Labyrinth, atto quarto: la definitiva consacrazione. La band nostrana sin dalla sua nascita ha sempre riscosso ottimi responsi sia dalla stampa che dai fan, ma mai ci si era trovati al cospetto di un lavoro di tale levatura artistica. I Labyrinth oggi hanno raggiunto con il nuovo “Labyrinth” la completa maturazione, giustificando i tre lunghi anni di attesa che sono intercorsi tra questo nuovo lavoro e il precedente “Sons Of Thunder”, lavoro interlocutorio che purtroppo fu minato anche da una produzione non all’altezza. Dopo una serie di spiacevoli vicissitudini e il doloroso split con il chitarrista Olaf Thorsen la band, con un nuovo chitarrista, una nuova casa discografica e un rinnovato entusiasmo, conta di fare il definitivo salto di qualità e non si è fatta pregare nel farcelo intendere nel corso di una divertente conferenza stampa organizzata all’interno dei Jungle Sound studios di Milano, dove i nostri avevano da poco terminato di registrare una puntata di “Sala Prove” per Rock TV. Seduti dietro ad un tavolo, Andrea Cantarelli, Roberto Tiranti, il nuovo chitarrista Pier e tutti gli altri ragazzi della band hanno risposto alle nostre domande e a quelle dei colleghi di Flash, Metal Hammer, Metallus, Eutk, Rock Hard e Psycho. Eccovi il resoconto…
PERCHE’ UN ALBUM OMONIMO PROPRIO A QUESTO PUNTO DELLA VOSTRA CARRIERA?
Roberto Tiranti: “Trovavo troppo scontato prendere un titolo di una canzone a caso del disco e utilizzarlo anche per l’album. Io penso che chiunque ascolti il disco si possa accorgere che, pur non essendoci una vera e propria inversione di rotta, c’è comunque un cambiamento. Secondo me questo disco è Labyrinth in tutto e per tutto, senza compromessi. Abbiamo scritto quello che ci è venuto spontaneo e ci è sembrato giusto chiamare il disco in questo modo. In ogni carriera di un gruppo prima o poi arriva il disco omonimo, quindi…”.
Andrea Cantarelli: “Di solito il disco omonimo è il primo per molti gruppi, noi infatti abbiamo scelto di intitolare così il nostro quarto album proprio perché si tratta di un nuovo inizio per noi, per mettere in evidenza il fatto che i Labyrinth ora sono quelli che puoi sentire su questo cd. Ora siamo i Labyrinth, forse anche più di prima… e non perché è uscito Carlo (Olaf Thorsen, nda)! Non vorrei che trasparisse che, siccome lui è uscito dalla band, ora siamo tutti contenti e ci sentiamo più liberi, niente affatto! E’ solo che ci siamo sentiti molto affiatati nello scrivere il disco, siamo stati tutti molto bene. Poi, potrà piacere o meno, ma ‘Labyrinth’ è totalmente rappresentativo di come ci sentiamo noi in questo momento”.
QUESTO VOSTRO NUOVO MODO DI SENTIRVI HA INFLUITO ANCHE SULLA SCELTA DI ABBANDONARE I VOSTRI VECCHI NOMI D’ARTE?
Roberto Tiranti: “Certamente, su questo fatto siamo stati tutti d’accordo. Era già da qualche anno che ne discutevamo… sinceramente a trent’anni uno certe cose le trova superflue. Non rinneghiamo nulla di quanto abbiamo fatto, è stato simpatico utilizzare quei soprannnomi ma noi comunque abbiamo dei veri nomi, e perché non dovremmo utilizzarli?”.
Andrea Cantarelli: “All’inizio i soprannomi ci erano stati consigliati perché nei primi anni Novanta il mercato italiano era praticamente bloccato. Ci dissero che coi nostri veri nomi non saremmo andati da nessuna parte, che sarebbe stato meglio utilizzare dei nomi da cui non trasparisse la nostra nazionalità. Già all’epoca ne discutemmo molto perché non tutti erano d’accordo e ora, che comunque non abbiamo più certe necessità, ci è sembrato giusto tornare a utilizzare i nostri nomi reali. Come ha detto Roberto, non rinneghiamo nulla, abbiamo passato dei momenti meravigliosi ma ora è giunto il momento di guardare avanti”.
VOLETE PRESENTARCI IL VOSTRO NUOVO CHITARRISTA?
Andrea Cantarelli: “Il nuovo chitarrista si chiama Pier. Prima di sceglierlo abbiamo provato solo un’altra persona. Come chitarrista mi sto trovando benissimo con lui. Pensavo che mi risultasse molto difficile suonare con un altro chitarrista dopo aver passato la vita a suonare con Carlo, invece con lui ho subito trovato il feeling giusto”.
Roberto Tiranti: “Io e Andrea (De Paoli, tastierista, nda) lo conoscevamo da tempo perché si tratta di un musicista che gravita nella scena di Genova. Ne conoscevo il valore e già in passato volevamo collaborare per un progetto, ma poi non se ne era fatto nulla, però appena abbiamo avuto l’esigenza di trovare un nuovo chitarrista non ho esitato a rivolgermi a lui”.
