Sembra davvero trascorso un secolo da quel lontano 1996, anno di pubblicazione di “No Limits”, brillante e creativo debutto di una giovane band italiana chiamata Labyrinth. Ma anche dopo venticinque anni il gruppo di origini toscane è ancora qui a scrivere e pubblicare il disco che ogni amante delle sonorità più eleganti e raffinate all’interno della scena power e progressive possa desiderare. “Welcome To The Abstract Circus” mostra il lato più diretto di Thorsen e soci grazie ad un bel concentrato di pezzi spediti e potenti, esaltati dalla produzione di Simone Mularoni ai suoi Domination Studios di San Marino, senza però dimenticare il trademark unico che rende il gruppo italiano riconoscibile all’istante, grazie anche all’inconfondibile ed inimitabile ugola di un cantante come Roberto Tiranti: siamo andati a parlare proprio con lui, insieme allo storico compagno Andrea Cantarelli, per farci accompagnare alla scoperta di uno dei dischi maggiormente attesi in questa prima parte del 2021.
CIAO RAGAZZI, “WELCOME TO THE ABSURD CIRCUS” E’ UN TITOLO EMBLEMATICO PER QUESTA VOSTRA NUOVA RELEASE. DA COSA AVETE PRESO ISPIRAZIONE DURANTE LA COMPOSIZIONE DEI BRANI E LA SCRITTURA DEI TESTI?
Roberto Tiranti: – Musiche e testi nascono in tempi diversi; si parte con la stesura dei riff e delle relative strutture dei brani, dopo di che scrivo i testi, e spesso e volentieri le parole nascono dalle sensazioni che mi arrivano dalla musica. Per quanto riguarda questo nuovo album, mi sono semplicemente basato su ciò che sta accadendo in questo difficilissimo periodo, tra Covid-19 e follie da social che fanno da contraltare ad un paradossale eccesso di ‘politically correct’.
C’ERA GIA’ UNA DATA FISSATA DA TEMPO PER LA PUBBLICAZIONE DI UN NUOVO FULL-LENGTH IN CASA LABYRINTH O I FATTI ACCADUTI LO SCORSO ANNO, CON IL LOCKDOWN E TUTTO IL RESTO, HANNO MODIFICATO I TEMPI DI CREAZIONE DI QUESTO LAVORO?
Roberto: – Purtroppo questa situazione ha ritardato la realizzazione e la consegna dell’album che avrebbe dovuto vedere la luce intorno a Giugno dello scorso anno.
NONOSTANTE LA VOSTRA ORMAI LUNGA ESPERIENZA, COME SI VIVONO I MOMENTI CHE PRECEDONO E SEGUONO LA DATA DI PUBBLICAZIONE DI UN NUOVO DISCO? IMMAGINO CI SIA UNA CERTA ATTESA NEL LEGGERE LE VARIE RECENSIONI E DI CONOSCERE LE IMPRESSIONI DEI PROPRI FAN.
Roberto: – Credo che tutte le band vivano i giorni vicino all’uscita e quelli immediatamente dopo con un mix di apprensione, curiosità e speranza. In questo caso eravamo piuttosto sicuri di aver dato il massimo, e questo non significa necessariamente credere di aver sfornato un capolavoro. Siamo sempre piuttosto realisti e critici con noi stessi al punto di sapere che questo lavoro sia valido, professionale e sincero, ma poi spetta all’ascoltatore premiare o bocciare ciò che ascolterà.
Le nostre aspettative sono state del tutto superate dal parere entusiasta di molti e positivo pressoché di tutti.
“WELCOME TO THE ABSURD CIRCUS” ASSOMIGLIA MOLTO AL DISCO PIU’ POTENTE E VIGOROSO CHE ABBIATE MAI COMPOSTO. POSSIEDE TUTTI I TRADEMARK DEI LABYRINTH MA E’ RICCO DI BRANI SPEDITI E CONTIENE ALCUNI PASSAGGI MOLTO AGGRESSIVI. SIETE D’ACCORDO? ERA UNA SCELTA INIZIALE O E’ NATO TUTTO IN MODO SPONTANEO?
Roberto: – L’idea di partenza era quella di fare un disco molto compatto e più diretto, tutto il resto è venuto da sè, come spesso accade nel nostro modo di lavorare alle nuove composizioni.
