Sono trascorsi un po’ di anni e diverse vicissitudini da quando i Labyrinth avevano pubblicato il loro ultimo disco, ma li ritroviamo finalmente con un nuovo album, intitolato “Architecture Of A God”, che vede il ritorno del singer Roberto Tiranti ma anche diversi volti nuovi in seno alla band. Abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata con un cordialissimo Andrea Cantarelli, chitarrista, nonché uno dei principali fondatori e compositori del gruppo toscano, con il quale abbiamo ripercorso gli anni più recenti della band, cercando di mettere ordine e chiarire diversi aspetti rispetto ai vari cambi di line-up ed in particolare il discorso relativo al rientro in formazione di Roberto, appunto. Abbiamo poi focalizzato la nostra attenzione sul nuovo album e Andrea ha messo in evidenza quali siano le caratteristiche principali di questo lavoro, spiegando alcune scelte e approfondendo alcuni punti legati ai singoli brani. Quindi, lo stesso chitarrista ci ha indicato come la band intenda muoversi a livello promozionale e di tour. La nostra intervista ufficialmente si chiude poi con qualche accenno al progetto parallelo di Andrea, gli A Perfect Day, per quanto poi la nostra chiacchierata si sia dilungata su tanti argomenti relativi alla scena metal italiana, che esulano tuttavia da un discorso legato ai Labyrinth e ai suoi protagonisti.
PRIMA DI PARLARE DEL NUOVO ALBUM, TI VORREI FARE QUALCHE DOMANDA SUL RECENTE PASSATO: NEGLI ULTIMI ANNI ABBIAMO ASSISTITO AD UN CONTINUO ANDIRIVIENI NELLA BAND…COS’È SUCCESSO? DIVERGENZE STILISTICHE, SCARSA MOTIVAZIONE O COS’ALTRO?
“A me piace essere sempre il più franco ed onesto possibile. Che il periodo per chi decide di produrre musica non sia il migliore è sotto gli occhi di tutti , per cui dall’altra parte ovviamente gli anni passano per tutti e la vita prende delle pieghe che inevitabilmente influenzano anche il tuo lavoro musicale: arrivano i figli , arriva il lavoro, gli impegni si moltiplicano, per cui gli ultimi anni li abbiamo passati in maniera un po’ confusa, credo che questo sia arrivato anche a voi. La domanda insomma è ben posta, perché passi dalla voglia di scrivere insieme per il piacere di farlo alla paura di togliere tempo ad altre cose altrettanto importanti se non di più, avendo la sensazione quasi di perdere tempo perché mancano un po’ di stimoli, manca quel coraggio che probabilmente ti caratterizza a vent’anni e che a quaranta viene un po’ a mancare. E, ti ripeto, c’era poi tutta una serie di questioni personali che ovviamente vanno ad impattare, perché alla fine prima di essere musicisti siamo persone, per cui questo è normale. Roberto scelse di prendersi del tempo per dedicarlo a quello che era suo, la sua crescita musicale e che poi si è anche concretizzata nel suo lavoro solista. Il problema è che al cuor non si comanda, per cui è arrivato un momento in cui io e Olaf sentivamo la necessità di scrivere un altro disco dei Labyrinth, senza avere la certezza di sapere che qualcuno si sarebbe interessato a produrlo. Chiedemmo ovviamente a Roberto la sua disponibilità, in quel momento lui, come ti dicevo, era preso in altre cose, quindi non avrebbe potuto garantire la sua presenza e la qualità che abitualmente è solito dare alle band con cui lavora, noi per primi. Chiedemmo a Mark Boals, perché ovviamente sostituire Roberto Tiranti non era la cosa più semplice del mondo, e quindi l’idea iniziale fu quella di chiamare Mark perché abbiamo dei rapporti personali con lui abbastanza fitti e lui era in un periodo in cui avrebbe, anzi, aveva accolto con favore la nostra proposta. Ad un certo momento, come sempre nella vita le cose cambiano e Mark, fortunatamente per lui, venne ingaggiato in uno spettacolo a Las Vegas che si chiama ‘Rock Vault’ e ovviamente è impegnato praticamente per sei giorni la settimana in maniera continuativa, per cui chiaramente a quel punto la disponibilità di Mark era venuta a mancare per impegni musicali. Dal mio punto di vista ha fatto benissimo ad accettare, nel senso che uno spettacolo residente a Las Vegas, oltre a portarti visibilità, ti garantisce degli introiti importanti, cosa che noi come band oggettivamente non potevamo garantire, per cui eravamo partiti sia noi che Mark con il massimo dell’entusiasmo ma poi è venuto a mancare il fattore principale, cioè il tempo”.
