBRA RACCHIUDERE PUNTI DI VISTA ARTISTICAMENTE DIFFERENTI E SPERIMENTALI, TUTTAVIA ORGANICI AL PROGETTO PRINCIPALE E QUALITATIVAMENTE INECCEPIBILI. POTRESTI DESCRIVERNE I CONTENUTI E LE MOTIVAZIONI AI LETTORI?
Marco: “Quando abbiamo saputo che avremmo dovuto registrare altro materiale per riempire un cd bonus da allegare a ‘Dopoguerra’, abbiamo deciso di non proporre la solita minestra riscaldata. Niente scarti, oppure canzoni da un minuto. ‘Dopoguerra’ parte seconda doveva essere una cd vero e proprio. Il primo brano in esso contenuto è ‘They Were Wed By The Sea (rarified version)’, riedizione dell’omonima canzone contenuta sull’album ufficiale. Ha un’atmosfera completamente diversa, è lenta, presenta al suo interno tracce di violoncello e tastiera. Il finale è molto shoegazing, con chitarre splettrate, batteria acustica, pianoforte. Segue ‘Never Ever’, primo brano inedito, una canzone acustica arricchita di e-bow, violoncello, pianoforte. Ha un tono molto drammatico e solenne, che a tratti la fa sembrare neo-folk. ‘Yanqui Girl In Rafah’, il terzo pezzo, è la seconda riedizione del cd. È ‘Rachel’ suonata da violoncello e pianoforte. In sottofondo abbiamo messo dei samplers che donano un’atmosfera tesa e cinematografica. ‘Cry A Little’ è il secondo brano inedito. Si tratta di una synth pop song tipicamente anni ’80 con tanto di batteria elettronica e tastiere. È un tributo nei confronti di un periodo musicale che amiamo molto. ‘Driving At The End Of The Night’ è la terza riedizione. Si tratta di ‘Nightdriver’ completamente ri-registrata in chiave electro dream pop. Il testo è leggermente diverso e le sue atmosfere sono molto più leggere e sbarazzine della canzone originale. Infine l’ultimo brano è un remix EBM di ‘Sleepwalk In Rome’ compiuto dai nostri amici Chaos/Order, una delle realtà electro più rilevanti della capitale”.
DIAMO ORA SPAZIO AL DISCORSO ARTWORK, CHE NELLE RELEASE DEI KLIMT 1918 HA SEMPRE GODUTO DI UNA CURA AMMIREVOLE. IL LAVORO PER “DOPOGUERRA” È DAVVERO D’IMPATTO… COME SIETE ARRIVATI ALLA SOLUZIONE FINALE? COSA VOLEVATE COMUNICARE?
Paolo: “L’artwork ha sempre accompagnato la nostra musica cercando di renderla immagine. Anche questa volta è stato pensato per esprimere al meglio il concept dell’album e tutte le suggestioni che ci hanno ispirato in fase di composizione. Una moltitudine di illustrazioni diverse tenute insieme dal colore rosso e dal tema del dopoguerra, della rovina e della ricostruzione. Ma partiamo dalla copertina: nessuna immagine poteva rappresentare meglio l’idea di un immaginario post-bellico. Siamo rimasti impressionati da questo scatto dal primo momento che l’abbiamo visto. La ragazza sui tetti che guarda il cielo, ci ha istantaneamente ricollegato alla convalescenza di quel periodo e al sentimento di speranza che milioni di persone provavano in quel momento. I superstiti dei bombardamenti ripopolavano le strade, la voglia di uscire allo scoperto, bagnarsi al sole dopo i lunghi mesi dell’assedio, mentre il cielo, rosso, porta ancora le tracce di un conflitto appena terminato. Tutta la grafica di ‘Dopoguerra’ prende spunto da queste suggestioni”.
LA TRACCIA MULTIMEDIALE DEL SECONDO CD, RICCA DI SPECIALI E DI CURIOSITÀ, È UN INCENTIVO ULTERIORE AD ACQUISTARE IL PRODOTTO ORIGINALE E A RENDERLO UN OGGETTO DIFFERENTE DAGLI STANDARD IN COMMERCIO?