AVETE MAI PENSATO DI CONTINUARE CON UNA SOLA CHITARRA?
Roberto Tiranti: “Sì, ma due chitarre sono però necessarie per riproporre il vecchio materiale. Se noti, i pezzi del nuovo album non le richiedono o comunque molto meno rispetto al passato. E’ stata quindi un’esigenza, quella di trovare un chitarrista nuovo, non potevamo farne a meno se volevamo suonare i pezzi vecchi”.
IL BRANO “SYNTHETIC PARADISE” PARLA FORSE DELL’USO DI DROGHE E SOSTANZE STUPEFACENTI?
Roberto Tiranti: “Proprio così, il testo è ispirato ad un mio amico che purtroppo fa uso di queste cose. E’ stata l’atmosfera del pezzo a portarmi su questo argomento, infatti non sono mai solito scrivere un testo senza prima aver ascoltato la musica del brano. Deve essere la sua atmosfera a guidarmi quando ne redigo uno”.
COME VI RAPPORTATE CON IL MONDO DELL’ELETTRONICA?
Andrea De Paoli: “Credo che l’elettronica sia un ottimo mezzo per esprimere un certo tipo di sensazioni e per variare un po’ le atmosfere. Ci è stata molto utile, non volevamo ripeterci e utilizzare ancora strumenti neoclassici come il clavincembalo. E’ sicuramente un modo per dare un aspetto più interessante alla nostra musica e credo che ben si abbini a quanto abbiamo scritto per il disco”.
Andrea Cantarelli: “Credo che l’elettronica faccia da sempre parte del nostro stile, si pensi ad esempio a ‘No Limits’. Purtroppo molta gente identifica i Labyrinth con ‘Return To Heaven Denied’, lavoro su cui sono presenti alcuni dei nostri maggiori successi come ‘Moonlight’ o ‘Thunder’. Io credo che i Labyrinth non siano solo quello, è stato difficile dimostrarlo negli anni visto che molta gente, dal vivo, voleva sentire solo quei pezzi ma, ripeto, il gruppo non è solo quello, anzi, solo una piccola parte. Ci va un po’ stretta la definizione di power metal band visto che nei nostri album è sempre stata presente una grossa gamma di atmosfere, non solo pezzi su quello stile. L’elettronica in questo senso ci è sempre stata molto utile perché ci ha permesso di rendere la nostra musica più varia, trovo limitante l’utilizzare sempre e solo gli strumenti classici”.
Roberto Tiranti: “Al di là di tutto questo, io quando ascolto il disco nuovo continuo a sentirci molti riferimenti al metal degli anni Ottanta e anche agli anni Settanta. Un pezzo come ‘This World’, ad esempio, è pieno di omaggi alla musica dei seventies e, nel disco, abbiamo utilizzato anche degli hammond, strumento che non era mai stato usato in passato”.
PARE QUASI CHE SIATE UN PO’ TORNATI ALLE SONORITA’ DI ‘NO LIMITS’ CON QUESTO NUOVO DISCO…
Andrea Cantarelli: “Abbiamo scritto i pezzi in non più di due mesi in modo molto spontaneo. E’ vero, sono venute fuori di nuovo delle cose che su ‘Return…’ e soprattutto ‘Sons of Thunder’ non avevamo sperimentato e la cosa interessante è che Andrea, il nostro tastierista, su ‘No Limits’ non c’era. L’esigenza di introdurre l’elettronica, oltre che dal primo tastierista, è stata quindi sentita anche da lui, segno che nella nostra musica c’è bisogno anche di quello”.
Andrea De Paoli: “E’ stato molto bello potersi sentire liberi di scrivere e suonare quello che ci si sentiva, c’è stata la libertà totale di sfruttare quello che avevamo a disposizione”.
AI TEMPI DEL SECONDO DISCO DEI VISION DIVINE CARLO DISSE CHE NELLA COMPOSIZIONE ERA STATO MOLTO INFLUENZATO DAI PROBLEMI CONTRATTUALI CHE AVEVA AVUTO CON I LABYRINTH. E’ STATO COSI’ ANCHE PER VOI?
Andrea Cantarelli: “Agli inizi siamo partiti in maniera molto incosciente nei confronti del businness e delle case discografiche in generale. Noi volevamo solo divertirci, ma ai tempi di ‘Return…’ siamo poi stati costretti a fare i conti con questo tipo di ambiente. Eravamo totalmente incosapevoli di quello a cui andavamo incontro, abbiamo firmato contratti purtroppo senza la presenza di avvocati e col tempo sono venute fuori cose molto spiacevoli. Noi abbiamo trovato la forza di reagire e di venirne fuori, volevamo continuare a divertirci. Abbiamo risolto in tre anni tutti i problemi, ci siamo ritrovati totalmente liberi e per fortuna ora siamo di nuovo qua. Un pezzo come ‘Stay Down’ credo arrivi proprio da questo. Noi siamo molto influenzati dal thrash degli anni Ottanta, questo è un pezzo molto pesante e infatti è venuto fuori da ciò che abbiamo provato in passato. Tutto sommato però credo che il disco non abbia poi risentito eccessivamente di queste esperienze…”
Roberto Tiranti: “Lo credo anch’io, un pezzo come ‘Stay Down’ inizia pesantissimo ma poi, col passare dei minuti, appaiono atmosfere che vanno a mitigare la violenza iniziale. Questo per dire che non c’è un pezzo che suona aggressivo dall’inizio alla fine”.