A PROPOSITO DI QUESTO, RICORDO CHE IN UN’INTERVISTA FATTA PER NOI VERSO LA FINE DEL 2014, OLAF PARLAVA APPUNTO DELLA SCELTA DI MARK BOALS COME CANTANTE E DI COME INSIEME A LUI VI SARESTE SUBITO CONCENTRATI SU DEL NUOVO MATERIALE: NE È SCATURITO POI QUALCOSA DI CONCRETO? QUALCOSA È STATO UTILIZZATO PER IL NUOVO ALBUM?
“Ni, nel senso che ad esempio ‘Bullets’ è un pezzo che risale proprio a quel periodo, cioè c’eravamo rimessi sotto in fase di scrittura partendo proprio da quella canzone che poi ora ritrovi sull’album nuovo, quindi noi avevamo lavorato alla stesura di idee, perché poi in fase iniziale di composizione quello che facciamo è tirare giù una bozza intanto ognuno per conto suo, poi eventualmente lavoriamo tutti insieme, quindi in quel periodo iniziammo a scrivere e iniziammo a condividere le canzoni con Mark. Non siamo mai arrivati a qualcosa di particolarmente concreto, per farti un esempio non ho un demo ben realizzato con la nostra musica e il cantato di Mark: abbiamo ovviamente qualche idea scambiata anche in maniera abbastanza semplice, vedi il messaggio Whatsapp di turno o applicazioni simili. Proprio in quei giorni Mark (adesso non ricordo, son passati anni, però non son sicuro se proprio nel 2014 o nel 2015), venne ingaggiato in questo spettacolo e quindi non c’è nulla di pubblicabile. Poi, nel frattempo, come dicevo, Roberto è rimasto molto soddisfatto del suo lavoro, e anche a lui era tornata la voglia di lavorare ancora con noi e quindi alla fine io capisco che da fuori possa sembrare tutto complicato, arzigogolato, pensato, ma in realtà io, Roberto e Carlo siamo degli amici che si vedono regolarmente per una pizza e una birra, come fai tu con i tuoi, come probabilmente fanno anche gli altri ragazzi che ci leggono. La differenza è che con loro, con Olaf e Roberto c’è una storia, ci sono anni spesi tra sacrifici, soddisfazioni, delusioni e quindi è normale che quando ti rivedi ti venga voglia di fare qualcosa. Ripeto, mi rendo conto che da fuori possa sembrare qualcosa di più complesso o più ragionato, in realtà è molto più semplice di come si possa pensare, anche perché obiettivamente il nome Labyrinth ha una sua storia, ha fatto sicuramente cose importanti, sarebbe stupido negarlo, però è altrettanto vero che non è mai riuscito secondo me a scavalcare il famoso confine, se non probabilmente durante il periodo di ‘Sons Of Thunder’, e poi è cambiato lo scenario, i dischi hanno iniziato a vendere sempre meno, l’interesse da parte delle etichette, non soltanto nei nostri confronti, si è iniziato a concentrare esclusivamente verso i grandi i nomi e in più siamo italiani, quindi siamo fuori dal giro che conta, siamo fuori dai contatti con le etichette, siamo fuori dai contatti per i festival, per i tour, quindi per noi è molto più difficile, obiettivamente. Io l’ho sempre detto, siamo stati parecchio fortunati perché siamo ragazzi come tanti che si vedono per fare le cose insieme e che hanno avuto la fortuna d’incontrare il gusto del pubblico, almeno in alcuni momenti. Niente di più di questo, insomma”.
