E’ una delle prime calde e assolate giornate primaverili quando, dopo aver ascoltato in anteprima “Shallow Life”, ci rechiamo nei nuovissimi uffici della EMI per fare quattro chiacchere coi Lacuna Coil, pronti ad affrontare un’esperienza internazionale che abbraccia appieno un nuovo continente, e freschi di un ulteriore rinnovamento stilistico che potrebbe portarli ancora più in alto. La band è in uno strano limbo: quando il disco è completo da tempo, il ciclo di interviste è in pieno corso e il Music As A Weapon Tour (con giganti come Disturbed e Killswitch Engage) è solo a pochi giorni di distanza, incontriamo Andrea Ferro, Marco “Maus” Biazzi, Cristiano Migliore e Cristiano “Criz” Mozzati per una esauriente chiaccherata. Eccone il resoconto…
CITO DA WIKIPEDIA: “I LACUNA COIL SONO UN GRUPPO GOTHIC METAL ITALIANO FORMATOSI A MILANO NEL 1994, INIZIALMENTE IL SOUND DEL GRUPPO PRESENTAVA UNA MARCATA VENA GOTH METAL ISPIRATA AI PARADISE LOST, MENTRE IN SEGUITO INCORPORO’ CARATTERISTICHE TIPICHE DELL’ALTERNATIVE METAL. A PARTIRE DALL’ALBUM ‘UNLEASHED MEMORIES’ IL MAGGIOR COMPOSITORE DELLA BAND E’ IL BASSISTA MARCO COTI ZELATI”. E’ TUTTO VERO?
CRIZ: “… Be’, anche da prima!”.
ANDREA: “Sì, è tutto vero, forse col nuovo disco la situazione si è modificata, questo è più un disco ‘corale’ rispetto ai precedenti, soprattutto a livello strumentale ci sono canzoni scritte da loro, dai chitarristi, una canzone o due da cui siamo partiti dalla linea vocale, per poi costruire la musica intorno. In generale mi sembra una definizione un po’ generica, ma giusta”.
COME MAI AVETE INIZIATO SOLO ADESSO A LAVORARE IN QUESTO MODO?
CRISTIANO: “Avendo preso una pausa per scrivere questi pezzi più lunga rispetto al passato, abbiamo avuto anche la possibilità, tutti quanti, di cercare di dare il nostro contributo, di scambiarci più idee, di lavorare di più come una squadra, piuttosto che Marco a casa a chiudere la maggior parte della musica e noi a cambiare alcune piccole cose. Secondo me questa cosa adesso si sente, abbiamo avuto più tempo a disposizione, abbiamo lavorato in maniera più rilassata… non so perché non l’abbiamo mai fatto prima, ma è semplicemente successo così”.
ANDREA: “Questa volta l’abbiamo fatto sicuramente di più, e forse perché avevamo un’idea del disco più aperta, perché volevamo una varietà di canzoni maggiore”.
NEL DISCO PRECEDENTE SIETE PASSATI A SONORITA’ PIU’ MODERNE, AMERICANE SE VOGLIAMO. COSA RIMANE DI EUROPEO NEL VOSTRO SUONO?
CRIZ: “Gli elementi della band sono ancora europei!”.
CRISTIANO: “Se ascolti il disco nuovo non puoi negare che gli elementi caratteristici della nostra musica siano scomparsi, magari ci siamo americanizzati a livello di suono e di produzione, ma non siamo diventati un gruppo americano”.
ANDREA: “Secondo me il succo vero di questo discorso è che noi quando abbiamo iniziato eravamo il gruppo gothic metal di Milano, con il bagaglio di essere italiani sia a livello positivo – di creatività ed altro – che a livello negativo – di inesperienza – perché da noi non c’è nessun precedente di gruppi che hanno fatto contratti all’estero, invece adesso avendo girato il mondo, avendo vissuto moltissimo in giro, conoscendo gente, ascoltando
musica siamo diventati una band internazionale, nelle sonorità ma anche nel gusto se vuoi, anche se secondo me qualcosa di italiano ce lo metti sempre, come le melodie dell’area mediterranea, che ci sono ma sono più inconsce di prima. Ora l’italianità è più nelle persone che siamo, nel nostro retaggio culturale che non nelle sonorità del disco”.