DI COSA PARLANO I TESTI DELL’ALBUM?
Roberto Tiranti: “Non si tratta di un concept, non me la sono sentita di scriverne un altro. Ogni pezzo ha vita propria, alcuni trattano di cose un po’ cupe, di argomenti impegnati, ma non tutti visto che onestamente quando ascolto una canzone voglio sentirmi bene e stare tranquillo. E’ un album vario: come dicevo prima mi faccio trasportare dalla musica quando scrivo i testi quindi non ho seguito una linea particolare”.
COME SI E’ SVOLTA LA COLLABORAZIONE CON TRAVIS SMITH PER LA COPERTINA? GLI AVETE DATO DELLE DIRETTIVE PARTICOLARI?
Andrea De Paoli: “Volevamo che la copertina trasmettesse l’idea di una specie di rinascita. A Mattia è venuto in mente un fiore, che può rappresentare appunto l’idea di questa rinascita, e il viso sofferente, che sta a significare le brutte esperienze che abbiamo vissuto”.
PERCHE’ AVETE SCELTO DI REGISTRARE IL DISCO A MILANO E DI MASTERIZZARLO IN GERMANIA?
Mattia Stancioiu: “Io in precedenza avevo avuto modo di registrare un disco in questi studi di Milano e mi ero trovato molto bene. Ho fatto ascoltare a loro il disco e abbiamo scelto di andare lì anche perché conoscevo il fonico, un ragazzo molto preparato che ha anche lavorato negli Stati Uniti. Ci siamo quindi messi in buone mani. Lo abbiamo poi masterizzato in Germania perché avevamo ascoltato l’ultimo lavoro degli Angra, che appunto era stato masterizzato in quegli studi, e ci è parsa una buona cosa andare là per concludere la cosa”.
COME FARA’ ROBERTO A CONCILIARE I SUOI IMPEGNI CON IL MUSICAL “I DIECI COMANDAMENTI” E QUELLI LIVE CON I LABYRINTH?
Roberto Tiranti: “Allora, premetto che non abbiamo più intenzione di andare in tour gratis, quindi, se e quando riceveremo un’offerta seria per un tour dei Labyrinth opererò le mie scelte. Per il musical ho una persona che mi sostituisce, quindi non credo che ci saranno grossi problemi, ciò accadrà già in occasione del prossimo Agglutination Festival a Potenza. Non credo comunque che questo discorso riguardi solo me: se il disco andrà bene e riceveremo delle buone offerte tutti noi ci muoveremo, ma se invece ci proporranno l’ennesimo tour gratis allora saremo tutti d’accordo per non partire”.
Andrea Cantarelli: “Noi tutti abbiamo una vita privata e dei lavori e non possiamo più permetterci di fare certe cose gratis. In passato crediamo di esserci promossi bene nel mondo e quindi l’ambiente sa già più o meno chi siamo e cosa aspettarsi da noi: se il disco piacerà e, di conseguenza, ci arriveranno delle offerte per andare in tour, queste dovranno garantirci un minimo ritorno economico. Non vogliamo certo diventare ricchi ma chiediamo solo di ricevere più o meno il denaro necessario che ci permetta di lasciare tranquillamente i nostri lavori per qualche tempo. Non ci interessa più fare un tour di un mese e mezzo di supporto agli Helloween gratis, suonare per mezz’ora ogni sera e dover sottostare ad un sacco di regole senza neanche riuscire ad aumentare il nostro seguito. Vogliamo offrire uno spettacolo dignitoso, magari accontentandoci di fare degli show singoli e mirati ma fatti bene, presentando tutto il nostro repertorio e suonando su un palco decente”.
“LIVIN’ IN A MAZE” NON DOVEVA ESSERE IL TITOLO DEL LIVE ALBUM REGISTRATO LO SCORSO ANNO?
Roberto Tiranti: “Proprio così, ma quando ho scritto il testo non me ne sono ricordato! Ho però deciso di lasciarlo ugualmente, chi se ne frega (ride, nda)! Il live album speriamo di farlo uscire…vedremo…”
PIER, COSA TI ASPETTI DA QUESTA ESPERIENZA?
“Io credo che sarà molto positiva. La band mi è sempre piaciuta e quando mi hanno contattato ho accettato molto volentieri. Il nuovo album mi ha stupito molto: non mi aspettavo una tale maturità, e anche i suoni adottati li ho trovati molto personali e freschi. Non me lo aspettavo…”.