DICIAMO CHE COMUNQUE C’È STATA FORSE UNA PICCOLA SVOLTA L’ANNO SCORSO QUANDO AVETE SUONATO AL FRONTIERS FESTIVAL TUTTO “RETURN TO HEAVEN DENIED”, CON IL RIENTRO DI TIRANTI: SE CI CONSENTI L’ESPRESSIONE, DIREMMO CHE HA SEGNATO UNA VERA E PROPRIA RINASCITA PER LA BAND. CHE NE PENSI?
“In realtà c’è del lavoro precedente. Era tanto tempo che non suonavamo assieme, ci venne richiesto dal Messico di fare una data a loro dedicata: il Sud America è sempre stato un’area per noi molto fortunata però anche molto impegnativa, nel senso che affrontare due date in Sud America dal punto di vista logistico non è esattamente la cosa più immediata del mondo. Non è una partita a calcetto ma un concerto in Messico, però il principio è lo stesso: ci venne chiesta questa cosa, parlai con i ragazzi, decidemmo di prenderci la classica, passami il termine, scampagnata (considera che partimmo tipo venerdì e domenica sera eravamo a casa), cioè suoniamo due giorni assieme e divertiamoci. In Messico ci chiesero la possibilità di suonare tutto ‘Return…’, che poi noi per primi comprendiamo essere il disco più significativo per la band, e lavorammo per quella data nel 2015, poi quando Frontiers si avvicinò al gruppo per la produzione di un nuovo album, organizzando il Frontiers Metal Festival, ci chiese di far la stessa cosa e noi l’abbiamo fatta con grande piacere anche perché è una cosa che in tanti ci chiedevano da tempo e quindi abbiamo voluto ripartire da lì. Come ti dicevo prima le cose sembrano più difficili ed importanti di quello che in realtà sono, la verità è che come spesso succede le cose si muovono un po’ da sole”.
PARLANDO DEL NUOVO ALBUM, COME AVETE LAVORATO QUESTA VOLTA A LIVELLO COMPOSITIVO? HANNO COLLABORATO ANCHE I NUOVI MEMBRI?
“Penso che nel risultato finale sia abbastanza chiaro quale sia stato il contributo di tutti: in realtà, abbiamo voluto utilizzare uno schema che è ben collaudato e che dal nostro punto di vista ha funzionato perché, come dico sempre, se metti seduti di fianco Andrea e Olaf con la chitarra in mano non potrà nascere nient’altro che una canzone dei Labyrinth, e quindi io e Olaf ci siamo seduti, abbiamo iniziato a buttare giù idee, non più di questo, perché lavorare ad una canzone finita non è possibile ovviamente in due, anche perché come tutti utilizziamo la tecnologia ma siamo della vecchia scuola, quindi se una canzone non viene fuori in sala prove non ha motivo di esistere dal mio punto di vista, quindi appunto delle semplici idee che sono state condivise con i ragazzi della band sono state poi arrangiate, suonate, scritte assieme, lasciando a tutti libertà assoluta. Questo è uno schema che utilizziamo sin dal primo demo, anche perché è più probabile che una canzone metal, hard rock, chiamala come vuoi, nasca principalmente dai chitarristi… in alcuni casi può anche nascere una melodia interessante, ma è più difficile che un batterista o un tastierista possano scrivere l’intelaiatura di un disco, ma non per meriti, semplicemente perché il nostro genere è fatto principalmente da sonorità che nascono dalle sei corde e in più, ripeto, se vuoi una canzone dei Labyrinth da lì devi partire, e quindi questo è stato il processo, è partito tutto da idee mie e di Olaf e poi le abbiamo condivise, suonate ed arrangiate con il grande contributo di tutti, perché ripeto, spero risulti evidente quanto siano stati preziosi Nick, John e Oleg”.