CRIZ: “Non è che quando scriviamo una canzone ci imponiamo ‘facciamo una canzone da radio americana’, la musica che scriviamo è un processo naturale che viene da tutte le esperienze che abbiamo vissuto. Per esempio essendo in tour ti capita di ascoltare la musica che mette la radio locale, e tu l’assorbi volente o nolente”.
DON GILMORE HA LAVORATO CON LINKIN PARK, AVRIL LAVIGNE, GOOD CHARLOTTE… AVETE PRESO QUALCHE RIFERIMENTO PARTICOLARE RISPETTO ALLE SUE PRODUZIONI PASSATE?
CRIZ: “Ha lavorato con moltissimi artisti nell’ambito rock mainstream, quindi è stata una sfida anche per lui, e anche per noi”.
ANDREA: “Non c’è nessuna produzione particolare che abbiamo indicato o che volevamo, ci interessava fondamentalmente non passare da un produttore metal ad un altro produttore metal, perché Waldemar è un ottimo produttore ma ha sempre lavorato solo col metal. Essendo il nostro disco abbastanza vario nella tipologia di canzoni volevamo un produttore che avesse un’altra esperienza, e Don ha fatto da Avril Lavigne a Hollywood Undead, senza dimenticare che è stato fonico dei Pearl Jam e di molti tra i protagonisti dell’epoca grunge”.
CRIZ: “Pearl Jam, Alice In Chains… non è un pirla…”.
ANDREA: “… ma ha lavorato anche coi Duran Duran. Prima di venire da noi è stato da The Edge degli U2 ad ascoltare i pezzi del nuovo disco, per dare un parere. E’ un produttore che ha una conoscenza a trecentosessanta gradi della musica”.
CRIZ: “C’è da dire una cosa: dal momento in cui l’abbiamo scelto come produttore non è arrivato e abbiamo cominciato a scrivere pezzi insieme, l’80% del lavoro era già stato fatto, lui ha ascoltato i demo e ha lavorato insieme a noi sulle canzoni, togliendo il superfluo il più delle volte ma sempre senza imporci nulla, cercando di tirar fuori il meglio da canzoni che già esistevano”.
ANDREA: “Una volta continuavamo ad aggiungere tastiere, violini per arrangiare i pezzi in maniera più complessa, oggi l’arrangiamento è fatto sugli strumenti di base e non è mai uguale, ogni volta che una parte si ripete viene arrangiata diversamente. Lo stesso per la voce, quando comincia la seconda strofa non comincia mai come la prima. Con ‘Karmacode’ e le infinità di tracce siamo stati un mese solo per mixare”.
CRISTIANO: “E’ una cosa che avremmo potuto evitare, ai tempi non lo sapevamo ma è stato giusto così, chi si è occupato del mixing di ‘Karmacode’ ha fatto un ottimo lavoro ed è un professionista”.
OGGI AVETE UN BUDGET MAGGIORE MA PIU’ OCCHI ADDOSSO: E’ PIU’ FACILE LAVORARE?
CRIZ: “E’ meglio lavorare così perché puoi avere dei risultati più soddisfacenti, è stata la prima volta con ‘Shallow Life’ che abbiamo detto ‘abbiamo registrato un disco vero’, nel senso che siamo andati in America, che abbiamo vissuto in appartamento tutti insieme. Andavamo tutti i giorni in studio e se avevamo qualsiasi necessità bastava un colpo di telefono, c’era un tecnico che veniva ad accordare la batteria tutti i giorni, insomma non siamo di certo ai livelli dei Metallica ma abbiamo vissuto l’esperienza in studio come un’esperienza totale”.
