Un anno nefasto come il 2020 ha visto giungere proprio alla sua conclusione l’uscita di un lavoro altrettanto negativo dal titolo “Post Tenebras Lux”, incubo sonoro partorito dalla compagine italiana LaColpa. Uniti dalla volontà di sperimentare senza rimorsi i meandri più oscuri della musica estrema, i cinque musicisti piemontesi hanno condensato nelle cinque tracce del nuovo album una sperimentazione sonora concreta, tangibile, stratificata e traducibile in un’esperienza d’ascolto realmente impattante ed impressiva. Partiti dalle solide basi del debut “Mea Maxima Culpa”, LaColpa continua oggi nel suo subumano mutamento, traducendo il martirio esistenziale descritto dalle liriche in una necessità fisica di dare voce e suono al disagio, di smuovere la carne e distorcere gli strumenti fino ai limiti della sopportazione. Mario Olivieri, voce da sempre del progetto alessandrino, è conciso e laconico nelle sue risposte, ma bastano poche parole a volte per aprire squarci profondi e poco rassicuranti circa quelle che sono le origini, gli istinti, le pulsazioni e le disilluse aspirazioni di un ensemble musicale maturo, ma sempre cangiante. Il mondo de LaColpa è fatto di dolore e di oscurità, elementi necessari per raggiungere poi la luce attraverso un percorso musicale temibile e grandioso che lascia tracce evidenti al suo passaggio.
CIAO RAGAZZI, BENVENUTI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM! SONO ORMAI DIVERSI ANNI CHE SIETE IN GIRO COME LACOLPA: COME SONO ANDATE LE COSE TRA DI VOI ALL’INIZIO, QUALI SONO STATE LE COORDINATE INIZIALI CHE VI HANNO SPINTO A CREARE QUESTO PROGETTO ED EVOLVERLO POI FINO AL SOUND CHE POSSEDETE OGGI?
– LaColpa nasce nel 2014 da un’idea del chitarrista Davide Destro, che aveva in mente di mettere assieme un gruppo che portasse alla luce qualcosa di profondamente cupo e che fondesse vari generi sperimentali. Abitiamo tutti in una piccola provincia, ma molto attiva dal punto di vista della sperimentazione sonora, perciò il gruppo si è formato attraverso una serie di conoscenze reciproche di musicisti sperimentali e non ‘convenzionali’, passami il termine. Il nostro background, oltre quello strettamente metal, è infatti pieno di esperienze eterogenee in generi estremi ed oscuri come il dark ambient, l’industrial ed il noise e credo che in “Post Tenebras Lux” queste sfumature siano venute maggiormente alla luce rispetto al precedente “Mea Maxima Culpa”.
LA LINE-UP CHE HA COMPOSTO E REGISTRATO ENTRAMBI I VOSTRI ALBUM È LA STESSA: CREDETE CHE QUESTO ABBIA CREATO DEI VANTAGGI NELL’ELABORAZIONE DI UNA VISIONE ED UN’EVOLUZIONE COMUNE ALL’INTERNO DELLA BAND?
– Assolutamente. Ognuno di noi ha i propri interessi e le proprie passioni, ma ci accomuna particolarmente una certa visone della vita e del mondo. Amiamo tutti la musica e l’arte estrema, in particolar modo quell’arte che ci spinge a porre sempre più in là i vincoli della nostra visione, per questo motivo, quando componiamo, non abbiamo particolari difficoltà, sappiamo bene in che direzione vogliamo spingerci e ci andiamo, e la meta è spesso quell’abisso che ci guarda.
ARRIVIAMO QUINDI A “POST TENEBRAS LUX”, LAVORO DAL SOUND COMPLESSO E STRATIFICATO: QUALE ERA IL CONCEPT CHE VOLEVATE AFFRONTARE QUESTA VOLTA, E COME AVETE DECISO DI CONCRETIZZARLO NELLA MUSICA DELLE NUOVE CANZONI?