Paolo: “Esattamente. La traccia multimediale è stata appositamente pensata per arricchire la versione deluxe di ‘Dopoguerra’, rendendola esclusiva e piena di contenuti. È un grande raccoglitore di idee, un veicolo per spiegare e raccontare l’album in modi alternativi al di fuori della musica stessa. Consideratelo come un piccolo diario che custodisce tante informazioni relative al disco e all’iter per realizzarlo, che altrimenti rimarrebbero sconosciute. Una documentazione fotografica di tutte le registrazioni e della band, commenti alle canzoni, interviste esplicative e vari modi per interagire con noi attraverso link speciali. Insomma è un mettersi a nudo completamente, nonché un modo per entrare in contatto con gli ascoltatori attraverso il cd stesso”.
SUL FRONTE LIVE, QUALI SONO I PROGRAMMI IMMINENTI DEI KLIMT 1918? SE PARTECIPERETE AI GRANDI FESTIVAL ESTIVI EUROPEI, POTRESTE PASSARE DALL’ESIBIRVI DI FRONTE A UN PUBBLICO LIMITATO A UNO STERMINATO… COME VI SENTIRESTE NELL’EVENTUALITÀ? SAREBBE PIÙ FORTE L’ENTUSIASMO O LA PAURA?
Paolo: “Sul fronte live, abbiamo avuto numerose proposte per suonare a festival di grande e piccola entità. Abbiamo cominciato a maggio con un concerto a Roma e l’esibizione al celebre Wave Gothik Treffen di Lipsia, di fronte a pubblico decisamente più numeroso in una cornice a dir poco favolosa. Il tour di ‘Dopoguerra’, se così si può chiamare, continuerà con altre apparizioni in giro per l’Italia, prima di partire quest’estate per esibirci a una serie di festival tedeschi. Effettivamente passando dall’Italia alla Germania, il pubblico cresce esponenzialmente, direi insieme alla nostra paura e alla nostra ansia. Non siamo abituati a un pubblico così vasto, ma la cosa terrorizza e stimola nello stesso momento. Al M’era Luna Festival, per esempio, avremo la possibilità di suonare di spalla a gruppi come Lacuna Coil, Hocico, Skinny Puppy, The 69 Eyes e The Sister Of Mercy, la cosa non può che entusiasmarci. Ce la siamo sempre cavata egregiamente, speriamo di non bloccarci proprio in questi eventi così importanti. La cosa più interessante è che passeremo dall’esibirci a festival prettamente metal/gothic, ad altri più ‘alternativi’ di stampo indie/wave, un’eterogeneità che fortunatamente segue il nostro genere musicale odierno”.
DOMANDONE ESISTENZIALE: COSA SIGNIFICA PER TE COMPORRE MUSICA, CANTARE E SUONARE?
Marco: “Comporre musica, cantare e suonare per me rappresenta la vita. È l’unico modo che conosco per raccontare e raccontarmi. È una cosa talmente grande e importante che spesso ne smarrisco i confini”.
SE TU FOSSI UN RECENSORE, UN CRITICO, A CHI CONSIGLIERESTI “DOPOGUERRA”?
Marco: “Lo consiglierei a chi non ha paura di trovarsi di fronte ad un album che ha poco a che spartire con ‘Undressed Momento’. Troppe persone forse si aspettavano un cd copia. Noi abbiamo cercato di reinventarci filtrando influenze, sonorità diverse rispetto a quelle del nostro esordio. Chi si avvicina a ‘Dopoguerra’ deve avere ben chiaro questo”.
CONCLUDI TU COME PREFERISCI, LASCIANDO IL TUO SALUTO AI LETTORI DI METALITALIA.COM.
Marco: “Saluto tutte le persone che in questi ultimi due anni ci hanno supportato-ascoltato-visto in concerto-letto. Senza di voi non saremmo qui ora”.