CRISTIANO: “Prima avevamo un sistema di lavoro che doveva tener conto dei soldi, e quindi avevamo un mese per far tutto, missaggio compreso, quindi è facile risponderti che è meglio così”.
SECONDO VOI E’ ANCORA NECESSARIO FARLE ALL’ESTERO QUESTE COSE?
MAUS: “Secondo me se vuoi fare un album che suoni in un certo modo sì. In Italia abbiamo delle belle produzioni, perché io ho sentito dischi underground o prodotti di amici nostri che suonano veramente bene, però l’esperienza che hanno questi personaggi con un tale background sanno aiutare moltissimo”.
CRISTIANO: “E’ anche questione di cultura se vuoi. Mancando storia anche i produttori non hanno obiettivamente la possibilità di produrre grandi band rock. Se Don fosse venuto a Milano il risultato sarebbe stato lo stesso, siamo andati a L.A. per una questione di costi e di reperibilità delle strumentazioni”.
ANDREA: “Secondo me è anche una questione di meteo. Quando registravamo in Germania o a Milano ci ammalavamo sempre, perché registrando a ottobre/novembre pioveva, faceva freddo arrivavamo a fare tutto in una settimana con il naso intasato e la gola dolorante. In California invece con trenta gradi e stando in bermuda e canottiera non c’è nessun problema in tal senso”.
CRIZ: “Anche perché laggiù stacchi completamente dalla tua vita privata e ti concentri appieno sulla musica, senza portarti dietro niente…”.
… SCUSA SE TI INTERROMPO, PERO’ MI E’ DIFFICILE IMMAGINARE LOS ANGELES COME UN POSTO DOVE ‘STACCARE’, CON TUTTE LE DISTRAZIONI DEL MONDO A PORTATA DI MANO!
CRIZ: “Guarda che non abbiamo avuto molto tempo per godercela, ci siamo stati tre settimane e abbiamo lavorato tutto il giorno! Dopo dodici ore in studio non si ha tanta voglia di uscire a fare baldoria”.
MAUS: “E’ anche vero che avevamo l’appartamento con la piscina, il barbecue e l’ambiente è pieno di artisti perché è un villaggio utilizzato soprattutto da gente che lavora negli studi, ma non l’abbiamo sfruttato molto”.
ANDREA: “Uscivamo solo il sabato sera per spezzare la settimana”.
PARLIAMO DI “SHALLOW LIFE”: POSSIAMO CONSIDERARLO IL VOSTRO PRIMO VERO CONCEPT ALBUM?
ANDREA: “Questa è una cosa che io e Cristina non abbiamo spiegato chiaramente. Abbiamo fatto le prime interviste nel tour coi Bullet For My Valentine, e secondo me eravamo ancora rintronati dallo studio perché tutti hanno capito che era un concept. In realtà c’è un concetto di base che ha ispirato le liriche, ma non è un concept album nel senso che i testi sono collegati, non è una storia che inizia e finisce, son tutti pezzi a sé stanti, anche se hanno lo stesso punto di partenza. E’ colpa nostra, ho idea che non abbiamo detto le cose nella maniera migliore, poi le solite frasi estrapolate hanno fatto il resto”.
CRIZ: “C’è un filo logico, quello della vita superficiale, del contrasto tra i quindici minuti di fama e la vita normale. Dicevano che era un concept su Paris Hilton o sulla vita dei VIP, ma non c’entra un cazzo. Si parla di vita vissuta rifacendosi ad un concetto di base”.
ANDREA: “Il tutto è nato da una riflessione partita con una crisi di maturità, quando capisci che gli anni stanno passando. Da quello è nata una riflessione più grande sulla nostra vita. Il discorso della superficialità (shallow) può essere negativo perché a volte bisogna lottare per idee o obiettivi o problemi, da un altro lato tuttavia hai anche bisogno di essere superficiale, di bere una birra con gli amici, guardare la partita, comprarti un paio di scarpe. Entrambi gli aspetti fanno parte dell’essere umano”.