IN EFFETTI CI HA COLPITO COME ABBIANO SAPUTO PORTARE UNA VENTATA DI NOVITÀ, PUR CALANDOSI PERFETTAMENTE NEL VOSTRO STILE: PER ESEMPIO MACALUSO È STRAORDINARIO PER LA SUA CAPACITÀ DI ESSERE POTENTE E TECNICO ALLO STESSO TEMPO, O SMIRNOFF PER LA SUA VERSATILITÀ E LA SUA CAPACITÀ DI DARE UNA CERTA FRESCHEZZA AL VOSTRO TIPICO SOUND.
“Siamo assolutamente d’accordo, è stata una scommessa semplice nel senso che Oleg lo conosciamo da una vita, siamo cresciuti assieme musicalmente prima ancora che entrasse a far parte dei Vision Divine, faceva parte di quei musicisti toscani che poi avete imparato a conoscere attraverso i lavori degli Eldritch, dei Rhapsody in alcuni casi vista la presenza di Fabio, dei Labyrinth, ecc., quindi ci conoscevamo veramente molto bene sia musicalmente che personalmente. Stessa cosa con Nick, un bassista che conosciamo da una vita, che ha condiviso un sacco di esperienze con Roberto prima di tutto e quindi sapevamo che il loro contributo sarebbe stato ingente sia in termini di presenza, di quantità ma anche di qualità, e soprattutto fresco perché poi il modo di suonare di Oleg è molto particolare, come lo è il modo di suonare di Nick. Su John invece è stata ‘LA’ scommessa, nel senso che tutti noi conoscevamo John come musicista però banalmente, per averlo ascoltato sui dischi che lui ha prodotto in passato. È stata una bellissima sorpresa per noi, quindi se ti è arrivato quello che mi hai detto non posso che esserne felice”.
A PROPOSITO DI NICK, TROVO CHE SI SIA INSERITO CON GRANDE PERSONALITÀ, MA MI SONO CHIESTO COME MAI CON IL RITORNO DI TIRANTI AVETE OPTATO PER INSERIRE NUOVAMENTE UN BASSISTA ANZICHÉ DEDICARSI LUI AL BASSO COME AVEVA FATTO IN PASSATO?
“Che Roberto sia un ottimo bassista oltre che un grande cantante non è una novità per nessuno. Fu una scelta proprio di Roberto, peraltro condivisa. Roberto sa quanto sia impegnativo cantare una canzone dei Labyrinth, soprattutto una canzone dei Labyrinth intesa come quelle che hai ascoltato nel nuovo lavoro. Intendiamoci, se la sarebbe cavata egregiamente con il doppio ruolo, però ha preferito concentrarsi sul canto e la trovo una scelta corretta, perché in studio non ci sarebbero stati problemi, dal punto di vista del live invece sarebbe stata una scelta troppo impegnativa per lui e quindi ha preferito dedicare anima e corpo al canto e lasciare il ruolo a chi fa quello di mestiere, se mi permetti”.
PARLANDO DEI BRANI, ABBIAMO TROVATO IL DISCO ALQUANTO VARIO, CON ALCUNI PEZZI MOLTO HEAVY O CHE RICORDANO IL LATO PIÙ POWER DEI LABYRINTH, MENTRE ALTRI SONO DECISAMENTE PIÙ MELODICI O ORIENTATI VERSO IL PROG: POSSIAMO DIRE CHE IL RISULTATO È IN UN CERTO SENSO UN BEL COMPROMESSO TRA QUELLO CHE SI POTREBBERO ASPETTARE I VOSTRI FAN DI VECCHIA DATA, UNITO AL DESIDERIO, CHE ABBIAMO COMUNQUE SEMPRE RISCONTRATO NELLA VOSTRA CARRIERA, DI INNOVARE UN PO’, GUARDARE AVANTI, ANCHE PER EVITARE DI RIPETERSI, DI RICICLARSI?
