James “Munky” Shaffer ci accoglie su un lussuoso tour bus parcheggiato fuori dall’Alcatraz, dove numerosi fan si sono assiepati per un’inedita versione ‘club’ dei Korn, sold out da parecchio tempo, in linea con le pesanti influenze elettroniche di ‘The Path Of Totality’. Sono lontani i tempi dell’ ‘Adidas Rock’: Munky oggi è vestito in modo ricercato, e ci appare sobrio, molto pacato e riflessivo. Sin dalla stretta di mano, in cui dimostra di tenere alle presentazioni, con un tono basso risponde lentamente alle nostre domande, con molta enfasi e con la dovuta ricerca delle parole. Oltre alla sobrietà ci colpisce la voglia di comunicare, unita all’energia di chi è riuscito a reinventarsi con successo, anche in mezzo alle critiche. Dopo qualche mese dall’uscita di ‘The Path Of Totality’ andiamo ad esaminare la svolta dubstep, e a sviscerare tutti i nostri dubbi in proposito…
INIZIAMO PARLANDO DEL NUOVO ALBUM: SE C’E’ UNA CRITICA CHE DEVO MUOVERE E’ CHE TUTTE LE CANZONI SI MUOVONO ATTORNO A 140bpm, COME RICHIESTO DAL GENERE DUBSTEP. NON TI SENTI SCHIAVO, COME INCATENATO A QUELLA FREQUENZA?
“Devo essere onesto, a volte sì. Per i nostri concerti, proprio per questa motivazione, abbiamo cambiato qualcosa nei pezzi, abbiamo accelerato da qualche parte in quanto tutto era davvero troppo rigido. Con l’aiuto del computer abbiamo leggermente modificato i tempi delle basi registrate per far sì che la resa dei pezzi dal vivo sia più aggressiva. Abbiamo lavorato molto sui bpm, era uno dei nostri obiettivi per portare ‘The Path Of Totality’ sui palchi, e modificare i tempi, incastrarli alla perfezione è stato un po’ come aggiungere una sfumatura math rock alla nostra musica”.
TROVI DIFFICILE SUONARE SOPRA BASI PRE-REGISTRATE?
“A volte suonare con le basi di sottofondo mi sembra molto vincolante. Di solito i nostri ritornelli velocizzano il ritmo, mentre le strofe rallentano. Le basi registrate ostacolano questo flusso naturale, fermano il modo in cui un musicista ‘sente’ il pezzo in maniera organica. Allo stesso tempo le basi mantengono una sorta di ordine nel caos, tra le basi e gli strumenti e le vocals c’è qualcosa che tiene tutto assieme, come delle ruote su cui tutti ci spostiamo nello stesso momento”.
E’ LA PRIMA VOLTA PER TE?
“E’ la prima volta per i Korn, ed è bello, perchè è una cosa nuova”.
DA CINQUE ANNI AVETE UN TASTIERISTA CHE VI SEGUE IN TOUR (ZAC BAIRD): CON LA VOSTRA SVOLTA ELETTRONICA HA PIU’ SPAZIO?
“Ha più spazio a parer mio, sta dando un gran contributo. Da quando abbiamo fatto il nostro primo tour con lui, e parlo di ‘See You On The Other Side’, abbiamo avuto molte basi programmate che ha ricreato dal vivo. Oggi riesce a fare ancora molte cose live, non si limita a far partire le basi in click. Zac è davvero un ragazzo talentuoso”.
COSA HAI SCOPERTO DEL MUNKY MUSICISTA DURANTE QUESTO NUOVO MODO DI SCRIVERE MUSICA?
“Ho scoperto che possiamo adattarci, possiamo cambiare, possiamo essere chiunque vogliamo. Possiamo essere di nuovo inspirati. Possiamo addirittura iniziare un nuovo capitolo. Abbiamo scoperto che c’è un nuovo capitolo nella storia della band”.
TI HA SORPRESO CHE L’ALBUM SIA STATO ACCOLTO COSI’ BENE?
“C’era un po’ di nervosismo, sapevamo che qualcuno non avrebbe preso bene la svolta. Parlo dei fan accaniti. Ma se siete dei veri fan dei Korn sapete che abbiamo sempre tentato di reinventarci. Su ogni disco tentiamo di fare qualcosa di nuovo, per tenere viva la fiamma dell’entusiasmo in noi e nei nostri ascoltatori. Eravamo preoccupati di essere andati un po’ troppo oltre, ma sapevamo che la gente avrebbe accolto questo suono, o almeno che avremmo catturato l’attenzione di molti, sia che avessero apprezzato o meno. Si tratta di fare ciò che si vuole, questo è metal, questo è rock n’ roll giusto? Ci vuole solo un po’ di tempo per assorbire il cambiamento”.
AVETE PENSATO DI ADATTARE LE VECCHIE CANZONI IN QUESTA NUOVA MATRICE DUBSTEP, ANCHE SOLO PER QUESTO TOUR?
“Sì, ne abbiamo parlato, e abbiamo anche fatto qualcosina, qualche arrangiamento, ma alla fine le vecchie canzoni sono state scritte in quella precisa maniera, le nuove con un approccio differente. Penso sia meglio lasciarle come sono, rispettando come sono state registrate e rispettando come la gente le vuole sentire quando le suoniamo dal vivo. Non penso che molti vogliano sentire WOMP WOMP WOMPP sopra ‘Here To Stay’ (risate, ndR)!”.
QUALCUNO SI E’ OPPOSTO A QUESTA SVOLTA STILISTICA, PER ESEMPIO IL VOSTRO MANAGEMENT O LA VOSTRA ETICHETTA?
“Siamo stati addirittura incoraggiati dal nostro management, e anche dalla casa discografica dopo che i responsabili hanno sentito ‘Get Up’. Abbiamo scritto quella canzone come esperimento, per vedere come sarebbe stato lavorare con Skrillex. E’ andata molto bene, e abbiamo scritto altre canzoni con lui. Abbiamo capito tutti velocemente che avremmo dovuto fare un intero album, assieme a produttori diversi per diversi tipi di dubstep”.
UNA DOMANDA PER IL MUNKY CHITARRISTA: PENSI CHE IL LAPTOP POSSA ESSERE DEFINITO UNO STRUMENTO VERO E PROPRIO?
“(Lunga pausa di riflessione) …penso che possa essere usato come strumento, o come utility. Se non fosse per il mio ingegnere del suono chi saprebbe registrare le chitarre, chi saprebbe come appuntare idee, lui è un vero artista nel suo mestiere. Jim Monti può creare qualcosa dal nulla, solo con un computer, qualcosa che smuove le persone. C’è una barriera che va abbattuta, non si tratta di un processo meccanico: l’emozione nasce sempre nell’essere umano, posso scrivere anche solo un testo arrabbiato al pc, ma se le parole non vengono lette intensamente l’emozione non nasce in maniera spontanea. L’artista sa abbattere questa barriera e sa comunicare anche con il pc, capite cosa intendo?”.
PARLIAMO DELLA TUA CARRIERA: PENSI CHE I KORN ABBIANO GIA’ SCRITTO IL LORO ALBUM DEFINITIVO?
“Non lo so. Penso che sia l’intero catalogo dei Korn a raccontare la storia, come una singola canzone racconta una storia all’interno di un album. Il percorso dei Korn continua con ‘The Path Of Totality'”.