Il trademark è fondamentalmente dato dalle nostre personalità che ognuno di noi cerca di assecondare, mettendole a servizio della band. Oleg Smirnoff, Nick Mazzucconi e Matt Peruzzi hanno davvero fatto la differenza su questo disco e non li ringrazieremo mai abbastanza.
A CAUSA DELLE VARIE LIMITAZIONI CHE CI SONO STATE (E CI SONO TUTTORA) A CAUSA DELLA PANDEMIA, RISPETTO AI DISCHI PRECEDENTI AVETE DOVUTO ADOTTARE DELLE MODIFICHE NEL MODO DI LAVORARE DURANTE LA COMPOSIZIONE E REGISTRAZIONE DEI BRANI (CON LA CONDIVISIONE DI IDEE A DISTANZA E COSE DEL GENERE) O TUTTO SI E’ SVOLTO NELLA NORMA, SENZA GROSSE COMPLICAZIONI?
Roberto: – Il nostro modo di lavorare non ha subito particolari variazioni in fase compositiva, i problemi sono invece sorti banalmente a causa dei divieti di spostamento da regione a regione. Viviamo in regioni diverse e i Domination Studios, dove abbiamo svolto le registrazioni, sono situati a San Marino. Tutto questo ci ha rallentato parecchio, creandoci qualche problema.
ROBERTO, CI PUOI SPIEGARE COSA E’ SUCCESSO DIETRO LE PELLI CON L’INGRESSO DEL NUOVO BATTERISTA MATTIA PERUZZI CHE PRENDE IL POSTO DI JOHN MACALUSO?
Roberto: – John è uno dei più grandi batteristi che si possano trovare attualmente sulla scena musicale internazionale, siamo infinitamente grati di averlo avuto prima su “Architecture Of A God” e poi in sede live per svariati concerti in Italia e all’estero. Capita però che le cose cambino e forse ci si renda conto di come tutto sommato questo genere possa andare stretto; qui entra in gioco Matt, che venne già nel 2015 con noi a Città del Messico per un bellissimo concerto.
COME SI VIVE DAL LATO ARTISTICO UNA SITUAZIONE COME QUELLA ODIERNA, NELLA QUALE STATE PER PUBBLICARE UN DISCO CON MOLTI BRANI CHE NON VEDRESTE L’ORA DI PROPORRE DAL VIVO MA SENZA ALCUNA PROSPETTIVA E POSSIBILITA’ DI PIANIFICARE QUALCOSA A RIGUARDO?
Roberto: – Abbiamo spesso pensato che fosse azzardato produrre musica in un periodo come questo poiché di fatto la parte più importante della promozione di un disco passa sempre e comunque dai concerti. La realtà invece ci racconta che un disco oggi dimostra che siamo vivi e attivi più che mai, pronti e carichi con dei nuovi brani che, non appena sarà possibile esibirci, presenteremo ad un vero pubblico.
VISTA LA SITUAZIONE ALCUNI VOSTRI COLLEGHI HANNO PENSATO DI PRESENTARE I LORO NUOVI LAVORI CON DEI LIVE SHOW IN STREAMING O COSE DEL GENERE. PENSATE POSSA ESSERE UN MODO UTILE PER PROMUOVERE UN DISCO?
Roberto: – Tutto può essere utile e lo streaming è molto intelligente laddove non esistano i presupposti – e soprattutto i permessi – per esibirsi di fronte ad un pubblico. È però mia opinione che la musica vada sempre e comunque condivisa, poiché fra pubblico e band si instaura uno scambio che per forza di cose lo streaming non può assolutamente dare.
UNO DEGLI ASPETTI MAGGIORMENTE AFFASCINANTI DEL VOSTRO SOUND E CHE VI ACCOMPAGNA DA SEMPRE SONO I BELLISSIMI ASSOLI DELLE DUE CHITARRE. ANDREA, PUOI SPIEGARCI COME VENGONO COSTRUITI E PENSATI? CI SONO DELLE LUNGHE DISCUSSIONI O NASCE TUTTO IN MANIERA NATURALE?