“Sì, hai centrato un’altra volta il punto, nel senso che quel tipo di approccio ha sempre caratterizzato il nostro lavoro. Probabilmente è stato il segreto del nostro successo, se di successo vogliamo parlare, ma è stata anche la causa del nostro insuccesso o delle delusioni almeno parziali che molti nostri ascoltatori hanno manifestato durante la nostra carriera. Noi purtroppo siamo poco attenti nel confezionare necessariamente un disco perché questo è quello che si aspetta la gente. Ovviamente quell’aspetto c’è, come ti dicevo prima l’attenzione per chi ci ha seguito non è mai venuta a mancare, però sappiamo anche se dovessimo scrivere il classico disco a tavolino, esclusivamente per provare a soddisfare il gusto delle persone, noi saremmo i primi a rimanere insoddisfatti. Quindi la parte più nota, con cui sei magari più a tuo agio, perché magari, come dicevi tu prima, racconta quella che è stata la nostra musicalità sin dagli inizi, in realtà non è frutto della volontà di doverci cimentare con qualcosa che abbiamo provato in passato, semplicemente siamo noi, cioè è un aspetto musicale che ci caratterizza, il problema è che ce ne sono anche molti altri: sin dal primo lavoro all’interno dello stesso album trovavi la canzone tirata, il pezzo melodico, la parte più prog, abbiamo sempre fatto la stessa cosa. Chiaramente, magari arrangiando le canzoni con suoni e modalità differenti oggettivamente il risultato è differente, però è sempre stata una nostra nota caratteristica: lo stesso ‘Return…’ aveva al suo interno ‘Thunder’,’ Life Of Dreams’, ‘Heaven Denied’ e tutto il resto, cioè sono tratti caratteristici che ci portiamo dietro e che non riusciamo a far a meno di mettere in campo. Poi, il risultato finale dipende dagli arrangiamenti, dalla produzione. Lo sappiamo, nel senso che ogni volta che esce un disco, non si sa mai che cosa aspettarsi e questo se vuoi è anche il bello della band. Purtroppo in alcuni casi ha rappresentato anche l’aspetto meno amato, meno positivo, però come ti dicevo alla fine noi prima di tutto dobbiamo divertire noi stessi, questo è il vero obiettivo di vedersi con i ragazzi, di spendere delle serate insieme e così nascono i nostri dischi, senza grossi ragionamenti, senza nessuna imposizione da parte delle etichette. Questa è una cosa fondamentale per chi suona, sperando che la qualità sia alta: a volte ci riusciamo, a volte un po’ meno e alla fine chi decide non siamo noi ma il nostro pubblico. Però se tu non sei convinto di quello che stai producendo la gente se ne accorge, ed è una cosa che vogliamo evitare”.
COSA PUOI DIRCI INVECE RIGUARDO LE TEMATICHE ALLA BASE DELLE CANZONI? OGNI CANZONE È A SÉ STANTE O C’È QUALCHE TEMA DI FONDO CHE LE LEGA?
“Ma guarda, siamo passati da almeno tre concept album, ‘No Limits’, ‘Return To Heaven Denied’ e ‘Return To Heaven Denied Part 2’, in questo giro abbiamo voluto trattare argomenti singoli, parlando di ciò che ci colpisce di più nel nostro quotidiano”.
IN PARTICOLARE, DI COSA PARLA LA TITLE TRACK?
“Quella canzone nacque da un film, ‘Mr.Nobody’, che amiamo…Il film aveva come attore principale Jared Leto, in realtà partiamo dal libro che però non è stato pubblicato in italiano, comunque il film racconta la storia di una persona anziana che è l’ultimo mortale rimasto sulla Terra e ripercorre alcuni momenti della sua vita. Peraltro, in una delle parti strumentali, abbiamo proprio ripreso un dialogo dal film, c’è una voce parlata”.