E CHE DIRESTE A COLORO CHE DICONO CHE SIETE VOI QUELLI CHE ORAMAI SIETE SUPERFICIALI, PERCHE’ AVETE FATTO I SOLDI?
CRIZ: “Direi di informarsi come gira questo business”.
CRISTIANO: “Magari li avessimo fatti!”.
ANDREA: “Sicuramente abbiamo raggiunto uno status di gruppo invidiabile, soprattutto per quello che è la realtà italiana, dove siamo un fenomeno isolato. Questo è un sintomo di com’è la scena, c’è un abisso tra noi e il resto per una serie di motivi”.
QUALI SONO QUESTI MOTIVI SECONDO VOI? PERCHE’ SOLO I LACUNA COIL CE L’HANNO FATTA?
CRIZ: “Noi siamo sempre stati un gruppo abbastanza aperto, sia nella direzione musicale, sia nel poter affrontare un approccio di vita diverso: quando avevamo 22-23 anni e abbiamo firmato il contratto discografico abbiamo anche deciso di non avere un lavoro fisso, di non avere una carriera in ufficio, rischiando senza una famiglia che ci pagasse tutto. Quando tornavamo da un tour andavamo a fare i lavori che capitavano, il pony express, il cameriere, il carrozziere. Abbiamo rischiato sulla nostra pelle e questo ha pagato. Saremo anche stati fortunati, ma sono dell’idea che se non provi a fare una cosa non sarai mai fortunato. Abbiamo la cultura del lavoro fisso in posta, in banca, derivato dall’impostazione cattolica forse”.
CRISTIANO: “E’ difficile dappertutto, ed è ancora più difficile se fai rock/metal, che in Italia non ha la diffusione che ha altrove”.
ANDREA: “Devi saper anche sacrificare la vita personale, negli ultimi due o tre anni saremo stati a casa solo un paio di mesi all’anno. Se vuoi avere la fidanzata, vuoi sposarti o vuoi fare un figlio quelle sono tutte cose che devi rimandare, o che sono molto difficili da gestire”.
I LACUNA COIL POSSONO ESSERE ANCORA DEFINITI METAL?
MAUS: “In realtà i veri metalloni, quelli convinti, non ci hanno mai ritenuto abbastanza metal. Noi andiamo avanti per la nostra strada. Noi siamo metallari come gusti, abbiamo sempre ascoltato un certo tipo di gruppi, io ascolto ancora adesso i Cannibal Corpse. Abbiamo sempre fatto tour di un certo tipo, abbinati a certi gruppi, abbiamo anche firmato per un’etichetta metal”.
COME MAI NON SIETE PASSATI DALL’ITALIA NELL’ULTIMO TOUR COI BULLET FOR MY VALENTINE?
CRIZ: “Perché era il loro tour, e visto che avevano suonato recentemente in Italia hanno saltato lo stivale. Inoltre avremmo dovuto essere co-headliner almeno”.
MAUS: “Forse preferisco sia così, vorrei suonare in Italia con una produzione nostra. Sicuramente faremo un tour da headliner in Europa, ma dobbiamo aspettare l’uscita del disco per programmare tutto al meglio”.
ULTIMA DOMANDA: COME RAPPRESENTANTI DELL’ITALIA ALL’ESTERO, CI PORTIAMO SEMPRE DIETRO I SOLITI LUOGHI COMUNI?
CRISTIANO: “Onestamente no, anche perché noi, pur essendo un gruppo italiano, facciamo un genere che non è italiano per niente, e anche quando andiamo a suonare in America tanta gente che magari non ci conosce non direbbe mai che siamo un gruppo italiano”.
CRIS: “E comunque anche in America l’Italia è amatissima, è vero che c’è il cliché dei Soprano, ma a parte quello la gente ama l’Italia, è quasi un vantaggio essere italiani!”.