Andrea Cantarelli: – Lo stile con il quale io e Olaf (Thorsen, ndr) pensiamo agli assoli differisce per molti aspetti, per questo cerchiamo sempre di ‘incastrarli’ sulla base di cosa richieda il brano, avendo immediatamente chiaro in mente chi abbia senso faccia cosa. La canzone è sempre al primo posto, l’assolo deve aggiungere qualcosa, non il contrario. Per quanto riguarda il nostro rapporto musicale e personale posso dirti che ci conosciamo da ormai trenta anni: assieme ne abbiamo combinate davvero di tutti i colori, spero di poterne combinare almeno altrettante nei prossimi trenta.
MOLTE BAND NEGLI ANNI HANNO CERCATO DI INSERIRE ALCUNE NOVITA’ ALL’INTERNO DEL PROPRIO SOUND (COME AD ESEMPIO LA PRESENZA DI OSPITI FAMOSI, ORCHESTRE, INSERTI GROWL, VOCI LIRICHE, PASSAGGI FOLK E VIA DICENDO), ANCHE PER CERCARE DI ANDARE INCONTRO AD ALCUNE MODE E PROBABILMENTE PER CATTURARE QUALCHE NUOVO FAN. NIENTE DI TUTTO QUESTO HA MAI SFIORATO LA MUSICA DEI LABYRINTH, CHE TIRA DRITTA PER LA PROPRIA STRADA.
Roberto: – La maggior parte delle cose che elenchi non ci ha neppure mai sfiorato. Una ‘novità’ però è avvenuta su alcuni dischi del passato come “Labyrinth”, “Freeman” e “Six Days Of Nowhere” e mi riferisco a Matt Stancioiu e le sue voci in screaming che compaiono in alcuni brani: avevano senso e ci piacevano, senza alcun pensiero verso il concetto di moda. Non escludo che in futuro possano essere presi in considerazione arrangiamenti orchestrali, se accadrà sarà una semplice esigenza sonora. Molto probabilmente invece non andremo alla ricerca di nomi famosi per eventuali collaborazioni, poiché ciò che conta pare sia la nostra musica e come la suoniamo.
NEL 1998 VENIVA PUBBLICATO “RETURN TO HEAVEN DENIED”, REGISTRATO AI NEW SIN STUDIO SOTTO LA GUIDA DI LUIGI STEFANINI. NEL 2021, VENTITRE ANNI DOPO, VEDE LA LUCE “WELCOME TO THE ABSURD CIRCUS” NEI DOMINATION STUDIO GRAZIE AL LAVORO DI SIMONE MULARONI. DUE EPOCHE DIVERSE, DUE SALE DI REGISTRAZIONE AL TOP NEI LORO RISPETTIVI MOMENTI STORICI. COSA E’ CAMBIATO NEL MODO DI REGISTRARE E QUAL E’ L’APPORTO CHE HANNO DATO QUESTI PRODUTTORI AI RISPETTIVI DISCHI?
Roberto: – Luigi è un caro amico oltre che un ottimo professionista e di certo ha avuto un peso importante in passato per noi e su “Return To Heaven Denied”. Simone in questi ultimi due dischi è andato oltre ed ha messo al nostro servizio anche il suo essere musicista, oltre che un ottimo fonico e produttore. Entrambi hanno creduto in noi andando oltre le loro competenze e ponendosi al nostro livello, diventando parte della band. Dal 1998 ad oggi tecnicamente sono cambiate molte cose e tutto sommato il digitale (che esisteva anche allora) ha facilitato e velocizzato molti processi della lavorazione, ma il fattore umano rimane sempre al primo posto. O sai suonare e cantare oppure sono dolori e dal vivo cadono le maschere.
RINGRAZIADOVI PER IL TEMPO CONCESSO CHIUDIAMO CON UNA PICCOLA RIFLESSIONE. IL MERCATO MUSICALE ATTUALE NON SI PUO’ CERTO DEFINIRE IN SALUTE. COSA SPINGE QUINDI UNA BAND ESPERTA COME I LABYRINTH A RIMETTERSI IN GIOCO OGNI VOLTA?
Roberto: – Se il mercato agonizza, noi continuiamo a godere di ottima salute nonostante per alcuni di noi la quinta decade si avvicini inesorabile (risate, ndr). Finché esisteranno realtà come Frontiers che ancora credono nella musica che facciamo, noi ci saremo sempre. Si tratta di una nostra esigenza fisica, un bisogno fisiologico a dimostrazione che non lo stiamo facendo per soldi… Quelli sono finiti da parecchio e pure prima non ci hanno affatto arricchiti.