AVETE INSERITO NEL DISCO ANCHE “CHILDREN”, UNA COVER DI ROBERT MILES, UN BRANO CHE AVETE RIPROPOSTO SECONDO IL VOSTRO STILE, MA SI TRATTA DI UNA SCELTA ALQUANTO SINGOLARE, TRATTANDOSI DI UN GENERE PIUTTOSTO DISTANTE DAL VOSTRO: COME MAI AVETE FATTO QUESTA SCELTA? PENSI CHE VERRÀ ACCOLTA BENE?
“Guarda, dipende, nel senso che ‘Vertigo’ in ‘No Limits’ e ‘Feel’ in realtà sono state accolte molto positivamente ma non l’abbiamo fatto pensando troppo a quelle che potrebbero essere le conseguenze: come ti dicevo, nel nostro bagaglio musicale coesistono molte influenze musicali, ovviamente le principali sono quelle che arrivano dal mondo del rock e del metal, non c’è dubbio, però non ascoltiamo solo quello e abbiamo riscontrato una grossa affinità dal punto di vista armonico e delle atmosfere che tipicamente cerchiamo di ricreare in ‘Children’ di Robert Miles. Chiaramente, l’arrangiamento originario non ci caratterizza più di tanto, però le atmosfere, le armonie, le sentiamo abbastanza nostre, quindi non ci piace il ‘tunza tunza’ ma ad esempio il piano iniziale della cover nella versione originale secondo noi è interessante”.
SÌ, INFATTI L’INTRO CI PARE SIA STATA PROPOSTA IN MANIERA ABBASTANZA VICINA ALL’ORIGINALE, PIÙ CHE ALTRO POI AVETE LAVORATO CON LE CHITARRE NELLO SVILUPPO DEL BRANO…
“Esattamente, se verrà accolto bene o meno non lo so, voglio sperare che venga ascoltato all’interno di un percorso, che è quello del nuovo album, che come dicevo prima passa da momenti molto diversi tra loro, quindi spero che all’interno dell’album venga apprezzato. Ovvio che se dovessi scrivere un disco di cover analoghe probabilmente so che non farei centro, però, ripeto, è una nostra caratteristica che ci portiamo dietro da quando siamo ragazzi, con cui ci piace ancora confrontarci, dopodiché c’è sempre la possibilità di fare ‘skip’ sul lettore cd (risate, ndR), spero non sia il caso, però nell’ipotesi questo può succedere, dai”.
NEL CASO DI “RANDOM LOGIC”, INVECE, SE NON SBAGLIAMO LE PAROLE SONO TRATTE DA FRASI DI LEONARDO DA VINCI. CE LO CONFERMI?
“Sì, in realtà abbiamo voluto giocare su quell’aspetto, nel senso che il disco racconta di tante cose, però ci piaceva riprendere Leonardo in alcuni aspetti e l’abbiamo fatto sia come grafica della copertina che attraverso citazioni. Siamo tutti appassionati di Leonardo, un po’ per la nostra toscanità, un po’ perché amiamo il periodo rinascimentale. Insomma, ci sono un po’ di aspetti e abbiamo voluto giocarci sopra, ovviamente senza grossissime pretese, però ci piaceva ed è stato un divertimento, frutto di una passione vera e propria”.
AVETE GIÀ QUALCHE PROGETTO PER PROMUOVERE L’ALBUM, TIPO LA REGISTRAZIONE DI UN VIDEOCLIP O AVETE PIANIFICATO DELLE DATE DAL VIVO?