– Il concept che sta alla base di “Post Tenebras Lux” è la riflessione sulla condizione di inevitabile dolore che attanaglia l’esistenza. Accettare questa condizione significa trascendere, liberandosi dalle false speranze religiose, ma anche dai miti della volontà di potenza, celebrando così il proprio martirio e permettendo la propria crocifissione in una sorta di disperata ‘imitatio Christi’. E’ un concetto umanocentrico, ma che al tempo stesso vuole allontanarsi dall’idea di un universo che gira intorno all’uomo, perché la rivelazione che ne consegue è che l’esistenza stessa è un errore. Come vedi, anche il concept che sta alla base del disco è complesso e stratificato e sembra seguire pienamente la scelta dei suoni utilizzati nella composizione dei pezzi.
QUALI SONO STATE INVECE LE VOSTRE SCELTE IN MERITO ALLE TECNICHE DA UTLIZZARE IN STUDIO DI REGISTRAZIONE? CI SONO DELLE SCELTE PARTICOLARI CHE AVETE ATTUATO PER CATTURARE AL MEGLIO L’ESSENZA DELLA BAND SU NASTRO?
– Per la registrazione in studio, come già avvenuto per “Mea Maxima Culpa”, abbiamo registrato le voci e l’elettronica nel nostro studio, mentre per gli altri strumenti ci siamo affidati alle ottime mani di Paul Beauchamp (O.F.F. Studio) e di Dano Battocchio (Deepest Sea Studio) che in “Post Tenebras Lux” ha curato anche il mixaggio in maniera veramente egregia, mentre per il master abbiamo commissionato il lavoro a James Plotkin, un musicista per il quale proviamo una grande stima e che ci sembrava perfetto per il materiale che avevamo prodotto.
I TRATTI IN COMUNE CON “MEA MAXIMA CULPA” SONO CERTAMENTE EVIDENTI, MA LO È ANCHE LA CHIARA VOLONTÀ DI ANDARE OLTRE, E SPINGERE IL LIMITE DI SOPPORTAZIONE VERSO LIVELLI ANCORA PIÙ ESTREMI: SAREBBE CORRETTO IN QUESTO SENSO CONSIDERARE “POST TENEBRAS LUX” COME UNA PROVA, UNA SORTA DI SFIDA NEI CONFRONTI DELL’ASCOLTATORE?
– L’idea di base che ci eravamo posti nella composizione nei brani era quella di cogliere alcune sfumature che avevamo lasciato in secondo piano in “Mea Maxima Culpa”, ma che ci caratterizzano come musicisti. Ognuno di noi infatti ha svariati progetti che rientrano nel panorama noise e l’idea era di fondere diversi generi estremi per creare qualcosa di unico. Ci piace evolvere il nostro suono di volta in volta andando sempre oltre quanto già fatto, lo troviamo stimolante dal punto di vista compositivo. Per questo album ciò che ci serviva erano sonorità in grado di evocare il proprio martirio in piena aderenza con il concept, quindi la sofferenza che traspare nell’ascolto più che una sfida è una necessità: un rituale di dolore.
L’ASCOLTO DELLA VOSTRA MUSICA CREA SUGGESTIONI TUMULTUOSE, SPESSO NEGATIVE E AFFATTO RINCUORANTI: CONSIDERATE IL MALE (MUSICALMENTE PARLANDO) DI CUI VI FATE MESSAGGERI COME UN FINE, UNA CELEBRAZIONE QUINDI DELLE PIÙ OSCURE EMOZIONI DELL’UOMO, O COME UN MEZZO PER RAGGIUNGERE UNA QUALCHE FORMA DI REALTÀ PIÙ PROFONDA?
– Come vuole rappresentare il titolo dell’album, non vi è luce senza ombra e per trovare la luce devi prima passare per l’oscurità, è inevitabile.
IL DOLORE E L’AGONIA SONO TEMI RICORRENTI PER VOI A LIVELLO LIRICO: SI TRATTA DI UNA REALTÀ CHE VIVETE PERSONALMENTE E CHE SFOGATE ISTINTIVAMENTE IN MUSICA O UN PROCESSO PIÙ COMPLESSO CHE RIGUARDA LA VOSTRA PERCEZIONE DI QUESTI SENTIMENTI A LIVELLO UNIVERSALE?
– Entrambe le cose. Ogni essere vivente trae energia vitale dall’ambiente in cui vive. Possiamo raccontarci che questo è il migliore dei mondi in cui vivere, ma in cuor nostro sappiamo che non è così, lo vediamo nelle dilaganti nevrosi che ci attanagliano, nelle alienazioni quotidiane che viviamo, nella sempre più crescente mancanza di speranza. Qualcuno direbbe che l’apocalisse è vicina, noi ci limitiamo a descriverla.
PER QUANTO DEGENERANTI E SFIGURATE, LE RADICI DEL VOSTRO SOUND SI ATTACCANO CON DECISIONE A MOLTA GRANDE MUSICA DEL PASSATO: QUALI SONO LE BAND CHE ACCONTENTANO IN QUALCHE MODO I GUSTI ARTISTICI DI TUTTI VOI, E COME CREDETE DI AVER INTEGRATO IL LORO MESSAGGIO ALL’INTERNO DELLA MUSICA DE LACOLPA?
– Ascoltiamo veramente di tutto, ma potrei citarti nomi come Sumac, Khanate, Swans, Coil, Abruptum, Primitive Man… La lista sarebbe lunghissima, ma loro in particolare ci hanno sicuramente influenzato musicalmente.
PREFERITE CONSIDERARE LA VOSTRA PROPOSTA MUSICALE COME UN UNICUM, UN’EPISODIO ISOLATO DI SPERIMENTAZIONE ESTRANEA ALL’ODIERNO CONTESTO MUSICALE O CI SONO ALTRE REALTÀ CON CUI SENTITE DI CONDIVIDERE QUALCOSA, UNA “SCENA” DI RIFERIMENTO A CUI SENTITE DI APPARTENERE?
– Non ci interroghiamo sull’appartenere o meno a qualcosa, come ti dicevo prima ci piace sempre evolvere il nostro suono e difficilmente questo modus operandi rimane ancorato ai canoni voluti da una particolare scena. Ci sono un sacco di realtà interessanti in giro in questi tempi difficili per la musica. Chi è curioso scopre sempre qualcosa di nuovo e valido. Collaboriamo con artisti che sentiamo simili, ma appartenere a una scena vera e propria direi che non fa al caso nostro.
IL NUOVO ALBUM ESCE PER BRUCIA RECORDS, NUOVA PROMETTENTE LABEL ITALIANA A CUI VI SIETE AFFIDATI PER LA PUBBLICAZIONE DI “POST TENEBRAS LUX”: COME SIETE ARRIVATI A QUESTA COLLABORAZIONE E COSA AVETE APPREZZATO DI PIÙ DEL LORO MODUS OPERANDI?
– Brucia Records è stata veramente un’ottima scoperta! Davide ha collaborato con Void in un brano dell’album “Panopticism: Belong/Be Lost” di Feed Them Death, da questa collaborazione è nata una reciproca stima che ha permesso di conoscere l’universo prodotto da Brucia. Quello che stupisce del loro modus operandi è la loro grandissima professionalità. Oltre ad un ottima produzione ci hanno fornito una promozione davvero incredibile. Siamo veramente soddisfatti del lavoro svolto e felici di fare parte del loro catalogo, peraltro validissimo e pieno di progetti originali e di qualità.
CHE RAPPORTO AVETE CON LA DIMENSIONE LIVE? VI PIACE PROPORRE SU PALCO I PEZZI DEI VOSTRI DISCHI E PENSATE DI ORGANIZZARE QUALCOSA IN QUESTO SENSO PER I PROSSIMI MESI, RESTRIZIONI ANTI-COVID PERMETTENDO?
– Abbiamo fatto pochi live fino ad ora. La dimensione live ci piace, ma diciamo che non è quello che ci prefiggiamo come obiettivo. Non studiamo i pezzi per riproporli dal vivo, preferiamo essere concentrati maggiormente sulla composizione in studio che ci permette maggiore sperimentazione sul suono. Per ora non abbiamo in mente nessun live futuro, ma speriamo in generale che questa terribile situazione migliori e che si possa tornare a sentire o fare buona musica dal vivo.