“Assolutamente sì, nel senso che Frontiers in questi giorni darà visibilità pianificando prima dell’uscita del disco quattro preview: ‘ A new dream’, poi il video di ‘Bullets’ e successivamente verrà pubblicato un secondo video (quello di ‘Someone Says’: l’intervista risale a metà marzo, ndR) e poi ci sarà un’altra preview album (‘Take On My legacy’, ndR). Questo perché chi deciderà di investire due lire nel nostro album lo farà a ragion veduta: è difficile scegliere quattro canzoni all’interno di un disco come questo, però abbiamo cercato di fare un piccolo Bignami di quello che si può trovare all’interno del nuovo album, prima ancora che la gente possa decidere o meno di comprarlo, perché lo troviamo corretto. Ovvio, in questi quattro brani che abbiamo scelto non c’è tutto il disco, se io dovessi limitarmi all’ascolto di questi, mi farei un’idea sbagliata. Poi stanno riavvicinandosi i promoter, i locali e stiamo cercando di valutare le proposte che crediamo più giuste per il gruppo, quindi non ci sono all’orizzonte per ora tournée importanti, perché quelle saranno conseguenti secondo me ai risultati dell’album, però il disco ha bisogno di essere promosso e quindi sicuramente, a parte la data di Roma del 3 giugno, faremo una data importante a Milano il 7 giugno, in compagnia di band importanti (Rhapsody e Epica, ndR) e la speranza del gruppo è quella di suonare nei festival estivi, mettendo quindi a fattor comune il suonare davanti ad un pubblico importante, magari concentrandoci su poche date perché il tempo non è infinito e con l’andar degli anni, come puoi immaginare, diventa più difficile staccarsi per lungo tempo dagli impegni quotidiani. Si tratterà di capire come il pubblico reagirà e, se ci sarà interesse, saremo ben lieti di divertirci con voi”.
DIFFICILMENTE, CI PARE DI CAPIRE A QUESTO PUNTO, SUONERETE AL SUD…
“Be’, figurati c’è un legame particolare per me, soprattutto con la Sicilia, perché mia moglie è siciliana. Il sud è sempre stato critico perché difficilmente si riescono a creare più date e mettere in piedi una situazione che sia sostenibile, io non posso chiedere al promoter o chi per esso di coprire spese per sei persone, il palco, spostamenti viaggi, ecc. Sarebbe bello se riuscissimo a mettere insieme un minitour: in Sardegna, per esempio, un passaggio è possibile farlo perché l’interesse c’è, così come nella zona di Napoli, Salerno, per ragioni legate a Frontiers. È ovvio che se organizzi quattro-cinque date nel sud Italia, fare un passaggio in Sicilia diventa fattibile; diversamente una data singola, ahimé, la vedo difficile per ragioni logistiche e anche economiche relative alla spese. Poi quando suono al sud è inutile, il calore delle persone, la voglia di ascoltare un concerto, proprio perché siete un po’ sfortunati da questo punto di vista, è un valore aggiunto anche per noi che siamo sul palco, perché l’entusiasmo è alle stelle, il clima è fantastico, in termini di ospitalità non avete rivali e quindi è veramente un piacere. Il problema è trovare il modo di farlo, per cui io spero tanto che succeda”.
QUALCHE NOVITÀ CHE CI VUOI SEGNALARE RIGUARDO GLI A PERFECT DAY?
“Tengo separate le due cose perché le due band seguono percorsi diversi, ma ti posso dire che anche quell’avventura sta andando avanti, abbiamo già scritto un bel po’ di canzoni, stiamo avvicinando le etichette per cercare di capire se qualcuno possa essere interessato al lavoro e speriamo che anche A Perfect Day possa avere un supporto nel prossimo futuro. Ad oggi siamo nella classica fase in cui un gruppo si trova all’inizio a pensare ad un nuovo eventuale album, ho scritto un demo, lo stiamo facendo girare nella speranza che qualcuno possa ritenerlo sufficientemente interessante per darci la possibilità di lavorare ad un nuovo album. Di sicuro non è un’avventura che si è interrotta o su cui ho preso pause particolari. Viaggiano su binari paralleli, ma tengo separate le due cose, è una band con una storicità diversa, un pubblico diverso che però nella mia testa ricopre la stessa importanza dei Labyrinth, quindi tenerle separate per me è il modo per far sì che il nostro pubblico le veda come due entità diverse. Però anche da quel fronte spero ci possano essere novità a breve”.